La Cassazione torna a pronunciarsi sulle distanze legali fra edifici, precisando se i balconi rientrino o meno nella categoria degli sporti computabili ai fini di queste ultime.
In una causa relativa all'accertamento delle violazioni commesse nella realizzazione dei lavori di sopraelevazione di un immobile, la Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi sulla disciplina delle distanze tra fabbricati. In particolare, i ricorrenti lamentano il rigetto della domanda di violazione delle distanze da parte della Corte d'Appello, per avere escluso dal computo i balconi e l'ampliamento della terrazza con mutamento di destinazione, non attribuendogli la qualifica di «costruzione e volume computabile» ma di «funzione ornamentale, finitura accessoria e pertinenziale». A detta del Collegio, la decisione della Corte d'Appello è corretta e deve essere confermata quanto alla terrazza che non può essere considerata nuova costruzione per il solo fatto dell'apertura di un varco che l'ha trasformata in terrazza a livello; quanto ai balconi, invece, la Corte non ha tenuto conto che «non sono computabili per la misurazione delle distanze esclusivamente le sporgenze esterne del fabbricato con funzione meramente ornamentale, mentre costituiscono corpo di fabbrica quelle aventi particolari proporzioni, come gli aggetti, anche se scoperti, ove siano di apprezzabile profondità ed ampiezza, poiché, pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, rientrano nel concetto civilistico di costruzione, essendo destinati ad estendere ed ampliare la consistenza dei fabbricati». Pertanto, «in tema di distanze legali fra edifici, rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili), mentre costituiscono corpi di fabbrica, computabili ai predetti fini, le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza». Il ricorso deve quindi essere accolto.
Presidente Orilia – Relatore Varrone Fatti di causa 1. M. D. C., A. D. C., G. D. C. e S. D. C. citavano in giudizio dinanzi al Tribunale di Nola A. C. e F. C. per sentire accertare le violazioni commesse dai convenuti nella realizzazione dei lavori di sopraelevazione del proprio immobile con condanna all'eliminazione delle opere che arrecavano danno alla proprietà immobiliare attorea e ne impedivano il pieno godimento con richiesta anche di risarcimento dei danni. Successivamente la domanda veniva precisata evidenziando che riguardava solo la porzione di immobile di A. C. con conseguente rinuncia alla domanda proposta nei confronti di F. C.. 2. A. C. si costituiva in giudizio formulando eccezioni in rito e chiedendo il rigetto nel merito della domanda, proponeva altresì domanda riconvenzionale dell'arretramento di mt. 0,50 del muro di confine della loro proprietà con richiesta di condanna al pagamento di un'indennità di occupazione abusiva del terreno usurpato. 3. Il Tribunale di Nola rigettava la domanda principale e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava che il muro di confine segnato in rosso nel rilievo topografico allegato alla relazione del CTU posto sul lato sud della proprietà degli attori sconfinava nella proprietà dei convenuti, condannandoli a retrocedere detto muro di confine al pagamento delle spese processuali. 4. M. D. C., A. D. C., G. D. C. e S. D. C. proponevo appello avverso la suddetta sentenza. 5. C. C., quale erede di C. A., si costituiva in giudizio chiedendone il rigetto. L'appello veniva riassunto anche nei confronti degli ulteriori eredi di C. A., nella persona di R. C. C. C. e A. C.. 6. La Corte d'appello di Napoli rigettava il gravame. Il giudice di secondo grado premetteva che il terrazzo al primo piano era già esistente prima della sopraelevazione e che non era stato modificato nella sua sostanza, salvo la sostituzione della balaustra di protezione anche lungo il perimetro del terrazzo a lato nord. Detto terrazzo nella sua originaria conformazione già integrava ai sensi dell'articolo 900 c.c. una veduta essendo destinato per sua natura e funzione a guardare ad affacciarsi verso il fondo del vicino. Pertanto, la mera trasformazione della balaustra delimitante il perimetro del terrazzo dal lato nord non aveva comportato una radicale trasformazione non essendo mutata la sua destinazione di utilizzo essendo già precedentemente accessibile e praticabile. In altri termini il manufatto pur essendo lastrico solare con funzione di copertura era anche delimitato all'interno da una balaustra e, dunque, esplicava appieno una ben precisa funzione di accesso e utilizzo. Inoltre, anche al secondo piano non era riscontrabile alcuna illegittimità perché non si era tenuto conto del balcone della profondità di mt. 1,39. Infatti, in conformità con l'orientamento di legittimità la sentenza impugnata aveva implicitamente attribuito al balcone del secondo piano la funzione ornamentale non estendendo o ampliando la consistenza dell'edificio e non dovendo essere computato nella misura della facciata dell'edificio tenuto conto dei caratteri strutturali e funzionali dello stesso. Infine, anche la trasformazione del precedente terrazzo in terrazzo a livello non integrava gli estremi di una costruzione posto che la terrazza a livello doveva ritenersi equiparata in relazione alla sua funzione di copertura dell'edificio al lastrico solare in senso stretto anche laddove ne fosse stata aumentata la profondità per mezzo dello spostamento della balaustra originariamente esistente fino ad allinearla al limite esterno del precedente lastrico solare non modificandosi la funzione principale di affaccio. La terrazza a livello, così trasformata, costituiva pur sempre strutturalmente e funzionalmente parte dell'appartamento in cui si accedeva e dunque non corrispondeva ad un volume coperto e non soggiaceva ai limiti di distanze prescritti per le costruzioni quanto piuttosto a quelli prescritti per le vedute. Infine, quanto alla veduta laterale che si apriva dal balcone al primo piano fronte est del fabbricato C. sul fondo D. C., il CTU aveva correttamente evidenziato che sebbene si realizzasse una veduta laterale a distanza inferiore a quella prevista dall'articolo 906 c.c., tuttavia, doveva escludersi la possibilità di inspicere in alieno per mezzo della posa in opera di schermature in vetro semitrasparente. Peraltro, si trattava di una circostanza di fatto coperta da giudicato in quanto presupposta a sostegno del motivo di gravame. La Corte rigettava anche il motivo relativo al risarcimento dei danni. 5. M. D. C., A. D. C., G. D. C. e S. D. C. hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi. 6. C. C. R. C. A. C. hanno resistito con controricorso. 7. Il Procuratore Generale (in persona del Sostituto dott. Carmelo Celentano) ha concluso per il rigetto del ricorso. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell'adunanza hanno insistito nelle rispettive richieste. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 9 del d.m. numero 1444/1969, 873 c.c. articolo 2.30,4.6 del piano regolatore generale del Comune di Pomigliano d'arco, nonché articolo 132, numero 4, e 156 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo. La censura attinge la decisione di rigetto della domanda di violazione delle distanze tra fabbricati per avere escluso dal computo i balconi e l'ampliamento della terrazza con mutamento di destinazione non attribuendogli qualifica di costruzione e volume computabile ma funzione ornamentale, finitura accessoria e pertinenziale. La Corte avrebbe omesso di motivare in ordine al mancato computo dei balconi posti al primo e secondo piano del fabbricato D. C. ai fini del rispetto delle distanze legali tra costruzioni. Parte ricorrente lamenta anche che il terrazzo non sia stato considerato come costruzione anche ai sensi del D.M. numero 1444 del 1968 oltre che dell'articolo 873 codice civile. D'altra parte, il concetto di costruzione è unico e vi rientrerebbero le suddette opere. 1.1 Il primo motivo di ricorso è in parte fondato. La decisione della Corte d'Appello è corretta e deve essere confermata quanto alla terrazza che non può essere considerata nuova costruzione per il solo fatto dell'apertura di un varco che l'ha trasformata in terrazza a livello, dato l'accertamento in fatto che già prima dei lavori aveva la stessa funzione essendo dotata di accesso, parapetto e non potendosi considerare come volume. Quanto ai balconi la Corte è incorsa, invece, nel vizio di violazione di legge per erronea sussunzione che si verifica quando, fermo l'accertamento in fatto operato dal giudice di merito, vi sia stata una erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa, senza necessità di contestare la valutazione delle risultanze di causa (Cass. Sez. 3, 16/07/2024, numero 19651, Rv. 671812 - 01). Nella specie, la sentenza ha accertato che i balconi hanno una profondità di 1,39 mt.; ebbene, pur partendo da un corretto richiamo alla giurisprudenza di legittimità in tema di sporti o balconi, la Corte di merito ne ha fatto erronea applicazione non tenendo conto che non sono computabili per la misurazione delle dette distanze esclusivamente le sporgenze esterne del fabbricato con funzione meramente ornamentale, mentre costituiscono corpo di fabbrica quelle aventi particolari proporzioni, come gli aggetti, anche se scoperti, ove siano di apprezzabile profondità ed ampiezza, poiché, pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, rientrano nel concetto civilistico di costruzione, essendo destinati ad estendere ed ampliare la consistenza dei fabbricati. In altri termini, un balcone che, secondo quanto accertato dalla stessa Corte d'Appello ha profondità di mt. 1,39 non può svolgere una funzione meramente ornamentale e, dunque, si impone in parte qua l'accoglimento della censura, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione che dovrà fare applicazione del seguente principio di diritto cui il collegio intende dare continuità: «In tema di distanze legali fra edifici, rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili), mentre costituiscono corpi di fabbrica, computabili ai predetti fini, le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza» (Sez. 2, Sent. numero 18282 del 2016 Rv. 641075 conf. Sez. 2, 17/09/2021, numero 25191, Rv. 662253 - 02). 2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli articoli 871,872 e 1226 c.c. e dell'articolo 132, numero 4, c.p.c. omesso esame circa un fatto decisivo. La censura attiene al rigetto della domanda risarcitoria nonostante il danno derivante dalla violazione della normativa per le distanze. Peraltro, l'esistenza di accorgimenti tecnici non era idonea ad eliminare l'illiceità della costruzione e dunque era dovuto il risarcimento dei danni così come le ulteriori difformità accertate non ritenute risarcibili. 2.1 Il secondo motivo è assorbito dall'accoglimento del primo. Si impone pertanto, la cassazione della sentenza impugnata in parziale accoglimento del primo motivo di ricorso, dichiarato assorbito il secondo, con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso per quanto di ragione, dichiara assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.