L'ordinanza reiettiva della richiesta di accesso ai programmi di giustizia riparativa è ricorribile per cassazione unitamente alla sentenza che conclude il giudizio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato per il quale pende il processo.
Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza in commento. La Giustizia riparativa: una chimera o una realtà? Per anni se ne è parlato soltanto nei salotti accademici: la giustizia riparativa non riusciva a uscirne e a varcare la soglia delle aule di giustizia, salvo qualche rara apparizione in quelle dei tribunali per i minorenni. Persino il Giudice di Pace, autorità giudiziaria elettiva per i percorsi di ricomposizione delle controversie bagatellari tra privati, non ha aperto le porte alla restorative justice. La riforma Cartabia, pur di non lasciare inesplorata qualsiasi strada potesse favorire la deflazione del contenzioso penale, l'ha rispolverata e l'ha richiamata alle armi inserendola nel codice di rito penale. Il risultato, almeno fino ad oggi, è assai modesto. Anche perchè per fare funzionare davvero la giustizia riparativa è necessaria la predisposizione di uomini e mezzi: mediatori, centri di mediazione, eccetera. Tutto ciò, allo stato attuale, stenta a prendere forma. L'analisi della Cassazione su un punto critico: l'ordinanza che respinge la domanda di accesso alla giustizia riparativa è impugnabile? L'adattamento della giustizia riparativa al linguaggio e ai meccanismi codicistici ha comportato la necessità di “calarla” nella struttura del processo. La decisione di ammettere o meno l'imputato ai programmi riparativi è data con un'ordinanza emessa dal giudice procedente. Questi deve stabilire se consentire o meno la partecipazione al percorso di riparazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Ci si è chiesti, a questo punto, se l'ordinanza di cui stiamo parlando sia o meno impugnabile. E, nel caso di risposta affermativa, con quale mezzo di impugnazione. Sul tema, dicono i giudici di Piazza Cavour, si sono registrati tre diversi indirizzi interpretativi. Il primo di essi esclude l'impugnabilità dell'ordinanza in esame poiché essa – si afferma – non avrebbe natura giurisdizionale (così, Cass., Sez. II, 12 dicembre 2023, numero 6595), ma apparterrebbe al procedimento riparativo che si snoda in parallelo al procedimento penale. Da ciò ne discende, per il principio di tassatività delle impugnazioni, che la decisione di accesso o diniego ai programmi riparativi sarebbe sostanzialmente insindacabile. Un orientamento intermedio ha invece ammesso l'impugnabilità dell'ordinanza in discorso, ma limitatamente ai casi nei quali si procede per un reato perseguibile a querela. Ciò perchè nell'ipotesi considerata il provvedimento giudiziale in questione avrebbe una “influenza giuridicamente rilevante” sulla sentenza che viene successivamente pronunciata, in forza della previsione normativa che soltanto in tali casi è consentita la sospensione del processo (così, Cass., Sez. III, 7 giugno 2024, numero 33152). Un terzo orientamento, infine, propende per la generalizzata impugnabilità dell'ordinanza unitamente alla sentenza che conclude il giudizio (in questo senso, Cass., Sez. V, 26 novembre 2024, numero 131). La sentenza che oggi vi proponiamo aderisce a quest'ultimo orientamento. Ciò, intanto, perchè è ritenuta innegabile la natura giurisdizionale dell'ordinanza in esame, sia con riguardo ai suoi presupposti, sia in relazione agli esiti che produce sul procedimento penale. A ciò si aggiunga che la decisione del giudice di concedere o meno l'accesso alla giustizia riparativa deve essere necessariamente corredata da una motivazione. Quest'ultima, per coerenza con l'intero sistema processuale, deve quindi essere sindacabile in sede di legittimità. La giustizia riparativa entrerà veramente a regime? Difficile fare previsioni realistiche. Per scaramanzia, oseremmo dire, è meglio anzi non farle proprio. Sicuramente è un segnale positivo quello dell'inserimento nel codice di rito dei meccanismi che consentirebbero di operare alla restorative justice. Altrettanto positivo è il segnale che ci proviene dal formante giurisprudenziale: il solo fatto che ci si ponga dei problemi e che su di essi si agiti un dibattito interpretativo è la prova dell'attualità del problema. Per il resto, il successo o l'insuccesso della giustizia riparativa, temiamo, sarà dipendente soprattutto dall'approccio culturale di chi dovrebbe maneggiarla: e gli avvocati sono in cima alla lista di costoro.
Presidente Fidelbo - Relatore Tondin Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.