L’obbligo di salvataggio dell’assicurato si estende anche alla fase giudiziale per l’accertamento del danno

Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte ridefinisce, allargandolo, l’obbligo di salvataggio del danneggiante-assicurato verso l’assicuratore nell’ambito della garanzia contratta a copertura della responsabilità civile: il salvataggio dell’assicurato ai sensi dell’articolo 1914 c.c., infatti, riguarda non soltanto il dovere di evitare il danno nella sua materialità, ma anche quello di diminuire il danno nella successiva fase giudiziale atta ad accertarlo in punto an e quantum.

La Suprema Corte è stata chiamata a dirimere, nell'odierna ordinanza in epigrafe, una questione interpretativa di particolare importanza nella prassi assicurativa: l'ampiezza e il relativo quadro operativo dell'obbligo di salvataggio imposto all'assicurato ai sensi dell'articolo 1914 c.c. Nella fattispecie concreta, posta all'esame dei giudici di legittimità, un medico anestesista era stato condannato al risarcimento di una ingente somma di denaro per aver cagionato con la propria condotta un notevole pregiudizio ai danni di un neonato. Nel corso del giudizio di merito – dedicato all'accertamento dell'an e del quantum debeatur – il medico convenuto dal danneggiato aveva sostenuto, allo scopo di sgravarsi da responsabilità, una tesi difensiva basata sul proprio dissenso alla prosecuzione dell'intervento chirurgico produttivo del grave danno al paziente; tale dissenso non era stato correttamente annotato nella cartella clinica, le cui risultanze (dotate di fede privilegiata) avrebbero dovuto essere contestate mediante apposito procedimento di querela di falso. Il sanitario convenuto, tuttavia, non aveva provveduto ad avanzate querela di falso nel corso del giudizio di appello, ragion per cui il giudice di cognizione aveva definitivamente accertato la propria responsabilità civile con pedissequa condanna al risarcimento del danno. Successivamente, il danneggiante-assicurato agiva nei confronti del proprio assicuratore per la responsabilità civile al fine di ottenere l'accertamento dell'operatività della polizza stipulata e la conseguente manleva assicurativa in rapporto alle ingenti somme risarcitorie riconosciute in favore del paziente leso. L'impresa assicurativa negava l'operatività della polizza e – per quanto qui interessa – eccepiva la violazione dell'obbligo di salvataggio (con relativa esenzione dall'indennizzo) a carico dell'assicurato, per non aver egli efficacemente coltivato la controversia precedentemente instaurata dal danneggiato mediante querela di falso la quale, se correttamente esperita, avrebbe determinato l'esenzione di responsabilità ed impedito l'esito condannatorio conclusivo. Nel corso del giudizio di merito [Trib. Milano, 6 marzo 2019, n. 2304; e App. Milano, 9 novembre 2021, n. 3236, quest'ultima in DeJure] il giudice accoglie parzialmente la domanda di manleva del sanitario assicurato verso l'assicuratore: l'obbligo di salvataggio, infatti, si riferirebbe all'insorgenza del danno concreto al terzo danneggiato, dimodoché ogni asserito errore di difesa tecnica nel successivo giudizio risarcitorio instaurato dal danneggiato stesso nei confronti del danneggiante-assicurato, non inserendosi nel rapporto causale del danno ormai subito e cristallizzato, non rileverebbe ai sensi dell'articolo 1914 c.c., non potendo così essere considerato quale fatto giustificativo della perdita del diritto all'indennizzo e alla manleva. L'assicuratore ricorre infine in cassazione, ritenendo al contrario che l'errata strategia difensiva assunta dall'assicurato (ossia la mancata proposizione della querela di falso avverso l'atto pubblico infedele) assuma rilievo determinante allo scopo di escludere il diritto all'indennizzo per violazione del salvataggio. Il Supremo Collegio – nell'accogliere il ricorso dell'assicuratore – ricorda anzitutto che il danneggiante-assicurato ha l'obbligo ex articolo 1914 c.c. (anche nell'ambito dell'azione promossa nei suoi confronti dal danneggiato) di compiere quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno, il quale viene determinato nell'an e nel quantum proprio in esito alla controversia risarcitoria. In base a siffatta prospettazione l'obbligo di salvataggio dell'assicurato – pacificamente esteso dagli interpreti anche all'assicurazione sulla responsabilità civile [cfr. ex aliis Cass. civ., 7 novembre 1991, n. 11877, in DeJure; e Cass. civ., 14 giugno 2007, n. 13958, in Giust. civ. Mass., 2007, 6] – si riferisce non soltanto al dovere di evitare il danno, concretizzato in un contegno commissivo o omissivo collocato utilmente nella fattispecie potenzialmente causativa della lesione, ma anche al parallelo dovere di diminuire il danno medesimo, concernente cioè un'azione od omissione che, inserendosi nella serie causale successiva al verificarsi del pregiudizio, ne impedisce la crescita ulteriore [in questo senso cfr. Cass., civ., 21 luglio 2016, n. 14992, in DeJure]. La Suprema Corte pare quindi abbandonare la tradizionale interpretazione secondo cui l'intervento di salvataggio abbia un carattere di mera “materialità”, finalizzato solamente a ridurre o eliminare “fisicamente” l'idoneità della cosa (o della condotta nelle ipotesi di assicurazione della responsabilità civile) a produrre danno, allo scopo di responsabilizzare maggiormente l'assicurato anche nella conduzione della controversia promossa nei suoi confronti dal terzo danneggiato [in tal senso, con violazione del salvataggio nel caso in cui l'assicurato non promuova tempestivamente accertamento tecnico preventivo, cfr. Cass. civ., 11 giugno 2008, n. 15458, in Resp. civ. prev., 2009, 139, con nota di Bugiolacchi]. Ecco quindi che, individuato il rischio assicurato, vanno considerati di salvataggio tutti quegli interventi che, inserendosi nel processo causale, risultino idonei ad impedire la produzione e, finanche, il completamento del danno, con diritto dell'assicurato a rivalersi sull'assicuratore a titolo di manleva o per le spese affrontate, anche se l'attività di salvataggio non ha sortito buon esito [così Cass. civ., 28 gennaio 2005, n. 1749, in Giust. civ. Mass., 2005, 1]. Per le suddette ragioni, l'ordinanza in epigrafe appare di estrema importanza nella prassi assicurativa e forense in ordine alla vexata quaestio, poiché afferma e valorizza il principio di autoresponsabilità dell'assicurato nei confronti dell'assicuratore: infatti, la ratio dell'obbligo di salvataggio ex articolo 1914 c.c. – da valutarsi secondo i tradizionali canoni del buon padre di famiglia – da un lato soddisfa l'interesse dell'assicurato a che il danno non si verifichi o venga contenuto; dall'altro lato tutela l'interesse dell'assicuratore a evitare il pagamento dell'indennizzo o, comunque, a ridurne al minimo l'entità.

Presidente De Stefano - Relatore Fanticini Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.