«Integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche previsto dall’articolo 316-ter c.p. l’indebito conseguimento del diritto alle agevolazioni previdenziali e alla riduzione dei contributi dovuti ai lavoratori collocati in mobilità per effetto della omessa comunicazione dell’esistenza della condizione ostativa prevista dall’articolo 8, comma 4-bis, legge 23 luglio 1991, numero 223 (abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 2017, dall’articolo 2, comma 71, lett. b), legge 28 giugno 2012, numero 92), senza che assumano rilievo, a tal fine, le modalità di ottenimento del vantaggio economico derivante dall’inadempimento dell’obbligazione contributiva [...]».
[…] Inoltre, hanno aggiunto che: «in tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, nell'ipotesi in cui il diritto alla riduzione dei contributi previdenziali e alle agevolazioni previste per il collocamento dei lavoratori in mobilità dall'articolo 8 legge 23 luglio 1991, numero 223 (abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2017, dall'articolo 2, comma 71, lett. b), legge 28 giugno 2012, numero 92) sia stato indebitamente conseguito per effetto di una originaria condotta mendace od omissiva, il reato è unitario a consumazione prolungata quando i relativi benefici economici siano concessi o erogati in ratei periodici e in tempi diversi, con la conseguenza che la sua consumazione cessa con la percezione dell'ultimo contributo». Una società era ritenuta responsabile degli illeciti di cui agli articolo 5, comma 1, lett. a), 6 e 24, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, numero 231 in relazione al delitto di cui all'articolo 640-bis cod. penumero Secondo la ricostruzione operata dal giudice di primo grado, il reato presupposto dell'illecito amministrativo atteneva all'illecita riduzione dei contributi versati per 210 lavoratori in mobilità, ottenuta per il tramite dell'artificiosa messa in mobilità di personale originariamente impiegato alle dipendenze di altra società, nonché per mezzo della mancata indicazione, nelle richieste di agevolazioni contributive. La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, escludeva la responsabilità della società in relazione all'illecito di cui al capo 1) della contestazione, perché il fatto non sussiste; riqualificava il reato presupposto dell'illecito di cui al capo 2) da articolo 640-bis cod. penumero ad articolo 316-ter cod. penumero Proposto ricorso in cassazione, con ordinanza numero 27639/2024 la Sesta sezione ha rimesso alle Sezioni Unite due questioni, la prima questione è stata devoluta ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 618 cod. proc. penumero, avendo ad oggetto un principio di diritto affermato da Sez. U, numero 7537/2010, di cui si propone il superamento, mentre la seconda ai sensi del comma 1 del citato articolo, originando da un contrasto giurisprudenziale. Quanto alla prima questione, le Sez. U. numero 7537/2010 hanno precisato che si ha erogazione, pur in assenza di elargizione, quando il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità (nello stesso senso, si è pronunciata, da ultimo, Cass., numero 29674/2022, per la quale, nella ricostruzione della fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 316-ter cod. penumero, è centrale il rilievo che trattasi di reato a carattere residuale e sussidiario rispetto all'articolo 640-bis cod. penumero, volto ad assicurare una tutela aggiuntiva e complementare rispetto a quella offerta agli stessi interessi dal citato articolo 640-bis, coprendo, in particolare, l'eventuale scostamento dal paradigma punitivo della truffa per difetto della frode. L'orientamento di cui s'è dato conto fa, dunque, rientrare nella nozione di erogazione tutte le attività di contribuzione ascrivibili agli enti pubblici e realizzate non solo mediante l'elargizione di una somma di danaro, ma anche tramite la concessione dell'esenzione dal pagamento di una somma agli stessi dovuta, perché anche in questo secondo caso il richiedente ottiene un beneficio economico posto a carico della comunità). In senso contrario, anche se in riferimento alla fattispecie di truffa, si è ritenuto, dopo le Sez. U. numero 7537/2010 che «mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l'elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre – mediante la «cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall'inganno ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione – la perdita definitiva del bene da parte della stessa» (Sez. 2, numero 18762/2013). Tanto premesso, il Collegio rimettente non ritiene integrato il delitto di cui all'articolo 316-ter cod. penumero nella fattispecie concreta sottoposta al suo scrutinio, «sul rilievo fondamentale che l'indicazione all'interno dei primi due commi della fattispecie incriminatrice delle espressioni «contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati, o erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee» e «somma indebitamente percepita» sembra richiedere l'effettiva riscossione, da parte del soggetto agente, di somme di denaro erogate dagli Enti pubblici, a seguito delle condotte decettive od omissive delineate nella norma. Al contrario, parrebbero sfuggire all'ambito applicativo della disposizione penale i casi in cui non si realizza alcuna percezione di denaro pubblico, ma si ottiene il «mero conseguimento di un risparmio di spesa, nel senso di versare all'Ente pubblico una somma inferiore a quella che è dovuta». D'altro canto, a ritenere configurabile il delitto di cui all'articolo 316-ter cod. penumero, viene prospettata una ulteriore questione rilevante, ossia quella relativa alla corretta individuazione del dies a quo della prescrizione, che dipende strettamente dalla natura di reato unitario a consumazione prolungata o di reato continuato che si ritenga di attribuire alla fattispecie in esame, in caso di ripetute percezioni periodiche di contributi erogati da enti pubblici. Ed invero, ove si ritenga che il reato presupposto di cui all'articolo 316-ter cod. penumero abbia natura di delitto «a consumazione prolungata la prescrizione inizierebbe a decorrere alla data dell'ultimo illecito «risparmio di spesa (e dunque al 31 dicembre 2008), con la conseguenza che al momento dell'atto interruttivo, intervenuto entro il termine quinquennale di cui all'articolo 22 cit. (14 gennaio 2013), l'illecito amministrativo non era prescritto». Depone in questo senso Cass., numero 48820/2013, per la quale «il reato di cui all'articolo 316-ter cod. penumero si consuma quando l'agente consegue la disponibilità concreta dell'erogazione, sicché nel caso di erogazioni protratte nel tempo, il momento consumativo del reato e, quindi, il termine da prendere in esame ai fini della prescrizione coincide con la cessazione dei pagamenti». Per converso, ove «l'illecito vada scisso in una serie di indebite percezioni (una per ciascuno dei mesi nei quali veniva inviato il mod. DM 10, indicante il versamento dei contributi, illecitamente ridotti), allora tutti i fatti precedenti al dicembre 2008 sarebbero prescritti». Muove in questa direzione Cass., numero 31223/2021, secondo cui “il superamento della soglia di punibilità indicata dall'articolo316-ter, comma 2, cod. penumero integra un elemento costitutivo del reato e non una condizione obiettiva di punibilità, sicché è irrilevante che il beneficiario consegua in momenti diversi contributi che, sommati tra loro, determinerebbero il superamento della soglia, in quanto rileva il solo conseguimento della somma corrispondente ad ogni singola condotta percettiva». La pronuncia in commento supera il principio di diritto – affermato dalle Sez. U. numero 7537/2010–in base al quale, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'articolo 316-ter cod. penumero, si ha erogazione, pur in assenza di elargizione, quando il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità. Viene, quindi, sostenuta la diversa ricostruzione, secondo cui sfuggono al perimetro applicativo della citata fattispecie i casi in cui non si realizza alcuna percezione di denaro pubblico, ma si ottiene il mero conseguimento di un risparmio di spesa, nel senso di versare all'Ente pubblico una somma inferiore a quella dovuta. Sotto altro aspetto, il giudice della nomofilachia prendendo le mosse da dalla natura del reato di cui all'articolo 316-ter cod. penumero, in caso di percezioni periodiche di contributi pubblici, quale reato unico a consumazione prolungata - categoria questa di creazione giurisprudenziale, coniata con riferimento al reato di truffa, ma successivamente estesa ad altre ipotesi caratterizzate dal progressivo approfondirsi della lesione al bene protetto a seguito di un'iniziale condotta già perfezionativa della fattispecie incriminatrice – ha concluso nel senso che il momento consumativo del reato e, dunque, il dies a quo della prescrizione coincide con la cessazione dei pagamenti. Il reato di cui all'articolo 316-ter cod. penumero si consuma quando l'agente consegue la disponibilità concreta dell'erogazione, sicché, nel caso di erogazioni protratte nel tempo, il momento consumativo del reato e, quindi, il termine da prendere in esame ai fini della prescrizione coincide con la cessazione dei pagamenti. Si arriva a tale conclusione ragionando per analogia al principio espresso in tema di truffa in danno degli enti previdenziali per ricezione di indebite prestazioni di emolumenti e previdenze maturate periodicamente, laddove si è precisato che in tali casi non si configura un reato permanente né un reato istantaneo ad effetti permanenti, bensì un reato a consumazione prolungata, giacché il soggetto agente sin dall'inizio ha la volontà di realizzare un evento destinato a protrarsi nel tempo. In tali casi il momento consumativo, e il dies a quo del termine, coincidono con la cessazione dei pagamenti, perdurando il reato – e il danno addirittura incrementandosi – fino a quando non vengano interrotte le riscossioni.
Presidente Cassano - Relatore De Amicis Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.