In un documento di carattere esplicativo, il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti sui principali ambiti d'intervento della legge 13 dicembre 2024, numero 203 (cd. Collegato Lavoro): somministrazione, lavoro stagionale, periodo di prova nei contratti a termine, comunicazioni lavoro agile e dimissioni per fatti concludenti.
Con Circolare numero 6 del 27 marzo 2025, il Ministero del Lavoro (ML) ha approfondito, al fine di chiarirne la portata applicativa, gli interventi attuati dalla L. 13 dicembre 2024 numero 203 (Collegato lavoro), concentrando, in particolare, l'attenzione sui seguenti articoli: articolo 10 (Modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro contenuta nel D. Lgs. 15-6-2015, numero81. articolo11 (Norma di interpretazione autentica dell'articolo21, comma 2, del D. Lgs. 15-6-2015, numero81, in materia di attività stagionali). articolo 13 (Durata del periodo di prova nei rapporti a tempo determinato). articolo 14 (Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile). articolo 19 (Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro). Si esaminano di seguito, partitamente, le indicazioni operative ministeriali. Somministrazione di lavoro La somministrazione di lavoro è una fattispecie complessa che s'individua nel contratto, a tempo determinato o indeterminato, con il quale un'Agenzia di somministrazione autorizzata a norma del D. Lgs. 276/2003 mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti (lavoratori somministrati), i quali per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell'interesse e sotto il controllo dell'utilizzatore. La relativa disciplina, contemplata dal D. Lgs. 81/2015 (Capo IV), è stata incisa dal Collegato Lavoro e le modifiche, in particolare hanno riguardato l'articolo 31. Al riguardo, innanzitutto, viene chiarito dal Ministero che – in conseguenza dell'eliminazione della disciplina transitoria con la quale, sino al 30 giugno 2025, si consentiva agli utilizzatori di superare il limite massimo di durata di 24 mesi, anche non continuativi, per le missioni a tempo determinato di un medesimo lavoratore somministrato – in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, ora è da ritenersi radicata la costituzione in capo all'utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. In riferimento alla disciplina dei limiti assunzionali dei lavoratori somministrati a tempo determinato il legislatore ha stabilito che il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato o in somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato. Tale limite può essere modificato dalla contrattazione collettiva dell'utilizzatore (non oltre il 20%) e non si applica alle seguenti categorie di lavoratori: disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati (cfr. D.M. 17-10-2017). Adesso, per effetto delle nuove modifiche, viene ampliata la platea dei soggetti per i quali non trova applicazione il predetto limite quantitativo, annoverandosi nell'esclusione anche i contratti conclusi: in fase di avvio di nuove attività; da startup innovative; per lo svolgimento di attività stagionali; per lo svolgimento di specifici programmi o spettacoli; per la sostituzione di lavoratori assenti; con lavoratori over 50. Infine, con la modifica apportata all'articolo 34, comma 2 del D. Lgs. numero 81/2015, si stabilisce che per i lavoratori che versano in situazioni di particolare debolezza come individuati dal citato D.M. 17-10-2017, in caso di assunzioni a tempo determinato non trova applicazione l'obbligo di indicazione delle causali (esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti) stabilite dall'articolo19, co. 1 del D. Lgs. numero 81/2015 per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi. Attività di lavoro stagionale L'articolo 11 della Legge numero 203/2024 fornisce l'interpretazione autentica dell'articolo 21, comma 2 del D. Lgs. numero 81 del 2015, in materia di attività stagionali chiarendo che «rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, numero 1525, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, nonché a esigenze tecnico produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell'articolo 51 del citato decreto legislativo numero 81 del 2015». Sono, quindi, considerate stagionali non solo le tradizionali attività legate a cicli stagionali ben definiti, ma anche quelle indispensabili a far fronte ad intensificazioni produttive in determinati periodi dell'anno o a soddisfare esigenze tecnico-produttive collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa. In sede di contrattazione collettiva – puntualizza il ML – si rende necessario specificare in concreto e in quale modo quelle caratteristiche si riscontrino nelle singole attività definite come stagionali, al fine di superare eventuali questioni di conformità rispetto alle prescrizioni unionali dettate dalla direttiva 1999/70/CE in materia di contratto a tempo determinato. L'accordo quadro, contenuto nella direttiva citata, nella clausola 5.1, infatti, impone agli Stati membri, per prevenire abusi derivanti da una successione di contratti o rapporti a tempo determinato, di introdurre una o più misure relative a: ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. Pertanto, poiché il contratto stagionale – species del più ampio genus del contratto a tempo determinato – è privo di vincoli per quanto riguarda la durata massima ed il numero dei rinnovi l'unico criterio tra quelli prospettati a livello europeo volto a limitarne l'utilizzo è proprio l'individuazione da parte del legislatore e da parte della contrattazione collettiva di ragioni obiettive, quanto più possibile puntuali, che ne giustifichino il rinnovo. Durata del periodo di prova Per i contratti di lavoro instaurati a far data dall'entrata in vigore della legge in esame, quindi dal 12 gennaio 2025, in ossequio a quanto riferito dalla direttiva (UE) 2019/1152 corre l'obbligo di assicurare che la durata del periodo di prova nel rapporto di lavoro a tempo determinato sia proporzionata alla durata del contratto. Pertanto, per effetto della novella l'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 27 giugno 2022, numero 104, si stabilisce che «fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi». Nel documento ministeriale viene puntualizzato che i limiti massimi non possono essere derogati neppure dalla contrattazione collettiva, atteso che l'autonomia contrattuale non può – in applicazione del principio del favor praestatoris – introdurre una disciplina peggiorativa rispetto a quella legale. Inoltre si osserva che, sebbene il legislatore, nell'ammettere eventuali previsioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi, non individui esplicitamente il livello della contrattazione richiesto, si ritiene sul punto che si debba aver riguardo al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro. Per quanto attiene ai criteri in base ai quali valutare quali disposizioni contrattuali siano più favorevoli si considerano tali quelle che prevedono una minore estensione della durata del periodo di prova. Il lavoro agile Il lavoro agile si legge all'articolo 18 della L. numero 81 del 2017 è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno, senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Con il Collegato lavoro il revisore è intervenuto in materia, modificando il comma 1 dell'articolo 23 della citata legge. Si è nella specie fissato il termine entro cui il datore di lavoro deve comunicare in via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile in quanto, stante la disciplina previgente, il termine dell'adempimento non era stato individuato espressamente. Il termine viene dunque fissato entro 5 giorni dalla data di avvio del periodo oppure entro i 5 giorni successivi alla data in cui si verifica l'evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile. Sul punto si rammenta che, ai sensi del successivo articolo 19 della L. numero 81 del 2017, ai fini della sua regolarità amministrativa e della prova, l'accordo per il lavoro agile deve essere stipulato per iscritto; tuttavia, come precisa il ML, il termine per la comunicazione decorre non dalla data del suddetto accordo, bensì da quello – che potrebbe essere differente – dell'effettivo inizio della prestazione di lavoro in modalità agile. Così, ad esempio, ove un accordo fosse stipulato in data 15 gennaio 2025 e prevedesse l'avvio del lavoro agile dal 1° febbraio e la sua conclusione al 30 giugno 2025, la comunicazione dovrà essere effettuata entro il 6 febbraio 2025 (e non entro il 20 gennaio). Allo stesso modo, nel caso di cessazione anticipata, la comunicazione deve essere inviata entro i cinque giorni successivi alla nuova data di conclusione. Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale L'articolo 19 della L. numero 203 del 2024 ha introdotto nell'ordito dell'articolo 26 del D. Lgs. 14 settembre 2015, numero 151 il comma 7-bis, il quale stabilisce che: «In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza». Tale effetto risolutivo – si puntualizza nella circolare ministeriale – non discende automaticamente dall'assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del rapporto da parte del lavoratore e facendone derivare la conseguenza prevista dalla norma. Per quanto concerne la durata dell'assenza che può determinare la configurazione delle dimissioni per fatti concludenti, l'articolo19 prevede che la stessa, in mancanza di specifica previsione nel CCNL applicato al rapporto di lavoro, debba essere superiore a 15 giorni. I giorni di assenza, in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della norma, possono intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. Quello individuato dalla legge – chiarisce il Ministero – costituisce il termine legale minimo perché il datore – a partire, quindi, dal sedicesimo giorno di assenza – possa darne specifica comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro: «nulla vieta, dunque, che detta comunicazione all'Ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo». La suddetta comunicazione opera anche quale dies a quo per il decorso del termine di 5 giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV. Nel caso in cui il CCNL applicato preveda, invece, un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz'altro applicazione ove sia superiore a quello legale, in ossequio al già richiamato principio generale per cui l'autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge. Se, viceversa, sia previsto un termine inferiore, per il medesimo principio, dovrà farsi riferimento al termine legale. Ancora, occorre considerare anche che secondo le previsioni di diversi contratti collettivi potrebbero discendere da un'assenza ingiustificata protratta nel tempo – di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni previsti dall'articolo 19 in esame – conseguenze di tipo disciplinare, consentendosi al datore di procedere al licenziamento, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In tali ipotesi, ad avviso del ML, dovrà essere attivata la procedura di garanzia prevista dall'articolo 7 della L. numero 300 del 1970(Statuto dei lavoratori). In aderenza alla disciplina neointrodotta, il datore di lavoro dunque, può procedere con la risoluzione del rapporto di lavoro, ma è tenuto a comunicare l'assenza ingiustificata alla sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Solo una volta effettuata la comunicazione all'INL, il rapporto di lavoro si considera automaticamente risolto, a meno che il lavoratore non dimostri, entro un termine stabilito, che l'assenza era giustificata da cause di forza maggiore o da fatti imputabili al datore di lavoro. Al riguardo, sembra utile rammentare anche la nota numero 579/2025, con la quale l'Ispettorato ha fornito nel dettaglio le istruzioni operative e procedurali ai datori di lavoro che intendono avvalersi di tale facoltà. Preliminarmente si ricorda che l'INL ha il compito di verificare la veridicità della comunicazione inviata dal datore di lavoro. Può procedere, a tal fine, sia al contatto diretto con il lavoratore, sia con interviste ad altri soggetti (colleghi, testimoni, ecc.). La verifica deve essere completata entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione. Se l'Ispettorato accerta che la comunicazione del datore di lavoro non è veritiera, o che il lavoratore ha una giustificazione valida per l'assenza, il rapporto verrà ripristinato. Se, invece, il lavoratore non fornisce giustificazioni, il rapporto di lavoro si considera risolto. Grava, pertanto, sul lavoratore l'onere di provare l'impossibilità di comunicare i motivi dell'assenza al datore di lavoro (ad esempio, perché ricoverato in ospedale o per causa di forza maggiore) o la circostanza di aver comunque provveduto alla comunicazione. Qualora, poi, siano riscontrate gravi inadempienze del datore di lavoro (ad esempio, mancato pagamento delle retribuzioni), l'Ispettorato del lavoro ha la facoltà di riqualificare le dimissioni come dimissioni per giusta causa. La nuova procedura operativa ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro prevede, quindi, i seguenti step: Comunicazione INL: il datore di lavoro deve inviare una comunicazione tramite PEC all'Ispettorato competente, includendo i dati anagrafici del lavoratore e le informazioni necessarie per la verifica. Verifica dell'Ispettorato: una volta ricevuta la comunicazione, l'Ispettorato procederà con le verifiche entro 30 giorni. UNILAV: se la verifica va a buon fine e l'assenza ingiustificata è confermata, il datore di lavoro può procedere con la comunicazione UNILAV per la cessazione del rapporto di lavoro. In definitiva è stato sì ingegnerizzato un meccanismo più snello per la risoluzione del rapporto di lavoro in caso di assenze ingiustificate prolungate, sollevando il datore di lavoro da oneri legati ai licenziamenti disciplinari, ma garantito, al contempo, un controllo e una verifica puntuali da parte dell'Ispettorato per evitare abusi. Da ultimo, la circolare ministeriale chiarisce che – in base ad una lettura sistematica della normativa a tutela della maternità e della paternità – la disposizione in esame non è applicabile nei casi previsti dall'articolo 55 del D. Lgs. numero 151 del 2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell'efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate da: la lavoratrice durante il periodo di gravidanza; la lavoratrice madre o il lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento. Il connotato di specialità che caratterizza tale disciplina, finalizzato a garantire le posizioni di quei soggetti che si trovano in una situazione di maggiore vulnerabilità, esclude, invero, l'applicazione delle presunzioni di cui all'articolo 19 in commento, che regola le c.d. dimissioni implicite.