TFR non versato e fallimento, il lavoratore può insinuarsi al passivo?

Il lavoratore può insinuarsi al passivo del fallimento per il TFR maturato, anche per le quote non versate al Fondo Tesoreria. Lo ha stabilito la Cassazione, la quale ha analizzato la legittimità del credito in relazione al periodo ante e post 2007, affrontando la questione della prova dell'importo dovuto e della legittimazione del lavoratore ad insinuarsi al passivo in caso di omesso versamento del TFR. Ribadita la natura retributiva del TFR e la legittimazione del lavoratore ex articolo 2120 c.c., anche in caso di omissione contributiva del datore.

Un lavoratore dipendente aveva chiesto l'ammissione al passivo del fallimento della società datrice di lavoro del TFR maturato dopo il 1° gennaio 2007, che sarebbe dovuto confluire nel Fondo di Tesoreria INPS ex articolo 1, commi 755-756, l.n. 296/2006, stante la dimensione dell'azienda (più di 50 dipendenti). La domanda era stata parzialmente rigettata, in quanto il curatore non aveva trasmesso all'INPS il modello SR52, necessario per l'intervento del Fondo di Garanzia. Il Tribunale di Reggio Calabria ha accolto parzialmente l'opposizione allo stato passivo proposta dal ricorrente, ammettendolo allo stato passivo del fallimento della Società datrice di lavoro, per un importo di €1.255,39 già riconosciuto dal curatore, ma ha respinto la domanda di ammissione al passivo per il TFR relativo al periodo di lavoro con la cedente, in quanto non è stata fornita prova sufficiente del quantum, nonostante il CUD dimostrasse un importo di €15.558,14 relativo al TFR, maturato dal lavoratore a partire dal 2001. Il Tribunale ha ritenuto che il rapporto di lavoro fosse continuato con la cessione del ramo d'azienda, e che il credito fosse esigibile e azionabile. In relazione al TFR maturato prima del 2007, il Tribunale ha escluso la legittimazione del lavoratore all'insinuazione al passivo, applicando la normativa precedente (articolo 2 l. n. 297/1982), mentre per il periodo successivo ha evidenziato l'incertezza riguardo al versamento all'INPS e ha rigettato la richiesta di ammissione al passivo. Il ricorrente ha impugnato il decreto del Tribunale di Reggio Calabria, proponendo ricorso per Cassazione con due motivi. Il ricorrente ha sostenuto che la somma di TFR maturata, come risultante dal CUD, fosse dovuta e che la prova della maturazione del credito fosse stata adeguatamente documentata. Inoltre, ha contestato la decisione che negava l'ammissione al passivo per il periodo antecedente al 2007, ritenendo che le somme non versate dovessero comunque essere riconosciute, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità. Il ricorso in Cassazione è stato articolato in due motivi: violazione degli articolo 105 L.fall., 47 l.n. 428/1990, 2112 c.c. per non aver il Tribunale riconosciuto la titolarità del credito TFR alla luce della cessione di ramo d'azienda; violazione degli articolo 2120 c.c., 2  l.n. 297/1982, commi 755-756 l.n. 296/2006, e dell'onere probatorio, poiché il Tribunale aveva escluso l'ammissione al passivo per mancata prova della distinzione tra quote ante e post 1.1.2007. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la decisione impugnata e decidendo nel merito l'ammissione del credito.   Le ragioni della decisione 1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 105 della legge fallimentare, 47 l.n. 428/1990, e 2112 c.c.: con il primo motivo di ricorso, si contesta la violazione degli articolo  105 della L. fall., 47 l.n. 428/1990 e 2112 c.c., sostenendo che il tribunale abbia erroneamente escluso il diritto del lavoratore all'ammissione del TFR al passivo fallimentare. Il ricorrente fa riferimento alla procedura di concordato preventivo avviata dalla società datrice di lavoro nel 2017, con un piano liquidatorio, e alla regolare attivazione della consultazione sindacale prevista dalla legge. Il trasferimento dell'azienda è avvenuto nel rispetto delle disposizioni di legge, escludendo la responsabilità dell'acquirente per i debiti preesistenti, tra cui il TFR maturato prima della cessione. Il lavoratore, assunto dalla cessionaria a partire dal 1° febbraio 2019, ha ricevuto il TFR solo per il periodo successivo a tale data, mentre il tribunale ha escluso l'ammissione al passivo, considerando la cessazione del rapporto di lavoro e l'insolvenza della cessionaria. 2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c., 115 c.p.c., 2120 c.c., l.n. 297/1982, e l.n. 296/2006: con il secondo motivo di ricorso si contesta l'esclusione dal passivo fallimentare del TFR maturato dal lavoratore, lamentando la violazione di diverse norme (articolo 2697 c.c., 115 c.p.c., 2120 c.c., l.n. 297/1982 e l. n. 296/2006). Il Tribunale aveva distinto il TFR ante e post 1° gennaio 2007: il primo da coprirsi col Fondo di Garanzia, il secondo da versarsi al Fondo di Tesoreria. Purtuttavia, non avendo quantificato il TFR post 2007, il tribunale ha escluso tale parte dal passivo, decisione ritenuta errata dal ricorrente. 3. Problemi di Ammissibilità del TFR al Passivo Fallimentare: il tribunale ha escluso l'ammissione al passivo del TFR maturato dal lavoratore, nonostante fosse documentato l'intero importo (€ 15.558,14) e la cessazione del rapporto nel 2022 ne avesse reso esigibile il pagamento. Ha ritenuto che: 1) per il TFR ante 31 dicembre 2006 fosse competente il Fondo di Garanzia INPS; 2) per il TFR post 1° gennaio 2007, fosse responsabile il datore di lavoro (anche in fallimento) se non aveva versato al Fondo di Tesoreria (Cass. n. 12009/2018). Ciononostante, ha negato il credito per mancanza di prova dell'importo post 2007, nonostante fosse noto l'importo totale, incorrendo così in errore. 4. Errori giuridici nella gestione del TFR al passivo fallimentare: il decreto impugnato contiene errori nell'escludere il TFR dal passivo fallimentare, ignorandone la natura retributiva (articolo 2120 c.c.; Cass. n. 6333/2019). Il TFR matura a prescindere dalla causa di cessazione del rapporto e, in caso di morte, spetta ai superstiti (articolo 2122 c.c.). Anche nel pubblico impiego le indennità di fine rapporto sono assimilate al TFR (Cass. n. 25621/2024). La prescrizione è di 5 anni, salvo interruzione con l'insinuazione al passivo; per il Fondo di Garanzia vale il termine decennale (Cass. n. 10824/2015). La previdenza complementare (l. n. 252/2005) non priva il lavoratore del diritto al TFR in caso di omessi versamenti, mantenendo la legittimazione attiva (Cass. n. 18477/2023). 5. Le norme di garanzia per il pagamento del TFR: sicurezza e tutela del lavoratore: poiché il TFR è erogato alla cessazione del rapporto, è soggetto al rischio d'insolvenza del datore. Per proteggere il lavoratore, la legge prevede tutele specifiche: la responsabilità solidale negli appalti (pubblici e privati), il Fondo di Garanzia INPS (l. n. 297/1982) e l'obbligo di versamento al Fondo di Tesoreria per le imprese con oltre 50 dipendenti (l.n. 296/2006). La denuncia Uniemens consente all'INPS di controllare i versamenti, garantendo il pagamento del TFR anche in caso di inadempienza. 6. Il diritto di insinuazione al passivo per il TFR: cessione d'azienda e periodo ante 2007: in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente per dimissioni nel 2022, non vi è alcun dubbio sul suo diritto di insinuarsi al fallimento per la quota di TFR relativa al periodo antecedente al 1° gennaio 2007. La normativa non obbliga il lavoratore a escutere anche il cessionario, rendendo quindi legittima la sua azione di recupero direttamente nei confronti del cedente per il TFR maturato fino a tale data. 7. Il diritto del lavoratore al TFR: Fondo di Garanzia e procedura concorsuale: il diritto del lavoratore al TFR maturato fino al 31 dicembre 2006 si perfeziona con il rispetto dei requisiti previsti dalla l. n. 297/1982: insolvenza del datore, titolo giudiziale ed esecuzione infruttuosa. Contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale, il datore (e quindi il fallimento) resta passivamente legittimato, e il lavoratore è attivamente legittimato a insinuare il credito al passivo, passaggio necessario per accedere al Fondo di Garanzia INPS, cui si può ricorrere entro dieci anni dalla dichiarazione dello stato passivo. 8. Il TFR dal 2007, riaffermazione della natura retributiva: a partire dal 1° gennaio 2007, la Corte di Cassazione ha riaffermato la natura retributiva del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), anche alla luce delle modifiche normative, come evidenziato in recenti sentenze (Cass. n.16928/2024 e Cass. n. 22131/2022). Nonostante la riforma del TFR, in particolare con l'introduzione del versamento degli accantonamenti presso il Fondo di Tesoreria INPS per le aziende con almeno 50 dipendenti (articolo 1, commi 755-757 l.n. 296/2006), il TFR continua a essere considerato un credito del lavoratore, la cui esigibilità dipende dalla cessazione del rapporto di lavoro. 9. Le quote accantonate del TFR: natura e esigibilità: le quote accantonate del TFR, sia che rimangano presso l'azienda, siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l'INPS (ai sensi dell'articolo 1, commi 755-757 l.n. 296/2006) o siano conferite in un fondo di previdenza complementare, sono caratterizzate da una potenzialità satisfattiva futura. Esse rappresentano un diritto certo e liquido del lavoratore, la cui esigibilità si concretizza solo con la cessazione del rapporto di lavoro. 10. Legittimazione del lavoratore per l'ammissione al passivo del TFR non versato: il lavoratore ha il diritto di chiedere l'ammissione al passivo per le quote di TFR maturate e non versate dal datore di lavoro fallito al Fondo di Tesoreria gestito dall'INPS. Il datore di lavoro non è semplicemente un “adiectus solutionis causa” e non perde la titolarità passiva dell'obbligazione di corrispondere il TFR, anche in caso di fallimento, trasferendo tale obbligo esclusivamente all'INPS (Cass. n. 12009 del 16/05/2018). 11. Natura del TFR e normativa previdenziale: il richiamo dell'articolo 1, commi 755-757, l. n. 296/2006 alle norme sui “contributi” riguarda la procedura di riscossione del credito e rafforza le garanzie per il lavoratore in ambito previdenziale. Tuttavia, in caso di inadempimento, non modifica la natura sostanziale del TFR, che rimane retribuzione differita ex articolo 2120 c.c., né cambia il modo di calcolare le quote e la base imponibile, che continuano a essere disciplinate dall'articolo 2120 c.c.. 12. Conferma della natura retributiva del TFR per evitare effetti preclusivi: negare la natura retributiva del TFR disciplinato dalla l.n. 296/2006, attribuendogli esclusivamente valenza previdenziale, comporterebbe gravi conseguenze per il lavoratore in caso di mancato versamento delle quote. In tali ipotesi, il credito sarebbe soggetto alla prescrizione dei contributi (rilevabile d'ufficio), senza automatica copertura INPS ex articolo 2116 c.c., come chiarito dalla circolare INPS n. 70/2007. Ciò priverebbe il lavoratore di ogni tutela nei confronti sia del datore insolvente sia di eventuali soggetti solidalmente obbligati. 13. INPS e privilegi in fallimento: l'INPS, che dovrebbe subentrare al posto del lavoratore in una procedura fallimentare, avrebbe un credito con minore privilegio, quindi sarebbe trattato meno favorevolmente rispetto al Fondo di Garanzia, che ha un privilegio maggiore secondo l'articolo 2751-bis c.c.. 14. Implicazioni costituzionali e normative del TFR non versato al Fondo di Tesoreria: la conclusione giuridica sul TFR ha rilievo costituzionale, poiché potrebbe compromettere le risorse dell'INPS per i crediti dei lavoratori. La limitazione del potere di interrompere la prescrizione al solo INPS rischia di far perdere il diritto al TFR ai lavoratori di imprese con oltre 50 dipendenti. L'azione di rendita vitalizia (articolo 13, l.n. 1338/1962) non si applica al TFR. Inoltre, la l.n. 296/2006 e la giurisprudenza (Cass. n. 25035/2023) sembrano escludere l'intervento del Fondo di Garanzia per il TFR confluito nel Fondo di Tesoreria, lasciando una zona grigia normativa per i lavoratori coinvolti. 15. Esclusività della natura retributiva del TFR: la Corte ha ribadito che l'omesso versamento delle quote di TFR sotto forma di contributi, non cambia la natura retributiva del TFR stesso. Il datore di lavoro e il committente sono comunque obbligati al pagamento del TFR secondo le disposizioni del codice civile (articolo 2120 c.c. e articolo 29, d.lgs. 276/2003), con la prescrizione che decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro. 16. Riaffermazione della natura retributiva del TFR: recenti sentenze della Corte di Cassazione in materia di omesso versamento delle quote di TFR (Cass. n. 16928/2024; Cass.n. 22131/2022), hanno confermato che l'intervento del Fondo, in caso di omesso versamento, non elimina la natura retributiva del TFR. Il datore di lavoro deve continuare a erogare il TFR, e il Fondo copre solo una parte di esso, con il resto a carico del datore. 17. Liquidazione del TFR da parte del Fondo di Tesoreria: l'articolo 1, comma 757, stabilisce che il Fondo di Tesoreria liquida il TFR per la quota versata al Fondo, mentre il datore di lavoro rimane obbligato per la parte rimanente. 18. Onere probatorio del lavoratore per il pagamento del TFR nei confronti del committente: il lavoratore che richiede il pagamento del TFR al committente deve provare l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato o del contratto d'appalto in caso di responsabilità solidale (articolo 29, d. lgs. 276/2003). Non è necessario dimostrare l'effettivo versamento delle quote TFR al Fondo di Tesoreria da parte del datore di lavoro (articolo 1, comma 756, l. 296/2006). Questo principio è stato affermato dalla Cass. n. 10354/2016 e confermato da successive pronunce, come la n. 24510/2021. 19. Onere di prova del committente per il versamento dei contributi al Fondo di Tesoreria: il versamento dei contributi al Fondo di Tesoreria estingue la pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro-appaltatore e, di conseguenza, anche nei confronti del committente, che è obbligato solidalmente. Tuttavia, se il committente solleva l'eccezione di avvenuto versamento, ha l'onere di allegare e provare tale avvenuto pagamento. 20. Rilevanza della natura retributiva del TFR per la rivalutazione e gli interessi: non rileva quanto affermato dalla Cass. n. 25035/2023, che, nella diversa ipotesi in cui il TFR sia stato versato al Fondo di Tesoreria, ha escluso la natura retributiva del TFR ai fini della rivalutazione e degli interessi, in base all'articolo 16, comma 6, l.n. 412/92. 21. Legittimazione passiva del fallimento per omesso versamento del TFR: per l'ipotesi di omesso versamento delle quote di TFR all'INPS o di conguaglio senza versamento al lavoratore, la Corte ha ribadito, con l'ordinanza Cass. n. 16928/2024, che sussistono i presupposti per riconoscere la legittimazione passiva del fallimento (in questo caso, la Società datrice di lavoro), ammettendo il lavoratore nel passivo fallimentare, come già affermato nelle sentenze precedenti (Cass. n. 12009/2018, Cass. n. 24510/2021, Cass. n. 22131/2022). 22. Periodo di maturazione e ammissione al passivo: la Corte ha chiarito che, in caso di omesso versamento, non importa il periodo in cui il TFR è maturato; il credito del lavoratore è ammissibile al passivo del fallimento indipendentemente dal periodo di maturazione. 23. Titolarità del TFR in caso di omesso versamento: nel caso di omesso versamento del TFR al Fondo di previdenza, la Corte ha confermato che il lavoratore mantiene la titolarità del TFR e ha il diritto di insinuarsi al passivo fallimentare per recuperare il credito non versato (Cass. n. 18477/2023 e n. 16266/2023). 24. Decisione della Corte e ammissione al passivo: il ricorso è accolto con la cassazione del decreto impugnato. Decidendo nel merito senza ulteriori accertamenti in fatto, la Corte dispone l'ammissione dello stato passivo del fallimento della Società datrice di lavoro, in via privilegiata ai sensi dell'articolo 2751-bis n.1 c.c., per un credito di € 15.558,14, oltre interessi, secondo gli articolo 53 e 54 della Legge Fallimentare, con regolazione delle spese processuali in base al regime di soccombenza. 25. Principi di diritto in materia di TFR e Fondo di Tesoreria: 1) Per il TFR maturato dopo il 1° gennaio 2007, le quote non versate al Fondo di Tesoreria da datori con almeno 50 dipendenti restano crediti retributivi. Il diritto del lavoratore è certo, liquido ed esigibile alla cessazione del rapporto, e il datore fallito resta obbligato, legittimando l'insinuazione al passivo; 2) il mancato versamento al Fondo di Tesoreria non muta la natura retributiva del TFR (ex articolo 2120 c.c.), nonostante i richiami ai “contributi”: ciò serve solo a rafforzare le garanzie previdenziali e facilitare la riscossione.   Il principio giuridico affermato dalla Corte La Corte, esaminato il ricorso, ha accolto la domanda del lavoratore e ha deciso di cassare il decreto impugnato. In sostanza, la Corte ha ritenuto che, il credito vantato dal lavoratore per il TFR, dovesse essere ammesso al passivo del fallimento in via privilegiata, in quanto trattasi di un credito che gode di una speciale tutela secondo le disposizioni di legge in materia fallimentare. Nel merito, la Corte ha dunque disposto che la società datrice di lavoro, dovesse ammettere il credito del lavoratore per la somma di € 15.558,14 per il TFR, con l'aggiunta degli interessi previsti dagli articoli 53 e 54 della Legge Fallimentare, che disciplinano la determinazione degli interessi sui crediti ammessi al passivo fallimentare. La decisione sancisce così la tutela del diritto del lavoratore a vedersi riconosciuto il credito per il TFR, con il conseguente accoglimento di tutte le sue richieste.

Presidente Esposito - Relatore Riverso Fatti di causa 1.- Il Tribunale di Reggio Calabria, prima sezione civile, giudicando in sede di opposizione alla stato passivo, ex articolo 98 L. fall., proposta da Ni.Fr. ha accolto parzialmente il ricorso ed ha ammesso l'opponente allo stato passivo del fallimento VILLA AURORA Srl in via privilegiata, ai sensi dell'articolo 2751 bis n. 1 c.c., oltre che per gli importi già riconosciuti dal curatore per l'importo di Euro 1255,39. Il Tribunale ha rigettato, invece, le altre domande, compensando le spese di lite. 2.- In particolare, ha respinto la domanda di ammissione al passivo della quota riguardante il TFR relativo al periodo di lavoro maturato con la cedente VILLA AURORA Srl per mancanza di prova del quantum, nonostante la prova documentale (CUD) del quantum maturato dal 2001 era corrispondente ad Euro 15.558,14. Il Tribunale ha rilevato che il rapporto di lavoro con VILLA AURORA Srl era continuato con la cessione del ramo di azienda alle dipendenze della VILLA AURORA Hospital ed in seguito il rapporto di lavoro era cessato per dimissioni volontarie l'1/7/2022; il credito era liquido esigibile ed azionabile. Ha pure rilevato in diritto che la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12009/2018) consentiva l'ammissione al passivo del lavoratore, ma solo per le somme non versate al Fondo di Tesoreria dopo l'1/1/2007 (ex articolo 1, commi 755 e 756, legge n. 296/2006); mentre per le somme maturate precedentemente non vi era legittimazione del lavoratore per l'insinuazione al passivo e doveva trovare applicazione il vecchio articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, che prevede il pagamento dell'Inps con il diritto alla surroga dell'ente previdenziale per il TFR maturato sino al 31/12/2006 ; tuttavia la somma di TFR reclamata del lavoratore era quella di Euro 15.558,14, maturata dall'1/1/2001 (fino al 2019). 3.- Della somma spettante come TFR dopo il 1.1.2007 non risultava provato però, anno per anno, il momento in cui dovesse essere versata all'INPS, sicché non era possibile l'ammissione al passivo sic et sempliciter in quanto la somma pretesa poteva in ipotesi riguardare anche un periodo ante 2007 (per il quale non c'era legittimazione); in tali casi il mancato assolvimento dell'onere della prova di fatti costitutivi della propria pretesa ricadeva sul ricorrente, il quale doveva dimostrare il diritto fatto valere. 4.- Contro il decreto ha proposto ricorso per cassazione Ni.Fr. con due motivi. Il fallimento VILLA AURORA Srl in liquidazione è rimasto intimato e non ha svolto attività difensiva. Il ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni dall'udienza. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 105 L. fallimentare, 47 L. n. 428/1990 e 2112 c.c., in relazione all'articolo 360 n. c.p.c., per essere il decreto errato nella parte in cui il Tribunale non ha ritenuto sussistente il fatto costitutivo del diritto all'ammissione allo stato passivo della somma vantata a titolo di TFR alla luce del fatto che la società VILLA AURORA Srl nel 2017 era stata ammessa al concordato preventivo con un piano di tipo prevalentemente liquidatorio; era stata regolarmente avviata la procedura di consultazione sindacale con esame congiunto ex articolo 47, legge 428/1990; il passaggio dei lavoratori era avvenuto ai sensi dell'articolo 105 legge fallimentare ed articolo 47 legge 428/1990; veniva espressamente esclusa la responsabilità dell'acquirente VILLA AURORA Hospital Srl per i debiti relativi all'azienda sorti prima della data di efficacia dell'acquisto del bene; il lavoratore era stato assunto ex novo dalla cessionaria in data 1/2/2019 che aveva provveduto ad accantonare e pagare unicamente il TFR maturato a decorrere da tale data; dagli atti del giudizio era emersa non solo l'insolvenza del cessionario, ma anche la cessazione del rapporto a seguito dell'acquisto del ramo di azienda, posto che con le dimissioni il lavoratore aveva comunque cessato ogni rapporto di lavoro. 2.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 c.c., 115 c.p.c., 2120 c.c., 2, legge 297/1982, articolo 1, commi 755 e 756, legge n. 296/2006, in relazione all'articolo 360 n. 3 c.p.c., essendo il decreto impugnato viziato nella parte in cui il Tribunale non aveva ammesso al passivo il TFR a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, avendo sostenuto che per la parte del TFR maturato presso il cedente fallito fino al 31.12.2006, dovesse rispondere il Fondo di Garanzia; mentre per il periodo successivo dall'1.1.2007, in cui si sarebbe dovuto versare il TFR al Fondo di Tesoreria, non sarebbe stato possibile accertare il quantum di Tfr maturato nel periodo corrispondente. 3. I due motivi di ricorso sono fondati. 3.1. Il Tribunale, pur prendendo atto delle dimissioni rassegnate dal lavoratore in data 1 luglio 2022, e quindi della cessazione del rapporto di lavoro, necessaria, secondo la normativa applicabile ratione temporis, ai fini dell'esigibilità del tfr dal cedente e della sua ammissione al passivo fallimentare; e pur dando atto della prova documentale del credito per TFR, relativo al periodo di lavoro svolto alle dipendenze del cedente VILLA AURORA Srl dal 2001, corrispondente ad Euro 15.558,14, non ha comunque ammesso al passivo il credito rivendicato dal lavoratore per TFR, per due concorrenti motivi ( problemi ) esplicitati nel decreto qui opposto: 1) perché per le somme maturate fino al 31.12.2006, secondo il Tribunale, dovrebbe applicarsi l'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, il quale prevederebbe il pagamento del TFR da parte dell'Inps con diritto alla surroga, ed il fallimento non sarebbe invece legittimato passivo alla domanda di insinuazione al passivo per tfr; 2) perché per le somme maturate nel periodo successivo, a partire dall'1.1.2007, il datore di lavoro ed il fallimento potevano invece rispondere del TFR (il Tribunale richiama Cass. n. 12009/2018) nell'ipotesi in cui il datore di lavoro non avesse versato al Fondo di Tesoreria le somme dovute a titolo di TFR (attraverso il contributo  ex articolo 1, comma 755 - 757 legge n. 296/2006). Tuttavia, nel caso di specie, era carente la dimostrazione del quantum poiché la somma dovuta a titolo di TFR era provata documentalmente nel suo ammontare complessivo, maturato dal 2001 al 2019, ed esso poteva comprendere anche somme risalenti al periodo precedente al 2007, non potendo individuarsi anno per anno quanto fosse stato maturato soltanto con riferimento al periodo successivo al 2007. 4.- Tali i fatti di causa e le premesse di diritto tenute presente dal decreto impugnato, emergono però evidenti gli errori logici e giuridici in cui è caduto il giudice del merito. 4.1 È opportuna una breve ricostruzione sistemica della regola di diritto applicabile alla fattispecie del mancato pagamento del TFR da parte del datore di lavoro (in questo caso cedente ex articolo2112 c.c.) sottoposto a procedura concorsuale fallimentare. 4.2. Deve ricordarsi, in primo luogo, che il TFR dei lavoratori è regolato unitariamente nel settore privato dall'articolo 2120 c.c. prevedendosi che in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato , e, quindi, indipendentemente dalle motivazioni che l'hanno determinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto . 4.3. Secondo la concezione risalente, mai messa in dubbio da questa Corte di legittimità, il tfr ha natura retributiva (Cass. n. 6333 del 05/03/2019; anche a fini fiscali, Cass. n. 6117 del 01/03/2019) costituendo un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Esso matura durante lo svolgimento del rapporto ed è costituito dalla somma degli accantonamenti annui di una quota della retribuzione rivalutata periodicamente. 4.4. L'articolo 2122 c.c. stabilisce che, in caso di morte del lavoratore, il TFR maturato e spettante al lavoratore alla data del decesso sia corrisposto sotto forma di indennità sostitutiva ai superstiti. 4.5. Analoga natura retributiva hanno anche le indennità di fine rapporto erogate nel settore pubblico, ridotte al paradigma comune della retribuzione differita (Cass. n. 25621/2024) nell'ambito di un percorso di tendenziale assimilazione alle regole dettate nel settore privato dall'articolo 2120 del codice civile, ricordato anche da Corte cost. n. 159 del 2019: le indennità in esame presentano una natura retributiva, avvalorata dalla correlazione della misura delle prestazioni con la durata del servizio e con la retribuzione di carattere continuativo percepita in costanza di rapporto. Esse rappresentano il frutto dell'attività lavorativa prestata (sentenza n. 106 del 1996, punto 2.1. del Considerato in diritto) e costituiscono parte integrante del patrimonio del beneficiario, che spetta ai superstiti nel caso di decesso del lavoratore in servizio (sentenza n. 243 del 1997, punto 2.3. del Considerato in diritto) . 4.5. Bisogna poi porre in evidenza che il diritto al TFR si prescrive in 5 anni decorrenti dalla data della risoluzione del rapporto (articolo 2948, comma 5 c.c.); quando è riconosciuto da un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato esso si prescrive invece in dieci anni (art 2953 c.c.). Detto termine può (essere interrotto con l'insinuazione del credito del lavoratore nello stato passivo e ricomincia a decorrere, per l'intera sua durata (cinque anni), dalla data di chiusura della procedura concorsuale. La legge n. 297/1982 non ha previsto un particolare termine di prescrizione entro il quale deve essere presentata la domanda di liquidazione del TFR a carico del Fondo di garanzia. La giurisprudenza, con orientamento consolidato, ha riconosciuto alle prestazioni del Fondo di garanzia natura di credito previdenziale, distinto e autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro; pertanto, si applica il termine di prescrizione ordinario decennale, fatti salvi eventuali atti interruttivi nei confronti del Fondo di garanzia notificati dopo la maturazione del diritto (Cass. 26 maggio 2015, n. 10824.) 4.6.- Il D.Lgs. n. 252/2005 prevede la possibilità per il lavoratore di optare per il versamento del TFR al sistema di previdenza complementare. In caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle quote di TFR al Fondo di previdenza complementare questa Corte ha già ripetutamente statuito che rimane ferma (normalmente) la titolarità del TFR in capo al lavoratore anche ai fini della sua legittimazione attiva e della sua insinuazione al passivo fallimentare (Cass. sentenza n. 18477 del 28/06/2023 e n. 16266 del 08/06/2023; salvo che dall'istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo di previdenza complementare, cui in tal caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell'articolo 93 L. Fall.). 5. A questo punto, oltre alle norme codicistiche fin qui evocate, è necessario richiamare le varie regole che mirano a garantire l'effettività del pagamento del TFR che, essendo una prestazione da corrispondere di regola alla cessazione del rapporto - spesso anche dopo decenni dalla sua maturazione - si espone al rischio dell'inadempimento (come dell'insolvenza) del datore di lavoro in modo più frequente e per cifre più elevate rispetto a quelle spettanti mensilmente a titolo di retribuzione, alla cui mancata corresponsione il lavoratore è in grado di reagire più tempestivamente, anche solo per contenere il danno. 5.1. Tale funzione di garanzia è assolta in primo luogo dalle norme che (come l'articolo29 del D.Lgs. 276/2003) mirano a coinvolgere nel pagamento del TFR, in via solidale, altri soggetti, di regola maggiormente solvibili, come il committente (o il subcommittente) nel contratto di appalto. 5.2. La medesima funzione di garanzia esplica nel campo degli appalti pubblici l'articolo 105, comma 8, del D.Lgs. n. 50 del 2016 (che ha sostituito l'articolo 118, comma 6 del D.Lgs. n. 163 del 2006), il quale estende la responsabilità solidale prevista dall'articolo 29 del D.Lgs. 276/2003 all'aggiudicatario, in solido con il subappaltatore. 5.3. Nella direzione del rafforzamento del credito del lavoratore per TFR particolare rilievo assumono le regole dettate dalla legge n. 297/1982, in adempimento della Direttiva CEE n. 80/987 del 20 ottobre 1980, per l'ipotesi di insolvenza o di esecuzione individuale infruttuosa. In questo caso la garanzia nel pagamento del TFR passa attraverso un'apposita assicurazione sociale alimentata dallo speciale contributo stabilito dall'articolo3, ultimo comma della L. n. 297/1982. La stessa legge prevede testualmente all'articolo 2 l'istituzione presso l'Inps di un Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 c.c. spettante ai lavoratori o loro aventi diritto . Una volta erogata la prestazione, il Fondo ha azione di regresso nei confronti del datore di lavoro ed è surrogato di diritto al lavoratore ed ai suoi aventi causa nel privilegio spettante sul patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli articolo 2751 bis e 2776 c.c. per le somme da esso pagate (articolo 2 comma 7 L. 297/1982). 5.4. Infine vanno richiamate le norme dettate della legge n. 296/2006 (articolo 1, comma 755 - 757) che garantiscono il pagamento a carico dell'INPS attraverso la raccolta delle quote di TFR, sotto forma di contributi mensili che il datore di lavoro è tenuto a versare presso il Fondo di Tesoreria istituito presso la Tesoreria dello Stato e gestito dall'Inps, relativamente ai rapporti di lavoro intrattenuti con un'impresa sopra i 50 dipendenti. Il pagamento del TFR viene effettuato materialmente all'esito della cessazione del rapporto dallo stesso datore di lavoro ammesso a conguagliare le somme erogate con i contributi dovuti all'INPS. Il mancato versamento delle quote di TFR tramite contributi o il recupero del conguaglio delle quote di TFR versate al Fondo di Tesoreria, senza corresponsione effettiva al lavoratore, realizzano una fattispecie di inadempimento del datore (che rileva anche in questo giudizio). 5.5. Deve essere ora posta in evidenza come la raccolta delle quote di TFR attraverso la denuncia mensile Uniemens da parte del datore miri, pure essa, a garantire (articolo1,comma 755 L. n.296/2006) il TFR del lavoratore attraverso l'effettività della raccolta dei contributi, essendo l'Istituto dotato di incisivi poteri di verifica e sanzionatori ai fini della regolarità dei pagamenti e di rapida riscossione ed esecuzione in caso di omesso pagamento mensile (avvisi di addebito, cartelle ed intimazioni di pagamento). 6.- Alla stregua delle premesse svolte, essendo il rapporto di lavoro del ricorrente di cui si tratta pacificamente cessato per dimissioni nel 2022, nessun dubbio può sussistere, anzitutto, quanto al suo diritto di insinuarsi al fallimento per la quota di TFR azionata nei confronti del cedente per il periodo precedente l'1.1.2007, non essendo comunque tenuto ad escutere anche il cessionario. 7.- Ed invero, a differenza di quanto affermato dal Tribunale, il diritto del lavoratore di ricevere le prestazioni maturate fino al 31.12.2006 e poste a carico del Fondo di Garanzia si perfeziona al verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge n. 297/1982, i quali sono sempre stati così indicati da questa Corte: a) insolvenza del datore di lavoro e verifica dell'esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo; b) formazione di un titolo giudiziale ed esperimento non satisfattivo dell'esecuzione forzata, in ipotesi di datore non assoggettabile a procedure concorsuali; c) cessazione del rapporto di lavoro. È del tutto evidente, pertanto, che nel caso in esame sussista la legittimazione passiva del datore, e per esso del fallimento, e quella attiva del lavoratore anche per le quote di TFR maturate per il periodo precedente al 2007, essendo quella dell'insinuazione al passivo la strada obbligata che il lavoratore deve percorrere per giungere al Fondo di Garanzia presso l'INPS in relazione al TFR maturato, anche nelle imprese sopra i 50 dipendenti, fino al 31.12.2006. Solo dopo la formazione dello stato passivo dichiarato esecutivo il lavoratore potrà infatti effettuare la domanda all'Inps nel termine prescrizionale di dieci anni. Il Fondo garantisce il pagamento dell'intero TFR nella misura in cui è stato accertato nell'ambito della procedura concorsuale o individuale aperta a carico del datore di lavoro. 8.- Per il periodo successivo, a partire dall'1.1.2007, la stessa natura retributiva del TFR è stata riaffermata da questa Corte anche di recente (ordinanza n. 16928 del 19/06/2024; v. pure Cass. 13/7/2022, n. 22131) richiamando quanto già sostenuto da Cass. n. 24510/2021 e n. 19708/2018, nelle quali, anche dopo la modifica della disciplina del trattamento di fine rapporto è stato sostenuto che nel nuovo e più composito panorama normativo (ex articolo 1, comma 755 - 757 legge n. 296/2006, che prevede, per le aziende con almeno 50 dipendenti, il versamento degli accantonamenti presso il Fondo di Tesoreria INPS) resta fermo il fatto che il t.f.r. costituisca a tutti gli effetti un credito del lavoratore, la cui esigibilità è subordinata alla cessazione del rapporto. 9.- Ne consegue che le quote accantonate del t.f.r., tanto che siano trattenute presso l'azienda, quanto che siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l'INPS ex articolo 1, comma 755 - 757 legge n. 296/2006, ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina l'esigibilità. 10.- Va pertanto ribadito che il lavoratore è legittimato a domandare l'ammissione al passivo per le quote di t.f.r. maturate e non versate dal datore di lavoro fallito al Fondo Tesoreria gestito dall'INPS, posto che il datore di lavoro non è un mero adiectus solutionis causa e non perde la titolarità passiva dell'obbligazione di corrispondere il t.f.r. stesso (Cass. n. 12009 del 16/05/2018), con trasferimento di essa ad esclusivo carico dell'INPS. 11.- Il mero richiamo effettuato dall'articolo 1, comma 755 - 757 legge n. 296/2006 delle norme in tema di contributi vale ai fini procedurali e della più agevole riscossione del credito maturato mese per mese dal lavoratore e del rafforzamento delle garanzie del lavoratore in sede previdenziale; ma in caso di inadempimento, non produce alcuna automatica immutazione della natura sostanziale del TFR, intesa come retribuzione differita ex articolo 2120 c.c.; né tale richiamo incide sulla modalità di calcolo delle suddette quote e della relativa base imponibile, che restando regolata dall'articolo 2120 c.c. è diversa da quella propria dei contributi previdenziali. 12.- Del resto, se si negasse la concomitante natura retributiva del TFR regolato dalla legge n. 296/2006 e si affermasse l'esclusiva natura previdenziale delle somme dovute, anche nell'ipotesi in cui le quote di TFR non fossero state versate (come capita frequentemente in caso di insolvenza del datore e come è comprovato anche dal caso in esame), lo stesso lavoratore, come quello qui ricorrente, subirebbe inevitabilmente la falcidia della prescrizione (dei c.d. contributi, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità; v. Cass. n. 31282 del 29/11/2019), senza alcuna automaticità della sua prestazione ex articolo 2116 c.c. Nessun TFR potrebbe essergli erogato dall'INPS per le quote relative a contributi prescritti (v. infatti, testualmente, circolare INPS n. 70/2007 che ammette l'automaticità nei limiti della prescrizione). Il lavoratore non avrebbe poi nessuna azione nei confronti del datore di lavoro né, in ipotesi, nei confronti del committente. Il ricorso qui proposto andrebbe rigettato. 13.- Lo stesso INPS che dovrebbe insinuarsi al fallimento al posto del lavoratore, subirebbe la falcidia della procedura concorsuale fruendo il credito dell'istituto del minore privilegio di cui all'articolo 2554 c.c. e non certo del privilegio di cui all'articolo 2751- bis , n. 1, c.c. (che viene invece utilizzato in sede di surroga del Fondo di Garanzia). 14.- Evidenti le ricadute, anche a livello costituzionale, di una simile conclusione che mentre pregiudica le risorse occorrenti all'Istituto per far fronte ad un credito certo dei lavoratori o dei loro eredi, pone pure a carico definitivo di alcuni lavoratori (i dipendenti di imprese sopra i 50 dipendenti) la perdita di un proprio diritto che sarebbe divenuto (solo per essi) estinguibile in corso di rapporto attraverso la prescrizione della strumentale provvista contributiva. E senza che lo stesso lavoratore (titolare in teoria del credito ex articolo 2120 c.c.) sia neppure legittimato all'interruzione della prescrizione per contributi, facoltà di cui come è noto è esclusivamente dotato il creditore l'INPS. Nemmeno potrebbe il lavoratore in discorso fare ricorso all'azione per la costituzione della rendita vitalizia ex articolo13 L. n.1338/1962 che consente di sanare l'omissione contributiva nell'a.g.o. solo in materia di invalidità, vecchiaia e superstiti, ma non certamente per TFR. La stessa legge n. 296/2006 sembra escludere inoltre (v. Cass. n. 25035/2023) per le prestazioni a carico del Fondo di Tesoreria anche l'intervento del Fondo di garanzia (posto che l'articolo 1 comma 756 della stessa legge prevede che il contributo di cui si tratta vada corrisposto al Fondo di Tesoreria al netto del contributo stabilito dall'articolo 3, ultimo comma della legge 297/1982 ; ma per la tesi contraria, che ammette l'intervento del Fondo di Garanzia anche per i lavoratori il cui TFR è versato al Fondo di Tesoreria, v. circolare INPS n. 70 del 2023. 15. Per tutti i motivi fini qui esposti, questa Corte di legittimità ha sempre affermato, e qui ribadisce, che in mancanza di versamento all'INPS delle quote di TFR, sotto forma di contributi, non si produce immutazione nella natura retributiva del TFR ed il datore di lavoro ed il committente continuano a rimanere obbligati nei confronti del lavoratore al pagamento della prestazione ex articolo 2120 c.c. ed ex articolo 29 D.Lgs. n. 276/2003, con decorrenza della prescrizione dalla cessazione del rapporto. 16. In più recenti arresti in materia di omesso versamento delle quote di tfr (Cass. n. 16928 del 19/06/2024; Cass. 13/7/2022, n. 22131) è stato riaffermato che le disposizioni in esame delineano un sistema in cui l'intervento del Fondo, nei casi in cui è previsto, dà luogo ad un rapporto trilaterale tra il datore di lavoro, il Fondo ed il prestatore di lavoro, in virtù del quale: a) il primo è obbligato nei confronti del secondo a versare il TFR, al pari di quanto avviene per le contribuzioni previdenziali; b) il secondo è tenuto ad erogare le prestazioni secondo le modalità previste dall'articolo 2120 cod. civ., nei limiti della quota maturata a decorrere dall'1 gennaio 2007, mentre la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro; c) la materiale erogazione del TFR è affidata al datore di lavoro anche per la parte di competenza del Fondo, salvo conguaglio sui contributi dovuti al Fondo stesso ed agli altri enti previdenziali . 17.- L'articolo1, comma 757, prevede che la liquidazione del trattamento di fine rapporto e delle relative anticipazioni ad opera del Fondo di Tesoreria di cui al comma 755, limitatamente alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo medesimo, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro . 18.- Questa Corte ha pure chiarito in proposito (cfr. Cass. n. 10354/2016) con orientamento che qui si condivide, che l'onere probatorio del lavoratore che agisca nei confronti del committente del datore di lavoro per il pagamento del TFR riguarda il fatto costitutivo del suo diritto, rappresentato dal rapporto di lavoro subordinato ovvero, in ipotesi di solidarietà ex art 29 D.Lgs. 276/2003, dal contratto di appalto (nel senso dell'impiego nei lavori appaltati) e non anche l'effettivo versamento da parte del datore di lavoro dei contributi dovuti al Fondo di Tesoreria (a norma della L. n. 296/ 2006, articolo 1, comma 756, seconda parte; v. pure Cass. n. 24510 del 10/09/2021). 19.- Se è vero quindi che il versamento dei contributi al Fondo di Tesoreria costituisce fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro-appaltatore e, di conseguenza, nei confronti del committente, obbligato solidale ex lege, quest'ultimo ha l'onere di allegazione e di prova dell'avvenuto versamento ove lo opponga in eccezione. 20.- Alla stregua di tutte le premesse svolte non rileva quanto affermato dalla già citata Cass. n. 25035/2023 che, nella diversa ipotesi cui lo stesso TFR sia stato versato al Fondo di Tesoreria, ha negato la natura retributiva del TFR ai fini della rivalutazione e degli interessi (ex articolo 16, comma 6, L. n. 412/92). 21.- In proposito, va ricordato che per l'ipotesi di omesso versamento delle quote di TFR all'INPS (o in ipotesi di conguaglio senza versamento al lavoratore), con la successiva già richiamata ordinanza n. Cass. n. 16928/2024 cit., emessa per lo stesso Fallimento in oggetto ed in relazione ad un decreto avente contenuto analogo a quello ora impugnato, questa Corte ha già ribadito che sussistano tutti i presupposti delineati dalla legge per riconoscere la concomitante legittimazione passiva del fallimento VILLA AURORA Srl (Cass. 16 maggio 2018, n. 12009; Cass. 10 settembre 2021, n. 24510; Cass. 13 luglio 2022, n. 22131); decidendo altresì nel merito la causa con l'ammissione del lavoratore nel passivo fallimentare. 22. Ed invero è stato pure di conseguenza correttamente chiarito che, contrariamente a quanto affermato nel decreto impugnato, è indifferente il periodo di maturazione (tempo per tempo) del credito per T.f.r., in ragione del mancato versamento datoriale delle somme trattenute a titolo di contributi alla lavoratrice, comportante la sua ammissione allo stato passivo del fallimento della datrice di lavoro per l'importo insinuato . 23.- Infine va ricordato che, anche ai fini della previdenza complementare, in caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle quote di tfr al Fondo di previdenza, secondo l'univoca giurisprudenza di questa Corte, rimane ferma, come regola di base, la titolarità del TFR in capo al lavoratore e la sua legittimazione attiva ai fini della insinuazione al passivo fallimentare (Cass. sentenze n. 18477 del 28/06/2023 e n. 16266 del 08/06/2023). 24.- Il ricorso va quindi accolto, con la cassazione del decreto impugnato e, decidendo nel merito in assenza di necessità di ulteriori accertamenti in fatto, in relazione ad esso va disposta l'ammissione allo stato passivo del fallimento VILLA AURORA Srl in liquidazione in via privilegiata, ai sensi dell'articolo 2751 bis n.1 c.c., per l'ulteriore credito di Euro 15.558,14 Euro. oltre interessi ai sensi degli articolo 53 e 54 L. Fall., con regolazione delle spese dei giudizi di merito e di legittimità secondo il regime di soccombenza. 25.- Devono essere quindi affermati i seguenti principi di diritto: 1.- In tema di TFR per il periodo successivo all'1.1.2007, ex articolo 1, comma 755 - 757 legge n. 296/2006, le quote maturate dal lavoratore e non versate dal datore di lavoro al Fondo di Tesoreria gestito dall'INPS, per le aziende con almeno 50 dipendenti, mantengono la natura di crediti retributivi del lavoratore che corrispondono ad un diritto certo e liquido la cui esigibilità è subordinata alla cessazione del rapporto; ne consegue che il datore di lavoro non è un mero adiectus solutionis causa, né perde la titolarità passiva dell'obbligazione di pagare il t.f.r. con trasferimento di essa ad esclusivo carico dell'INPS, e che, pertanto, il lavoratore è legittimato a domandare l'ammissione al passivo fallimentare del datore di lavoro fallito. 2.- In ipotesi di omesso versamento delle quote di TFR al Fondo di Tesoreria, il mero richiamo effettuato dall'articolo 1, comma 755 - 757 legge n. 296/2006 delle norme in tema di contributi non produce alcuna automatica immutazione della natura sostanziale del TFR, intesa come retribuzione differita ex articolo 2120 c.c. ma vale ai fini procedurali e della più agevole riscossione del credito maturato mese per mese dal lavoratore e del rafforzamento delle garanzie che ne conseguono in sede previdenziale per il lavoratore. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato in relazione ad esso e, decidendo nel merito, ammette il lavoratore allo stato passivo del Fallimento VILLA AURORA Srl in liquidazione in via privilegiata, ai sensi dell'articolo 2751 bis n. 1 c.c., per l'ulteriore credito di Euro 15.558,14 per T.F.R., oltre interessi ai sensi degli articolo 53 e 54 L. Fall. Condanna il Fallimento VILLA AURORA Srl alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio, che liquida: per il giudizio di merito, in Euro 100,00 per esborsi e Euro 2.500,00 per compensi professionali; per il giudizio di legittimità, in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi professionali; tutto oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.