Concordato in appello: la possibilità di impugnarne il rigetto rimessa alle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite penali sono chiamate a risolvere il contrasto giurisprudenziale sulla possibilità di impugnare le decisioni di rigetto relative alla proposta di concordato in appello.

In seguito alla proposta di concordato in appello presentata da un imputato accusato di ricettazione, la Corte di Appello di Venezia evidenziava alcuni aspetti delicati legati alla possibilità di impugnare le decisioni relative alla suddetta richiesta, con importanti riflessi sulla tutela dei diritti di difesa e sulla determinazione della pena. Avverso la pronuncia dei giudici di secondo grado, veniva presentato ricorso per cassazione, sollevando vari motivi, tra cui l'illegittimità del rigetto del concordato, la violazione del diritto di difesa e la mancanza di motivazione sul mancato accoglimento della richiesta di patteggiamento. Il contrasto giurisprudenziale sull'impugnazione della decisione di rigetto della proposta di concordato Secondo un primo orientamento, la decisione di rigetto del concordato in appello può essere impugnata per cassazione, in quanto potrebbe violare il diritto di difesa dell'imputato. In effetti, se la Corte rigetta un accordo che prevede una pena concordata tra le parti, impedisce all'imputato di ottenere un trattamento più favorevole, mettendo in discussione l'efficacia di un istituto che ha carattere premiale. Diverse sentenze di legittimità (vd. Cass. numero 33454/2024; Cass. numero 30624/2023) hanno riconosciuto la possibilità di impugnare questa decisione davanti alla Suprema Corte. Tuttavia, secondo un altro orientamento il rigetto del concordato non è impugnabile, in quanto l'imputato, una volta respinta la proposta, può comunque difendersi sui motivi relativi alla responsabilità e alla pena. L'idea alla base di questa visione è che il rigetto della proposta di concordato non pregiudica irrimediabilmente la posizione dell'imputato, poiché il processo prosegue secondo le modalità ordinarie e la pena può essere riconsiderata in una fase successiva. Rilevata, pertanto, la sussistenza del suddetto contrasto la questione va rimessa alle Sezioni Unite nei seguenti termini: «se avverso l'ordinanza della corte di appello che respinga la richiesta di concordato sui motivi avanzata ex articolo 599 bis cod. proc. penumero sia proponibile ricorso per cassazione unitamente alla sentenza che definisce il secondo grado di giudizio».

Presidente Beltrani - Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Padova, in composizione monocratica, con sentenza in data 14 giugno 2019, affermava la penale responsabilità di B.R. in ordine a due fatti di ricettazione allo stesso contestati in rubrica e, ritenuta la continuazione con i reati giudicati con la sentenza dello stesso tribunale del 9 maggio 2017, divenuta irrevocabile l'8 luglio 2017, lo condannava alla pena in aumento ex articolo 81 cpv cod.penumero di mesi 6, giorni 20 di reclusione ed € 400,00 di multa, rideterminando la pena complessiva in anni 1, mesi 10 di reclusione ed € 800,00 di multa. 1.1 Avverso detta sentenza proponeva appello il difensore dell'imputato avv.to Marotta, proponendo motivi aventi ad oggetto: la qualificazione giuridica dei fatti, il difetto di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità, il mancato accoglimento della richiesta di patteggiamento, la eccessiva quantificazione della pena, per la quale avrebbe dovuto tenersi conto dell'avvenuta restituzione dei beni ricettati ai legittimi proprietari, dell'atteggiamento collaborativo tenuto dall'imputato, dello stato di incensuratezza del medesimo; ancora, l'appellante, si doleva dell'aumento per la continuazione c.d. esterna, apparendo eccessiva la sanzione di mesi 6, giorni 20 di reclusione ed € 400,00 di multa stabilita per i fatti oggetto di giudizio, trattandosi di episodi commessi in un unico contesto temporale rispetto a quelli definitivamente giudicati; infine, lamentava l'eccessività anche dell'aumento ex articolo 81 cpv. cod. penumero per i fatti di cui al capo b) del presente procedimento, stabilito nella misura di mesi 2, giorni 20 di reclusione ed € 200,00 di multa, essendo giudicate condotte sostanzialmente unitarie. 2. Fissato il giudizio di appello, la difesa dell'imputato chiedeva autorizzarsi la discussione orale ex articolo 23 bis D.L. 137/2000 ed il Presidente autorizzava la trattazione partecipata; all'udienza dell'11 aprile 2024, verificata la regolare costituzione delle parti e dichiarata l'assenza del B.R., il difensore formulava istanza di definizione del procedimento mediante concordato ex articolo 599-bis cod. proc. penumero, sulla determinazione della pena, con rinuncia ai restanti motivi; in detta istanza la pena veniva fissata nella misura finale di anni 1 mesi 6 di reclusione ed € 800,00 di multa e così determinata: p.b., per il reato più grave giudicato dal Tribunale di Padova con la sentenza 9-5-2017, a.1, m. 4 ed € 400,00 + articolo 81 cpv cod. penumero per il capo a) = a. 1 mesi 5, giorni 15 di reclusione ed € 650,00 + articolo 81 cpv cod. penumero per il capo b) = a. 1, mesi 6 ed € 800,00 di multa. Rispetto a tale determinazione della pena il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia prestava il proprio consenso. 2.1 All'udienza dell'11 aprile 2024 la Corte di appello di Venezia, con ordinanza resa in contraddittorio, respingeva l'istanza di concordato «dovendosi ritenere la pena (più che sensibilmente abbassata... rispetto al giudizio di primo grado) non congrua, ai sensi dell'articolo 133 c.p., in relazione alle modalità di commissione dei reati de quibus». 2.2 Con sentenza in data 11 aprile 2024, la stessa Corte di appello confermava la pronuncia del Tribunale di Padova del 14-6-2019, che aveva condannato il B.R. alla già indicata pena complessiva di anni 1, mesi 10 di reclusione ed € 800,00 di multa, ritenuta la continuazione c.d. esterna con i fatti separatamente giudicati dal Tribunale di Padova nel 2017. 2.3 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, avv.to Marotta, deducendo, con distinti motivi qui riassunti: - inosservanza o erronea applicazione della legge penale quanto al mancato accoglimento della richiesta di concordato in appello posto che la corte avrebbe dovuto comunicare preventivamente tale decisione alle parti al fine di permettere una rimodulazione dell'accordo; si deduceva, ancora, che la riduzione della pena sulla base dell'accordo raggiunto in appello può essere disposta anche in misura superiore ad un terzo rispetto all'analogo istituto ex articolo 444 cod. proc. penumero. In ogni caso, si aggiungeva che il rigetto del concordato disposto nel giudizio di secondo grado, in quanto pregiudizievole per la posizione dell'imputato di accedere ad un trattamento sanzionatorio di favore, non poteva che ritenersi statuizione ricorribile per cassazione, altrimenti configurandosi una grave violazione del diritto di difesa per essere la decisione di appello sul punto priva di qualsiasi possibilità di controllo; - difetto di motivazione e violazione di legge quanto al mancato accoglimento dell'istanza di patteggiamento in primo grado, punto sul quale il giudice di secondo grado aveva omesso di motivare; - violazione di legge e difetto di motivazione quanto alla determinazione della pena. Considerato in diritto La trattazione del primo motivo di ricorso, avente ad oggetto la questione della impugnabilità con ricorso per cassazione dell'ordinanza della Corte di appello che abbia respinto la richiesta di concordato ex articolo 599-bis cod.proc.penumero, avanzata dall'imputato con il consenso del Procuratore generale presso la stessa corte, comporta rilevare la sussistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità che impone la trasmissione alle Sezioni Unite ex articolo 618 comma 1 cod. proc. penumero. 1. Secondo un primo orientamento, il provvedimento di rigetto del concordato di pena ex articolo 599-bis cod. proc. penumero è ricorribile per cassazione unitamente alla sentenza resa all'esito del giudizio (Sez. 5, numero 33454 del 25/06/2024, V., Rv. 286889 - 01/202; Sez. 2, numero 30624 del 07/06/2023, Rv. 284869 - 01; Sez. 3, numero 28018 del 14/02/2023, Rv. 284806 - 01; Sez. 6, numero 31556 del 13/07/2022, Rv. 283610 - 01; Sez. 6, numero 23614 del 18/05/2022, Rv. 283284 - 01). Le predette pronunce osservano che il controllo sulla legittimità del diniego di applicazione dell'istituto ex articolo 599-bis cod. proc. penumero è funzionale ad evitare un vulnus al diritto di difesa: ove si ammettesse che il rigetto del concordato non sia in alcun modo sindacabile si impedirebbe, infatti, all'imputato di ottenere il controllo su una decisione fortemente pregiudizievole, posto che l'istituto ex articolo 599-bis cod. proc. penumero, consentendo una determinazione della pena sulla base dell'accordo tra le parti, ha un innegabile effetto premiale, e la soluzione contraria esporrebbe la norma di cui all'articolo 599-bis cod. proc. penumero a fondati dubbi di legittimità costituzionale. 1.1 In particolare Sez. 3, numero 28018 del 14/023, cit., premette che rimane non impugnabile il dissenso del Procuratore generale presso la Corte di appello «posto che non è sindacabile il potere discrezionale della pubblica accusa di aderire o meno al concordato - ben potendo, d'altra parte, la Corte di merito, ove il ricorrente insista nella sua volontà di rinunziare a taluni motivi di gravame, ritenere congrua la pena da quello indicata in sede di concordato e, pertanto, riformare la sentenza di primo grado nel senso prospettato dal ricorrente»; aggiunge tuttavia che l'effetto premiale connesso all'istituto ed il parallelo vulnus al diritto di difesa consiste «non foss'altro nella possibilità di concordare fra le parti la pena» e sottolinea ancora come l'opposta tesi si fonda sulla «singolare opzione di ritenere non suscettibile di verifica, unitamente alla sentenza in cui essa è evidentemente inglobata, una decisione atta ad incidere profondamente sul contenuto del conclusivo provvedimento giurisdizionale» così da dovere ritenersi che la decisione di rigetto e «le sue motivazioni potrebbero essere sottoposte di fronte a questa Corte al vaglio della non manifesta illogicità». 1.2 Un caso particolare, tale da fornire a suo parere ulteriori argomenti alla tesi della ricorribilità in cassazione del diniego di concordato, è stato preso in considerazione da Sez. 2, numero 30624 del 07/06/2023, cit.. Valutata erronea la decisione della Corte di appello di respingere il concordato previa riqualificazione dell'ipotesi di cui all'articolo 629 cod. penumero nella più lieve fattispecie di cui all'articolo 393 cod. penumero, si osservava che «se la verifica della qualificazione giuridica del fatto appartiene al giudice, tanto più in presenza di concordata riqualificazione da parte di difesa e di pubblico ministero, è altrettanto vero che il rigetto del concordato sulla pena avvenuto sulla base di una palesemente errata interpretazione della norma ritenuta applicabile.... costituisce violazione di legge, con la conseguenza che la pronuncia di merito conseguente al successivo giudizio, anche con riferimento al riverbero che la decisione ha avuto sulla pena il mancato accoglimento della concordata riqualificazione giuridica del fatto, è sindacabile in sede di legittimità». Ed in accoglimento del motivo proposto, la suddetta decisione, disponeva l'annullamento con la conseguenza che «il giudice del rinvio, ferma la proposta formalizzata a norma dell'articolo 599-bis cod. proc. penumero, sarà tenuto preliminarmente a valutare la ricorrenza, con riferimento al capo A), di una fattispecie riqualificabile nei termini già concordati dalle parti ovvero a riconsiderare la fattispecie come sussumibile sotto l'originaria contestazione» (Sez. 2, numero 30624 del 07/06/2023, cit.). 1.3 Anche Sez. 6, numero 23614 del 18/05/2022 cit. perveniva alla conclusione dell'annullamento della sentenza di appello che aveva respinto l'istanza di concordato sul presupposto della impugnabilità di detto provvedimento e della illegittimità della decisione di secondo grado; osservava detta pronuncia che «nel concordato in appello le parti sono libere di determinare l'entità della pena finale, non essendo prevista la misura della riduzione, ne consegue che il giudice potrà sindacare la pena concordata esclusivamente con riguardo alla congruità della stessa. Ciò che rileva, pertanto, è la pena finale che le parti sottopongono al giudice affinchè ne valuti la congruità, a nulla rilevando se nella sua determinazione siano incorsi in errori di calcolo. Tale conclusione è ulteriormente avvalorata dal fatto che, qualora il giudice recepisca la pena indicata, l'entità della stessa non potrà più essere oggetto di contestazione, se non nel caso di pena illegale». 1.4 In questo contesto si è anche osservato (Sez. 3, numero 16692 del 16/01/2024, Azza, Rv. 286181) che il meccanismo del concordato in appello comporta l'adozione di una forma procedimentale estremamente snella e, ragionevolmente più celere, tale da ridurre, anche per l'imputato, sia i tempi che i costi che derivano dal processo: è questa una circostanza che, già in sé considerata, sarebbe idonea - andando ad incidere pregiudizievolmente su una serie di beni della vita del processando il rigetto della istanza di definizione del processo ex articolo 599-bis cod. proc. pen - a fondare un interesse del medesimo al sindacato processuale in merito alla scelta giurisdizionale che la soddisfazione di tale interesse gli negasse. Inoltre, si è ancora sottolineato come non è di ostacolo il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, dovendo darsi per scontato che, una volta respinta la richiesta di definizione del giudizio secondo il ricordato modulo procedimentale, la corte di merito dovrà emanare una sentenza, ed è indubbio che tale provvedimento possa essere, a sua volta, soggetto agli ordinari mezzi di impugnazione (Sez. 3, numero 28018 del 14/02/2023, cit.) e che unitamente alla sentenza potranno essere oggetto di impugnazione anche i provvedimenti interlocutori, aventi comunque una valenza, sia pure solo parzialmente, decisoria, emessi nel corso del giudizio e strumentali alla adozione del provvedimento conclusivo. 1.5 L'orientamento favorevole all'impugnabilità dell'ordinanza di rigetto unitamente alla sentenza si ricollega alle previsioni in tema di patteggiamento, rispetto al quale vige il pacifico principio di diritto secondo cui l'ordinanza di rigetto della richiesta di patteggiamento non è immediatamente impugnabile per abnormità, trattandosi di provvedimento non definitivo in relazione al quale è riconosciuto un potere impugnatorio specifico, benché differito, essendo consentito appellare la sentenza che, all'esito del giudizio ordinario, non abbia riconosciuto la legittimità della richiesta di applicazione della pena concordata (Sez. 6, numero 33764 del 21/06/2021, Satta, Rv. 281933): principio, questo, che, sia pure con l'inevitabile adeguamento alle peculiarità dell'istituto, si ritiene applicabile anche al concordato in appello, il cui rigetto non potrà che essere sottoposto a controllo se non con il ricorso per cassazione. 2. A tale orientamento se ne contrappone altro secondo cui non è ricorribile per cassazione da parte dell'imputato, difettando il suo interesse ad impugnare, l'ordinanza di rigetto ex articolo 599-bis, comma 3-bis, cod. proc. penumero della concorde richiesta di accoglimento dei motivi di appello, in quanto il predetto, a seguito della reiezione della proposta di concordato, può articolare la propria difesa tanto sui motivi afferenti alla responsabilità, rinunciati all'atto della proposta, quanto su quelli inerenti al trattamento sanzionatorio (Sez. 4, numero 25082 del 23/04/2024, Rv. 286585 - 01; Sez. 2, numero 3124 del 23/11/2023, dep. 2024, Tulio, Rv. 285819 - 01; Sez. 1, numero 41553 del 13/06/2023, Andone, Rv. 285393 - 01; Sez. 6, numero 17875 del 22/04/2022, Rv. 283464 - 01). Le predette pronunce hanno osservato come la corte di appello, con il provvedimento che rigetta la proposta di pena concordata, riapre il processo, che prosegue secondo le forme ordinarie e si conclude con una sentenza che prende in considerazione tutti i motivi, sia quelli afferenti alla responsabilità, sui quali il ricorrente aveva manifestato la disponibilità alla rinuncia, che quelli relativi al trattamento sanzionatorio, assorbiti dalla proposta di concordato. Quindi, le ragioni dell'impugnante e le sue possibilità di difesa, sia in ordine alla sussistenza della responsabilità che alla determinazione del trattamento sanzionatorio restano intatte, e non si rinviene alcuna violazione del diritto di difesa idoneo ad integrare un concreto interesse ad impugnare il rigetto della proposta di concordato. Inoltre, a seguito del rigetto della richiesta ex articolo 599-bis cod. proc. penumero, le parti possono presentare una nuova proposta, emendata dai vizi rilevati dal giudice di appello. Le sentenze Andone e Tullo osservano, in particolare, come «la sentenza pronunciata ai sensi dell'articolo 599-bis cod. proc. penumero è una sentenza di merito, pronunciata all'esito di una procedura a carattere deflattivo, sia in relazione al giudizio di appello che in ordine alla impugnabilità, che non comporta effetti sostanziali diversi, e più favorevoli per la parte privata, rispetto alla sentenza d'appello pronunciata ai sensi dell'articolo 605 cod. proc. penumero. Ne discende che la parte privata non ha interesse all'impugnazione dell'ordinanza pronunciata dalla corte di appello ai sensi dell'articolo 599-bis, comma 3-bis, cod. proc. penumero» (Sez. 1, numero 41553 del 13/06/2023, cit.); si sottolinea (Sez. 2, numero 3124 del 23/11/2023, dep. 2024 cit.) che la proposta di concordato costituisce «un evento processuale che si propone di chiudere il giudizio di appello con un accordo sulla pena e che ha un intento chiaramente deflattivo... la ratio deflattiva dell'istituto non esclude la sussistenza di un interesse individuale dell'imputato a concludere il processo in tempi brevi che giustifica la possibilità di procedere alla rinnovazione della richiesta, in modo che la nuova proposta, emendati eventuali vizi rilevati, possa essere nuovamente valutata dalla Corte di appello ed eventualmente accolta». Ed allora «non si rinviene alcun interesse ad impugnare l'ordinanza di rigetto unitamente alla sentenza, tenuto conto che al rigetto consegue l'esame integrale dell'atto di appello» (Sez. 2, numero 3124 del 23/11/2023, dep. 2024 cit.). 2.1 Una delle pronunce ascrivibili all'orientamento contrario all'impugnabilità (Sez. 6, numero 17875 del 22/04/2022, cit.) ha concluso per la non ricorribilità per cassazione del provvedimento di rigetto della concorde richiesta delle parti di accoglimento dei motivi di appello ex articolo 599-bis cod. proc. penumero, osservando in particolare che siffatto rimedio, non previsto dalla legge, non può essere desunto in via analogica, per identità di ratio , dalla disciplina dettata per la sentenza di patteggiamento, trattandosi di istituti processuali differenti, fondati su valutazioni giudiziali non assimilabili. Nello stesso senso della impossibilità di effettuare un parallelismo con il procedimento ex articolo 444 cod. proc. penumero si è osservato come se è vero che in entrambi i casi il giudice decide sulla base di una sorta di negozio processuale raggiunto dall'imputato e dal pubblico ministero che sostanzialmente patteggiano l'applicazione di una pena concordata, sono nettamente distinti i presupposti dei due meccanismi di deflazione processuale e, soprattutto, sono diversi i poteri decisionali del giudice e la natura della sentenza finale: dato che nel rito speciale dell'applicazione della pena su richiesta la sentenza ha in pratica un contenuto omologatorio ed è solo parificata dalla legge ad una sentenza di condanna, mentre nel caso di concordato in appello sui motivi il giudice conserva appieno i suoi poteri di cognizione, potendo adottare, con cognitio piena sui motivi non rinunciati, tanto una sentenza di proscioglimento quanto una di condanna (Sez. 7, numero 17875 del 22/04/2022, M., Rv. 283464-01). 2.2 Le decisioni ascrivibili al secondo orientamento rilevano, inoltre, come la soluzione negativa poggia sul principio di tassatività delle impugnazioni (Sez. 6, numero 17875 del 04/05/2022, cit.) e ciò in quanto il legislatore del 2017 non ha previsto l'impugnabilità dell'ordinanza negativa pronunciata dalla Corte di appello ai sensi dell'articolo 599-bis comma 3-bis, cod. proc. penumero mentre l'articolo 586 cod. proc. penumero prevede l'impugnabilità delle ordinanze pronunciate nel giudizio, diverse da quelle in materia di libertà personale, solo congiuntamente all'impugnazione della sentenza pronunciata all'esito del medesimo giudizio. Pertanto, deve escludersi che in sede di legittimità possa dedursi la violazione della legge processuale in relazione alla decisione della Corte di appello di non dare corso al concordato, né, tanto meno, può affermarsi che qualsiasi difetto logico della motivazione addotta dalla Corte di appello per non recepire il concordato implichi la nullità della sentenza che ha definito il giudizio. 3. Va ancora rilevato come la sussistenza del contrasto sia stata evidenziata anche dall'Ufficio del Massimario che, con la Relazione numero 54 del 12 novembre 2024, ha proprio evidenziato la sussistenza dei due opposti orientamenti richiamando le ragioni a fondamento di ciascuno di essi. La Relazione ha osservato come le due soluzioni in contrasto sottolineano, una, favorevole alla possibilità di impugnazione di legittimità, che il concordato in appello, sia in caso di rigetto che di accoglimento, determina l'adozione di una sentenza di secondo grado, in quanto tale impugnabile in cassazione secondo la disciplina ordinaria; del resto, l'impugnabilità è stata espressamente riconosciuta anche nel caso in cui il concordato sia stato recepito, essendosi ritenuto che in tale ipotesi è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex articolo 599-bis cod. proc. penumero. L'altra, contraria, evidenzia l'assenza di interesse sotto il profilo che l'obbligo per la Corte di appello, rigettata la proposta di concordato, di esaminare ciascuno dei motivi comporta che tutte le doglianze avanzate sia in punto responsabilità che con riferimento ad ogni aspetto del trattamento sanzionatorio dovranno essere esaminate, con conseguente assenza di qualsiasi concreto pregiudizio per il ricorrente. 4. Rilevata pertanto la sussistenza di un contrasto la questione va rimessa alle Sezioni Unite nei seguenti termini: «se avverso l'ordinanza della corte di appello che respinga la richiesta di concordato sui motivi avanzata ex articolo 599 bis cod. proc. penumero sia proponibile ricorso per cassazione unitamente alla sentenza che definisce il secondo grado di giudizio». P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.