Sì all'installazione dell'ascensore nel palazzo anche se, come da progetto, comporta la riduzione di ben 30 centimetri della larghezza delle scale. Unico aspetto positivo per i condòmini che si oppongono alla realizzazione dell'opera è la possibilità di non dovere contribuire economicamente.
Contesto del caso in esame è un palazzo in Campania, ove con una delibera viene approvato il progetto per l'installazione dell'ascensore, così da garantire una maggiore vivibilità alle persone anziane che vivono nello stabile. Per alcuni condòmini contrari al progetto è illogico il via libera da parte dell'assemblea, soprattutto considerando le ripercussioni sulla agibilità delle scale, destinate a vedere ridotta la loro larghezza. Una volta accertata la possibilità di addivenire ad un'intesa tra le due “anime” del condominio, sono inevitabili le conseguenze giudiziarie, che vede però i condòmini contrari al progetto soccombere in maniera quasi totale. Per i giudici di merito, difatti, va ritenuta legittima la delibera adottata dall'assemblea, tuttavia deve essere messa in discussione la ripartizione della spesa, poiché include anche i condòmini dissenzienti. In premessa, il Tribunale ribadisce che «l'ascensore non deve pregiudicare il diritto al pari uso delle parti condominiali da parte di tutti i condòmini» e che, quindi, è valutabile come illegittima l'installazione dell'ascensore se lede, in concreto, anche un solo condòmino. Va, però, tenuto presente che «l'interesse all'installazione, nonostante il dissenso di alcuni condòmini, dell'impianto di ascensore» può rivelarsi «funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all'uso o al godimento degli altri condòmini, faciliti l'accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani». In questo quadro deve inserirsi un ulteriore dettaglio, ossia «il limite all'immutazione della cosa comune». Ragionando in questa ottica, «il concetto di inservibilità della cosa comune non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione –, ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis, secondo la sua naturale fruibilità» e «si può tener conto di specificità – che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condòmino – solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo». Passando dalla visione generale ai dettagli della specifica vicenda, i giudici, alla luce della documentazione a disposizione, ritengono «la riduzione della larghezza delle scale da centodieci centimetri ad ottanta centimetri non tale da rendere del tutto inservibili le scale stesse». Non risulta, dunque, affatto provato che l'installazione dell'ascensore nel palazzo sia tale da rendere le scale non usufruibili e non accessibili dai condòmini che si oppongono al progetto. E in questa ottica «va tenuto in debito conto, inoltre, il notevole vantaggio che la costruzione dell'ascensore recherebbe alle persone anziane ed ai disabili abitanti nello stabile», precisa il Tribunale. Per quanto concerne, però, la ripartizione della spesa prevista per la realizzazione dell'ascensore, devono essere esonerati i condòmini dissenzienti. Ciò alla luce di quanto previsto dal Codice Civile, laddove stabilisce che, qualora l'innovazione comporti una spesa molto gravosa, o dal carattere voluttuario, i condòmini che non intendono trarne vantaggio sono esclusi da qualsiasi contributo nella spesa, e, nella specifica vicenda, «i condòmini dissenzienti hanno comunicato all'amministratore il proprio dissenso rispetto alla costruzione dell'ascensore e vanno, dunque, esonerati dal partecipare alla relativa spesa».
Giudice Fontanarosa Ragioni di fatto e di diritto della decisione Preliminarmente in diritto si osserva quanto segue. Secondo i giudici di legittimità, l'esistenza dell'ascensore può senz'altro definirsi funzionale ad assicurare la vivibilità dell'appartamento, cioè è assimilabile, quanto ai principi volti a garantirne la installazione, agli impianti di luce, acqua, riscaldamento e similari. Vero è che tale qualificazione è dal legislatore imposta per i nuovi edifici o per la ristrutturazione di interi edifici, mentre per gli edifici privati esistenti valgono le disposizioni di cui alla L. n. 13 del 1989, articolo 2; tuttavia, la assolutezza della previsione di cui all'articolo 1 non può non costituire un criterio di interpretazione anche per la soluzione dei potenziali conflitti che dovessero verificarsi con riferimento alla necessità di adattamento degli edifici esistenti alla prescrizioni dell'articolo 2. Di tal che, nel valutare il contrasto delle opere, cui fa riferimento la l 13/1989, articolo 2, con la specifica destinazione delle parti comuni, sulle quali esse vanno ad incidere, occorre tenere conto altresì del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (cfr. Cass. 18334/2012). Ai fini della legittimità dell'intervento innovativo approvato ai sensi della l. 13/1989, articolo 2, è sufficiente, peraltro, che lo stesso produca, comunque, un risultato conforme alle finalità della legge, attenuando sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione (cfr. Cass. 18147/ 2013) (cfr. Cass. 30838/2019). In ordine ai limiti e alle regole che devono essere rispettati in caso di costruzione di un ascensore, la Cassazione ha rilevato che proprio per tali sue peculiarità, l'installazione dell'ascensore nel fabbricato condominiale costituisce innovazione che può essere attuata anche unilateralmente dai condomini che si accollano la relativa spesa, o deliberata dall'assemblea a maggioranza non qualificata, in deroga a quanto è prescritto per tutte le altre innovazioni, purché, tuttavia, siano rispettati taluni limiti fondamentali, imprescindibili anche se l'installazione è l'unica via per l'eliminazione delle c.d. barriere architettoniche. In particolare, l'ascensore non deve pregiudicare il diritto al pari uso delle parti condominiali da parte di tutti i condòmini, per cui è illegittima l'installazione che privi anche un solo condomino della possibilità di usufruirne (cfr. Cass. 28920/2011). In tema di deliberazioni condominiali, l'installazione dell'ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 3 marzo 1971, n. 118 e all'articolo 1, primo comma, del D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, costituisce innovazione che, ai sensi dell'articolo 2 legge 2 gennaio 1989, n. 13, è approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall'articolo 1136, commi 2 e 3, c.c., dovendo, però, essere rispettati (in forza del terzo comma del citato articolo 2) i limiti previsti dagli articolo 1120 e 1121 c.c. Ne consegue che non può essere consentita quell'installazione che renda talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. A maggior ragione, pertanto, l'installazione, anche se volta all'eliminazione delle barriere architettoniche, e di fatto unico strumento per consentire l'accesso all'intero edificio da parte di persone disabili, non può essere effettuata, né a maggioranza, né tanto meno per iniziativa dei singoli condomini che, per tale via, accollandosi la spesa, intendono fare un maggiore utilizzo delle parti comuni, quando questo uso più intenso comporti, oltre che sacrificio dei diritti degli altri condòmini sulle parti comuni, addirittura pregiudizio tangibile alle proprietà individuali (cfr. Cass. 12930/2012). L'articolo 2 della legge 9 gennaio 1989 n. 13, recante norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, infatti, dopo aver previsto la possibilità per l'assemblea condominiale di approvare le innovazioni preordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell'articolo 1136, commi 2 e 3, c.c., così derogando all'articolo 1120, comma 1, c.c., che richiama l'articolo 1136, comma 5, c.c. e, quindi, le più ampie maggioranze ivi contemplate - dispone tuttavia, al comma 3, che resta fermo il disposto dell'articolo 1120, comma secondo, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità, secondo l'originaria costituzione della comunione. L'interesse all'installazione, nonostante il dissenso di alcuni condòmini, dell'impianto di ascensore è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all'uso o al godimento degli altri condomini, faciliti l'accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani. Ciò premesso, il Tribunale ritiene che, nel caso di specie i motivi 2, 3, 4, 5, dell'impugnativa della delibera del 2.11.2016 siano infondati e vadano rigettati per quanto di ragione. Invero, in tema di condominio negli edifici, nell'identificazione del limite all'immutazione della cosa comune, disciplinato dall'articolo 1120 c.c., comma 2, (dopo la novella articolo 1120 c.c., u.c.), il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione - coessenziale al concetto di innovazione -, ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis, secondo la sua naturale fruibilità; si può tener conto di specificità - che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino - solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7028 del 12/03/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 21342 del 29/08/2018; Sez. 2, Sentenza n. 12930 del 24/07/2012; Sez. 2, Sentenza n. 15308 del 12/07/2011). Nel caso di specie, dall'esame della documentazione allegata in atti, il Tribunale ritiene che la riduzione della larghezza delle scale da 1,10 mt ad 0,80 mt, non sia tale da rendere del tutto inservibili le scale suddette: non risulta affatto provato che l'innovazione in oggetto sia tale da rendere le scale non usufruibili ed accessibili dai condomini attori. Va tenuto in debito conto, inoltre, del notevole vantaggio che la costruzione dell'ascensore, nel caso di specie, recherebbe alle persone anziane ed ai disabili abitanti nel Condominio in oggetto. Non risulta fornito di prova l'asserito pregiudizio al decoro architettonico del fabbricato; onere della prova che gravava ex articolo 2967 cc sugli attori. Quanto al motivo di impugnazione n. 6), esso è inammissibile, atteso che in tema di impugnazione delle deliberazioni delle assemblee condominiali, l'omessa convocazione di un condomino costituisce motivo di annullamento, e non di nullità, delle deliberazioni assunte dall'assemblea; trova, dunque, applicazione in materia l'articolo 1441 c.c., secondo il quale l'annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse esso è stabilito dalla legge. Ne consegue che il condomino convocato non è legittimato ad impugnare la delibera per la omessa convocazione di altri condomini (Cass. 8520/2017). Nel caso di specie, gli attori non possono dolersi della mancata convocazione dei condomini (omissis), in quanto privi di legittimazione a far valere eventuali vizi di annullabilità della delibera in oggetto. Va, invece, accolto il motivo di impugnazione n. 1) e quindi va annullato il punto 1) lett. c) della delibera del 2.11.2016 nella parte in cui viene approvato di ripartite le spese per la realizzazione dell'ascensore a carico anche dei condomini dissenzienti. Invero, l'articolo 1121 c.c. stabilisce che qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario...... i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Nel caso di specie, risulta agli atti che gli attori abbiano comunicato all'amministratore il proprio dissenso rispetto alla costruzione dell'ascensore e vanno, dunque, esonerati dal partecipare alle spese in oggetto. Le spese di lite seguono la soccombenza prevalente del (omissis) e si liquidano come da dispositivo in base ai parametri di cui al D.M. 2014/55, tenuto conto del valore della causa e dell'attività esercitata. P.Q.M. Il Tribunale di Nocera Inferiore, definitivamente pronunciando così provvede: 1) accoglie parzialmente l'opposizione e per l'effetto annulla il punto n. 1 dell'ordine del giorno della delibera del 2.11.2016 lett. c) nella parte in cui approva di ripartire la spesa tra tutti condomini, onerando anche i dissenzienti; 2) condanna il (omissis) al pagamento delle spese di lite in favore dell'avv. (omissis), difensore degli attori dichiarasi antistatario, che si liquidano in euro 279,00 per spese vive ed euro 2.540,00 per compenso, oltre iva, cpa e rimb. forf. del 15%.