La responsabilità per danni cagionati dalla condizione del manto stradale prescinde dalla prova della ricorrenza di una situazione di insidia, essendo sufficiente la dimostrazione del nesso tra «res» ed evento dannoso.
Tale responsabilità può escludersi grazie alla dimostrazione, di cui è onerato il custode, della rilevanza causale alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo, rispettivamente anche solo colpose e imprevedibili. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con l'ordinanza in commento, è tornata a pronunciarsi in materia di danni cagionati da cose in custodia enunciando un nuovo principio di diritto per cui «la responsabilità ex articolo 2051 cod. civ., per danni cagionati dalla condizione del manto stradale, prescinde dalla prova della ricorrenza di una situazione di insidia, essendo sufficiente la dimostrazione del nesso tra «res» ed evento dannoso, potendo tale responsabilità escludersi grazie alla dimostrazione, di cui è onerato il custode, della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo, rispettivamente anche solo colpose e imprevedibili». In particolare, la Suprema Corte è stata chiamata a verificare la legittimità della pronuncia del giudice di seconde cure che rigettava la richiesta di risarcimento danni dei ricorrenti in seguito ad un sinistro stradale verificatosi a causa della presenza sull'asfalto di un dosso non segnalato. Secondo l'Appello, doveva escludersi «la responsabilità della pubblica amministrazione per danni causati a persone che transitano su pubbliche strade, anche nel caso di danni cagionati da cattivo stato manutentivo della strada di proprietà dell'ente pubblico, ove l'evento dannoso si sia verificato per negligenza e disattenzione dell'utente». I ricorrenti ritenevano che la Corte territoriale, non allineandosi a quanto già stabilito sul tema dalla giurisprudenza di legittimità in funzione nomofilattica, avesse seguito un percorso giuridico erroneo, ignorando i principi consolidati sulla responsabilità ex articolo 2051 c.c. e la rilevanza dell'eventuale condotta colposa del danneggiato. In tal senso, i Giudici hanno chiarito che la responsabilità per danni causati da cose in custodia, avendo natura oggettiva, può essere esclusa solo dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza bisogno di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione che la condotta del danneggiato o di un terzo (rientrante nella categoria dei fatti umani) abbia avuto rilevanza causale nell'evento dannoso. In particolare, è stato sottolineato che l'incidenza causale del comportamento del danneggiato (sia essa esclusiva o concorrente) implica che tale comportamento debba essere colposo, senza che sia necessario che la condotta si presenti anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile o inevitabile. Nel caso specifico, la sentenza impugnata, nel respingere le richieste di risarcimento dei ricorrenti contro il Comune, aveva stabilito che la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni causati dalle strade di sua proprietà può configurarsi solo se il danneggiato dimostra l'esistenza di una situazione insidiosa, caratterizzata da un doppio requisito: la non visibilità oggettiva del pericolo e la non prevedibilità soggettiva dello stesso. Tuttavia, la Corte aveva ritenuto che la strada fosse dotata di un piccolo dosso, visibile e, quindi, non integrativo di insidia o trabocchetto, escludendo così la responsabilità dell'ente municipale. Su questo punto, la Suprema Corte ha ribadito che, ai fini dell'accertamento causale, non rilevano la natura insidiosa della cosa in custodia né la percepibilità e evitabilità del pericolo da parte del danneggiato: tali elementi sono estranei alla disciplina dell'articolo 2051 c.c., come ribadito anche dalla giurisprudenza precedente (Cass. n. 4051/2024; Cass. n. 5116/2023). In definitiva, per i Giudici, il danneggiato non ha l'onere di provare la natura insidiosa della cosa o la mancanza di colpa propria; al contrario, spetta al custode dimostrare che tali caratteristiche siano tali da escludere o attenuare il nesso causale tra la cosa custodita e il danno subito.
Presidente De Stefano - Relatore Guizzi Fatti di causa 1. Qu.Co. e Qu.Gi. ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1785/22, del 29 dicembre 2022, della Corte d'Appello di Salerno, che - in accoglimento del gravame del Comune di Capaccio Paestum avverso la sentenza n. 2260/19 del Tribunale di Salerno - ha rigettato la domanda risarcitoria dagli stessi proposta in relazione ai danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale verificatosi, il 30 luglio 2008, alle ore 19:25 circa, in località (Omissis) del predetto Comune, a causa della presenza, sull'asfalto, di un dosso non segnalato. 2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver convenuto in giudizio il Comune di Capaccio Paestum perché ne fosse accertata la responsabilità in relazione al sinistro verificatosi nelle circostanze di tempo e luogo sopra meglio descritte, nonché disposta la condanna al risarcimento dei danni. Lamentava, in particolare, Qu.Co., di aver subito danni al motociclo di sua proprietà, condotto in occasione dell'incidente da Qu.Gi., il quale - a propria volta - chiedeva il ristoro dei danni alla propria persona, conseguenti alle lesioni riportate a causa della caduta al suolo. Costituitosi in giudizio, il convenuto deduceva, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva, contestando, altresì, la domanda nel merito, rilevando la sussistenza di una concorrente responsabilità del conducente danneggiato. L'adito Tribunale accoglieva la domanda, con decisione, però, riformata in appello, su gravame del Comune. Il giudice di seconde cure, difatti, pur inquadrando la presente vicenda nella fattispecie di cui all'articolo 2051 cod. civ., affermava doversi escludere la responsabilità della pubblica amministrazione per danni causati a persone che transitano su pubbliche strade, anche nel caso di danni cagionati da cattivo stato manutentivo della strada di proprietà dell'ente pubblico, ove l'evento dannoso si sia verificato per negligenza e disattenzione dell'utente . Sosteneva, infatti, che per i danni cagionati dalle strade di proprietà , la responsabilità della pubblica amministrazione è configurabile ove sia provata dal danneggiato l'esistenza di una situazione insidiosa, caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità soggettiva dello stesso . Nella specie, il giudice d'appello escludeva - sulla base delle prove documentali in atti, che privilegiava rispetto alle testimonianze assunte - la ricorrenza di una situazione di pericolo occulta, imprevista e imprevedibile , sul rilievo che il naturale dislivello del manto stradale era ben visibile e che la strada era totalmente asfaltata, con andatura rettilinea , oltre che per il fatto che il sinistro si è verificato in estate alle ore 19.25, e, quindi, in condizioni di piena visibilità . 3. Avverso la sentenza della Corte salernitana hanno proposto ricorso per cassazione Qu.Co. e Qu.Gi., sulla base - come detto - di due motivi. 3.1. Il primo motivo denuncia - ex articolo 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2051 cod. civ., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell'articolo 360, comma 1), n. 5), cod. proc. civ., oltre a nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ. per motivazione apparente e perplessa . I ricorrenti addebitano alla Corte del merito di non aver fatto corretta applicazione dell'articolo 2051 cod. civ. e dunque del regime di responsabilità oggettiva che connota la fattispecie disciplinata da tale norma, per la cui configurazione è sufficiente la sola dimostrazione del nesso causale tra la condizione della res custodita (nella specie, l'anomalia del manto stradale) e l'evento dannoso. Censurano altresì la sentenza impugnata in relazione all'erroneo richiamo alla disciplina dell'articolo 2043 cod. civ., alle inconferenti nozioni di insidia e trabocchetto e all'altrettanto fallace valorizzazione dei concetti di imprevedibilità ed inevitabilità con riferimento all'anomalia stradale, trattandosi, invece, di elementi destinati a connotare il comportamento dell'agente. In particolare, i ricorrenti richiamano l'affermazione di questa Corte secondo cui il solo onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa , residuando, a carico del custode, invece, l'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito ; sicché nell'ottica della previsione dell'articolo 2051 cod. civ., tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale (della derivazione del danno dalla cosa e dell'eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura insidiosa o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi consentanei ad una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell'articolo 2043 cod. civ.) . Si sottolinea, inoltre, che, ai sensi dell'articolo 2051 cod. civ., non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'articolo 1227,1 o 2 comma, cod. civ.), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell'evento di danno . Assumono i ricorrenti che la Corte territoriale, non uniformandosi ai superiori principi espressi in funzione nomofilattica da questo giudice di legittimità, ha seguito un percorso giuridico inesatto, che disattende i principi ormai consolidati in tema di responsabilità ex articolo 2051 cod. civ., di individuazione del fortuito e di rilevanza dell'eventuale condotta colposa del danneggiato. I ricorrenti lamentano che la motivazione offerta dalla Corte territoriale sarebbe apparente e, comunque, perplessa, atteso che ha valorizzato elementi del tutto presuntivi a scapito di elementi certi e circostanziati, emergenti dall'istruttoria. 3.2. Il secondo motivo denuncia - ex articolo 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1227, comma 1, cod. civ., nonché nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ. , per motivazione apparente e perplessa . Assumono i ricorrenti che il giudice d'appello avrebbe dovuto effettuare un bilanciamento delle concrete circostanze di fatto e della intrinseca pericolosità della cosa con graduazione della responsabilità in capo alle parti coinvolte. In subordine, i ricorrenti lamentano che il giudice del merito non abbia fatto applicazione dell'articolo 1227 cod. civ., ai fini di prospettare solo una riduzione - e non il diniego - del risarcimento del danno. Difatti, essi evidenziano che la Corte territoriale ha ritenuto il conducente unico responsabile del sinistro perché il tratto dove si verificava era rettilineo e l'orario corrispondente alle ore 19.25 di un giorno di fine luglio, per cui il danneggiato avrebbe dovuto avvedersi della buca ed evitarla . Per contro, alcun accertamento è stato compiuto sulla effettiva visibilità della buca, né sul grado di illuminazione esistente alle ore 19.25 del 30 luglio 2008 ; sicché, pur volendo ravvisare, negli elementi valorizzati dalla Corte territoriale un difetto di cautela del Qu.Co. , tale condotta, date le circostanze innanzi specificate, non poteva ritenersi tale da interrompere del tutto il nesso di causalità . 4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, il Comune di Capaccio Paestum, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. 5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. 6. Il controricorrente ha presentato memoria. 7. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 8. Il ricorso va accolto. 8.1. Il primo motivo è fondato, sebbene nei limiti di seguito precisati. 8.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dalla constatazione che esso, per vero, risulta incentrato su quell'orientamento giurisprudenziale, fatto proprio sporadicamente da questa Corte, soprattutto con riferimento ai danni originanti da disconnessioni o buche presenti sul manto stradale, secondo cui la eterogeneità tra i concetti di negligenza della vittima e di imprevedibilità della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode , giacché essa è esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito è un evento che praevideri non potest (così, in particolare, Cass. Sez. 3, sent. 19 marzo 2023, n. 4051, non massimata, pronuncia espressamente richiamata nel ricorso: la quale, a propria volta, rinvia a Cass. Sez. 3, sent. 20 novembre 2020, n. 26524, non massimata; in senso conforme anche Cass. Sez. 3, sent. 16 febbraio 2021, n. 4035, non massimata e, soprattutto, Cass. Sez. 3, ord. 31 ottobre 2017, n. 25837, Rv. 646461-01). Tuttavia, tale indirizzo è stato, ormai, definitivamente superato da questa Corte. Essa, infatti, è tornata a puntualizzare che già con l'ordinanza 1 febbraio 2018, n. 2482 (e, nello stesso senso, con le ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018), si era affermato che la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso , e ciò in applicazione - anche ufficiosa - dell'articolo 1227, comma 1, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'articolo 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 27 aprile 2023, n. 11152, Rv. 667668-01). Tale principio di diritto - più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 6-3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27724, Rv. 651374-01; Cass. Sez. 3, ord. 26 luglio 2019, n. 20312, Rv. 654924-01; Cass. Sez. 3, ord. 2 dicembre 2021, n. 38089, Rv. 663300-02; Cass. Sez. 3, ord. 1 dicembre 2022, n. 35429, Rv. 666487-01; Cass. Sez. 3, ord. 23 maggio 2023, n. Rv. 667836-02 e Cass. Sez. 3, ord. 20 luglio 2023, n. 21675, Rv. 668745-01), anche a Sezioni Unite (Cass. Sez. Un., 30 giugno 2022, n. 20943, Rv. 665084-01) - è stato riaffermato con ulteriori precisazioni. Si è, pertanto, statuito (Cass. Sez. 3, sent. n. 11152 del 2023, cit.) che la responsabilità ex articolo 2051 cod. civ., proprio perché ha natura oggettiva - in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode - può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex articolo 1227 cod. civ. (bastando, appunto, la sola colpa del leso, senza che la condotta del danneggiato debba presentare ulteriori connotazioni: Cass. Sez. 3, ord. n. 21675 del 2023, cit.; Cass. Sez. 3, sent. 24 gennaio 2024, n. 2376, Rv. 670396-01; Cass. Sez. 3, ord. 27 luglio 2024, n. 21065), nonché, indefettibilmente, la seconda, dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all'evento pregiudizievole. Deve, dunque, ribadirsi - a dispetto di quanto questa Corte aveva isolatamente affermato nelle pronunce richiamate dal ricorrente - che, in tema di responsabilità per cosa in custodia, l'incidenza causale (concorrente o esclusiva) del comportamento del danneggiato presuppone che lo stesso abbia natura colposa, non richiedendosi, invece, che la condotta si presenti anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile (da ultimo, tra le molte, Cass. Sez. 3, sent. n. 2376 del 2024, cit.; Cass. Sez. 3, ord. 25 luglio 2024, n. 4051, non massimata Cass. Sez. 3, sent. 30 ottobre 2024, n. 28057, non massimata). 8.1.2. Tale constatazione, nondimeno, non comporta il rigetto del primo motivo di ricorso, il quale, complessivamente considerato, va accolto nei termini di seguito meglio indicati. Difatti, deve in primo luogo osservarsi che, nel caso di specie, il riferimento alla colpa del danneggiato , quale elemento sufficiente a deprivare , alla luce del principio disciplinato dall'articolo 41 cod. pen. , la relazione con la res , intrattenuta dal custode, della sua efficienza di causalità materiale , relegandola al rango di mera occasione di verificazione dell'evento dannoso (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. 11152 del 2023, cit.), potrebbe valere solo per i danni alla persona lamentati da Qu.Gi. e non pure per quelli materiali al veicolo, dei quali Qu.Co. ha chiesto il ristoro, rispetto ai quali la condotta di guida del prima si atteggia come fatto del terzo e non dello stesso danneggiato. A questo (primo) elemento di criticità, che già inficia la sentenza impugnata, se ne sovrappone uno ulteriore, che concerne, in questo caso, anche la posizione dell'altro danneggiato, ovvero la vittima del danno alla persona, il già nominato Qu.Gi. Invero, la sentenza impugnata, al fine di motivare il rigetto della domanda proposta da entrambi gli odierni ricorrenti contro il Comune di Capaccio Paestum, afferma pure che la responsabilità della P.A. per i danni cagionati dalle strade di proprietà risulta configurabile ove sia provata dal danneggiato l'esistenza di una situazione insidiosa caratterizzata dal doppio concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità soggettiva dello stesso . Su tali basi, pertanto, essa ha concluso che la strada presentava un piccolo dosso agevolmente visibile e, in ogni caso, non integrante della insidia o del trabocchetto , con ciò escludendo la responsabilità dell'ente municipale. Al riguardo, invece, deve ribadirsi - così pervenendo all'accoglimento del motivo - l'irrilevanza, sul piano dell'accertamento causale, della natura insidiosa della cosa in custodia o della percepibilità ed evitabilità dell'insidia da parte del danneggiato (Cass. Sez. 3, ord. n. 4051 del 2024, cit.; nello stesso senso Cass. Sez. 3, ord. 17 febbraio 2023, n. 5116), trattandosi di elementi del tutto estranei alla fattispecie di cui all'articolo 2051 cod. civ. Certamente, poi, il danneggiato non è onerato di provare altro all'infuori del nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso e, in special modo, non certo di dare la prova positiva della natura insidiosa della prima o della carenza di propria colpa; elementi, questi, che spetta al custode provare come sussistenti con caratteristiche tali da consentire, in base ad un rigoroso apprezzamento di fatto, di raffigurarli come idonei ad attenuare o finanche ad elidere il nesso di causalità con la cosa custodita. 9.2. Il secondo motivo resta assorbito dall'accoglimento del primo, che comporta la cassazione, in relazione, della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Salerno, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite (ivi comprese quelle della presente fase di legittimità), in applicazione del seguente principio di diritto: la responsabilità ex articolo 2051 cod. civ., per danni cagionati dalla condizione del manto stradale, prescinde dalla prova della ricorrenza di una situazione di insidia, essendo sufficiente la dimostrazione del nesso tra res ed evento dannoso, potendo tale responsabilità escludersi grazie alla dimostrazione, di cui è onerato il custode, della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo, rispettivamente anche solo colpose e imprevedibili . 10. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente Qu.Gi., ai sensi dell'articolo 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, per quanto di ragione, e dichiara assorbito il secondo e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Salerno, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle della presente fase di legittimità. Dispone che, ai sensi dell'articolo 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi del ricorrente Qu.Gi.