Il tavolo di lavoro presieduto dal Cnf, a cui hanno partecipato le diverse componenti dell'avvocatura, ha elaborato un dettagliato disegno di legge composto da 91 articoli. Previste novità su monocommittenza, segreto professionale e limiti ai mandati elettivi presso i Consigli dell’ordine e il Consiglio nazionale.
Gli avvocati potranno beneficiare di compensi basati sui risultati, potenzialmente fino al 20% in più rispetto ai parametri professionali stabiliti. È una delle principali novità contenute nella riforma della professione forense, che verrà discussa oggi all'Agorà dei presidenti degli Ordini e delle Unioni a Roma. Il testo, composto da 91 articoli, è stato elaborato da un tavolo unitario dell'avvocatura con il supporto di Cnf e Ocf. La riforma prevede diverse novità in tema di monocommittenza, collaborazione continuativa, segreto professionale, tirocinio, abilitazione e limiti ai mandati elettivi presso i Consigli dell’ordine e il Consiglio nazionale. Il testo sarà successivamente trasmesso alle forze politiche. Monocommittenza L’avvocato può pattuire con il cliente compensi commisurati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto di cui all’articolo 1261 c.c., e sempre che i compensi siano proporzionati all’attività svolta e non superino del 20% il massimo aumento previsto dai parametri forensi. L'avvocato può svolgere la propria attività a favore di un solo committente, che può essere un avvocato o uno studio associato, ma il rapporto di lavoro non è subordinato e resta una prestazione d’opera: il contratto deve essere scritto e il compenso deve essere proporzionato all'attività svolta, sulla base di un decreto del Ministro della Giustizia, su proposta del Consiglio nazionale forense, da emanare entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della riforma. In situazioni in cui si verifichi una continuativa indisponibilità sotto i 180 giorni, è vietato al committente recedere dal contratto; il tutto nelle ipotesi di gravidanza, maternità o paternità, adozione, malattia e infortunio. Analoghe disposizioni sono previste anche per la collaborazione continuativa, in cui il compenso e il criterio per la sua determinazione sono indicati nel contratto. Esame di stato e segreto professionale Il concetto di “segreto professionale” è considerato un elemento rilevante per l'ordine pubblico e viene esteso a qualsiasi forma di supporto materiale o immateriale, compresi documenti cartacei, elettronici, video o audio. Eventuali ispezioni e perquisizioni nello studio o nella residenza dell'avvocato, anche se sottoposto a indagine, sono consentite soltanto in conformità con le disposizioni previste dall'articolo 103 c.p.p, ovvero avvisando il Consiglio dell’ordine forense del luogo affinché il presidente o un consigliere delegato possa assistere alle operazioni. La nomina della commissione per l'esame di Stato avviene attraverso un decreto del Ministero della Giustizia, sentito il Cnf, ed è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, di cui tre di entrambe le categorie sono avvocati designati dal Cnf tra i cassazionisti, uno dei quali designato come presidente. un membro effettivo e un supplente sono magistrati in pensione (e solo in seconda istanza in servizio) e altrettanti accademici, anch'essi in pensione. Il tirocinio si volgerà esclusivamente presso studi legali e con la frequenza obbligatoria alle scuole forensi. Non sarà possibile esercitare la professione senza aver superato con successo l'esame. Terzo mandato L'avvocato può essere socio illimitatamente responsabile o amministratore di società di persone, ma solo se l'attività si limita alla gestione di beni personali o familiari. Inoltre, può ricoprire incarichi come amministratore unico, consigliere delegato, presidente o liquidatore, con poteri individuali, all'interno degli organi di amministrazione di società di capitali, cooperative, enti pubblici e privati. Il mandato dei consiglieri presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (Coa) e il Consiglio Nazionale Forense (Cnf) ha una durata di tre anni. I consiglieri non possono essere eletti consecutivamente per più di tre volte, mentre riguardo al divieto del terzo mandato consecutivo sono intervenute sia la Corte Costituzionale che le Sezioni Unite Civili della Cassazione.