Adunanza Plenaria: tra garanzia del diritto di difesa e limiti dimensionali del ricorso

L'articolo 13-ter, comma 5, dell'allegato II al c.p.a., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 813, della legge 30 dicembre 2024, numero 207, trova applicazione anche in relazione ai ricorsi depositati antecedentemente al 1° gennaio 2025.

I limiti dimensionali e la loro natura L'articolo 13-ter dell'allegato II al codice del processo amministrativo prevedeva l'obbligo per le parti di redigere i loro scritti processuali «secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato», sicché con questo decreto si sarebbero anche determinati «i casi per i quali, per specifiche ragioni, può essere consentito superare i relativi limiti», con la conseguenza che «Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti» ed omettere l'esame delle questioni «contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione». Questi rigorosi limiti dimensionali erano ritenuti questioni di rito afferenti l'ordine pubblico processuale, come tale, quindi, stabilite «in funzione dell'interesse pubblico all'ordinato, efficiente e celere svolgimento dei giudizi» (Sez. II, 17 settembre 2024, numero 7614; Sez. VII, 4 aprile 2024, numero 3079; Sez. V, 22 settembre 2023, numero 8487; Sez. IV, 13 ottobre 2023, numero 8928). La legge numero 207 del 2024 Questa disposizione è stata integrata dalla legge 207/2024, prevedendo che – «al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio» –  il  giudice, in caso di superamento del limite dimensionale senza autorizzazione, possa condannare la parte a pagare fino al doppio del contributo unificato, tenendo conto dell'entità del superamento e della complessità e dimensione degli atti o sentenza impugnati. Gli orientamenti in giurisprudenza Il rinvio all'Adunanza Plenaria traeva origine dalla difformità di orientamenti della giurisprudenza. Prevalentemente, si afferma il dovere del giudice di non esaminare le parti degli atti processuali eccedenti i limiti dimensionali (ad esempio, Sez. V, 26 giugno 2024, numero 5628). L'orientamento condiviso dalla sezione remittente è quello, più mite, di assegnare al giudice la scelta se considerare o meno le parti eccedenti i limiti, in base alla rilevanza e complessità delle questioni trattate e degli interessi in gioco (Sez. II, 17 febbraio 2021, numero 1450), anche invitando a riformulare o sintetizzare oppure concedere di replicare sulla parte eccedente. Infine, si registra anche un orientamento che fa salve le parti eccedenti degli scritti delle parti, limitando la sanzione alle ipotesi di violazione dei principi di chiarezza e specificità dei motivi, «quale si riscontra nelle ipotesi in cui la prolissità e l'estrema lunghezza delle difese rendano non comprensibili e non confinabili il petitum e la causa petendi dell'atto»(Sez. IV, 25 gennaio 2023, numero 843; 9 gennaio 2023, numero 280; 7 novembre 2016, numero 4636; 25 gennaio 2017, numero 295; Sez. V, 31 marzo 2016, numero 1268, e 2 dicembre 2015, numero 5459; Sez. III, 21 marzo 2016, numero 1120). La decisione L'Adunanza Plenaria si concentra solo sul profilo di diritto intertemporale, affermando che le novità di cui alla legge 207/2024 si applicano anche ai giudizi incardinati precedentemente alla sua entrata in vigore, per ragione del fatto che si tratta di norma meramente processuale. Deve essere notato come la sentenza si impegni nella qualificazione della posizione del legislatore, che sarebbe il frutto del bilanciamento tra il più ampio e congruo diritto di difesa e l'interesse «pubblico a evitare negative incidenze sul servizio giustizia , rilevando il principio di ragionevole durata del processo, fissato dall'articolo 111 Cost., che trova attuazione, per il giudizio amministrativo, negli articolo 2, comma 2, e 3, comma 2, del c.p.a.». Ora, il punto è esattamente questo. La parte non può vedersi esposta a valutazioni “a sorpresa” di irricevibilità (per quanto si abbia a disposizione la possibilità della preventiva autorizzazione) e, tuttavia, il diritto di difesa trova il limite dell'essere costituzionalmente protetto come espressione del diritto di azione, sicché ciascuno ha il diritto di agire in giudizio per far valere i propri diritti ed interessi legittimi (articolo 24 Cost.); nel perimetro di questo interesse – e, quindi, non nell'interesse pubblico di un supposto “servizio giustizia”, giacché non si tratta di servizio pubblico, né la giustizia deve essere misurata in termini di efficienza – quindi, deve essere misurato l'impatto della prolissità negli atti: l'interesse è sempre quello di chi agisce in giudizio (articolo 24 Cost.) a disporre di una decisione in un termine ragionevole ed adeguato, non quello pubblico del “servizio giustizia”. La sanzione deve quindi essere collegata all'impedimento che l'atto prolisso determina all'eguale pretesa ad una giustizia adeguata e sollecita degli altri soggetti che agiscono in giudizio. Come tale, per bilanciare l'unico ed omogeneo interesse costituzionalmente tutelato, si debbono garantire l'adeguato dispiegarsi del diritto di difesa e la pretesa degli altri attori negli altri giudizi a tempi di decisione non intralciati da difese inutilmente prolisse o confuse.

Presidente Maruotti - Estensore Maggio Fatto 1. Con la sentenza 8 aprile 2024, numero 6788, il T.A.R. Lazio, Sede di Roma, ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, proposto dall'appellante contro il diniego di accesso agli atti, emanato dalla CAIMOP (Cassa Integrativa Medici Ospedalità Privata), con la nota 26 maggio 2023, numero 135. 2. Avverso la sentenza, l'interessato ha proposto appello. 3. Per resistere al ricorso, si è costituita in giudizio la CAIMOP, la quale, con memoria, ha, tra l'altro, eccepito l'inammissibilità del gravame, deducendo che i motivi di impugnazione sarebbero interamente ricompresi nella parte del ricorso che, superando, senza autorizzazione, il limite dimensionale di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio di Stato 22 dicembre 2016, numero 167, non dovrebbe essere esaminata, ostandovi quanto disposto dall'articolo 13-ter, comma 5, dell'allegato II al codice del processo amministrativo. 4. Con memoria depositata in data 6 dicembre 2024, l'appellante ha replicato all'eccezione di controparte, adducendo i sottoelencati argomenti: i) l'appello <<componendosi di 18 pagine, comprensive di epigrafe, conclusioni e annotazioni obbligatorie, rispetta il prescritto limite delle “15 pagine” di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del d.P.C.S. 22 dicembre 2016>>; ii) <<dal conteggio dei caratteri andrebbero escluse sia le prime 10 pagine (per 27.381 caratteri), in quanto recanti l'epigrafe dell'atto e il riepilogo del contenuto del provvedimento impugnato in primo grado; sia le pagine 17 e 18 (per 2.104 caratteri), in quanto contenenti i motivi e le conclusioni dell'appello>>. 4.1. L'appellante ha, poi, “chiesto, in subordine, il rilascio ex post dell'autorizzazione al superamento dei limiti dimensionali, ai sensi dell'articolo 7 del d.P.C.S. 22 dicembre 2016, ovvero, in via ulteriormente gradata, l'espunzione dall'atto di una serie di pagine (da 1 a 4, da 8 a 10 ovvero da 6 a 12), eliminate le quali si ripristinerebbe una disponibilità di caratteri tale da rendere ammissibile la parte dell'atto ospitante i motivi di censura della sentenza appellata”. 5. All'esito dell'udienza del 19 dicembre 2024, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, presso cui pendeva il gravame, ha adottato l'ordinanza 17 gennaio 2025, numero 352, con la quale, preliminarmente, non ha ritenuto condivisibili gli argomenti svolti dall'appellante in replica all'eccezione di inammissibilità prospettata dalla parte appellata, poiché: <<a) indipendentemente dal numero delle pagine di cui si compone l'appello, ciò che rileva ai fini del rispetto dei limiti dimensionali è il numero delle battute (che nella specie, previa conversione in formato word, ammontano a 51.145 spazi esclusi), diversamente essendo fin troppo agevole eludere i limiti stabiliti dal d.P.C.S. 22 dicembre 2016 attraverso una opportuna scelta di caratteri e spaziatura, ovvero un confezionamento dell'atto solo apparentemente conforme alla consistenza quantitativa massima consentita; b) contrariamente a quanto assume l'appellante, le uniche parti che a norma dell'articolo 4 del d.P.C.S. 22 dicembre 2016 vanno escluse dal computo sono l'intestazione (posta alla pagina 1, neanche intera, dell'atto di appello qui in esame) e le conclusioni (ultimi due capoversi di pagina 17 e pagina 18), che nel caso di specie ammontano ad un totale di più o meno una pagina, non essendo stato proposto un “riassunto preliminare” del ricorso rispondente alle previsioni del precitato articolo 4 (l'atto è articolato immediatamente con una — lunghissima — ricostruzione in fatto)>>. 6. La Terza Sezione ha dunque ritenuto che i due motivi d'appello risultassero collocati oltre il limite dimensionale di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del d.P.C.S. 22 dicembre 2016, numero 167. 7. La Sezione, inoltre, non ha accolto: a) <<l'istanza di autorizzazione successiva al superamento dei limiti dimensionali, formulata dall'appellante in via subordinata, non apparendo prima facie sussistenti i “gravi e giustificati motivi” che ai sensi dell'articolo 7 d.P.C.S. 22 dicembre 2016 solo possono legittimare un'autorizzazione ex post>>; b) <<la richiesta dell'appellante di espungere alcune pagine da lui specificamente indicate, atteso che il precitato articolo 7 (“è in ogni caso fatta salva la facoltà della parte di indicare gli argomenti o i motivi cui intende rinunciare”) fa salva la facoltà della parte di rinunciare ad “argomenti” o “motivi”, con ciò intendendo concedere la possibilità di scegliere, tra le argomentazioni in diritto e i motivi di censura, quelli che si chiede siano trattati in luogo (e con sacrificio) di altri, ma non anche di “sopperire” a una inutile e sovrabbondante ricostruzione dei fatti, tale da rendere la parte dedicata agli “argomenti” e ai “motivi” totalmente eccedente il limite dimensionale e quindi non esaminabile>>. 8. Sulla base di tali premesse, la Terza Sezione ha esaminato l'eccezione sollevata dalla parte appellata. 9. Al riguardo, la Sezione, innanzitutto, ha rilevato che si sono formati diversi orientamenti giurisprudenziali sull'interpretazione del citato articolo 13–ter, comma 5 (poi modificato dall'articolo 1, comma 813, della legge 30 dicembre 2024, numero 207, entrata in vigore il 1° gennaio 2025). 10. Per l'indirizzo prevalente, tale comma 5 prevedeva il dovere del giudice di non esaminare le parti degli atti processuali eccedenti i limiti, risultando violato il principio di sinteticità enunciato dall'articolo 3, comma 2, del c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 giugno 2024, numero 5628; Sez. V, 22 settembre 2023, numero 8487; Sez. IV, 13 ottobre 2023, numero 8928; Cons. giust. amm. Reg. siciliana, 22 maggio 2023, numero 350). Per un altro orientamento (al quale la Sezione remittente ha dichiarato di aderire), il comma 5 consentiva al giudice di scegliere se considerare “o meno le parti eccedenti i limiti, in ragione — se del caso — della rilevanza e delicatezza delle questioni trattate e degli interessi in campo … (Cons. Stato, Sez. II, 17 febbraio 2021, numero 1450)”, ovvero di tener conto del superamento dei detti limiti sotto altri profili e quindi: “(i) ai fini dell'invito a riformulare le difese o a sintetizzare con memoria (cfr. C.g.a.r.s., ordinanza 15 aprile 2014, numero 536; id., ordd. 20 novembre 2015 numero 657 e 30 novembre 2016 numero 444; Cons. Stato, Sez. VI, 13 aprile 2021, numero 3006); (ii) ai fini della concessione alla controparte della possibilità di replicare sulla parte eccedente (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 aprile 2021, numero 3006); (iii) ai fini della valutazione della violazione del dovere di sinteticità in sede di liquidazione delle spese processuali (cfr. C.g.a.r.s., ord. 15 settembre 2014, numero 536; Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2017, numero 2969)”. 11. La Terza Sezione ha richiamato anche un terzo orientamento, che dava rilievo al superamento dei limiti dimensionali, non già come autonoma causa di inammissibilità delle censure o deduzioni difensive eccedenti il limite quantitativo, ma solo nella misura in cui esso avesse concorso “a determinare una più generale violazione dei principi di chiarezza e specificità dei motivi (di ricorso e di appello), quale si riscontra nelle ipotesi in cui la prolissità e l'estrema lunghezza delle difese rendano non comprensibili e non confinabili il petitum e la causa petendi dell'atto, in contrasto con gli articolo 40, comma 1, lett. d), e 101, comma 1, c.p.a.” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 gennaio 2023, numero 843; 9 gennaio 2023, numero 280; 7 novembre 2016, numero 4636; 25 gennaio 2017, numero 295; Sez. V, 31 marzo 2016, numero 1268, e 2 dicembre 2015, numero 5459; Sez. III, 21 marzo 2016, numero 1120). 12. Tenuto conto del riferito contrasto giurisprudenziale e della possibile incidenza, sui giudizi in corso, della modifica all'articolo 13-ter, comma 5, disposta dall'articolo 1, comma 813, della legge numero 207 del 2024, la Sezione ha rimesso a questa Adunanza Plenaria i seguenti quesiti: <<i) se la previsione di cui all'articolo 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a. vada intesa nel senso di stabilire un vero e proprio dovere del giudice di non esaminare le parti degli atti processuali eccedenti i limiti dimensionali, senza alcun margine di discrezionalità; ii) in caso di risposta negativa al precedente quesito, quali siano le conseguenze che il giudice deve o può ricavare dalla violazione dei suddetti limiti dimensionali; iii) se le modifiche introdotte al citato articolo 13-ter, comma 5, disp. att. c.p.a. dalla legge 30 dicembre 2024, numero 205, si applichino anche ai giudizi in corso alla data della loro entrata in vigore ovvero soltanto ai ricorsi proposti dopo tale data>>. 13. Successivamente all'ordinanza di rimessione, le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi. 14. Alla pubblica udienza del 19 febbraio 2025, dopo ampia discussione la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Ritiene l'Adunanza Plenaria che vada esaminato con priorità il terzo quesito posto con l'ordinanza di rimessione. 2. Prima dell'entrata in vigore della legge 30 dicembre 2024, numero 207, l'articolo 13-ter dell'allegato II al codice del processo amministrativo disponeva: - al comma 1, che “le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato” (si veda in proposito il d.P.C.S. 22 dicembre 2016, numero 167). - al comma 3, che il menzionato decreto determinasse “i casi per i quali, per specifiche ragioni, può essere consentito superare i relativi limiti”; - al comma 5, che “Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti (quelli determinati con decreto del presidente del Consiglio di stato). L'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione”. 3. L'articolo 1, comma 813, della menzionata legge numero 207 del 2024 ha sostituito il sopra riportato comma 5, disponendo che, “Indipendentemente dall'esito del giudizio, la parte che in qualsiasi atto del processo superi, senza avere ottenuto una preventiva autorizzazione, i limiti dimensionali stabiliti ai sensi del presente articolo può essere tenuta al pagamento di una somma complessiva per l'intero grado del giudizio fino al doppio del contributo unificato previsto in relazione all'oggetto del giudizio medesimo e, ove occorra, in aggiunta al contributo già versato”. La legge numero 207 del 2024, inoltre, ha aggiunto all'articolo 13-ter i commi 5-bis e 5-ter, i quali, rispettivamente, dispongono: i) “Il giudice, con la decisione che definisce il giudizio, determina l'importo di cui al comma 5 tenendo conto dell'entità del superamento dei limiti dimensionali stabiliti ai sensi del presente articolo nonché della complessità ovvero della dimensione degli atti impugnati o della sentenza impugnata” (comma 5-bis). ii) “Si applica l'articolo 15” (comma 5-ter). 4. Va esaminata la questione se la modifica del comma 5 dell'articolo 13-ter, entrata in vigore il 1° gennaio 2025, rileva anche anche per i ricorsi depositati in precedenza, poiché in tal caso diventerebbero irrilevanti i primi due quesiti. 5. Ritiene al riguardo il Collegio che la nuova disposizione si applica anche per i ricorsi proposti prima del 1° gennaio 2025. 5.1. Si tratta, infatti, di una disposizione di natura processuale, attributiva al giudice di un potere valutativo in ordine all'incidenza del superamento, non autorizzato, dei limiti dimensionali degli atti processuali, sul celere e spedito andamento del giudizio. Tale natura si ricava, incontrovertibilmente, dall'incipit dell'articolo 1, comma 813, della legge numero 207 del 2024, secondo cui, le modifiche apportate al citato articolo 13-ter, comma 5, rispondono “Al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio”. 5.2. Quanto al testo originario del comma 5, il Consiglio di Stato ha già affermato che “il superamento dei limiti dimensionali è questione di rito afferente all'ordine pubblico processuale, stabilito in funzione dell'interesse pubblico all'ordinato, efficiente e celere svolgimento dei giudizi” (Cons. Stato, Sez. II, 17 settembre 2024, numero 7614; Sez. VII, 4 aprile 2024, numero 3079; Sez. V, 22 settembre 2023, numero 8487; Sez. IV, 13 ottobre 2023, numero 8928). 5.3. La nuova formulazione – nel prevedere che nel caso di superamento dei limiti dimensionali il giudice possa disporre il pagamento di una somma commisurata, nel massimo, al doppio del contributo unificato e, “ove occorra”, anche in aggiunta a quello già versato – ha inteso bilanciare due contrapposti interessi: - quello del privato a esercitare nella maniera più ampia e ritenuta più congrua il proprio diritto di difesa; - quello pubblico a evitare negative incidenze sul “servizio giustizia”, rilevando il principio di ragionevole durata del processo, fissato dall'articolo 111 Cost., che trova attuazione, per il giudizio amministrativo, negli articolo 2, comma 2 e 3, comma 2, del c.p.a. (Cons. Stato, Sez. IV, 25 gennaio 2017, numero 295, e 10 giugno 2014, numero 2963; Sez. V, 30 novembre 2015, numero 5400). Le parti del giudizio devono collaborare affinché vi sia una gestione razionale del processo (Cons. Stato, Ad. Plenumero. 27 aprile 2015, numero 5; Sez. IV, 28 novembre 2022, numero 10439; Cass. Civ. Sez. Unumero, 20 ottobre 2016, numero 21260, e 12 dicembre 2014, numero 26242). 6. Rispetto al testo entrato in vigore nel 2010, la nuova formulazione del comma 5 ha inciso sul potere decisorio del giudice, per il caso di superamento non autorizzato dei limiti dimensionali. 7. La natura processuale del nuovo articolo 13-ter, comma 5, comporta che, in assenza di un'apposita disciplina transitoria, esso si applica anche ai ricorsi depositati antecedentemente al primo gennaio 2025. 8. Rileva il principio tempus regit actum, per il quale gli atti del processo ancora da compiere sono soggetti alle disposizioni vigenti al momento in cui sono adottati, indipendentemente dal momento in cui il giudizio a cui si riferiscono è stato instaurato (sul principio tempus regit actum in materia processuale, cfr. Corte Cost., 4 aprile 1990, numero 155; Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2013, numero 1295; Sez. IV, 6 luglio 2009, numero 4309; Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2011, numero 3688; Cass. Penumero Sez. V, 7 maggio 2024, numero 17965). 9. Ad avviso della parte appellata, nel caso di specie non rileverebbe la nuova formulazione del comma 5, perché: a) in primo luogo, essa riguardarebbe non i poteri decisori del giudice, ma la fase processuale – ormai esaurita - di redazione degli atti processuali, disciplinata dal testo ormai abrogato del medesimo comma 5; b) in secondo luogo, poiché l'appello è passato una prima volta in decisione il 19 dicembre 2024, la nuova disciplina non potrebbe applicarsi per il solo fatto che vi è stata la rimessione della causa all'Adunanza Plenaria. 10. Ritiene l'Adunanza Plenaria che tali considerazioni della parte appellata non siano condivisibili. L'articolo 13- ter, comma 5, dell'allegato II al c.p.a. sia nella originaria che nella nuova formulazione non contiene regole per la redazione degli atti processuali delle parti, ma definisce i poteri del giudice, per i casi in cui, senza autorizzazione, gli atti non abbiano rispettato i limiti dimensionali. Inoltre, è irrilevante la circostanza che una prima volta la causa sia passata in decisione in data antecedente all'entrata in vigore della novella legislativa, poiché la Terza Sezione non ha definito il giudizio, il quale prosegue secondo lo ius superveniens. 11. In conclusione, l'Adunanza Plenaria, enuncia il seguente principio di diritto: “L'articolo 13-ter, comma 5, dell'allegato II al c.p.a., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 813, della legge 30 dicembre 2024, numero 207, trova applicazione anche in relazione ai ricorsi depositati antecedentemente al 1° gennaio 2025”. Risultano pertanto irrilevanti gli altri due quesiti sollevati con l'ordinanza di rimessione. 12. Per l'applicazione al caso concreto dell'affermato principio di diritto, la causa va restituita alla Sezione rimettente, che deciderà su tutte le altre questioni, anche in ordine alle spese di questa fase del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, enuncia il principio di diritto contenuto nel § 11 della motivazione e dispone la restituzione della causa alla Terza Sezione di questo Consiglio di Stato, per l'ulteriore definizione, anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.