Nel caso in cui la partita Iva sia stata chiusa anticipatamente dal defunto professionista, solo laddove l'erede rimanga inerte, nonostante la richiesta del curatore di emettere la fattura, sorgerà per quest'ultimo l'obbligo di ''regolarizzare'' l'operazione, come prescritto dal comma 8 dell'articolo 6 d.lgs. n. 471/1997, al fine di evitare la sanzione ivi prevista.
Nel momento in cui gli eredi incassano i compensi relativi a prestazioni professionali eseguite ma non ancora fatturate dal defunto, che aveva dichiarato la fine dell'attività prima di risolvere tutti i rapporti rilevanti per l'Iva, devono emettere fattura dopo aver riattivato il numero di partita Iva del de cuius. Con le recenti modifiche alle procedure di regolarizzazione, infatti, non è più permesso che siano i debitori stessi a emettere l'autofattura. È quanto chiarito dall'Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 118 del 22 aprile 2025, che ha superato in parte le precedenti indicazioni. Nello specifico, gli eredi di un professionista deceduto nel 2011 avevano dichiarato all'Agenzia di aver ricevuto una parte del compenso, al netto dell'Iva, derivante dalle prestazioni effettuate dal defunto nei confronti di una società fallita. Considerando che era stato lo stesso professionista, in vita, a chiudere la partita Iva, gli eredi ritenevano applicabili, per quanto riguarda gli obblighi Iva, le indicazioni fornite nella risposta ad interpello n. 52 del 12 febbraio 2020, secondo cui può essere lo stesso curatore ad emettere autofattura per documentare il pagamento del compenso all'erede a versare la relativa Iva. Nella Risposta, l'Agenzia ha sottolineato che la cessazione dell'attività professionale, con la conseguente chiusura della partita Iva, non può prescindere dalla conclusione di tutti gli adempimenti conseguenti alle operazioni attive e passive effettuate. Come chiarito nella circolare n. 11 del 16 febbraio 2007, «l'attività del professionista non si può considerare cessata fino all'esaurimento di tutte le operazioni, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell'attività professionale». In presenza di rapporti pendenti, pertanto, non è consentito dichiarare la cessazione dell'attività, salvo che, come precisato nella risoluzione n. 232 del 20 agosto 2009, il professionista anticipi la fatturazione dei compensi non ancora incassati. Questa interpretazione, innovativa rispetto a quella precedente, basata sull'articolo 6, comma 3, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stata confermata dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 859 del 21 aprile 2016. Inoltre, in base all'articolo 35-bis del citato decreto, gli obblighi derivanti dalle operazioni effettuate dal contribuente deceduto possono essere adempiuti dagli eredi, anche se i relativi termini siano scaduti non oltre quattro mesi prima dalla data del decesso, entro sei mesi da tale data. Di conseguenza, nella risoluzione n. 34 dell'11 marzo 2019 è stato chiarito che «in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita Iva del professionista defunto sino a quando non viene incassata l'ultima parcella», salvo che venga anticipata la fatturazione delle prestazioni rese dal defunto. Con la risposta n. 163 dell'8 marzo 2021 è stato inoltre precisato che «qualora la partita Iva sia stata chiusa nonostante l'esistenza di rapporti pendenti, l'erede mantiene l'obbligo di fatturazione e di porre in essere i successivi adempimenti, per cui deve riaprire una nuova partita Iva, mentre il debitore, ai sensi dell'articolo 6, comma 8, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, dovrà procedere alla regolarizzazione dell'eventuale omessa fatturazione mediante emissione dell'autofattura». Quest'ultima disposizione, però, come modificata dal d.lgs. n. 87 del 14 giugno 2024, non prevede più l'emissione dell'autofattura da parte del cessionario/committente, dovendo ora questi procedere solo a segnalare la violazione all'Agenzia. Insomma: gli eredi dovranno chiedere la riapertura della partita Iva del defunto e assolvere gli obblighi discendenti dalla percezione del compenso, mentre deve ritenersi superata la precedente risposta n. 52 del 2020, che attribuiva al cessionario/committente il compito di emettere l'autofattura in caso di inerzia degli eredi.
Risp. AE 22 aprile 2025, n. 118