Ribaltamento della sentenza assolutoria: il giudice d'appello deve offrire una motivazione rafforzata

«Nella sentenza di condanna che ribalta la decisione assolutoria di primo grado devono essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno dell'assoluzione, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti».

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha affrontato il tema del ribaltamento in appello di una sentenza assolutoria evidenziando l'importanza di rispettare l'onere di motivazione rafforzata. Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Bari aveva condannato tre imputati per estorsione, ribaltando la sentenza assolutoria di primo grado. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d'Appello non avesse adeguatamente motivato la decisione, in particolare in relazione alla rivalutazione delle testimonianze chiave e delle prove raccolte. La giurisprudenza ormai consolidata richiede, sul punto che, in caso di ribaltamento di una sentenza assolutoria, il giudice d'appello fornisca una motivazione dettagliata che confuti punto per punto le ragioni della decisione precedente, dimostrando l'insostenibilità delle argomentazioni adottate nel primo grado. Inoltre, il Collegio ha evidenziato che il giudice di secondo grado deve procedere obbligatoriamente alla rinnovazione delle testimonianze dichiarative qualora queste risultino decisive per il nuovo giudizio. Tale obbligo trova fondamento sia nella giurisprudenza nazionale, sia nelle disposizioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che valorizzano il diritto dell'imputato a una valutazione affidabile delle prove, basata su un confronto diretto con le fonti probatorie. Nel caso esaminato, i giudici di legittimità hanno riscontrato diverse violazioni da parte della Corte territoriale, tra cui la mancata rinnovazione di testimonianze rilevanti e la carenza di motivazione in merito alla credibilità di alcuni testimoni. In particolare, la Corte d'Appello aveva rivalutato il compendio probatorio senza procedere a un nuovo esame diretto delle parti offese e di altri testimoni chiave. La Cassazione ha sottolineato come l'articolo 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale, come modificato dalla riforma Cartabia, impone al giudice d'appello di rinnovare le prove dichiarative decisive nei processi in cui il pubblico ministero impugna una sentenza assolutoria basata su motivi legati alla valutazione delle prove. La mancata osservanza di tale obbligo costituisce una violazione grave che compromette la legittimità della condanna. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello, che dovrà riesaminare il caso rispettando le garanzie procedurali e motivazionali richieste. L'obbligo di rinnovazione dibattimentale, sancito dall'articolo 603, comma 3-bis, del Codice di procedura penale, è stato oggetto di un'analisi approfondita nella sentenza fornita. In particolare, la normativa prevede che nei giudizi d'appello promossi dal pubblico ministero, qualora il proscioglimento in primo grado sia fondato su motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, sia necessario procedere alla rinnovazione dibattimentale. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che l'obbligo: si applica quando la rivalutazione della decisione assolutoria si basa su testimonianze decisive. È esteso anche alle dichiarazioni rese da periti o consulenti tecnici nel corso del dibattimento, qualora tali dichiarazioni siano veicolate verbalmente e risultino determinanti per la decisione. Tuttavia, l'obbligo non è assoluto. La giurisprudenza ha chiarito che: non è necessario rinnovare integralmente tutta l'attività istruttoria. Si applica solo alle prove dichiarative decisive, specificatamente indicate nell'atto di impugnazione del pubblico ministero. Non si estende alle testimonianze i cui contenuti siano incontestati, ma per le quali si richieda una diversa interpretazione dei dati di contesto. In conclusione, il Collegio afferma il seguente principio di diritto: «l'obbligo di rinnovazione dibattimentale è limitato alle testimonianze (a) relativamente alle quali la attendibilità intrinseca dei dichiaranti sia oggetto di una precisa richiesta di rivalutazione del pubblico ministero, su cui grava l'onere di proporre motivi specifici nel rispetto delle prescrizioni contenute nel novellato articolo 581 c.p.p., (b) siano decisive per la valutazione della responsabilità. L'obbligo non si estende, invece, alle testimonianze i cui contenuti siano incontestati, ma in relazione alle quali si invoca una diversa valutazione degli elementi di conferma; in relazione a tali testimonianze la rinnovazione è rimessa alla discrezionalità del giudice, che potrà esercitarla nel rispetto delle regole previste dai primi tre commi dell'articolo 603 c.p.p.».

Presidente Beltrani - Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Bari, riformando integralmente la sentenza del Tribunale di Foggia, condannava L.M., L.L. e Z.V. per il reato di estorsione. Si contestava agli stessi di avere costretto, con la minaccia di un'arma le parti civili, L.M. e C.M., a sottoscrivere una scrittura privata in cui affermavano (a) che avevano effettuato un prestito di ventimila euro allo Z.L., (b) che tale somma era stata loro restituita, (c) che le dichiarazioni precedentemente rese - relative al fatto che il prestito si riferisse, invece, al pagamento per una futura assunzione - erano state loro suggerite da A.R. e L.R., (d) che, in cambio delle false accuse, i fratelli R. avevano promesso una assunzione presso la (OMISSIS), (e) che sarebbero stati disponibili a testimoniare che le accuse rivolte nei confronti dei ricorrenti erano false. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di L.M. che deduceva: 2.1. violazione di legge: l'atto d'appello sarebbe inammissibile, come anche la richiesta di rinnovazione dibattimentale, per carenza di specificità; 2.2. violazione di legge (articolo 603 comma 3-bis cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: la motivazione dell'ordinanza di rinnovazione sarebbe carente in ordine alla indicazione delle ragioni per cui la Corte aveva deciso di procedere alla rinnovazione dibattimentale; segnatamente, si deduceva che era stata disposta solo la rinnovazione delle testimonianze delle persone offese, ma non quella degli altri testimoni e che, comunque, l'esame delle persone offese non sarebbe stato completo. In sintesi: si deduceva che la condanna sarebbe stata giustificata con motivazione carente e non rispettosa della regola di giudizio de ''l'al di là di ogni ragionevole dubbio . 2.3. violazione di legge (articolo 629 cod. pen.) e vizio di motivazione: sarebbe emerso che la scrittura privata riguardava un prestito di denaro effettuato dalle parti civili allo Z.L.; si deduceva, inoltre, che la scrittura privata, in ipotesi estorta, non avrebbe prodotto vantaggi economici per i ricorrenti, sicché la condotta sarebbe - al più - inquadrabile come tentativo di estorsione; 2.4. violazione di legge (articolo 69 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al giudizio di bilanciamento tra circostanze: l'incensuratezza del ricorrente, il comportamento processuale, la precedente militanza nel Corpo di polizia e la condotta contemporanea e susseguente al reato avrebbero dovuto condurre ad un giudizio di bilanciamento di maggior favore. 2.5. Le ragioni del ricorso venivano ribadite con motivi aggiunti. 3. Ricorreva per cassazione anche il difensore di L.L., che deduceva: 3.1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla carenza di motivazione rafforzata: la sentenza impugnata non avrebbe puntualmente contrastato la motivazione che il Tribunale aveva posto a fondamento della decisione assolutoria; segnatamente non sarebbe stata adeguatamente valorizzata la vicenda relativa allo L.S., prima indagato, ma poi destinatario di un provvedimento di archiviazione, per una ipotetica minaccia rivolta al ricorrente; invero, le telefonate minatorie patite dal ricorrente non sarebbero ascrivibili a L.S., ma a L.M., presunta persona offesa; inoltre le dichiarazioni di L.M., C.M. e M.Mi. sarebbero state valutate in appello in modo difforme rispetto a quanto valutato dal Tribunale, senza il doveroso confronto con gli argomenti posti a fondamento dell'assoluzione. Nel dettaglio: (a) L.M. avrebbe reso dichiarazioni non attendibili circa il suo coinvolgimento nella condotta illecita attribuita allo L.S. e la Corte di appello non avrebbe fornito esaurienti spiegazioni in ordine alla attendibilità frazionata della sua testimonianza; (b) L.M. avrebbe dichiarato di non avere riferito a nessuno delle estorsioni subite, mentre suo padre M.Mi. avrebbe dichiarato il contrario, (c) non sarebbe stato chiarito quando sarebbe stata firmata la scrittura privata, in quanto L.M. avrebbe modificato la prima versione, dichiarando che la firma sulla scrittura privata non sarebbe stata apposta subito dopo la minaccia, ma più tardi, quando il L.L. ed il L.M. erano ritornati con le fotocopie della scrittura, (d) anche le dichiarazioni di C.M. sarebbero state valutate in modo superficiale, dato che non sarebbe stato valutato il fatto che lo stesso aveva modificato in appello la sua versione, (e) la Corte d'appello non avrebbe fornito alcuna giustificazione in ordine al radicale cambio di versione di C.M.; (f) resterebbe non dimostrato, in quanto inverosimile, perché gli imputati avrebbero lasciato il L.M. e il C.M. sotto il tiro di una pistola in un luogo pubblico e presumibilmente frequentato, (g) le dichiarazioni di M.Mi. sarebbero state valutate in modo superficiale; 3.2. violazione di legge e vizio di motivazione: non sarebbero stati identificati con chiarezza gli elementi di conferma alle dichiarazioni accusatorie; in particolare sarebbero stati qualificati come conferme le testimonianze di M.M., C.D., C.A., C.S., nonostante gli stessi non avessero riferito nulla in ordine ai fatti contestati; infine, si deduceva che dalle prove raccolte emergerebbero delle criticità circa il momento in cui il L.M. avrebbe chiamato l'ispettore D.G.; 3.3. violazione di legge (articolo 603, comma 3-bis cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla omessa rinnovazione della testimonianza di M.Mi., A.D.S. (consulente tecnico), L.F., L.D.D. e degli imputati L.M. e Z.L.: i contenuti delle testimonianze di tali testi sarebbero decisivi, ma la loro valutazione - difforme rispetto a quella effettuata nel primo grado di giudizio - sarebbe stata effettuata solo su base cartolare; 3.4. violazione di legge (articolo 69 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al bilanciamento tra circostanze effettuato solo in equivalenza. 4. Ricorreva per cassazione anche il difensore di Z.L., che, con unico motivo, deduceva vizio di motivazione in ordine alla condanna effettuata attraverso il ribaltamento integrale della sentenza di primo grado: si contestava la carenza della motivazione in ordine alla valutazione di credibilità dei contenuti accusatori riversati nel processo dalle persone offese; in particolare si contestava la credibilità della deposizione della parte civile C.M. in ordine alla narrazione delle modalità con cui sarebbe stata estorta la firma sulla scrittura privata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto nell'interesse di L.L. è fondato e, pertanto, deve essere accolto. 1.1 In materia di ribaltamento della sentenza assolutoria il collegio ribadisce che incombe sul giudice di appello l'onere di offrire una motivazione rafforzata che si confronti con gli argomenti posti a sostegno della sentenza di assoluzione. Tale onere è generale e riguarda anche i casi in cui il compendio probatorio non abbia una struttura dichiarativa, ma si fondi su prove di altra natura (prova scientifica, intercettazioni, perquisizioni, sequestri etc.). Sul punto la Cassazione ha affermato, con giurisprudenza che si condivide, che nella sentenza di condanna che ribalta la decisione assolutoria di primo grado devono essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti , questo perché la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, Pappalardo, Rv. 242330, Sez. U. n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231674). Si tratta di un percorso ermeneutico che trova significative conferme nella giurisprudenza della Corte Edu, che con giurisprudenza consolidata, ha ritenuto non rispettoso delle garanzie convenzionali il processo che si risolva in un ribaltamento dell'assoluzione sulla base di un compendio probatorio cartolare che si presenta deprivato rispetto a quello disponibile in primo grado, in quanto carente dell'audizione diretta dei testimoni già uditi, dei quali si pretende di rivalutare la attendibilità intrinseca e la credibilità dei contenuti accusatori, senza fare ricorso alla percezione diretta dell'evento dichiarativo (Oan v. Moldavia, Corte Edu, 5 luglio 2011; Manolachi v. Romania, Corte EDU, III sez., 5 marzo 2013; Flueras v. Romania, Corte Edu,III sez., 9 aprile 2013; Corte Edu, III Sez., sent. 4 giugno 2013; Hanu v. Romania, rie. 10890/04; più recentemente Moinescu v. Romania, Corte Edu, III sez. 15.9.2015, Nitulescu v. Romania, Corte Edu, III sez. 22.9.2015; Lorefice v. Italia, Corte Edu, 1 sez., 29 giugno 2017). Invero il diritto convenzionale valorizza non tanto il diritto dell'imputato ad entrare in contatto con la fonte delle accuse (comunque esercitato nel primo grado di giudizio), quanto il suo il diritto ad una decisione basata su di un percorso valutativo affidabile, che presuppone che il giudice della condanna valuti gli stessi elementi a disposizione del giudice dell'assoluzione e, dunque, con specifico riguardo alle prove dichiarative, anche gli elementi di valutazione provenienti dalla comunicazione extraverbale. 1.2. Tale panorama giurisprudenziale è stato arricchito da alcuni decisivi arresti delle Sezioni Unite, ma soprattutto dall'intervento legislativo di modifica dell'articolo 603 cod. proc. pen., che ha introdotto l'”obbligo della rinnovazione dibattimentale nel caso in cui il giudizio di appello sia promosso dal pubblico ministero ed il proscioglimento deciso in primo grado sia fondato su «motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa». Sul versante giurisprudenziale le Sezioni unite hanno anticipato la riforma affermando che l'onere di fornire una motivazione rafforzata implica la necessità di effettuare il riesame della decisione assolutoria attraverso la obbligatoria rinnovazione delle testimonianze decisive (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486), estendendo tale obbligo, prima della riforma c.d. Cartabia (che, in relazione all'abbreviato c.d. secco , lo ha abolito) anche ai casi in cui si proceda con il rito abbreviato non condizionato (Sez. U. n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269786) ed ai casi relativi all'esame del perito; si è infatti affermato che e dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative, sicché sussiste, per il giudice di appello che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi, sempreché decisive, la riforma della sentenza di assoluzione, l'obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l'esame del perito o del consulente, mentre analogo obbligo non sussiste ove la relazione scritta del perito o del consulente tecnico sia stata acquisita mediante lettura, ivi difettando la natura dichiarativa della prova (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112 - 01) Il Collegio rileva, inoltre, che le Sezioni unite hanno offerto una interpretazione restrittiva del comma 3-bis dell'articolo 603 cod. proc. pen. attraverso l'individuazione di precisi limiti all'obbligo di rinnovazione. E' stato infatti affermato che «l'espressione utilizzata dal legislatore nella nuova disposizione di cui al comma 3-bis, secondo cui il giudice deve procedere, nell'ipotesi considerata, alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, non equivale infatti alla introduzione di un obbligo di rinnovazione integrale dell'attività istruttoria - che risulterebbe palesemente in contrasto con l'esigenza di evitare un'automatica ed irragionevole dilatazione dei tempi processuali -, ma semplicemente alla previsione di una nuova, mirata, assunzione di prove dichiarative ritenute dal giudice d'appello decisive ai fini dell'accertamento della responsabilità, secondo i presupposti già indicati da questa Corte nella sentenza Dasgupta. Coordinando la locuzione impiegata dal legislatore nel comma 3-bis («il Giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale») con quelle - del tutto identiche sul piano lessicale - già utilizzate nei primi tre commi della medesima disposizione normativa, deve pertanto ritenersi che il Giudice d'appello sia obbligato ad assumere nuovamente non tutte le prove dichiarative, ma solo quelle che - secondo le ragioni puntualmente e specificamente prospettate nell'atto di impugnazione del pubblico ministero - siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e vengano considerate decisive ai fini dello scioglimento dell'alternativa proscioglimento-condanna » (Sez. U, n. 14800 del 21/12/ 2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272431, § 7.2). A tale rilevante limitazione si associa quella individuata dalla condivisa giurisprudenza che limita l'obbligo di rinnovazione ai casi in cui si invochi la rivalutazione della attendibilità intrinseca delle testimonianze decisive , senza estenderlo alle prove dichiarative i cui contenuti siano incontestati, sebbene l'appellante invochi una diversa valutazione dei dati di contesto. Si è infatti affermato che non sussiste l'obbligo di procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la riforma in appello dell'assoluzione, quando l'attendibilità della deposizione sia valutata in maniera del tutto identica dal giudice di appello, che si limita ad effettuare un diverso apprezzamento del complessivo compendio probatorio ovvero ad offrire una diversa interpretazione della fattispecie incriminatrice (Sez. 5, n. 33272 del 28/03/ 2017, Carosella, Rv. 270471; Sez. 5, n. 47833 del 21/06/ 2017, Terry, Rv. 273553; Sez. 6, n. 49067 del 21/09/2017, Bertolini, Rv. 271503) 1.3. In conclusione, può essere affermato che l'”obbligo di rinnovazione dibattimentale è limitato alle testimonianze (a) relativamente alle quali la attendibilità intrinseca dei dichiaranti sia oggetto di una precisa richiesta di rivalutazione del pubblico ministero, su cui grava l'onere di proporre motivi specifici nel rispetto delle prescrizioni contenute nel novellato articolo 581 cod. proc. pen., (b) siano decisive per la valutazione della responsabilità. L'obbligo non si estende, invece, alle testimonianze i cui contenuti siano incontestati, ma in relazione alle quali si invoca una diversa valutazione degli elementi di conferma; in relazione a tali testimonianze la rinnovazione è rimessa alla discrezionalità del giudice, che potrà esercitarla nel rispetto delle regole previste dai primi tre commi dell'articolo 603 cod. proc. pen. 1.4. Nel caso in esame la Corte di appello ha rivisitato integralmente la sentenza di assoluzione giungendo ad una decisione di condanna rinnovando solo le testimonianze di L.M. e C.M., nonostante risulti rivalutato l'intero compendio probatorio, sia di matrice dichiarativa che scientifica. Nel dettaglio: (a) non è stata rinnovata la testimonianza di M.Mi., nonostante la rilevata discrasia, emergente dalle sue dichiarazioni, circa il momento in cui L.M. aveva riferito al padre della azione estorsiva, (b) è stata integralmente rivalutata la consulenza tecnica introdotta dalla difesa effettuata dalla Dott.ssa A.D.S., senza procedere alla sua rinnovazione, (c) non è stata fornita una adeguata motivazione a sostegno della valutazione frazionata delle dichiarazioni di L.M., dichiaratamente ritenuto non credibile nella parte in cui lo stesso ha riferito della vicenda L.S. (d) non è stato accuratamente vagliato l'ipotetico coinvolgimento nella condotta per la quale era stato iscritto lo L.S. anche del L.M., nonostante «dall'esame delle persone offese sembra emergere che il L.M. avesse effettivamente incaricato L.S. di recuperare i soldi da L.L.» e nonostante sia stato ritenuto che «il L.M. è stato certamente reticente, non in grado di fornire elementi utili a chiarire la vicenda, né di spiegare i suoi rapporti con L.S.» (pag. 21 della sentenza impugnata). Peraltro l'eventuale coinvolgimento di L.M. nella condotta illecita attribuita allo L.S. avrebbe una rilevanza decisiva anche sull'inquadramento di L.M. come dichiarante semplice , piuttosto che come indagato di reato collegato . Sul punto si ricorda che in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l'eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 15208 del 25/02/ 2010, Mills, Rv. 246584 - 01). E che l'attribuzione della eventuale qualifica di indagato di reato collegato ha una particolare rilevanza, tenuto conto che il mancato avvertimento di cui all'articolo 64, comma terzo, lett. c), cod. proc. pen., all'imputato di reato connesso o collegato a quello per cui si procede, che avrebbe dovuto essere esaminato in dibattimento ai sensi dell'articolo 210, comma sesto, cod. proc. pen., determina la inutilizzabilità della deposizione testimoniale resa senza garanzie (Sez. U, n. 33583 del 26/03/ 2015, Lo Presti, Rv. 264479 - 01). In sintesi, si rileva una violazione dello statuto della rinnovazione obbligatoria contenuto nell'articolo 603, comma 3-bis cod. proc. pen. come interpretato dalla giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione e, conseguentemente, una violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata che incombe sul giudice che effettua l'overturning. 1.5. Per quanto i ricorsi proposti nell'interesse del L.M. e dello Z.L. non superino la soglia di ammissibilità in quanto generici, il Collegio riconosce che le doglianze proposte nell'interesse del L.L. in ordine alla violazione dell'obbligo di rinnovazione del dibattimento in appello e dell'onere di motivazione rafforzata non sono esclusivamente personali, per cui gli effetti del loro accoglimento devono essere estesi, ai sensi dell'articolo 587 cod. proc. pen. nei confronti di Z.L. e L.M.. Si riafferma, infatti, che l'effetto estensivo dell'impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale, giova anche agli altri imputati che non hanno proposto ricorso, ivi compresi coloro che hanno concordato la pena in appello, che hanno proposto un ricorso originariamente inammissibile o che al ricorso hanno successivamente rinunciato (Sez. 3, n. 55001 del 18/07/ 2018, Cante, Rv. 274213 - 02; Sez. U, n. 30347 del 12/07/2007, Aguneche, Rv. 236756 - 01). 1.6. Si dispone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna che procederà alla rinnovazione degli esami dei soggetti la cui attendibilità dovrà essere rivalutata rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale, nonché all'approfondimento dei temi in relazione ai quali si è ritenuta la motivazione carente. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.