I ticket restaurant sono estranei al concetto di retribuzione normale, presupponendo un collegamento con l'orario effettivamente osservato. Pertanto, si esclude la possibilità di contare i ticket restaurant nella retribuzione spettante per il periodo feriale.
Il diritto alle ferie retribuite Un gruppo di lavoratori si rivolgeva al giudice del lavoro per far accertare il diritto al riconoscimento dei ticket restaurant, nella retribuzione feriale: senza i ticket, infatti, la retribuzione feriale risultava inferiore rispetto a quella normalmente percepita, introducendo una differenza di trattamento che, secondo i lavoratori, era indebita. Per sciogliere la questione la Corte d'appello di Napoli ragiona sul “diritto alle ferie retribuite” e sul concetto di “normale retribuzione”. In prima battuta, la Corte d'Appello chiarisce che il diritto alle ferie annuali retribuite è un diritto intangibile che trova fondamento sia nell'ordinamento interno (in primis nell'articolo 36 Cost.) sia nell'ordinamento europeo. In particolare l'interpretazione giurisprudenziale della Dir. CE 2003/88 definisce il diritto alle “ferie annuali retribuite” (di cui all'art 7 numero 1, Dir. CE 2003/88) come diritto del lavoratore a percepire la retribuzione ordinaria durante il periodo di riposo; altre parole quindi durante il periodo di ferie, al lavoratore spetta la retribuzione normalmente percepita. A questo punto viene in aiuto la giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata in modo da coincidere con la retribuzione ordinaria e questo perché una diminuzione della retribuzione durante il periodo di riposo potrebbe dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie; ne consegue che qualsiasi elemento intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali. Sinteticamente: durante le ferie annuali retribuite vanno mantenuti tutti gli elementi della retribuzione correlati allo status personale e professionale del lavoratore, mentre non devono essere presi in considerazione nel calcolo gli elementi della retribuzione che sono esclusivamente utili a coprire spese occasionali o accessorie, ossia, che sopravvengono in occasione dell'espletamento delle mansioni. Ticket restaurant e indennità di mensa Tutto ciò premesso, occorre chiedersi se i ticket restaurant siano un elemento della retribuzione legato alle mansioni tout court o sia, invece, un elemento accessorio. Per sciogliere questo nodo la Corte d'appello di Napoli prende in considerazione l'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui i buoni pasto non sono tecnicamente un elemento della retribuzione normale, ma sono più che altro un'agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso occasionale, ove l'occasione è rappresentata dall'orario di lavoro osservato dal lavoratore. Da qui, quindi, la chiara indicazione per cui i ticket restaurant non sono un elemento retributivo irrinunciabile, ma connesso all'effettivo svolgimento della prestazione, secondo date modalità. I ticket quindi sono estranei al concetto di retribuzione Norm presupponendo un collegamento non tanto con la presenza fisica del dipendente sul posto di lavoro quanto con l'orario effettivamente osservato. Si tratta quindi di un benefit accessorio (sotto forma di rimborso forfettario delle spese che il lavoratore deve affrontare per consumare il pranzo) che va ad aggiungersi all'indennità mensa riconosciuta in presenza di un determinato andamento orario della giornata lavorativa. Nel caso di specie la questione sorgeva in particolare perché con accordi di secondo livello l'azienda aveva previsto l'abolizione del premio produttività “scambiandola” con i ticket, facendo così ritenere che la voce stipendiale abolita fosse confluita nel rimborso spese mutando la natura di quest'ultimo. La Corte però rimane aderente alla ratio di ciascun istituto retributivo ed esclude che i ticket restaurant possano essere considerati tra gli elementi della retribuzione feriale.
Presidente De Pietro Relatore Basso Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 24.5.2024, i ricorrenti in epigrafe proponevano appello avverso la sentenza numero1476/2024, pubblicata il 26.02.2024, con cui il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, in accoglimento della domanda proposta, aveva condannato (omissis) resistente al pagamento in loro favore degli importi spettanti a titolo di ricalcolo della retribuzione feriale con l'incidenza dell'indennità perequativa/compensativa, indennità di turno, premio di risultato e buoni pasto. Parte appellante si doleva della disposta compensazione delle spese del grado nonostante l'accoglimento della domanda. Chiedeva, pertanto, la condanna al pagamento delle spese di lite del doppio grado. Non si costituiva la società appellata nonostante la rituale notifica dell'atto di appello. Con successivo tempestivo ricorso anche la società proponeva appello avverso la medesima sentenza, censurando la decisione per avere ritenuto che anche il ticket restaurant dovesse essere incluso nella retribuzione feriale, assimilandolo erroneamente all'indennità di mensa, e per avere considerato anche il premio di risultato che non era oggetto della domanda. Nel presente giudizio si sono costituiti ritualmente gli appellati che hanno chiesto il rigetto dell'appello sostenendone l'infondatezza. All'udienza odierna, su richiesta dei procuratori delle parti, previa riunione dei due procedimenti, la causa è stata decisa come da separato dispositivo. Motivi della decisione Per ragioni di ordine logico va esaminato prioritariamente l'appello proposto dalla società che è fondato e va accolto per quanto di ragione. Trattasi di appello parziale perché riguarda solo l'incidenza ai fini della retribuzione feriale del ticket mensa e del premio di risultato, non essendovi censure in ordine all'indennità perequativa e compensativa, né in ordine ad altre questioni esaminate dal Tribunale, su cui è sceso il giudicato. Appare opportuno premettere che la Corte di Cassazione, con la sentenza numero13425/2019 del 17.5.2019 (ribadita da Cass. 15/10/2020 numero22401 e più recentemente da Cass. 2023/19663) ha analiticamente esaminato la questione della retribuzione feriale in relazione alla normativa ed alla giurisprudenza europea, con particolare riferimento alla incidenza su di essa di voci retributive variabili. Il particolare la Suprema Corte ha osservato: 1. che il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una disciplina sia nel diritto interno (articolo 36, comma 3, della Cost.: Il lavoratore ha diritto ... a ferie annuali retribuite , articolo 2109, comma 2, c.c. Ha ... diritto... ad un periodo annuale di ferie retribuite e articolo 10 del D.Lgs. numero 66 del 2003, ratione temporis applicabile: il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo ... di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane ) che in quello dell'Unione (articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE secondo cui: 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali nonché articolo 31, nr. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea cui l'articolo 6, numero 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati secondo cui 2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite ; 2. che il diritto alle ferie retribuite di almeno quattro settimane, secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'Unione (sentenza del 20 luglio 2016, Per_1 C-341/15, punto 25 e giurisprudenza ivi citata) al quale non si può derogare; 3. che la direttiva nr. 88 del 2003, il beneficio (id est: il diritto) alle ferie annuali e quello all'ottenimento di un pagamento a tale titolo rappresentano due aspetti (id est: le due componenti) dell'unico diritto a ferie annuali retribuite, sottolineando in particolare che la direttiva nr. 88 del 2003 si limita a fissare prescrizioni minime di sicurezza e salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, facendo salva la facoltà degli Stati membri di applicare disposizioni nazionali più favorevoli alla tutela dei lavoratori ; 4. che la Corte di Giustizia, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, R.S. e altri (punto 50) ha espressamente evidenziato che l'espressione ferie annuali retribuite di cui all'articolo 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 intende significare che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (negli stessi sensi, anche sentenza CGUE 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C520/06, Schultz-Hoff e altri, punto 58) e che L'obbligo di monetizzare le ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. cit. sentenze R.S. e altri, punto 58, nonché Schultz-Hoff e altri, punto 60) ; 4. che l'orientamento della Corte europea è in questo senso costante (v. pronuncia della Corte di Giustizia 15 settembre 2011, causa C-155/10, W. e altri, punto 21) essendo sempre più efficacemente affermato che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione , cosicché qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore ...deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali e che vanno mantenuti, durante le ferie annuali retribuite, gli elementi della retribuzione correlati allo status personale e professionale del lavoratore ; 5. che è stato chiaramente sostenuto dalla Corte di Giustizia anche che non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo da versare durante le ferie annuali gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro ; 6. che In definitiva può, dunque, affermarsi che sussiste una nozione europea di retribuzione dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie annuali, fissata dall'articolo 7 della direttiva 88/2003, come sopra interpretato dalla Corte di Giustizia . Fatta tale premessa, osserva il Collegio come l'interpretazione effettuata dal giudice di prime cure sia del tutto adeguata e condivisibile. L'Accordo regionale del 15.12.2011 al dichiarato fine di riprogrammare le politiche del lavoro nel comparto dei trasporti pubblici locali onde sostenere la concorrenza, garantire maggiore efficienza, contenere i costi ed evitare il ricorso a licenziamenti collettivi anche grazie all'istituzione di un Fondo regionale -individuava per i lavoratori in servizio alla data della stipula la struttura della retribuzione (nella componente fissa e variabile) e all'articolo 3 disciplinava un'indennità perequativa/compensativa, diretta a garantire il mantenimento delle condizioni economiche in atto per il personale in servizio, quale emolumento fisso e pensionabile, calibrato in ragione delle mansioni e/o della presenza. L'Allegato 2 all'Ipotesi di Accordo del 25 luglio 2012: Oggetto: nuova struttura della retribuzione variabile in conformità di quanto previsto dall'articolo 3 dell'intesa regionale del 16.12.2011 statuiva: a partire dal mese di novembre 2012, ai lavoratori in servizio alla data di stipula dell'ipotesi di accordo , in attuazione di quanto previsto dall'articolo 3 del citato accordo sarà corrisposto, per ogni ora di effettiva prestazione lavorata, una indennità perequativa/compensativa i cui valori sono determinati facendo riferimento ai valori teorici previsti dalla turnazione annua o dalla effettiva presenza media annua calcolata con i valori economici in vigore alla sottoscrizione dell'accordo regionale. Per ogni figura professionale, il valore economico della indennità perequativa è quello di cui all'allegata tabella (ALL.4) che diventa parte integrante della presente intesa. Le differenze fra quanto percepito precedentemente dal personale in servizio rispetto a tale valore costituirà l'importo dell'Indennità compensativa. L'indennità compensativa/perequativa: -sarà determinata in cifra fissa; -non è rivalutabile; è pensionabile; -confluisce nella base di calcolo del t.f.r. Le argomentazioni suesposte hanno trovato piena conferma in due recentissime decisioni della Suprema Corte (cfr Cass. numero25840/24 e 25850/2024), che ha confermato le sentenze di questa stessa Corte in fattispecie analoghe in cui si discuteva della retribuzione feriale e precisamente dell'incidenza dell'indennità perequativa e compensativa. La Suprema Corte ha innanzitutto ribadito il principio secondo cui la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch'essa con il D.Lgs. numero 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. 17/05/2019 numero 13425). Ha inoltre osservato che la Corte di merito, attenendosi all'osservanza del principio dell'efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull'ordinamento nazionale delle sentenze della Corte di Giustizia dell'UE, aveva correttamente proceduto ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell'eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita. Ha quindi affermato: 6. Ritiene allora il Collegio che l'interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l'inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all'esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. 7. In particolare, circa l'indennità perequativa e l'indennità compensativa, l'argomento della ricorrente che fa leva sul dato che in tali indennità sarebbero confluite varie indennità precedenti corrisposte in occasione dello svolgimento delle mansioni con valore di rimborso spese è meramente assertivo, come il cenno ad un'indennità chilometrica. 7.1. In ogni caso, correttamente la Corte territoriale ha fatto riferimento alla natura di tali indennità come già conformate nella contrattazione di rango non nazionale, che veniva in considerazione . Diversa appare, invece, la questione del computo dei ticket mensa nella retribuzione feriale, oggetto precipuo del presente appello, non condividendo la Corte l'interpretazione dell'accordo sindacale del 28/10/2004, sulla cui base il primo giudice ha attribuito agli stessi natura retributiva. In linea generale deve condividersi il consolidato orientamento della Suprema Corte che definisce i buoni pasto non come elemento della retribuzione normale , ma come agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale e li esclude dal novero degli elementi del trattamento retributivo in senso stretto (cfr Cass. ordinanza numero 16135 del 28/07/2020; Cass. Cass. numero 23303/19; Cass. Sez. Lav. numero 5547/2021, conf. Cass. sez. Lav. numero 15629/2021). A tal proposito ha sostenuto che i ticket mensa, a differenza dell'indennità di mensa regolarmente conteggiata nella base di calcolo della retribuzione feriale (vedi accordi del 16.12.2012 e del 19.02.2013), sono estranei al concetto di retribuzione 'normale', presupponendo un collegamento non con la presenza fisica del dipendente sul posto di lavoro quanto con l'orario effettivamente osservato. In altri termini si tratta di un benefit accessorio (in forma di rimborso forfettario delle spese che il lavoratore deve affrontare per consumare il pranzo) che va ad aggiungersi alla indennità mensa in presenza di un determinato andamento orario della giornata lavorativa. Ciò posto, ritiene la Corte che né il tenore letterale dell'accordo sindacale del 28/10/2004 e neppure l'interpretazione delle clausole in esso contenute consentano di ravvisare un mutamento della natura del ticket mensa da rimborso forfettario di spesa ad elemento di natura retributiva collegato sinallagmaticamente alla prestazione lavorativa. La clausola numero1 dell'accordo si limita a prevedere l'abolizione della voce stipendiale premio di produttività e l'elevazione del ticket buono pasto ad euro 5,00 ma, in assenza di una previsione espressa, nulla autorizza a ritenere che la voce stipendiale abolita sia confluita nel rimborso spese mutando la natura di quest'ultimo. In buona sostanza la mera prossimità lessicale delle due previsioni contrattuali, in assenza di altri elementi, non conforta la tesi di parte appellata secondo cui il ticket mensa avrebbe sostituito il compenso di produttività assumendone la natura retributiva. Ciò esclude, a monte, la possibilità di computo dei ticket mensa nella retribuzione spettante per il periodo feriale. Peraltro, su tale specifica questione non si è ancora espressa la Suprema Corte, considerato che nelle sentenze in precedenza richiamate non risulta fosse stato proposto uno specifico motivo di gravame che la investisse. L'importo calcolato a tale titolo va, quindi, detratto dai conteggi allegati al ricorso introduttivo del giudizio, con conseguente riforma della sentenza sul punto e rideterminazione delle somme spettanti quali indicate in dispositivo. Quanto poi al premio di risultato va effettivamente precisato che tale indennità non era oggetto di domanda ed infatti l'importo calcolato e riconosciuto includeva solo le due indennità perequativa/compensativa ed il ticket, sicché nessun interesse ha l'azienda ad una modifica della sentenza sul punto. A questo punto va esaminato l'appello dei lavoratori volto ad ottenere la riforma della sentenza in punto di spese del primo grado interamente compensate. Tale gravame, considerato il parziale accoglimento della domanda di prime cure, anche in conseguenza di quanto innanzi detto, va parzialmente accolto reputandosi congrua la condanna dell'0 al pagamento delle spese nella misura della metà, che si liquida come da dispositivo, non apparendo giustificata una integrale compensazione delle stesse per le oscillazioni giurisprudenziali, considerati i consolidati principi espressi dalla Cassazione in tema di retribuzione feriale già prima del deposito dei ricorsi di prime cure. Anche le spese del presente grado di appello si compensano per la metà in considerazione dell'accoglimento parziale di entrambi gli appelli. P.Q.M. La Corte così provvede: accoglie l'appello proposto da (omissis), e parzialmente quello proposto da (omissis) e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata che per la restante parte conferma, condanna (omissis) al pagamento delle seguenti somme in luogo di quelle individuate nella sentenza di primo grado: euro 977,91 in favore di (omissis) euro1641,54 in favore di (omissis) euro 1896,51 in favore di (omissis) euro 2192,42 in favore di (omissis) oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione di ciascun credito al soddisfo; compensa per la metà le spese di lite che si liquidano, già compensate, in euro 1250,00 per il primo grado ed in euro 1390,00 per il secondo grado oltre IVA, CPA e spese generali come per legge con attribuzione all'avv. (omissis).