In un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo di una dipendente part-time, è stato ribadito che il datore di lavoro deve dimostrare l’assenza di soluzioni organizzative alternative e l’impossibilità di ricollocazione, nel rispetto delle clausole di correttezza e buona fede.
Con sentenza emessa in sede di rinvio, la Corte d'Appello di Milano ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato ad una lavoratrice part-time per giustificato motivo oggettivo, rigettando le domande della ricorrente e condannandola alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della precedente sentenza. La Corte territoriale ha dato puntuale attuazione a quanto stabilito dalla Suprema Corte con l'ordinanza rescindente, che aveva già accertato in via definitiva tre elementi: l'effettiva esigenza aziendale derivante da un incremento stabile della clientela, l'impossibilità di redistribuire internamente il maggiore carico di lavoro e l'insindacabilità della decisione datoriale di assumere un lavoratore full-time in sostituzione della dipendente part-time. Il compito del giudice del rinvio si è, dunque, limitato a verificare se, al momento del licenziamento, esistesse un'alternativa praticabile all'utilizzo della lavoratrice part-time. La Corte ha risposto in senso negativo, ritenendo che la datrice di lavoro avesse dato prova dell'impossibilità di un impiego alternativo della dipendente, né in mansioni differenti né in combinazioni orarie compatibili con le esigenze aziendali. Avverso questa decisione, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, da un lato, la violazione dei principi indicati dalla Suprema Corte nel giudizio rescindente, e dall'altro, l'omesso esame di fatti decisivi, sostenendo che sarebbe stato possibile affiancarle dipendente un altro lavoratore part-time. Entrambe le censure sono state rigettate. La Cassazione ha ribadito che, nel lavoro part-time, il rifiuto del lavoratore di aumentare l'orario non può essere causa diretta del licenziamento. Tuttavia, il recesso è legittimo qualora risulti dimostrata l'impossibilità di una diversa articolazione oraria o di una collocazione alternativa. Nel caso di specie, tali condizioni erano state dimostrate per tabulas attraverso allegazioni specifiche non contestate dalla lavoratrice. Infine, dopo aver stabilito che la decisione dei giudici di secondo grado si è mantenuta entro i limiti stabiliti dall'ordinanza rescindente, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Presidente Esposito - Relatore Riverso Fatti di causa La Corte d'Appello di Milano con la sentenza in atti, decidendo in sede di rinvio a seguito dell'ordinanza n. 29337/2023 di questa Corte di cassazione, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato a Mu.Ma. per giustificato motivo oggettivo e conseguentemente rigettato le domande proposte dalla signora Mu.Ma. con il ricorso di primo grado, condannando la ricorrente a restituire le somme versate dalla S.e.a.S. Consulting Srl in esecuzione della sentenza della Corte d'Appello n. 1494/2021 così come quantificate in atti; ed ha compensato integralmente fra le parti e le spese di tutti i gradi. La Corte d'Appello ha individuato il perimetro del giudizio di rinvio alla luce della ordinanza della Corte di cassazione ed ha affermato che nel giudizio di rinvio risultavano definitivamente accertate l'esistenza di una effettiva esigenza di incrementare l'orario di lavoro legata ad un incremento stabile della clientela e l'impossibilità oggettiva di ripartire fra i lavoratori in servizio nel 2019 il carico di lavoro supplementare riconducibile all'incremento dalla clientela, a prescindere dall'entità delle ore di lavoro da impiegare per far fronte alla contabilità dei nuovi clienti (perché l'altra contabile avrebbe svolto un orario di lavoro di 42 ore settimanali a fronte del massimo di 40 e che le restanti due non avrebbero potute essere assegnate alla Mu.Ma. che si era dichiarata disponibile a svolgere qualche ora in più, solo sporadicamente e per i clienti a lei già assegnati). Pertanto, il giudizio di rinvio era circoscritto alla verifica se il datore di lavoro avesse fornito la prova, riferibile al momento in cui era stato irrogato il licenziamento, dell'impossibilità di utilizzare altrimenti la prestazione lavorativa della contabile con contratto part-time; fermo restando che, secondo i rilievi effettuati dalla Corte di cassazione, il collegio non poteva sindacare la scelta organizzativa datoriale consistita nell'assumere un lavoratore full time giustificato dall'aumento stabile della clientela (e pertanto non poteva riproporre il rilievo secondo cui la Seas avrebbe potuto assumere un contabile part-time da affiancare alla Mu.Ma. per finalità di conservazione del posto di lavoro). Ferma l'insindacabilità dell'assunzione del lavoratore full time, giustificato dall'aumento stabile della clientela, rimaneva da verificare se al momento del licenziamento della signora Mu.Ma. la sua prestazione lavorativa part-time avrebbe potuto essere proficuamente utilizzata. L'impossibilità del riutilizzo era stata però provata dalla datrice di lavoro Seas, posto che non vi era altra soluzione percorribile per il raggiungimento del legittimo obiettivo di una efficiente gestione di impresa, atteso che il complessivo carico di lavoro gestito dal personale contabile impiegato non poteva essere ripartito diversamente tra i lavoratori, mantenendo invariato l'orario di lavoro della ricorrente e senza ricorrere al lavoro straordinario per le ragioni quantitative già accertate dalla Cassazione; la Mu.Ma. non poteva essere utilmente impiegata in mansioni lavorative diverse da quelle che esaurivano l'attività di impresa di Seas, amministrazione contabile dei clienti dello studio Cucci e associati, tenuto conto dei ruoli e delle qualifiche dell'organico aziendale. Per tali motivi non contestati, il passaggio al signor Fossati, assunto full time, di tutti i clienti già gestiti dalla signora Mu.Ma. part time, integrava l'unica soluzione organizzativa praticabile per assicurare la migliore efficienza produttiva a fronte della necessità organizzativa sopravvenuta. E la sussistenza del giustificato motivo escludeva il carattere ritorsivo del licenziamento. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Mu.Ma. con due motivi ai quali ha resistito Seas Consulting Srl con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria prima della udienza. La Corte ha riservato la motivazione entro i 60 giorni dalla udienza. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia l'inosservanza dei principi di diritto stabiliti con l'ordinanza nr. 29337/2923 della Corte di Cassazione, nonché ex articolo 360 comma 1, n. 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell'articolo8 comma e dell'articolo 3 L. 604/66 perché la Corte di Cassazione aveva specificato in modo chiaro e preciso che per stabilire la legittimità del gmo posto a base del licenziamento della ricorrente, il giudice di rinvio avrebbe dovuto verificare se il datore avesse dimostrato se la scelta di sostituire il lavoro part time con uno full time fosse l'unica soluzione organizzativa possibile, senza sindacare la scelta imprenditoriale di sostituire il dipendente part time con quello full time; ed inoltre avrebbe dovuto incentrare la sua verifica sull'impossibilità di utilizzo altrimenti della prestazione lavorativa del lavoratore part time. 2.- Con il secondo motivo si deduce ex art 360 n.5 c.p.c. l'omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti per non aver la Corte di appello considerato che la Seas avrebbe potuto assumere un altro dipendente part time al fine di completare l'orario di lavoro da affiancare alla ricorrente. 3.- I due motivi devono essere disattesi in forza delle seguenti ragioni. 4.- Anzitutto, va premesso che il giudizio di rinvio è un procedimento chiuso e che la Corte ha correttamente ricostruito il perimetro del giudizio ad essa demandato, sulla base delle seguenti considerazioni. 5.- In particolare, dall'ordinanza rescindente della Corte di cassazione risultavano definitivamente accertate e non suscettibili di ulteriore riesame le seguenti questioni: a) l'esistenza di una effettiva esigenza di incrementare l'orario di lavoro legato ad un incremento stabile della clientela (par.23); b) l'impossibilità oggettiva di ripartire tra i lavoratori in servizio nel 2019 il carico di lavoro supplementare riconducibile all'incremento della clientela, a prescindere dall'entità delle ore di lavoro da impiegare per far fronte alla contabilità dei nuovi clienti (dato quantitativo che, pertanto, non può assumere alcuna rilevanza; par. 26 e 27); c) l'insindacabilità da parte del giudice della scelta organizzativa di sostituire il dipendente part-time con uno full time per far fronte all'aumento del fabbisogno di attività lavorativa (par.28 e 29). 6. Tanto premesso, la Corte d'Appello ha ritenuto che il perimetro della ricognizione del giudice di rinvio risultava circoscritto alla risoluzione della seguente questione: verificare se il datore di lavoro avesse fornito la prova, riferibile al momento in cui era stato intimato il licenziamento, dell'impossibilità di utilizzare altrimenti la prestazione lavorativa della contabile con contratto part-time; senza che essa potesse riproporre il rilievo secondo cui il datore avrebbe potuto assumere un contabile part-time da affiancare alla Mu.Ma. per finalità di conservazione del posto di lavoro, in quanto tale soluzione implicava la riproposizione di un sindacato sulla congruità delle scelte organizzative dell'imprenditore che la Corte di cassazione aveva chiaramente precluso nell'ordinanza n. 29337/2023. 7.- Si tratta di una valutazione corretta che rispetta, per un verso, sul piano processuale, i limiti del procedimento di rinvio, quale giudizio chiuso; e per altro verso, sul piano sostanziale, l'ambito della valutazione giudiziale suscitata dalla complessità del licenziamento per gmo nel part time, per il quale è richiesto di dimostrare una duplice differente impossibilità: sia di una diversa articolazione oraria con modalità orarie differenti, quale componente/elemento costitutivo del gmo; sia che non vi fossero alternative occupazionali praticabili rispetto alla lavoratrice licenziata. 8.- Deve essere ricordato che nel part time la legge prevede da sempre (oggi l'articolo 6,8 comma del D.Lgs. 81/2015) che il rifiuto del lavoratore di concordare una variazione dell'orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento . Ovvio quindi che non si possa licenziare il lavoratore perché sia sopravvenuta una ragione organizzativa tale da comportare un aumento dell'orario (ad es. l'aumento di clientela che comporterebbe un lavoro aggiuntivo) perché ciò significherebbe sterilizzare la portata del divieto legale. Tuttavia la giurisprudenza di questa Corte ammette che si possa licenziare lo stesso per gmo anche nel part time ma soltanto quando non ci sia nessuna altra soluzione possibile sul piano dell'articolazione dell'orario se non quella particolare soluzione il cui rifiuto da parte del lavoratore part time conduce al licenziamento (Cass. n. 30093/2023). L'esigenza di una rimodulazione del g.m.o. nel part time, è stata affermata da questa Corte, a fronte di proposte di rifiuto del passaggio da part time a full time o viceversa, anche con l'ordinanza n. 12244/2023 nella quale è stato ribadito che in caso di rifiuto della trasformazione del rapporto da full time a part time il dipendente può essere legittimamente licenziato solo se il recesso non è stato intimato a causa del diniego opposto, ma in ragione dell'impossibilità di utilizzo della prestazione a tempo pieno per effettive ragioni economiche dimostrate dal datore di lavoro. 9.- Inoltre, prima di licenziare occorre esperire il tentativo di repêchage in un'altra occupazione disponibile secondo i principi generali (Cass. 18904/2024). Occorre, cioè in sintonia con la stessa nozione generale di g.m.o., che sussista altresì l'impossibilità di un ripescaggio aliunde che deve essere dimostrato in giudizio dal datore di lavoro, la cui condotta - al pari di quella del lavoratore - deve comunque essere improntata e, dunque, valutata alla luce delle clausole generali di correttezza e buona fede, le quali possono costituire utile parametro per un controllo sulla discrezionalità gestionale del datore di lavoro. In particolare, in un'area, quale quella del part time, sottoposta ad una rigorosa regolamentazione normativa, la scelta datoriale deve tener conto delle particolari esigenze sociali che sono a fondamento della stessa. Tanto premesso è chiaro che non si debba confondere esistenza/inesistenza della ragione organizzativa relativa alla modulazione dell'orario di lavoro alternativa alla proposta rifiutata dal lavoratore (che attiene all'esistenza a monte della ragione organizzativa del gmo nel part time); con la possibilità di ricollocazione in un altro posto disponibile, come si richiede per qualsiasi altro caso di licenziamento per gmo attraverso il tentativo di repêchage (Cass.18904, cit.). 10. Nel caso in esame la Corte d'Appello ha affermato, in fatto, che la prova della impossibilità di usufruire della prestazione part-time della Mu.Ma. esisteva per tabulas in virtù della mancata specifica contestazione di molteplici allegazioni fattuali dedotte nella memoria ex articolo 416 c.p.c. ed appunto non contestate dalla parte ricorrente, da cui emergeva che non vi fosse altra soluzione percorribile per il raggiungimento del legittimo obiettivo di un'efficace gestione d'impresa, atteso che il complessivo carico di lavoro gestito dal personale contabile impiegato non poteva essere ripartito diversamente (come peraltro pure ribadito dalla ordinanza della Cassazione). 11.- Inoltre la Mu.Ma. non poteva essere utilmente impiegata in mansioni lavorative diverse da quelle che esaurivano l'attività di impresa di Seas, amministrazione contabile dei clienti dello studio Cucci e associati, tenuto conto dei ruoli e delle qualifiche dell'organico aziendale. 12.- Pertanto deve ritenersi che la stessa Corte di appello abbia comunque accertato in concreto sia l'inesistenza di una soluzione oraria alternativa praticabile, come componente del gmo nel part-time; sia l'inesistenza di ulteriori posti per la ricollocazione della lavoratrice ai fini dell'obbligo di repechage, rimanendo nel perimetro della ordinanza rescindente della Corte di Cassazione e nei limiti di legge per come ricostruiti dalla giurisprudenza di questa Corte, richiamata nella stessa ordinanza rescindente. 13.- Per tali ragioni la sentenza impugnata si sottrae alle censure sollevate con il ricorso in esame, il quale deve essere rigettato. 14.- Le spese possono essere compensate avuto riguardo alla complessità del quadro giuridico ed alla controvertibilità dei fatti di causa, tenuto conto delle indicazioni di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 77/2018. 15.- Deve darsi atto, inoltre, che sussistono le condizioni richieste dall'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali; ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater D.P.R. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.