L’impianto crematorio tra disciplina urbanistica, tutela ambientale e pianificazione regionale

La cremazione rappresenta oggi una pratica sempre più diffusa, anche in Italia, dove la crescita esponenziale della domanda di servizi crematori ha imposto alle amministrazioni pubbliche una nuova stagione di pianificazione, programmazione e realizzazione degli impianti.

L'attività di cremazione, sebbene ancora marginale fino a pochi decenni fa, è oggi pienamente integrata nel sistema dei servizi pubblici cimiteriali. A ciò si accompagna un intreccio normativo che coinvolge disposizioni sanitarie, urbanistiche, ambientali, contrattuali e, non da ultimo, di programmazione regionale. Nel quadro nazionale, l'articolo 78 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 stabilisce che i crematori debbano essere collocati all'interno dei recinti cimiteriali. Tuttavia, sono in discussione in Parlamento alcuni progetti di legge che propongono modifiche a questa disposizione, al fine di consentire la realizzazione di crematori anche al di fuori delle aree cimiteriali, nel rispetto del piano regolatore territoriale e delle incompatibilità previste dalla legge. A livello europeo, la regolamentazione degli impianti crematori varia significativamente tra i diversi Stati membri. In alcuni Paesi, come la Spagna e la Francia, è consentito ai privati costruire e gestire impianti crematori al di fuori dei cimiteri, spesso in ambito di libero mercato. Questi impianti sono per la maggior parte collocati nell'ambito delle case funerarie In altri Paesi europei, come il Portogallo, la Spagna, la Polonia e la Finlandia, le leggi meno restrittive collegate alle norme tecniche definitorie delle caratteristiche degli strumenti di filtrazione rendono l'investimento dell'operatore economico inferiore rispetto ad altri Paesi europei. Queste differenze normative influenzano la distribuzione e la gestione degli impianti crematori in Europa, evidenziando la necessità di un'armonizzazione delle normative sia in ambito cimiteriale che ambientale. Pertanto, mentre in Italia la normativa attuale limita la costruzione di impianti crematori all'interno dei cimiteri, sono in discussione proposte legislative che potrebbero consentire una maggiore flessibilità nella loro localizzazione. A livello europeo, esistono già esempi di legislazioni che permettono la costruzione e gestione di crematori al di fuori dei cimiteri, indicando una possibile direzione per l'evoluzione normativa anche in Italia. Tali principi sono stati ribaditi nella sentenza del TAR Liguria, 28 aprile 2025, n. 501, che ha affrontato il contenzioso relativo alla realizzazione di un nuovo tempio crematorio presso il cimitero monumentale di Staglieno, a Genova. Il progetto, promosso tramite project financing ai sensi dell'articolo 183, comma 15, d.lgs. 50/2016, era stato approvato dal Comune di Genova con una serie di atti amministrativi, culminati nella validazione del progetto esecutivo e nel rilascio dell'autorizzazione unica ambientale. L'intervento è stato impugnato da Italia Nostra APS, che ha sollevato numerose censure, sia sotto il profilo procedurale che sostanziale. Il TAR ha respinto tutte le doglianze, confermando la piena legittimità dell'intervento. In particolare, ha escluso la necessità di una variante al PUC, rilevando che l'area interessata – rientrante nella zona SIS-S, Sistema dei Servizi Pubblici – comprende il cimitero monumentale di Staglieno, e che quindi l'impianto crematorio, da realizzarsi al suo interno, risulta pienamente conforme alla destinazione urbanistica. L'approvazione del progetto, pertanto, non ha determinato alcun mutamento di destinazione d'uso, né era necessario procedere a una valutazione ambientale strategica (VAS), riservata ai piani e programmi e non ai singoli interventi attuativi. Sul piano ambientale, la ricorrente sosteneva che il crematorio dovesse essere assimilato a un impianto di incenerimento di rifiuti urbani non pericolosi, soggetto a verifica di assoggettabilità a VIA. Il giudice ha invece escluso tale equiparazione, evidenziando che la normativa richiede il superamento della soglia di 10 tonnellate al giorno per l'obbligo di VIA, circostanza non provata in giudizio. Ha anche ritenuto infondata l'analogia proposta sul piano qualitativo e chimico-fisico delle emissioni, rilevando come la natura dell'attività crematoria imponga una considerazione distinta sul piano giuridico e valoriale. La sentenza ha affrontato anche la questione della frammentazione procedimentale. La ricorrente lamentava l'attivazione di due conferenze di servizi distinte – una urbanistico-edilizia e una ambientale – nonché l'assenza di un ruolo attivo del SUAP. Il TAR ha chiarito che la concentrazione procedimentale è posta a garanzia dell'interesse del proponente e non dei terzi opponenti, e che nel caso di specie non risulta sacrificato alcun interesse sostanziale. La procedura si è svolta in modo ordinato e ha portato all'acquisizione di tutti i pareri necessari, compresi quelli dell'ASL, dell'ARPAL, della Soprintendenza e della Regione. Particolarmente rilevante è il passaggio in cui il TAR chiarisce che, alla data di adozione dei provvedimenti impugnati, non era ancora in vigore il piano regionale di coordinamento per la realizzazione dei crematori, previsto dalla l.r. Liguria 15/2020. Tale piano, approvato solo successivamente, non poteva dunque costituire parametro di legittimità per gli atti adottati in precedenza. La valutazione di necessità dell'opera e la sua localizzazione sono state correttamente rimesse al Comune, che ha agito in coerenza con il principio tempus regit actum e nel rispetto delle prerogative decisionali dell'ente locale. La pronuncia offre spunti anche sul piano della tutela paesaggistica e geologica. Le censure relative alla pericolosità del versante roccioso a monte dell'area d'intervento sono state giudicate infondate sulla base delle perizie tecniche e dei monitoraggi eseguiti, che hanno escluso rischi per la pubblica incolumità. Parimenti infondate le doglianze sulla mancata approvazione del piano regolatore cimiteriale, ritenuto non necessario in presenza di un intervento accessorio all'interno di un cimitero esistente, e sull'incompetenza del dirigente rispetto all'approvazione di opere rientranti nella gestione ordinaria del patrimonio comunale. In conclusione, la sentenza in esame rappresenta un'importante conferma dell'autonomia decisionale del Comune nell'ambito della pianificazione e gestione dei servizi cimiteriali, ribadendo la conformità degli impianti crematori alla destinazione urbanistica cimiteriale e l'inapplicabilità della VAS ai singoli progetti conformi. Essa delinea con chiarezza i confini tra pianificazione e attuazione, tra tutela ambientale e funzionalità del servizio pubblico, e costituisce un riferimento utile per amministrazioni, progettisti e operatori del settore funerario. La decisione assume un particolare rilievo anche alla luce della crescente richiesta di cremazione, che impone un potenziamento razionale e tempestivo della rete degli impianti, in un quadro di coerenza pianificatoria ma anche di flessibilità e ragionevolezza amministrativa.

TAR Liguria del 28 aprile 2025, n. 501