L’applicazione retroattiva dell’inasprimento del regime della liberazione condizionale non preclude l’esecuzione di un mandato d’arresto emesso dal Regno Unito

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha escluso che la modifica in senso peggiorativo del regime della liberazione condizionale nell’ordinamento del Regno Unito e l’applicazione della nuova disciplina anche per fatti commessi in epoca precedente integri una violazione dell’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e consenta di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto.

Il contesto La Corte di Giustizia ha risolto una questione pregiudiziale sull'accordo che regola i rapporti di cooperazione giudiziaria in materia penale tra Stati membri dell'Unione europeae Regno Unito e Irlanda del Nord e ha affermato che una modifica in senso peggiorativo della disciplina della liberazione condizionale non può essere considerata alla stregua di una aggravamento della pena inflitta. Di conseguenza, ha escluso che tale modifica rientri nel campo di applicazione dell'articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e consenta di respingere la richiesta di consegnare una persona ricercata. La sentenza costituisce evoluzione e approfondimento della soluzione elaborata in una precedente occasione, nella quale la Corte di Giustizia, sollecitata dalla autorità irlandese, aveva delineato la procedura da seguire qualora, dinanzi all'autorità chiamata a dare esecuzione a un mandato d'arresto emesso dal Regno Unito, la persona richiesta in consegna paventi un rischio di violazione dell'articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, derivante appunto dalla modifica sfavorevole del regime della liberazione condizionale, intervenuta successivamente alla commissione del reato. In una simile situazione, la Corte di Giustizia ha chiarito che l'autorità giudiziaria deve procedere a un esame autonomo circa la sussistenza di un simile rischio prima di pronunciarsi sull'esecuzione del mandato d'arresto e che può rigettare la richiesta di cooperazione soltanto se, a seguito della richiesta di informazioni e garanzie supplementari, disponga di elementi oggettivi, attendibili e precisi dai quali desumere che la modifica normativa implichi l'irrogazione di una pena più grave di quella inizialmente comminata (C. Giust. UE, 29 luglio 2024, C-202/24). La questione pregiudiziale A seguito di tale pronuncia, la Corte di Giustizia è stata nuovamente interpellata dalla autorità irlandese, destinataria, a sua volta, di mandati d'arresto emessi dal Regno Unito per ottenere la consegna di una persona ricercata per fatti di terrorismo. La necessità di sollevare una questione pregiudiziale nasceva dall'eccezione formulata dalla persona richiesta in consegna che si doleva del fatto che, se fosse stato eseguito il mandato d'arresto, avrebbe sofferto le conseguenze negative di una modifica peggiorativa delle condizioni per l'accesso alla liberazione condizionale applicata nei suoi confronti con effetto retroattivo. In questa ottica, il giudice del rinvio puntualizzava che la disciplina in vigore al momento della commissione dei fatti oggetto del mandato consentiva di accedere automaticamente alla liberazione condizionale dopo l'esecuzione di metà della pena, mentre la disciplina introdotta successivamente innalzava la soglia di pena da scontare fino a due terzi e introduceva un'ulteriore condizione, rappresentata da un vaglio positivo circa l'assenza di pericolosità in capo al condannato. Alla Corte di Giustizia, pertanto, si chiedeva di chiarire se una simile modifica, applicata retroattivamente, costituisse una violazione dell'articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali - che, analogamente all'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, vieta di sottoporre una persona a una pena più grave di quella applicabile al momento in cui è stato commesso il fatto - e consentisse, pertanto, di rifiutare l'esecuzione del mandato d'arresto. La decisione della Corte di Giustizia Dopo aver tracciato il perimetro normativo entro il quale si pone la questione pregiudiziale e aver tratteggiato le precedenti decisioni in materia, anche evocando le statuizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia, la Corte di Giustizia ha escluso che l'applicazione retroattiva della modifica della disciplina della liberazione condizionale nell'ordinamento inglese costituisca una violazione dell'articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. È necessario, in tal senso, individuare la distinzione - non sempre nitida, come rileva la sentenza in rassegna - tra ciò che costituisce “pena” a tutti gli effetti e le disposizioni che, invece, regolano “l'esecuzione della pena”. Si tratta, infatti, di una distinzione dirimente poichè soltanto le prime sottostanno al divieto di applicazione retroattiva. Per risolvere il quesito, la sentenza ha richiamato la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Del Rio Prada (C. eur. dir. uomo, 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna), secondo la quale le modifiche al regime della liberazione condizionale e, in particolare, gli interventi sulla soglia di pena fissata per l'accesso a tale istituto, non possono essere considerati come aggravamenti della pena. D'altro canto, la Corte di Giustizia ha escluso che a diverse conclusioni possa giungersi valorizzando l'introduzione dell'ulteriore condizione rappresentata dalla assenza di profili di pericolosità in capo al condannato. È senz'altro vero - si legge in sentenza - che un simile requisito rende più gravosa l'esecuzione della pena e determina incertezza circa l'individuazione del momento nel quale il condannato potrà accedere alla liberazione condizionale, ma ciò non è ancora sufficiente per ravvisare nella modifica l'inflizione di una pena più grave.

CGUE del 3 aprile 2025