Principio del numero chiuso dei diritti reali e sue applicazioni

L’articolo, dopo aver individuato portata e fondamento del principio del numero chiuso dei diritti reali, si sofferma sulle sue più significative conseguenze applicative, soprattutto con riferimento alle pattuizioni che attribuiscono a singoli condòmini un diritto di uso esclusivo su parti comuni condominiali. Particolare attenzione viene dedicata alla più recente casistica giurisprudenziale in materia.

Il principio del numerus clausus dei diritti reali Un principio (tradizionalmente considerato come) generale e ordinatore del modello romanistico-continentale della proprietà, pur non espressamente codificato e oggetto di critiche o contestazioni dottrinali, è quello del numerus clausus delle situazioni reali di appartenenza e di godimento dei beni giuridici, che vieta ai privati di creare diritti reali atipici e, unitamente al principio di tipicità, di modificare le caratteristiche o i contenuti essenziali degli stessi. La ratio del principio consisterebbe nel precludere ai privati di moltiplicare i vincoli volti a comprimere i poteri del proprietario, nel tutelare i terzi (potenziali acquirenti o creditori), i quali devono ex ante essere posti in condizione di conoscere quali siano i vincoli che gravano sulle cose, nonché nell'esigenza di certezza dei traffici giuridici. Il fondamento normativo di tale principio viene individuato: (i) nell'articolo42, comma 2, Cost., che riserva alla legge il compito di determinare i modi di acquisto e di godimento della proprietà, nonché i relativi limiti, laddove i privati non avrebbero la facoltà di limitare il diritto di proprietà con effetti nei confronti dei terzi; (ii) nell'articolo 832 c.c., in cui il conferimento del potere del proprietario di godimento e disposizione delle cose in modo pieno ed esclusivo è accompagnato dalla previsione di limiti e obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico; (iii) nell'articolo 1372 c.c., in cui è sancito il c.d. principio di relatività del contratto, che non può produrre effetti erga omnes; (iv) nell'articolo 1379 c.c., che, nel disciplinare il divieto di alienazione convenzionale, prevede che tale divieto ha effetto solo tra le parti e quindi non è opponibile ai terzi; (v) negli articolo 2643 e 2644 c.c., da cui si desume il principio di tassatività dell'elenco degli atti soggetti a trascrizione e delle situazioni giuridiche opponibili ai terzi. La posizione espressa in materia dalla giurisprudenza di legittimità In tempi recenti, la Suprema Corte ha ribadito che rimane ferma l'esistenza e l'inderogabilità del principio di numero chiuso e di tipicità dei diritti reali. Così, ad esempio, con riferimento a una fattispecie negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare concede in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che «il principio del numerus clausus dei diritti reali non consente di ritenere che il nucleo di poteri e di modalità di godimento che connotano l'utilità che il titolare di un determinato diritto reale può trarre dal bene che ne forma oggetto possa essere conformato dall'autonomia privata; quest'ultima, infatti, può conformare, ai sensi dell'articolo 1322 c.c., i rapporti obbligatori, ma non le situazioni reali, in ciò sostanziandosi, in ultima analisi, la differenza tra “tipo contrattuale” e “tipo di diritto reale”» (Cass. S.U. 30 aprile 2020, numero 8434). Così, in relazione a una pattuizione avente ad oggetto la creazione di un ‘diritto reale di uso esclusivo' su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell'edificio, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che tale pattuizione, «mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'articolo 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi» (Cass. S.U. 17 dicembre 2020, numero 28972; per l'inammissibilità della costituzione negoziale di un diritto reale di uso esclusivo su parti comuni condominiali, v. da ultimo Cass. 1° luglio 2024 , numero 17991). Anche in relazione alla servitù c.d. irregolare, la Suprema Corte ha affermato che tale figura, «in dipendenza della tipicità dei diritti reali che costituiscono, nel loro complesso, un numerus clausus e che sono idonei a determinare anche un vincolo fondiario perpetuo», può soltanto dare luogo a «un rapporto obbligatorio atipico tra le parti, avente la funzione di determinare una situazione di vantaggio a favore del soggetto indicato nel relativo atto costitutivo e non a realizzare uno scopo di utilità per un fondo (dominante) con l'imposizione di un peso su un altro fondo (servente), ragion per cui il suddetto rapporto va ritenuto incompatibile con la previsione di un obbligo personale di natura permanente a carico della parte che deve adempierlo, dovendo esso caratterizzarsi per la necessaria temporaneità del vincolo che ne deriva» (Cass. 17 settembre 2021, numero numero 25195; nello stesso senso, Cass. 26 febbraio 2019, numero 5603; in termini analoghi, v. Cass. 9 gennaio 2020, numero 193, secondo cui, «in base agli articolo 1026 e 979 c.c., il diritto reale di uso, istituito a favore di una persona giuridica, non può superare il trentennio; né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l'ordinamento vigente»). Peraltro, il medesimo principio di numero chiuso e di tipicità si applica alle obbligazioni reali o propter rem, che possono, quindi, sorgere per contratto soltanto nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge (Cass. 15 ottobre 2018, numero 25673, che ha cassato una sentenza d'appello che, sul punto, aveva confermato quella di primo grado, ravvisando nell'obbligazione di recintare un terrazzino con una ringhiera in ferro, prevista in un contratto di vendita immobiliare, i caratteri dell'accessorietà e ambulatorietà, propri delle obbligazioni reali; nello stesso senso, da ultimo, v. Cass. 12 novembre 2024, numero 29199). La recente giurisprudenza di merito sul diritto di uso esclusivo di parti comuni condominiali Anche la giurisprudenza di merito ha negli ultimi tempi vagliato la validità di clausole che attribuiscono a uno dei condòmini, o ad alcuni di essi, il diritto ‘uso esclusivo e perpetuo' su porzioni comuni di edifici in ambito condominiale. Così, ad esempio, con riferimento a un regolamento condominiale, in cui era riservata a una società la proprietà esclusiva di alcuni beni (locali e impianti sportivi) dell'erigendo fabbricato condominiale, vincolandoli per destinazione perpetua ad uso dei condomini, è stato escluso, proprio sulla base del principio del numerus clausus e della tipicità dei diritti reali, che quell'uso perpetuo previsto dal regolamento condominiale potesse qualificarsi quale diritto reale riconducibile a una servitù prediale, con la conseguenza che la creazione negoziale di un vincolo ad uso perpetuo a vantaggio esclusivo dei condòmini è da considerarsi nulla, poiché svoterebbe in modo temporalmente indefinito il diritto di proprietà del suo contenuto (Trib. Sulmona, 13 febbraio 2025, numero 40; in termini analoghi, ma con riferimento all'area antistante al garage di un condòmino, che va considerata non alla stregua di un'area di parcheggio, ma solo come area di transito ed accesso ai rispettivi garage, v. Trib. Reggio Emilia, 18 ottobre 2024, numero 1009; ha escluso che l'attribuzione di un diritto di uso esclusivo attribuito a un condòmino su parti comuni condominiali sia comunque riconducibile al diritto reale di uso Trib. Bologna, 26 luglio 2024 , numero 2177).