Condotta anomala dell’investitore: il "salvagente" dell’intermediario

È di sicuro interesse l’ordinanza qui annotata che ha consentito alla Corte Suprema di interrogarsi sui corollari dell’efficienza causale della condotta dell’investitore il quale, dopo aver consegnato al promotore finanziario le credenziali per l’operatività online, si duole nei confronti dell’intermediario della perdita dei propri risparmi.

Una volta ravvisato il compimento, da parte del danneggiato, di condotte agevolatrici dell'illecito dell'intermediario e caratterizzate da profili di anomalia, al giudice del merito è preclusa la possibilità di escludere discrezionalmente la sussistenza di un contributo causale del danneggiato medesimo, potendo tale contributo essere escluso soltanto quando tali condotte derivino da caso fortuito o forza maggiore o da attività fraudolente dello stesso intermediario aventi caratteri tali da non potere essere percepite, previste e prevenute con l'ordinaria diligenza. Questo il decisum della Prima Sezione Civile. Il caso dedotto in lite Un investitore rappresentava al Tribunale di Nocera Inferiore di avere consegnato a due consulenti finanziari — asseritamente operanti presso due intermediari appartenenti al medesimo gruppo — le credenziali per l'operatività on-line del proprio conto corrente, con l'intesa che gli stessi avrebbero impiegato la liquidità disponibile per svolgere alcune operazioni di investimento. Successivamente veniva scoperto che le ridette giacenze erano state abusivamente trasferite sui rapporti dei presunti consulenti. Di qui la querela sporta dall'investitore dalla quale era scaturito un procedimento penale definito con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. In sede civile il Tribunale, ritenuta la responsabilità di un consulente, accoglieva parzialmente la domanda dell'investitore di restituzione delle somme perdute. Il gravame dell'investitore veniva accolto, anche in punto di riconoscimento del danno morale, dalla Corte di Appello di Salerno sul presupposto della responsabilità pure dell'intermediario in virtù dell'articolo 2049 c.c. La Corte distrettuale negava, invece, rilevanza alla circostanza dalla consegna da parte dell'investitore delle credenziali per l'operatività on line, valorizzando sia il suo scarso livello di preparazione, sia la collocazione temporale dei fatti all'inizio del nuovo millennio – epoca nella quale la diffusione di computers era ridotta – sia l'affidamento ingeneratosi per avere costui sottoscritto i contratti presso i locali dell'intermediario. Di qui il ricorso per cassazione dell'intermediario principalmente incentrato sulla violazione e falsa applicazione degli articolo 1227 e 2049 c.c. La questione da risolvere Ad avviso della Corte territoriale, la responsabilità dell'intermediario ai sensi dell'articolo 2049 c.c. deriva dalle riscontrate carenze nella «attività di vigilanza, controllo, protezione della clientela in conformità alla diligenza professionale dalle stesse esigibile» . In particolare, nell'ottica del secondo Giudice, si sarebbero nella specie verificate «anomalie, rectius sistematiche violazioni, relative sia alle operazioni di sportello/cassa, evidentemente rese possibili a monte dall'esistenza e disponibilità della modulistica in originale» che «avrebbero dovuto comportare all'attenzione non solo dei vari dipendenti dell'istituto creditizio alle casse, ma anche dello stesso direttore p.t. della filiale». Questa impostazione non convince tuttavia la Prima Sezione la quale ha ravvisato evidenti punti di fallacia nel percorso motivazionale della sentenza impugnata che viene, pertanto, cassata. Responsabilità dell'intermediario per i propri dipendenti ai sensi dell'articolo 2049 c.c. Ad avviso della Corte di Cassazione vi è stato un malgoverno, da parte della Corte di Appello di Salerno, degli articolo 1227 e 2049 c.c. Relativamente all'articolo 2049 c.c., puntualizza la Prima Sezione, non poteva la Corte distrettuale basare l'affermazione di responsabilità dell'intermediario su una condotta di carente «attività di vigilanza, controllo, protezione della clientela in conformità alla diligenza professionale dalle stesse esigibile», derivante da «sistematiche violazioni, relative sia alle operazioni di sportello/cassa», nel momento in cui la stessa Corte territoriale aveva ricostruito l'intera vicenda di sottrazione delle somme di pertinenza del ricorrente in termini di mera operatività on-line resa possibile dalla stessa condotta dell'investitore. Conseguentemente, qualunque riferimento alle «operazioni di sportello/cassa» viene ritenuto dalla Cassazione fuori luogo, risolvendosi l'operatività on-line nella previa identificazione del titolare del contro tramite l'utilizzo delle credenziali e nel successivo inserimento in via meramente informatica delle disposizioni impartite alla banca. In siffatto contesto, avverte la Corte di Cassazione, è configurabile una falsa applicazione dell'articolo 2049 c.c., dal momento che tale forma di responsabilità presenta come indefettibile presupposto preliminare la dimostrazione dell'esistenza di un fatto illecito del dipendente o del commesso, sotto il profilo tanto oggettivo che soggettivo (Cass. n. 29448/2024; Cass. n. 4742/2005); dimostrazione che, nel caso in esame, risulta argomentata, precisano i Giudici di Legittimità, in modo non pertinente rispetto alla stessa ricostruzione fattuale operata dalla stessa Corte di Appello di Salerno, la quale avrebbe dovuto valutare l'eventuale responsabilità dei dipendenti dell'intermediario ricorrente, tenendo conto delle modalità concrete tramite le quali erano state impartite le disposizioni di bonifico dedotte in lite. Concorso di colpa dell'investitore che agevola l'illecito dell'intermediario Ciò chiarito e passando al tema del concorso di colpa dell'investitore, viene ricordato anzitutto dalla Prima Sezione il costante orientamento di legittimità, a mente del quale la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari risulta esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore (cfr. Cass. n. 31453/2022; Cass. n. 28634/2020; Cass. n. 17947/2020; Cass. n. 25374/2018; Cass. n. 22956/2015). Tale orientamento si è formato in tema di responsabilità dell'intermediario, laddove, nel caso in esame, a venire in rilievo è la responsabilità di un soggetto – la ricorrente che non operava come intermediario, non essendo a tal fine sufficiente (come invece ritenuto dalla Corte di merito applicando una sorta di proprietà transitiva) il fatto che la banca alla quale sono pervenute le disposizioni di bonifico facesse parte del medesimo gruppo dell'entità che espletava intermediazione finanziaria (nella specie ricorrente incidentale). Ciò nonostante, avverte la Prima Sezione, se da tale orientamento emerge la rilevanza ex articolo 1227 c.c. delle condotte agevolatrici poste in atti dal soggetto danneggiato nel rapporto diretto con l'intermediario, a maggior ragione, il medesimo principio deve essere affermato nel caso del rapporto tra correntista ed istituto di credito, avendo, anzi, la stessa Cassazione già affermato che nell'ipotesi di abusiva utilizzazione delle credenziali informatiche del correntista ad opera di terzi, la responsabilità dell'istituto di credito resta esclusa nell'ipotesi in cui emerga che – come nel caso qui affrontato - l'evento dannoso risulti discendere da trascuratezza, errore o frode del correntista o da forza maggiore (Cass. n. 10638/2016). Osservando gli eventi, precisa la Prima Sezione, la condotta di volontaria consegna a terzi delle credenziali di accesso al conto corrente da parte del correntista (condotta, questa, appurata dalla Corte territoriale) svela l'inadeguato governo, da parte della Corte di Appello di Salerno, dell'articolo 1227 c.c. , avendo tale decisione negato in radice rilevanza alla condotta dell'investitore nonostante la sua idoneità a palesare già in astratto quantomeno una concorrente responsabilità visto che costui ha permesso agli altri protagonisti della vicenda di operare sul suo conto, tramite la consegna delle credenziali di accesso. Lo scrutinio del “fatto” in sede di legittimità e le denunciate violazioni di Legge Conclude la Prima Sezione segnalando di non ignorare un precedente di legittimità nel quale si è affermato che, se la responsabilità dell'intermediario può essere esclusa dalla presenza di elementi sintomatici di una condotta anomala dell'investitore, tuttavia l'apprezzamento di tali elementi costituisce accertamento di fatto, da compiersi caso per caso, riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 28952/2024). Tuttavia, muovendo sulla scia di altro precedente, non deve trascurarsi che quando la condotta anomala dell'investitore si traduca nella violazione di norme giuridiche, contenenti specifici obblighi, il giudice è tenuto ad un apprezzamento specifico che dia conto delle ragioni per cui tale anomalia non sia idonea ad elidere il nesso di occasionalità necessaria tra il danno subito dall'investitore e le incombenze affidate al promotore (cfr. Cass. n. 31894/2023; Cass. n. 15917/2022; Cass. n. 21643/2021; Cass. n. 31453/2022). Pertanto, ad avviso della Corte Suprema, non si ravvisano ragioni per limitare la rilevanza delle condotte anomale dell'investitore ai soli casi in cui queste ultime si traducano nella violazione di norme giuridiche e non anche nei casi in cui la condotta derivi dalla violazione delle regole generali di diligenza (ove non addirittura da dolo). Il contributo causale di cui all'articolo 1227, primo comma, c.c. è stato ricondotto al principio di solidarietà espresso dall'articolo 2 Cost. (cfr. Cass. n. 34886/2021; Cass. n. 9315/2019; Cass. n. 2480/2018; Cass. n. 2639/1998). Quanto più la situazione di potenziale danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve allora considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno (Cass. n. 34886/2021). Con la puntualizzazione che la valorizzazione del concorso di colpa costituisce non soltanto espressione del già richiamato principio di solidarietà bensì meccanismo del quale è stata da sempre evidenziata la capacità di operare una corretta allocazione dei rischi connessi a condotte illecite, con l'obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti (Cass. n. 11698/2014). Vengono assicurati in tal modo esiti di maggiore efficienza economica in quanto si attribuisce al danneggiato il risarcimento dei soli danni che egli non avrebbe potuto evitare e quindi si incentivano condotte prudenti finalizzate ad evitare il danno. Ferma l'esigenza di una omogenea applicazione dell'articolo 1227, primo comma, c.c. quale regola generale di condotta riconducibile a principi costituzionali, la Corte Suprema non nega che in alcuni casi, pur in presenza di condotte anomale del danneggiato, si possa comunque pervenire ad escludere il contributo causale di quest'ultimo. Tale esito, viene però precisato, risulta possibile nei casi in cui tali condotte anomale non risultino attribuibili a colpa (o addirittura dolo) del danneggiato medesimo, ma vengano a derivare o da fattori imponderabili o da condotte fraudolente dello stesso intermediario, le quali presentino caratteri tali da non poter essere neutralizzate dal danneggiato con l'ordinaria diligenza. In tali casi non è così configurabile, concludono i Giudici di Legittimità un effettivo contributo causale riconducibile al danneggiato. L'insegnamento della Prima Sezione sul contributo causale della condotta anomala dell'investitore: cosa non può fare il Giudice di merito In ragione di quanto sopra, stabilisce la Prima Sezione che, una volta ravvisato il compimento, da parte del danneggiato, di condotte agevolatrici dell'illecito dell'intermediario e caratterizzate da profili di anomalia, al giudice del merito è preclusa la possibilità di escludere discrezionalmente la sussistenza di un contributo causale del danneggiato. Tale contributo può essere escluso soltanto quando le condotte in questione non siano direttamente riconducibili al danneggiato, ma derivino da caso fortuito o forza maggiore o da condotte fraudolente dello stesso intermediario aventi caratteri tali da non potere essere percepite, previste e prevenute con l'ordinaria diligenza.

Presidente Di Marzio - Relatore Rolfi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Novara - che ha dichiarato Ve.El. colpevole dei reati ascritti (furto in abitazione, detenzione e porto illegale di un'arma, ricettazione di un hard disk provento di furto in abitazione, previo assorbimento del furto commesso all'interno dell'autovettura in quello consumato nell'abitazione), riuniti in continuazione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante di cui all'articolo 62 n. 6 cod. pen. - ha riconosciuto l'attenuante di cui all'articolo 648 co. 4 cod. pen. in relazione al delitto sub D), e ha rideterminato il trattamento sanzionatorio. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, con il ministero del difensore di fiducia, Avvocato Federico Gianmaria De Micheli, il quale svolge due motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell'articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo, denuncia mancanza di motivazione sulla ravvisata circostanza aggravante di cui all'articolo 625 co. 1 n. 2 cod. pen., di cui, con l'atto di appello, si era chiesta la esclusione, in assenza di prova che il furto sulla autovettura e nella abitazione della p.o. sia stato commesso avvalendosi di un jammer, per impedire al proprietario di chiudere le serrature della vettura. Non ha considerato, infatti, la Corte di Appello che lo strumento in questione non venne ritrovato in sede di perquisizione, che le immagini registrate dalle telecamere mostravano gli imputati intenti al furto sull'autovettura senza che venisse evidenziato quello strumento, asseritamente utilizzato fraudolentemente, che la p.o. aveva dichiarato di non essere riuscito a chiudere la vettura con il telecomando, riuscendo però a farlo manualmente. 2.2. Con il secondo motivo, è denunciato il vizio di motivazione, insufficiente, in punto di mancata revoca della misura di sicurezza della espulsione dell'imputato dallo Stato, a pena espiata, applicata dal primo giudice, in assenza di una concreta pericolosità del giovane e impregiudicato imputato. Considerato in diritto Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 1. L'inammissibilità del primo motivo - con il quale il ricorrente ha dedotto la mancanza della motivazione in ordine alla ravvisata aggravante dell'essersi avvalso, per la commissione del reato, di un mezzo fraudolento, costituito da un jammer - discende, in primo luogo, dall'assenza del denunciato cedimento logico dell'argomentazione di cui si legge nella sentenza impugnata. 1.1. Ha, infatti, osservato la Corte territoriale che, nonostante il mancato rinvenimento di tale strumento durante la perquisizione e sebbene le immagini non mostrassero che gli imputati ne fossero muniti durante il furto nell'autovettura, nondimeno, la prova logica sorregge la sicura conclusione che, nel momento in cui il Verzotti aveva invano tentato di chiudere la portiera della sua autovettura, H telecomando e il relativo sistema elettronico fossero stati resi non funzionanti da lontano mediante l'uso di un jammer o, comunque, di altro meccanismo fraudolento . Inoltre, a sorreggere la valutazione del giudice di merito, nella medesima prospettiva ermeneutica, si è osservato come anche altra persona, che ha parcheggiato nella stessa zona, avesse incontrato analoghe difficoltà nel chiudere il veicolo. 1.2. A fronte, quindi, di un congruo corredo argomentativo, che non denuncia evidenti illogicità, le critiche del ricorrente all'uso del materiale probatorio si risolvono in una censura alla ricostruzione di fatto che, invece, il giudice del merito ha operato rispettando i parametri della razionalità e completezza, mentre la Difesa finisce per propugnare una lettura del materiale probatorio alternativa a quella, del tutto plausibile, resa dal giudice del merito: ma è quest'ultima che deve rimanere ferma, non essendo consentito alla difesa prospettare ricostruzioni alternative del materiale probatorio. Invero, il controllo da parte di questa Corte non avviene verificando se quanto affermato dal giudice di merito corrisponde al contenuto degli atti, la cui conoscenza è di regola preclusa in sede di legittimità, ma accertando se la motivazione del provvedimento impugnato risponde ai canoni fondamentali della logica; il che avviene se nel discorso non si rilevano contraddizioni e se lo stesso si sviluppa attraverso passaggi consequenziali, compatibili con il senso comune e nei limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Il vizio logico deve risultare dal testo del provvedimento impugnato e non dal confronto con i dati processuali, che sono esaminati ed interpretati esclusivamente nel giudizio di merito. Questo perché la Corte di cassazione è giudice della motivazione e non delle prove, sicché, in tema di controllo sulla motivazione, è normativamente preclusa, nel giudizio di legittimità, la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla cognizione Corte mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260). 1.3. Ciò detto, osserva ancora il Collegio che, in ogni caso, la Difesa avrebbe dovuto porsi il problema che, a prescindere dalla prova dell'utilizzo del jammer, l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento è stata contestata ab origine anche sotto un altro profilo: infatti, nell'imputazione di cui al capo B) - poi divenuta unica contestazione, a seguito dell'assorbimento del furto commesso all'interno dell'autovettura in quello consumato nell'abitazione - è contestato agli imputati, e in tali termini il fatto è stato ritenuto provato, di avere commesso il furto in abitazione dopo essersi procurati fraudolentemente le chiavi di casa. Si vuole significare che, a seguito dell'unificazione dei due fatti, la circostanza aggravante in questione, mentre è stata censurata con riguardo all'utilizzo del jammer, non è stata attaccata dal ricorso nella parte in cui si è ritenuto che gli imputati si siano fraudolentemente procurati le chiavi di casa, né il ricorrente ha rappresentato l'interesse alla eliminazione solo parziale della predetta circostanza, una volta che la circostanza aggravante in parola resta ferma per l'altro profilo, come detto, non inciso dal ricorso. Da quanto osservato discende l'inammissibilità del primo motivo di ricorso. 2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, dal momento che la Corte territoriale ha motivato ampiamente le ragioni per le quali ha ritenuto corretta l'applicazione al ricorrente della misura di sicurezza dell'espulsione, in ragione della spiccata propensione a delinquere desumibile dalle concrete modalità, professionali, di commissione degli illeciti contestati, oltre che dall'essere stati trovati - gli imputati - nel possesso di cose di sospetta provenienza, al momento del controllo, ulteriore elemento significativo, secondo la ragionevole valutazione dei giudici di merito, di pericolosità. 3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (articolo 616 cod. proc. pen) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7 - 13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.