Dal punto di vista dell’accertamento della compromissione della possibilità di movimento del detenuto nella cella rileva allo stesso modo lo spazio occupato dal letto singolo, così come quello occupato dal letto a castello.
La sentenza in comento trae origine dal provvedimento con cui il Tribunale di Sorveglianza respingeva il reclamo ex articolo 35 ter ord. pen. rilevando che «nel carcere di Padova le stanze hanno dimensioni standard di 9,28 mq, escluso il bagno, e sono munite di due letti singoli non ancorati al suolo». Così, se si detrae l'ingombro occupato dai letti, lo spazio disponibile diventa di 5,90 mq, insufficiente per due detenuti e tale da portare forte presunzione di violazione delle norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; se non si detrae l'ingombro occupato dai letti, invece, lo spazio resta di 9 mq, più che sufficiente per la libertà di movimento di due detenuti. Il Tribunale ha quindi, ritenuto che l'ingombro dei letti singoli non doveva essere scomputato dalla superficie a disposizione di ciascun detenuto, perché i letti in questione sono amovibili, sono anche “incastellabili” a scelta dei detenuti ospitati nella cella, ed anzi l'incastellamento, liberando lo spazio occupato da uno dei due letti, avrebbe consentito ai detenuti di fruire di maggior spazio disponibile nella cella; la circostanza che il ricorrente ed il compagno di cella abbiano deciso di non incastellarli e li abbiano tenuti entrambi sul pavimento della cella è dipesa da una loro libera scelta, da cui non si possono far derivare conseguenze sull'amministrazione penitenziaria. Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore, adducendo, con unico motivo che, sulla base dell'orientamento giurisprudenziale più recente, l'ingombro del letto singolo deve essere scomputato dalla superficie a disposizione del detenuto poiché costituisce ostacolo al libero movimento del detenuto. Per la Suprema Corte il ricorso è fondato. Il Collegio infatti, ritiene di dare continuità all'orientamento ripreso dalla difesa. L'ingombro del letto singolo, pur se amovibile, deve infatti, essere scomputato dalla superficie della cella a disposizione del detenuto. Da qui, si rinviene il principio più generale secondo cui nel calcolo dello spazio individuale minimo deve essere considerata soltanto la superficie che assicura il normale movimento nella cella. Cosicché la superficie utile a scongiurare il rischio di trattamenti violativi dell'articolo 3 CEDU è, quindi, soltanto quella «direttamente, o comunque agevolmente, funzionale alla libertà di movimento del recluso all'interno della cella; è la superficie libera, perché non altrimenti occupata, ed agevolmente calpestabile». Si deduce che dal punto di vista dell'accertamento della compromissione della possibilità di movimento del detenuto nella cella rileva allo stesso modo lo spazio occupato dal letto singolo, così come di quello occupato dal letto a castello. Il Collegio, alla luce di tale iter argomentativo, afferma che, nel caso in esame, «detraendo dalla superficie libera disponibile quella occupata dall'ingombro del letto singolo, si scende sotto la superficie di tre metri quadrati per ciascun detenuto utilizzabile per la libertà di movimento del recluso all'interno della cella».
Presidente Boni - Relatore Russo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26 giugno 2024 il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha respinto il reclamo presentato dal condannato L.B.M. contro il provvedimento del 12 ottobre 2023 del magistrato di sorveglianza di Padova che aveva, a sua volta, respinto il reclamo ex articolo 35-ter ord. penumero presentato dal detenuto per la concessione dei rimedi risarcitori riguardanti la detenzione inumana e degradante asseritamente sofferta presso il carcere di Padova tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS). Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, in quanto ha rilevato che nel carcere di Padova le stanze hanno dimensioni standard di 9,28 mq, escluso il bagno, e sono munite di due letti singoli non ancorati al suolo. Secondo il ragionamento del Tribunale, se si detrae l'ingombro occupato dai letti, lo spazio disponibile diventa di 5,90 mq, insufficiente per due detenuti e tale da portare forte presunzione di violazione delle norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; se non si detrae l'ingombro occupato dai letti, invece, lo spazio resta di 9 mq, più che sufficiente per la libertà di movimento di due detenuti. Il Tribunale ha ritenuto che l'ingombro dei letti singoli non debba essere scomputato dalla superficie a disposizione di ciascun detenuto, perché i letti in questione sono amovibili, sono anche “incastellabili” a scelta dei detenuti ospitati nella cella, ed anzi l'incastellamento, liberando lo spazio occupato da uno dei due letti, avrebbe consentito ai detenuti di fruire di maggior spazio disponibile nella cella; la circostanza che il ricorrente ed il compagno di cella abbiano deciso di non incastellarli e li abbiano tenuti entrambi sul pavimento della cella è dipesa da una loro libera scelta, da cui non si possono far derivare conseguenze sull'amministrazione penitenziaria. In ogni caso, nel periodo in esame il detenuto ha goduto del regime aperto, potendo restare 10 ore fuori dalla stanza di pernotto rendendo così la questione del calcolo dello spazio interno alla cella limitata, in concreto, a poche ore al giorno; egli, inoltre, ha fruito di condizioni di detenzione buona, bagno in stanza ma separato, acqua corrente, doccia con acqua calda ogni giorno, riscaldamento con termosifoni, attività trattamentali. Non sussistono, pertanto, nel complesso condizioni di detenzione degradante ed inumana che possano giustificare la concessione del risarcimento. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, che, con unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero, deduce che, in realtà, in base alla giurisprudenza di legittimità più recente, l'ingombro del letto singolo deve essere scomputato dalla superficie a disposizione del detenuto, perché costituisce un ostacolo al libero movimento all'interno della cella; inoltre, l'ordinanza impugnata ha omesso di motivare sulle ulteriori lamentele del reclamo originario presentato dal detenuto al magistrato di sorveglianza, ovvero l'esistenza di muffe sulle pareti della cella, le carenze nel suo riscaldamento, le infiltrazioni di pioggia dalla finestra. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, Simonetta Ciccarelli, ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Il collegio ritiene di dare continuità all'orientamento espresso più volte da diverse pronunce recenti di questa Sezione, secondo cui l'ingombro del letto singolo, pur se amovibile, deve essere scomputato dalla superficie della cella a disposizione del detenuto. Si tratta, infatti, di arredo, che, sebbene non fissato sul pavimento, non è suscettibile, per il suo ingombro o peso, di facile spostamento da un punto all'altro della cella e, pertanto, compromette il movimento del detenuto al suo interno (Sez. 1, numero 11207 del 08/02/2024, Barone, Rv. 286126-01; Sez. 1, numero 21495 del 20/12/2022, dep. 2023, Monaco, Rv. 284701-01; Sez. 1, numero 21494 del 20/12/2022, dep. 2023, Bonnici, Rv. 284700-01; cfr., da ultimo, Sez. 1, Sentenza numero 41735 del 08/10/2024, Romdhani, numerom.) In questi pronunciamenti si è evidenziato che, pur se Sez. U, numero 6551 del 24/09/2020, dep. 2021 Commisso, Rv. 280433-02, non si è pronunciata sulla computabilità della superficie occupata dal letto singolo, non fissato al suolo, nello spazio individuale minimo di tre metri quadrati per detenuto, essa, però, ha fissato, però, il principio generale, secondo cui nel calcolo dello spazio individuale minimo deve essere considerata soltanto la superficie che assicura il normale movimento nella cella. La superficie utile a scongiurare il rischio di trattamenti violativi dell'articolo 3 CEDU è, quindi, soltanto quella direttamente, o comunque agevolmente, funzionale alla libertà di movimento del recluso all'interno della cella; è la superficie libera, perché non altrimenti occupata, ed agevolmente calpestabile. Perciò, dal punto di vista dell'accertamento della compromissione della possibilità di movimento del detenuto nella cella rileva allo stesso modo lo spazio occupato dal letto singolo, così come di quello occupato dal letto a castello. E' vero che la superficie ove è posto il letto singolo è usufruibile in ogni caso per il riposo e l'attività sedentaria, però è anche vero che quelle citate sono funzioni diverse dal movimento, e quindi non conferenti con la possibile violazione dell'articolo 3 della Convenzione. Da ciò consegue che nel caso in esame, detraendo dalla superficie libera disponibile quella occupata dall'ingombro del letto singolo, per la stessa ammissione dell'ordinanza impugnata si scende sotto la superficie di tre metri quadrati per ciascun detenuto utilizzabile per la libertà di movimento del recluso all'interno della cella. L'ordinanza impugnata non resiste, pertanto, alle censure che le sono state rivolte e deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto, in cui dovrà essere valutata l'eventuale esistenza dei fattori compensativi che comportino la possibilità di superare la forte presunzione di violazione della articolo 3 CEDU che deriva dalla costrizione di un detenuto in uno spazio inferiore a 3 metri quadrati in una cella collettiva, secondo la sistematica della pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo 20/10/2016, Mursic c. Croazia, e della già richiamata sentenza Commisso delle Sezioni Unite di questa Corte. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Venezia.