L’Autore e L’Editore - nel celebrare l’80° Anniversario della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista - offrono ai lettori la decisione del Tribunale di Firenze concernente lo sterminio compiuto dalle forze militari del Terzo Reich noto come “Eccidio di Ville”: il 27 giugno 1944 furono barbaramente uccisi, dai nazisti in ritirata, alcuni componenti di una famiglia di Monteroni d’Arbia in Siena.
I tragici fatti accaduti il 27 giugno 1944 in Monteroni d’Arbia, località Le Ville La vicenda sottoposta alla cognizione del Tribunale fiorentino è stata descritta nel libro “La Guerra di Val d’Arbia” nel quale gli autori (Claudio Biscarini e Gino Civitelli) narrano una serie di crimini nazisti verificatisi in Siena e precisamente a Monteroni d’Arbia, verso la fine della Seconda guerra mondiale. Il Giudice, attingendo alle pagine di questo volume, ricorda che il 26 giugno 1944 i soldati tedeschi fecero irruzione nel casolare della famiglia Bari portando via parte del bestiame di loro proprietà. Seguirono proteste da parte dei familiari tenuto conto del valore e dell’importanza degli animali sottratti. Il giorno successivo i soldati tedeschi tornarono in quei luoghi cercando questa volta armi asseritamente nascoste dai partigiani nella casa della famiglia Bari. Le ricerche diedero esito negativo. I militari, convinti tuttavia di essere ingannati, misero sotto sopra la casa e alla fine trovarono un vecchio manico di un fucile. Si trattava soltanto di un pezzo di legno ma fu sufficiente a scatenare la violenza dei soldati tedeschi che iniziarono a percuotere con violenza in testa il capofamiglia Vittorio Bari, fino a ferirlo gravemente. Nel vano tentativo di fermare quell’inaudita violenza vennero uccisi dai militari tedeschi i figli di Vittorio Bari il quale parimenti morì sotto i colpi di arma da fuoco degli invasori. Le parti del processo fiorentino Uno dei nipoti di Vittorio Bari ha agito nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonché della Repubblica Federale Tedesca per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti quale vittima, nonché quale erede di vittime, di crimini di guerra e accedere al Fondo previsto dall’articolo 43 D.L. 36/2022. L’Avvocatura dello Stato, costituitasi nell’interesse dei primi due convenuti, ha preliminarmente eccepito il difetto di legittimazione passiva della Repubblica Federale Tedesca. I crimini contro l’umanità compiuti dai nazisti a danno di civili inermi Il Tribunale di Firenze rileva, in primo luogo, come dai documenti di causa, emerga come il padre dell’attore venne trucidato in modo barbaro dai nazisti in ritirata, nonostante fosse un civile e non partecipasse al conflitto bellico. Risulta poi provato che altri membri della famiglia furono uccisi in casa loro per futili motivi. Sussiste dunque, ad avviso del Giudice, un crimine contro l’umanità, di cui è responsabile la convenuta Repubblica Federale di Germania trattandosi di autori in forza all’esercito tedesco occupante che privarono della vita alcuni cittadini italiani inermi in casa loro, con modalità di aggressione brutali, causando nell’attore, all’epoca dei fatti bambino di soli due anni, un danno morale grave, per essere stato privato così prematuramente della figura parentale con modalità traumatizzanti ed essere cresciuto senza questo fondamentale rapporto di sangue, con tutte le difficoltà che sono derivate alla famiglia per la perdita anche del portatore di reddito da lavoro. Legittimazione passiva della Repubblica Federale Tedesca Chiarito quanto sopra, il Tribunale fiorentino precisa pertanto, che sussiste la giurisdizione del giudice italiano nei confronti della Germania (legittimata passiva sostanziale) la quale è stata correttamente chiamata in giudizio. Infatti, continua il Tribunale, non può trovare accoglimento l’eccezione sul difetto di legittimazione della Germania sulla base degli accordi di Parigi e di Bonn, con cui la Germania avrebbe pagato anche i danni da crimini contro l’umanità del suo esercito, in quanto né il trattato di Pace di Parigi, né l’accordo di Bonn del 1961 tra Italia e Germania (nazioni poste sullo stesso piano – entrambe sconfitte) hanno mai previsto una situazione di privilegio della Germania verso l’Italia, e in particolare non prevedono alcuna rinuncia gratuita da parte dell’Italia e dei suoi cittadini, a far valere i diritti di risarcimento dei danni per gli efferati crimini dei tedeschi commessi in Italia ai danni di cittadini italiani, specie civili inermi, per i quali quindi continua a sussistere l’azione diretta contro la Repubblica Federale Tedesca. In questa prospettiva, lo Stato italiano, aggiunge il Giudice, con l’attuale Fondo istituito dall’articolo 43 D.L. 36/2022, ha semplicemente assunto la veste di anticipatario e pagatore dei risarcimenti, per conto del vero obbligato che è la Repubblica Federale Tedesca. D’altronde, precisa ulteriormente il Tribunale fiorentino, la Corte Costituzionale con sentenza abrogativa del 22 ottobre 2014, n. 238, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per contrasto con gli articolo 2 e 24 della Costituzione, di due disposizioni legislative riguardanti le immunità giurisdizionali degli Stati esteri nei giudizi volti al risarcimento del danno subito dalle vittime dei crimini di guerra e crimini contro l'umanità, ed in particolare: 1) dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno); 2) dell'articolo 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), limitatamente all'esecuzione data all'articolo 94 della Carta delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte internazionale di giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l'umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona. In conclusione, il Tribunale ha accertato la sussistenza delle condizioni per l’ammissione dell’attore all’indennizzo di cui al D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, riconoscendo che lo stesso è vittima in prima persona ed erede di vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona da parte delle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1944. La «Resistenza» oggi La sentenza qui annotata offre lo spunto per continuare a coltivare la memoria di tutti coloro che persero la vita nel tentativo di opporsi all’occupazione nazista e al regime fascista dai quali l’Italia fu liberata il 25 aprile 1945. In occasione del primo decennale della liberazione dell’Italia, il Maestro Piero Calamandrei ammoniva che «far la celebrazione del passato vuol dire guardare dentro di noi e fare il nostro esame di coscienza. Eppure, in queste celebrazioni, la rievocazione del passato è quello che conta meno; quello che conta veramente è di confermare l’impegno per l’avvenire. In queste commemorazioni ci illudiamo di esser noi, qui vivi, che celebriamo i morti e non ci accorgiamo che sono loro, i morti, che ci convocano qui, come dinanzi a un tribunale invisibile, a render conto di quello che in questi dieci anni abbiamo fatto per non essere indegni di loro, noi vivi. In tutte le celebrazioni torna, ripetuta in cento variazioni oratorie, una verità elementare che nelle lettere dei condannati a morte riaffiora come una naturale e semplice certezza: che i morti non hanno considerato la loro fine come una conclusione, come un punto d’arrivo, ma piuttosto come un punto di partenza, come una premessa che doveva segnare ai superstiti il cammino verso il futuro. Questa non è una frase retorica, non è un artificio pietoso destinato a consolare le madri per averli perduti. È che veramente noi sentiamo, quasi con la immediatezza di una percezione fisica, che quei morti sono entrati a far parte della nostra vita, come se morendo avessero arricchito il nostro spirito di una presenza silenziosa e vigile, con la quale ad ogni istante, nel segreto della nostra coscienza, dobbiamo tornare a fare i conti. Quando pensiamo a loro per giudicarli, per esaltarli, ci accorgiamo che sono loro che giudicano noi e che è la nostra vita che può dare un significato e una ragione rasserenatrice e consolante alla loro morte e che dipende da noi farli vivere o farli morire per sempre» (Piero Calamandrei, “Discorso sulla Resistenza” pronunciato nella Piazza di Ivrea il 4 aprile 1954).
Giudice Zanda Concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione P.B., agisce iure proprio e quale erede del padre G.B. nato a Monteroni d'Arbia (SI) il (omissis) ucciso a Monteroni d'Arbia (SI) Loc. Le Ville, dai militari tedeschi il giorno 27.06.1944 in quello che varrà ricordato come “l'Eccidio di Ville”, insieme al padre V.B. e a due fratelli M.B. e N.B. Il Sig. P.B. agisce anche come erede della defunta madre C.M., nata a Murlo il 10.11.1916, moglie di G.B. La storia dell'eccidio è ben descritta anche nel libro “La Guerra di Val d'Arbia” i cui autori, C.BI. e G.C. riportano e ricostruiscono eventi ad episodi di crimini nazisti dell'epoca in quella zona, tra cui, proprio quello in danno della famiglia B.. Si allega un estratto di detto libro (All. 1 – estratto del libro “La Guerra di Val d'Arbia”) dove viene ricordato l'episodio da parte dalla testimone oculare Angiolini Pasquina, all'epoca poco più che bambina. Il giorno precedente i fatti, i soldati tedeschi fecero irruzione nel casolare della famiglia B. portandogli via parte del bestiame di loro proprietà. Vi furono inutili proteste da parte dei familiari visto il valore e l'importanza per loro degli animali sottratti. Il giorno successivo i soldati tedeschi tornarono cercando questa volta armi asseritamente nascoste in casa B. dai partigiani. Non trovarono niente, ma erano convinti che i B., in particolare il capofamiglia V.B., mentisse. Misero quindi sotto sopra tutta la casa e alla fine trovarono un vecchio manico di legno di un fucile. Era solo un pezzo di legno, ma fu sufficiente a scatenare la violenza dei soldati tedeschi che iniziarono a sbattere violentemente in testa al Sig. V.B. il pezzo di legno, fino a ferirlo e farlo sanguinare. La violenza non si fermava per cui i tre fratelli, figli di V.B., accorsero in suo aiuto e solo per questo furono immediatamente tutti uccisi compreso il Sig. V.B. da vari colpi di arma da fuoco sparati dai militari tedesco. La morte fu certificata dal Dott. G.M. che dette anche atto della modalità in cui furono uccisi i Sigg.ri B. (All. 2 – Certificato Dott. G.M.). La lapide mortuaria si trova nel cimitero delle Ville di Corsano che riporta i nomi di tutti gli uccisi e la dicitura “barbaramente massacrati dai militari tedeschi il giorno 27.6.1944” (All. 3 – foto lapide Fam. B.). Il ricorrente non aveva neppure 2 anni all'epoca dei fatti e, a causa del gravissimo e tremendo evento è stato privato della figura genitoriale fondamentale, ossia il padre, nonché quella del nonno (anch'egli figura educativa fondamentale in quanto “capo-famiglia” dell'epoca) e degli zii, tutti conviventi al momento dei fatti. Il rapporto stretto di convivenza della famiglia B. è provato dai fatti in sé, raccontata nel libro citato ed emerge anche dalla circostanza che i corpi siano stati seppelliti tutti insieme come dimostrato dalla stessa lapide. Il ricorrente è anche regolarmente iscritto negli elenchi degli orfani di guerra presente presso la Prefettura di Siena (All. 4 – Certificato Prefettura). Che il Sig. P.B. sia figlio di G.B. e di C.M. e con loro convivente è provato dall'atto di nascita dello stesso e dallo stato di famiglia dell'epoca. (All. 5 – Atto di nascita P.B. ; All. 6 – Stato di Famiglia). Che la sig.ra C.M. per la quale P.B. agisce quale erede sia madre dello stesso e moglie della vittima è provato dal certificato di nascita di G.B. nel quale è annotata la registrazione del matrimonio con la Sig,ra C.M. (All. 7 – Certificato di nascita G.B.). La sofferenza, il vuoto e la ferita causata dallo sterminio della propria famiglia sono tuttora profondamente vivi nella vita del Sig. P.B. che è stata totalmente stravolta e condizionata per sempre dall'evento criminoso, come pure lo è stato per la defunta madre, C.M. che si è vista privare brutalmente e vigliaccamente del marito a soli 28 anni, costretta poi a portare avanti la numerosa famiglia attraverso sacrifici e dolore inimmaginabili. È stata anche intitolata a G.B. una via in Casciano di Murlo (SI), Via G.B. Trattasi di crimini contro l'umanità e di guerra, ai sensi degli articolo 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale che espressamente vietano, oltre all'omicidio volontario, gli attacchi contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità, gli attacchi e i bombardamenti, con qualsiasi mezzo, di città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari, nonché, ai sensi dell'articolo 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12.08.1949, gli atti di violenza contro la vita e l'integrità della persona, in particolare tutte le forme di omicidio, le mutilazioni, i trattamenti crudeli e la tortura. Secondo il consolidato insegnamento di dottrina e giurisprudenza, inoltre, i crimini contro l'umanità si connotano per il fatto di essere delitti particolarmente odiosi, che non corrispondono ad eventi sporadici o isolati ma costituiscono una prassi estesa o sistematica di atrocità, determinanti una seria lesione della dignità umana ovvero una grave umiliazione di uno o più civili o, se commessi in tempo di guerra, di persone che non prendono parte alle ostilità armate. Trattasi, pertanto, di atti illeciti perseguibili e punibili tanto se commessi durante un conflitto bellico quanto se commessi in tempo di pace (Cass. pen., sez. I, 21.10.2008, n. 1072). Non vi è dubbio, anche in considerazione di quanto emerso nei procedimenti celebrati in Italia in relazione ad analoghe barB.e (cfr. Cass. pen., sez. I, 21.10.2008, n. 1072, Milde, in relazione alla strage di Civitella, Cornia e San Pancrazio; Cass. pen., sez. I, 08.11.2007, n. 4060, Sommer + altri, riguardante il massacro di S. Anna di Stazzema; Cass. pen., sez. I, 16.11.1998, n. 1230, Priebke e Hass, riguardante l'eccidio delle Fosse Ardeatine), che tali requisiti ricorrano tutti nel caso che ci occupa, senz'altro riconducibili a quella strategia di sistematica ferocia attuata, per disposizioni provenienti dai capi supremi dello Stato nazista, anche contro la popolazione civile in violazione dei beni supremi della vita e della dignità delle persone (Cass. pen., sez. I, 21.10.2008, n. 1072). Ebbene, l'odierno attore dovrà certamente essere ricompreso tra le vittime di tali crimini e quindi tale riconoscimento comporta non solo il diritto ad ottenere una sentenza che gli riconosca il risarcimento per i danni subiti, ma comporta altresì che la giurisdizione in materia di azione civile sia in capo al Giudice Italiano in quanto i crimini contro l'umanità sono atti che fanno venire meno la funzione sovrana dello Stato estero, con la conseguenza che innanzi a tali atti criminali non è possibile giovarsi dell'usbergo dell'immunità dello Stato estero dalla giurisdizione civile così come affermato in più sentenze dalla Consulta. Com'è noto, nonostante le varie sentenze di condanna della Germania la stessa non ha mai provveduto ad alcun risarcimento in quanto nel 1961, fra l'Italia e la Repubblica Tedesca, fu siglato un patto grazie al quale la Germania si garantì l'immunità per i danni causati all'Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. L'accordo ha avuto efficacia fino all'anno 2020 quando - in seguito alla causa promossa dai figli di un partigiano - la Corte costituzionale ha rimesso tutto in discussione per cui oggi l'immunità vale tra due Stati ma nessuno può negare al singolo cittadino il diritto di far valere le proprie ragioni nei confronti di un Paese straniero. A seguito della suddetta sentenza la Germania ha citato l'Italia di fronte alla Corte di giustizia europea tacciandola di inadempimento dei patti del '61, motivo per cui lo Stato italiano, per evitare un incidente diplomatico, ha provveduto alla creazione del summenzionato fondo al fine di risarcire i crimini perpetrati dai nazisti. Condizione per accedere al fondo di cui sopra è che le vittime o i loro eredi abbiano ottenuto una sentenza con la quale viene riconosciuto loro il diritto al risarcimento dei danni. Per questa ragione l'odierno attore si vede costretto ad adire l'intestato Tribunale al fine di ottenere una sentenza che gli riconosca il diritto al risarcimento dei danni subiti quale vittima, e eredi di vittime, di crimini di guerra e poter accedere al fondo così come previsto dall'articolo 43 D.L. 36/2022 convertito in legge. b) Sulle richieste di danno iure proprio (perdita del rapporto parentale) e iure ereditatis Il ricorrente agisce in tale giudizio per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniali iure proprio e iure hereditatis per i fatti criminosi narrati. Egli infatti ha subito gravissimi danni per l'aver perso, in giovanissima età, figure parentali di massimo riferimento. Le allegazioni e le produzioni documentali fornite a supporto della domanda, infatti, provano il rapporto di parentela e di convivenza esistente tra l'istante e le vittime primarie. La quantificazione del danno da perdita del rapporto parentale, secondo Giurisprudenza recente, deve comprendere sia il dolore patito nel momento in cui la perdita viene percepita, sia la sofferenza che si proietta in modo dinamico nell'esistenza futura dell'istante, per la definitiva privazione del godimento del congiunto e la compromissione delle reciproche relazioni interpersonali (Cass. sez. III, 17.12.2015, n. 25351). Per la quantificazione di tale pregiudizio, trattandosi di lesione che si protrae nel futuro, la giurisprudenza consente il ricorso a valutazioni prognostiche ed elementi presuntivi. Tra questi ultimi rilevano, in particolare, l'intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza più o meno ampia del nucleo fami-liare, le abitudini della vittima e dei singoli superstiti, le rispettive età (Cass. sez. IV pen. 11.04.2016, n. 14768). Nel caso in esame, trattandosi di componenti della famiglia nucleare, senz'altro conviventi alla stregua dei documenti depositati e dei dati di fatto emersi, lo sconvolgimento esistenziale conseguente alla perdita dei rapporti parentali in oggetto può presumersi, secondo l'id quod plerumque accidit (Cass. sez. un., 11.11.2008, n. 26972) e si ritiene debba essere quantificato, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, in applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano (Cass. sez. III, 07.06.2011, n. 12408; Cass. sez. III, 30.06.2011, n. 14402). Gli importi ottenuti dovranno essere rivalutati e vi si dovranno calcolare gli interessi al tasso legale (ex multis, dopo Cass. sez. un., 17.02.1995, n. 1712, cfr. Cass. sez. III, 10.10.2014, n. 21396; Cass. sez. III, 25.08.2006, n. 18490; Cass. sez. III, 17.09.2005, n. 18445). Il ricorrente ha inoltre diritto al risarcimento danni nella sua qualità di erede delle vittime, calcolati per la perdita di ogni parente vittima diretta di crimini nazisti. Non vi può essere alcun dubbio, infatti, che la morte del congiunto abbia comportato gravissime conseguenze nella vita dei familiari, potendo essere inquadrata nell'alveo degli illeciti “pluri-offensivi”, in quanto idonea a ledere interessi diversi in capo ad altrettanti diversi soggetti legati a vario titolo alla vittima dell'illecito c) Sul calcolo delle singole richieste di danno iure proprio e iure ereditatis Il Sig. B. chiede il risarcimento iure proprio per aver perso, all'età di 1 anno e pochi mesi, il padre G.B. di anni 29. Chiede inoltre il risarcimento nella sua qualità di erede del padre, G.B., vittima diretta del crimine nazista e della madre C.M. di anni 27 all'epoca dei fatti, moglie della vittima. Per quanto riguarda l'uccisione di G.B. questa difesa chiede la liquidazione di un danno quantificato secondo principi di equità e/o giustizia pari a € 100.000,00. Orbene, per il calcolo degli altri risarcimenti dovuti, questa difesa ritiene che il danno debba essere liquidato seguendo i criteri individuati dalle Tabelle del Tribunale di Milano aggiornate o, comunque, nella maggior o minore somma che il Giudice volesse ritenere applicabile e quindi, sulla base delle stesse, riconoscere al Sig. B. le seguenti somme: - € 363.420,00 per il danno da lui subito in proprio; - € 100.000,00 quale erede del padre, vittima diretta dei crimini - € 306.215,00 quale erede della madre, moglie della vittima, Per un totale di € 769.635,00. A tali somme dovrà inoltre essere applicata la rivalutazione monetaria dal fatto e gli interessi legali maturati sino alla data odierna. L'Avvocatura dello Stato a) in via preliminare di rito, ha chiesto di dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Repubblica Federale suoi confronti; b) in ogni caso, dichiarare le avverse domande inammissibili, infondate in fatto ed in diritto; c) nella denegata ipotesi di riconoscimento nell'an del diritto vantato, accogliere – in sede di quantificazione del danno – l'eccezione di compensatio lucri cum damno nei termini sopra esposti e, per l'effetto, decurtare dall'eventuale risarcimento liquidato le somme già percepite e quelle che in ogni caso avrebbe potuto percepire, usando l'ordinaria diligenza, per il medesimo titolo di cui è causa, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1227, comma 2, cod. civ. d) vinte le spese. MOTIVAZIONE Dai documenti prodotti emerge che P.B. era effettivamente il figlio di G.B., che fu trucidato in modo barbaro in casa sua dai nazisti in ritirata, nonostante fosse un civile e non partecipasse al conflitto bellico. Risulta dalle prove raccolte che B.P. fu iscritto nei registri della Prefettura tra gli orfani di Guerra; dall'estratto dell'atto di nascita di B.G. risulta annotato che questi perse la vita in data (omissis) a Monteroni D'Arbia. L'attore ha prodotto anche il certificato del dott. G.M. datato 10.11.1944 con cui attesta che il 3 luglio 1944 aveva presieduto al seppellimento di 4 cadaveri ossia B.G., N.B., V.B. e M.B., e di averli trovato in avanzato stato di decomposizione, con ferite di mitragliatrice, e di aver appreso dai sopravvissuti familiari che erano stati uccisi a colpi di mitragliatrice per futili motivi in casa loro. Sussiste dunque un crimine contro l'umanità, di cui è responsabile la convenuta Repubblica Federale di Germania trattandosi di autori in forza all'esercito tedesco occupante, che privarono della vita dei cittadini italiani inermi in casa loro, con modalità di aggressione brutali, causando nel piccolo B. Piero all'epoca di soli due anni, un danno morale grave, per essere stato privato così prematuramente della figura parentale con modalità traumatizzanti ed essere cresciuto senza questo fondamentale rapporto di sangue, con tutte le difficoltà che sono derivate alla famiglia tutta per la perdita anche del portatore di reddito da lavoro. Pertanto, sussiste il crimine contro l'umanità che fonda la giurisdizione del giudice italiano nei confronti della Germania, (legittimato passivo sostanziale) e dunque correttamente chiamata in giudizio; infatti, la sentenza abrogativa della Corte Cost. del 22 ottobre 2014, n. 238, che vincola questo giudice, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, per contrasto con gli articolo 2 e 24 della Costituzione, di due disposizioni legislative riguardanti le immunità giurisdizionali degli Stati esteri nei giudizi volti al risarcimento del danno subito dalle vittime dei crimini di guerra e crimini contro l'umanità, ed in particolare: 1) dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno); 2) dell'articolo 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), limitatamente all'esecuzione data all'articolo 94 della Carta delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte internazionale di giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l'umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona. E d'altra parte non può trovare accoglimento l'eccezione dei convenuti costituiti sul difetto di legittimazione della Germania sulla base degli accordi di Parigi e di Bonn, con cui la Germania avrebbe pagato anche i danni da crimini contro l'umanità del suo esercito, in quanto né il trattato di Pace di Parigi, né l'accordo di Bonn del 1961 tra Italia e Germania (nazioni poste sullo stesso piano – entrambe sconfitte) hanno mai previsto una situazione di privilegio della Germania verso l'Italia, e in particolare non prevedono alcuna rinuncia gratuita da parte dell'Italia e dei suoi cittadini, a far valere i diritti di risarcimento dei danni per gli efferati crimini dei tedeschi commessi in Italia ai danni di cittadini italiani, specie civili inermi, per i quali quindi continua a sussistere azione diretta contro la Repubblica Federale Tedesca e dove lo Stato Italiano, con l'attuale fondo istituito nel 2022, ha semplicemente assunto la veste di anticipatario e pagatore dei risarcimenti, per conto del vero obbligato che è la Repubblica Federale Tedesca, in un giudizio che vede la Repubblica Federale Tedesca come parte, regolarmente notiziata ed evocata in questo giudizio, attraverso il canale diplomatico; la notifica della citazione alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell'Economia e Finanze è previsto come atto dovuto (articolo 43 dl 36/2022) ma al fine di una mera “denunciatio litis”. L'eccezione, dunque dell'Avvocatura di estromettere la Germania e mandarla assolta dalle pretese dell' attore appare infondata e va rigettata (vd. conformi sent. trib. Firenze rg 14049/2011 caso Bergamini Trib. Firenze Giudice dott. Minniti depositata 6.7.2015; vd. sent. Tribunale Ascoli Piceno rg 523/2015 ordinanza 702 bis dep.ta 8.1.2017 dal giudice avv.to Paola Mariani; la stessa sent cass. S.u. cass. 20442/2020 dove la Corte aveva come parte esclusivamente la Germania e non ha rilevato l'assenza di legittimazione passiva della stessa; vd. anche sent. trib. Bologna n. 1516/2022 dott.ssa Alessandra Arceri). In ogni caso come da domanda deve dichiararsi che sussistono le condizioni per l'ammissione dell'attore all'indennizzo di cui al D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, sia per capitale che per spese legali. Si riconosce all'attore la sola somma di euro 300.000,00 per la perdita del padre, mentre non si riconosce la somma richiesta iure sucessionis ex matris, in quanto la madre poteva azionare il suo credito quando era in vita, anche a prescindere dall'istituzione del Fondo, e quantomeno dalla sentenza Corte Cost. del 2014. Il mancato esercizio dell'azione da parte della madre dell'attore mentre era in vita, non consente di ritenere che tale diritto di azione sia passato al patrimonio del figlio, anche per la sua connotazione non patrimoniale (danno morale). Quanto agli interessi legali per ritardato pagamento la domanda va rigettata perché l'attore chiede l'accertamento delle condizioni dell'indennizzo in base alla legge indicata e dunque una legge recente rispetto alla quale non sussiste ritardo nel pagamento. Prima dell'indennizzo avrebbe comunque potuto agire nei confronti della Germania per risarcimento del danno quantomeno dal 2014. Pertanto, seppure non trova applicazione l'istituto della prescrizione sui crimini contro l'umanità, questo argomento vale per il rigetto della domanda sugli interessi da ritardo chiesti dal 1944 ad oggi. Quanto all'eccezione compensatio lucri cum damno, formulata dalla avvocatura dello stato, si ritiene che l'importo eventualmente percepito dall'attore non possa essere compensato/detratto perché non riferibile al danno morale per perdita parentale qui azionato, e di cui deve rispondere l'autore del fatto illecito ossia la Germania; eventuali provvidenze rilasciate agli orfani di guerra dallo stato italiano, avevano invero natura di tipo alimentare e assistenziale e furono fornite a spese dallo Stato Italiano, per la sua funzione solidaristica, ossia per aiutare le famiglie a far fronte ai primari bisogni alimentari e assistenziali degli orfani di guerra, e non erano il pretium doloris del crimine subito per mano straniera. Dunque, si tratta di poste che vanno a coprire crediti ontologicamente diversi e compresenti. Le spese seguono la soccombenza, e anche per essere sussistono le condizioni di ammissione all'indennizzo, per espressa previsione normativa. P.Q.M. il Tribunale con sentenza che definisce il giudizio ACCERTA che il Sig. P.B. è vittima in prima persona ed erede di vittime di crimini di guerra e contro l'umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona da parte delle forze del Terzo Reich nel periodo compreso tra il 1° settembre 1939 e l'8 maggio 194; LIQUIDA i danni da questa subiti ex articolo 43 comma 1 D.L. 36/2022 in euro 300 mila omnia, con diritto ad indennizzo anche per il rimborso delle spese di questo giudizio liquidate in euro 17.251,00 oltre accessori di legge, oltre spese vive di contributo unificato e marche.