Il diritto cosmico (o diritto aerospaziale) è una branca del diritto internazionale che disciplina le attività relative all’utilizzo dello spazio esterno e navigazione aerea. Tale materia si è sviluppata in concomitanza ai progressi tecnologici nel settore delle esplorazioni spaziali e applicazioni satellitari. Il presente contributo si soffermerà sugli aspetti giuridici che riguardano la messa in orbita di settemila satelliti da parte di SpaceX (principalmente attraverso il progetto Starlink per fornire internet). La questione stimola interessanti spunti di riflessione riguardo ai princìpi di non appropriazione dello spazio cosmico sancito nel 1967 dal Trattato multilaterale.
Lo spazio è un «bene comune» inappropriabile Il Trattato multilaterale del 1967 (pietra miliare della regolamentazione cosmica a cui aderirono 102 nazioni) stabilisce che lo spazio esterno non può essere oggetto di appropriazione da parte di alcuno Stato, individuo o entità privata. In altri termini, nessuno può rivendicare la proprietà esclusiva di porzioni dello spazio. Tale principio è stato introdotto per evitare conflitti e per garantire alla umanità la disponibilità per l'uso e l'esplorazione dello spazio. Una prima opinione degli studiosi sostiene che ciò non violerebbe il Trattato in quanto l'introduzione dei satelliti non comporterebbe una appropriazione dello spazio. Tuttavia, è innegabile che il numero crescente dei satelliti in orbita apre nuove problematiche legate alla gestione dello spazio tant'è che al riguardo si è andata profilando una scuola di pensiero contraria. Lo spazio cosmico è considerato da una parte della dottrina «bene comune» dell'umanità accessibile a tutti. Ogni attività spaziale dovrebbe essere orientata a beneficio dell'intera umanità senza preclusioni a nessuno Stato o attore privato. Starlink è presentato da SpaceX come un progetto volto a migliorare l'accesso ad internet, in particolare nelle aree remote e difficili da raggiungere sul globo terrestre. La sua finalità tende a promuovere il bene comune garantendo un accesso più ampio alla connettività. Tuttavia, è la natura privata e commerciale della iniziativa ad allarmare. Invero, la massiva installazione di una costellazione satellitare (privata) può creare una monopolizzazione della infrastruttura spaziale, in specie se un solo attore (privato) detiene porzioni significative delle orbite più utili e commercialmente vantaggiose. Ciò potrebbe limitare le opportunità di accesso ad altri soggetti (inclusi governi e altre aziende) e contraddire il principio di accesso libero e non discriminatorio allo spazio. Rischio di privatizzazione dello spazio Taluni sostengono che il progetto Starlink non integri una violazione esplicita del principio di non appropriazione sancito dal Trattato del 1967. Tuttavia, la crescente presenza di attori privati nello spazio e la monopolizzazione delle orbite desta preoccupazione riguardo al fatto che una sua porzione considerevole venga dominata da una singola entità commerciale limitando così l'accesso ad altri e creando disparità. Inoltre, sebbene i satelliti Starlink non rappresentino (come sostenuto da taluni) una appropriazione fisica dello spazio, l'uso commerciale esclusivo di un bene comune potrebbe entrare in contrasto con il principio per il quale lo spazio deve essere accessibile a tutti e utilizzato per il beneficio dell'intera umanità. Tale aspetto potrebbe richiedere aggiornamenti normativi per evitare che il crescente dominio privato nello spazio comprometta l'accesso universale. In sintesi, per taluni SpaceX non si sta appropriando fisicamente dello spazio secondo la definizione giuridica, ma le dinamiche di accesso e controllo sulle risorse spaziali potrebbero essere un aspetto delicato che richiede un vaglio più approfondito. Lo spazio extra-atmosferico è patrimonio dell'umanità. Il lancio di settemila satelliti privati in orbita e la conseguente «occupazione fisica» di porzioni di spazio cosmico potrebbe costituire una appropriazione. Luigi Ferrajoli, filosofo del diritto, ha recentemente prospettato una serie di criticità riguardo alla crescente privatizzazione dello spazio cosmico ponendo in particolare l'accento sulla attività di SpaceX. Ha rammentato che «l'esplorazione e l'utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, saranno svolte a beneficio e nell'interesse di tutti i paesi, quale che sia il grado del loro sviluppo economico o scientifico, e saranno appannaggio dell'intera umanità». È il testo dell'articolo 1 del Trattato sulle attività nello spazio extra-atmosferico concluso a Washington il 27 gennaio 1967 e approvato da quasi tutti i paesi membri dell'Onu (inclusi Stati Uniti e Italia che lo hanno rispettivamente ratificato il 10 ottobre 1967 e 18 gennaio 1981). Il concetto di appropriazione privata dello spazio cosmico confligge con il Trattato il quale stabilisce esplicitamente il suo carattere pubblico e inappropriabile. Infatti, l'articolo 2 stabilisce che «lo spazio extra-atmosferico… non è soggetto ad appropriazione da parte degli Stati, né sotto pretesa di sovranità, né per utilizzazione od occupazione, né per qualsiasi altro mezzo possibile». Se lo spazio cosmico al disopra della atmosfera non è soggetto ad appropriazione da parte di singoli Stati, a maggior ragione non può essere soggetto ad appropriazione da parte di enti e soggetti privati. Secondo Ferrajoli il disposto è stato clamorosamente violato dal quasi monopolio dello spazio extra-atmosferico recentemente acquisito. Quasi tutti i satelliti in orbita intorno al nostro pianeta sono satelliti Starlink e si prevede che raggiungeranno in breve tempo il numero di quarantaduemila. Secondo lo studioso si sarebbe verificata una appropriazione privata dello spazio pubblico extra-atmosferico da parte di soggetti privati. Il Trattato del 1967 delinea un frammento di demanio planetario che comporta il divieto della sua utilizzazione e del controllo da parte dei privati. Traccia uno spazio planetario comune che vieta l'utilizzazione privata e il controllo da parte di entità non statali. Lo spazio cosmico viene descritto come un «demanio universale». È chiaro che l'utilizzazione dello spazio cosmico da parte di migliaia di satelliti di proprietà di privati non avviene - come indica la norma - «a beneficio e nell'interesse di tutti i paesi». Avviene, invece, nell'interesse esclusivo di privati; i profitti vengono illegittimamente ricavati da soggetti privati per via della utilizzazione di uno spazio che è «appannaggio dell'intera umanità». Tra l'altro, l'articolo 6 del Trattato stabilisce che gli Stati contraenti sono responsabili per le loro attività nello spazio, compresi i lanci di entità non governative, e garantiscono che tali attività siano condotte in conformità con l'assetto normativo internazionale. Gli Stati Uniti hanno autorizzato i lanci di SpaceX. La privatizzazione dello spazio è avvenuta con il beneplacito degli Stati Uniti per aver autorizzato tali lanci. Dunque, le politiche statunitensi sembrerebbero favorire l'espansione e la privatizzazione dello spazio. Nonostante le preclusioni indicate dal Trattato, lo spazio cosmico potrebbe continuare ad essere un campo di contesa all'interno del quale le differenze geopolitiche e le dinamiche di potere tra Stati e privati condizioneranno il futuro della regolazione dello spazio extra-atmosferico. L'articolo 2 del Trattato proibisce espressamente l'appropriazione nazionale mediante «rivendicazioni di sovranità, uso o occupazione, o con qualsiasi altro mezzo» (concetto applicato anche per le acque internazionali). Qualsiasi rivendicazione nazionale è da considerarsi nulla essendo manchevole la sovranità territoriale nello spazio. Le norme codificate in tale disposto sottolineano il carattere di res communis omnium dello spazio che gli Stati aderenti hanno deciso di considerare insuscettibile di rivendicazioni di appropriazione e sovranità per il più ampio obiettivo di assicurare uno svolgimento sicuro, pacifico e ordinato delle attività spaziali. La dottrina ha riconosciuto i princìpi di non appropriazione e di libertà di fruizione dello spazio extra-atmosferico a beneficio di tutta l'umanità come regole strutturali del diritto internazionale. Il principio di non appropriazione costituisce il fondamento della libera esplorazione poiché la possibilità di esercitare diritti sovrani esclusivi a favore di alcuni Stati ridurrebbe o ostacolerebbe il godimento a detrimento di altre nazioni. E' il caso di notare che, a causa della mancanza di un divieto esplicito dai contorni chiari e inequivoci, non è dato comprendere se le stesse disposizioni valgano anche per le società private le quali svolgono un ruolo significativo nel settore spaziale e hanno al vaglio progetti per lo sfruttamento del cosmo. Nessun riferimento all'«uso commerciale» né allo «sfruttamento delle risorse spaziali» sembrerebbe rivenirsi nel testo del Trattato il quale, però, contiene solo un riferimento indiretto alle società private includendole tra gli «attori non statali» (menzionati all'articolo 6). Necessità di revisionare il Trattato del 1967 A completamento della altalena di indirizzi non può sottacersi che in più occasioni il Presidente Mattarella ha segnalato il pericolo rappresentato dalle «nuove figure di neo-feudatari del terzo millennio, novelli corsari a cui attribuire patenti, che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyber-spazio nonché dello spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche». Quale conseguenza? Senz'altro quella di ripensare alcune disposizioni del Trattato rafforzandole per offrire una opzione interpretativa blindata, articolata e inequivoca del concetto di non appropriazione dello spazio; oppure sottoporle ad una certosina e attenta revisione per adeguarle alle nuove frontiere privatistiche che si stanno affacciando. I nuovi progetti per lo sfruttamento delle risorse spaziali da parte di imprese private pongono nuove sfide al diritto aerospaziale internazionale. Si sostiene che le disposizioni del Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967 se, da un lato, tracciano un chiaro assetto basico del diritto spaziale, dall'altro, alcune di esse sembrano peccare di genericità. Inoltre, le interpretazioni dottrinarie contrastanti riguardo alle disposizioni del principio di non appropriazione e la pressione esercitata dalle società private a favore della possibilità di sfruttare lo spazio evidenziano una difficoltà del diritto internazionale nell'adattamento alla evoluzione delle attività private. Ciò apre al rischio di frammentazione per l'assenza di una interpretazione ufficiale e condivisa della estensione delle libertà e dei divieti contenuti nel Trattato sullo spazio extra-atmosferico anche ai soggetti privati. Ne discende la necessità di affrontare con grande equilibrio la discussione revisionando, eventualmente, il Trattato alla luce delle mutate realtà.