Maltrattamenti in famiglia: le dichiarazioni della vittima sono sufficienti a certificare la presenza del figlio minorenne

Marito condannato per avere maltrattato la moglie: riconosciuta anche l’aggravante prevista per la presenza di minorenni in occasione degli episodi di violenza, fondata sulle sole dichiarazioni della donna.

Scenario della triste vicenda è la provincia sarda. A finire sotto processo è un uomo, denunciato dalla moglie per l’incubo fattole vivere tra le mura domestiche connotato da maltrattamenti e vessazioni. A rendere più gravi, se possibile, i fatti vi è un ulteriore particolare: ad alcuni episodi di violenza ha purtroppo assistito il figlio minorenne della coppia. Il quadro probatorio, poggiato soprattutto sulle dichiarazioni della donna, è ritenuto inequivocabile dai giudici di merito, i quali, sia in primo che in secondo grado, sanciscono la colpevolezza dell’uomo, responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia aggravato. Con ricorso per cassazione la difesa sosteneva che l’aggravante riconosciuta per la presenza del figlio minore in occasione di alcuni episodi di violenza sia stata ravvisata in Appello «senza indicare alcun episodio specifico accaduto alla presenza del minore, nonché trascurando le contrarie dichiarazioni dello stesso minore». In effetti, riconoscono i magistrati, «poche righe» sono state dedicate «alla motivazione della sussistenza della circostanza aggravante della presenza del figlio minore ai fatti» violenti compiuti dall’uomo, circostanza aggravante ritenuta «dimostrata dalle dichiarazioni testimoniali della persona offesa e delle sue vicine di casa, nonché da quelle dello stesso figlio minore». Tuttavia, il punto fermo è rappresentato proprio dalla riconosciuta attendibilità della persona offesa, con conseguente colpevolezza dell’uomo. E questa circostanza è decisiva, secondo i giudici di Cassazione, perché, «posto che donna, nel corso della sua testimonianza, ha raccontato di episodi sovente accaduti alla presenza dei loro figli, e considerando che anche questi ultimi hanno comunque riferito di aver assistito ad aspre discussioni tra i genitori», «risulta del tutto illogico ipotizzare che la donna abbia detto il vero sui maltrattamenti subiti, ma non sulla presenza dei figli anche soltanto ad alcuni episodi» di violenze.

Presidente De Amicis - Relatore Rosati Ritenuto in fatto e Considerato in diritto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la condanna di Fl.Se. per il delitto di maltrattamenti in danno della moglie, con l'aggravante del fatto commesso in presenza del loro figlio minorenne Sa.. L'imputato, per il tramite del proprio difensore, impugna tale decisione per due motivi: I) per avere ravvisato la suddetta aggravante senza indicare alcun episodio specifico accaduto alla presenza del minore, nonché trascurando le contrarie dichiarazioni dello stesso Sa. e dell'altro figlio della coppia, allora già maggiorenne, ed altresì omettendo di considerare il decreto del Tribunale per i minorenni di Cagliari, emesso nell'ambito di un procedimento aperto a tutela del minore, da cui sarebbe emerso che questi non avesse assistito ad alcun episodio maltrattante verso la madre e che non fosse manipolato dal padre; II) per aver applicato il trattamento sanzionatorio di cui all'articolo 572, secondo comma, cod. pen., benché introdotto con la legge n. 69 del 2019, in vigore dall'agosto di quell'anno, mentre le condotte contestate sarebbero cessate già dagli anni 2017 - 2018, avendo la persona offesa dichiarato che, già da allora, eravamo ognuno per conto suo e dovendo considerarsi che, per l'applicazione della successiva e più severa disciplina, sarebbe stato necessario che, durante la vigenza della stessa, fosse stata posta in essere una serie di condotte di per sé tale da integrare il reato. 2. Ha trasmesso in cancelleria la propria requisitoria la Procura generale, concludendo per l'annullamento della sentenza con rinvio. 3. I motivi di ricorso non sono fondati e l'impugnazione dev'essere, perciò, respinta. 4. Effettivamente, la sentenza impugnata dedica poche righe alla motivazione della sussistenza della circostanza aggravante della presenza di un minore ai fatti, ritenendola dimostrata dalle dichiarazioni testimoniali della persona offesa e delle sue vicine di casa, nonché da quelle dello stesso figlio minore (pag. 16). V'è, però, che la Corte d'Appello, nel trattare della sussistenza del reato e della colpevolezza dell'imputato, si è ampiamente soffermata sull'attendibilità della persona offesa, dandone una spiegazione puntuale ed articolata, comprensiva anche di una critica specifica delle testimonianze salvifiche dei figli della coppia: una motivazione che nemmeno il ricorso contesta, giacché il giudizio di colpevolezza non ha formato oggetto d'impugnazione. Posto, dunque, che la moglie dell'imputato, nel corso della sua testimonianza, ha raccontato di episodi sovente accaduti alla presenza dei loro figli, e considerando che anche questi ultimi hanno comunque riferito di aver assistito ad aspre discussioni tra i genitori (pag. 22, sent.), risulta del tutto illogico ipotizzare, nella rilevata assenza di specifiche risultanze probatorie in questo senso sintomatiche, che costei abbia detto il vero sui maltrattamenti subiti, ma non sulla presenza dei figli anche soltanto ad alcuni di quegli episodi o sulla verificazione di questi anche successivamente al luglio del 2019, epoca di entrata in vigore della più rigida disciplina sanzionatoria (nella sintesi della relativa testimonianza operata in sentenza si parla, infatti, di fatti accaduti anche a dicembre del 2019). Non più d'un cenno merita, infine, il riferimento difensivo al decreto del Tribunale per i minorenni di Cagliari, dal quale si sarebbe dovuto evincere che il figlio minore non avesse assistito ad alcun episodio maltrattante verso la madre e che non fosse condizionato dal padre. In proposito, è sufficiente osservare, anzitutto, che di tale provvedimento non si fa parola non soltanto in nessuna delle due sentenze di merito, ma neppure nell'atto d'appello (come questa Corte ha verificato, essendo chiamata a valutare una dedotta mancanza di motivazione su circostanza potenzialmente rilevante); e, comunque, che l'asserito contenuto del medesimo è il prodotto di una generica rielaborazione sintetica del difensore ricorrente, non essendo il documento allegato al ricorso né riportato per esteso in quest'ultimo e non potendo, perciò, essere preso in considerazione in questa sede. 5. Al rigetto del ricorso segue obbligatoriamente per legge la condanna del proponente a sopportarne le spese (articolo 616, cod. proc. pen.). P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si dispone, a norma dell'articolo 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2025.