Una volta accertata l'esistenza di immissioni superiori alla soglia di tollerabilità e indicate dal CTU le modalità per eliminarle, il giudice è tenuto a verificare se, in concreto, gli interventi realizzati dal soggetto responsabile dell'attività dannosa siano conformi a quanto indicato dall'ausiliario.
La vicenda approdata in Cassazione nasceva da una richiesta di accertamento del superamento del limite di tollerabilità delle immissioni rumorose provenienti dal motore dell'ascensore a servizio del palazzo e la condanna del Condominio all'esecuzione delle opere necessarie per eliminarle, nonché al risarcimento del danno. Secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che le immissioni denunziate fossero state definitivamente eliminate per effetto dell'esecuzione da parte del Condominio degli interventi indicati dal C.T.U. I giudici di secondo grado, poi, anziché disporre un supplemento di indagine circa la persistenza del fenomeno denunziato, si erano limitati ad affermare che «essendo incontestato che sia stato eseguito un intervento, a questo punto non può più ritenersi che permanga la pregressa situazione di immissioni illegittima; è chiaro che laddove l'opera non sia stata eseguita in modo adeguato, e soprattutto laddove la mutata situazione determini comunque la persistenza di immissioni illegittime, il condominio potrà nuovamente subire una azione giudiziaria ma su presupposti di fatto diversi da quelli per i quali oggi è in giudizio ed in ordine ai quali il Tribunale è chiamato a pronunciarsi». La Cassazione, accogliendo il ricorso, ha sottolineato che l'esecuzione di un intervento, ancorché coincidente con quanto suggerito dal C.T.U., non poteva condurre il giudice di merito alla conclusione che le immissioni non fossero più esistenti. Inoltre, una volta accertata l'esistenza di immissioni superiori alla soglia di tollerabilità e indicate dal CTU le modalità per eliminarle, il giudice era tenuto a verificare se, in concreto, gli interventi realizzati dal soggetto responsabile dell'attività dannosa fossero conformi a quanto indicato dall'ausiliario. Alla luce delle considerazioni esposte, per la Suprema Corte, la decisione impugnata merita di essere riformata in quanto essa si risolve in un non liquet, nella misura in cui il Tribunale, pur avendo accertato l'esistenza del fenomeno dannoso e ravvisato la responsabilità del Condominio, non ha, in concreto, verificato se le opere eseguite dall'ente di gestione fossero, o meno, idonee ad eliminare il fenomeno, così non pronunciandosi sulla domanda inibitoria che rappresentava la principale istanza della parte danneggiata. Pertanto, il giudice del rinvio «dovrà procedere ad una nuova valutazione della fattispecie, verificando l'efficienza delle opere eseguite dal Condominio ai fini dell'eliminazione delle immissioni rumorose oggetto di causa e determinando, in ragione di tale ulteriore accertamento in punto di fatto, l'eventuale risarcimento da riconoscere alle parti ricorrenti, ciascuna di esse per quanto di rispettiva ragione, pronunciandosi anche sulla spettanza, sulle somme eventualmente liquidande, degli interessi e della rivalutazione monetaria, con individuazione delle relative decorrenze, nonché sulla specifica domanda di condanna ex articolo 96, sesto comma, c.p.c., non esaminata dalla sentenza cassata.»
Presidente Orilia - Relatore Oliva Fatti di causa Con atto di citazione ritualmente notificato (OMISSIS) S.r.l., proprietaria di un appartamento sito nel Condominio di via (OMISSIS) in (OMISSIS), evocava in giudizio l'ente di gestione e la sua amministratrice, C. M. G., innanzi il Giudice di Pace di Roma, invocando l'accertamento del superamento del limite di tollerabilità delle immissioni rumorose provenienti dal motore dell'ascensore a servizio del palazzo e la condanna dei convenuti all'esecuzione delle opere necessarie per eliminarle, nonché al risarcimento del danno. A sostegno della propria domanda, la società attrice deduceva di aver segnalato da anni il problema al condominio, che era sempre rimasto inerte; evidenziava che l'impianto di ascensore aveva subito, negli anni, diversi fermi tecnici da parte della società (OMISSIS), incaricata di curarne la manutenzione, con indicazione dei lavori necessari per la sua messa in sicurezza; che l'assemblea aveva infine deliberato, nella riunione del 18.3.2005, di procedere alla sostituzione degli argani, dichiarati pericolosi dalla predetta società di manutenzione, e delle porte difettose, mediante installazione di porte semiautomatiche; i lavori, tuttavia, non avevano mai avuto inizio, e la situazione di pregiudizio si era protratta nel tempo. Nella resistenza del condominio, e con l'intervento di A. E., A. A., M. G. e G. P. M., il Giudice di Pace, con sentenza numero 27406/2014, dichiarava la carenza di legittimazione attiva della società odierna ricorrente e rigettava le analoghe domande proposte dagli intervenienti, compensando le spese del grado. Con la sentenza impugnata, numero 23437/2018, il Tribunale di Roma accoglieva il gravame interposto dagli odierni ricorrenti avverso la decisione di prime cure, accertando l'esistenza delle immissioni rumorose lamentate dagli appellanti ed il superamento della soglia di tollerabilità e condannando il Condominio al pagamento della somma di € 500 in favore di ciascuno di essi, ad esclusione di (OMISSIS) S.r.l., nei confronti della quale il giudice di secondo grado riteneva non configurabile il danno non patrimoniale. Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) S.r.l., A. E., A. A. e M. G., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il Condominio di via (OMISSIS) in (OMISSIS). C. M. G., intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. In prossimità dell'adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli articolo 844 c.c., 100 c.p.c., 24 e 111 Cost., 19 del Trattato sull'Unione europea, 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (cd. “Carta di Nizza”) e 13 della Convenzione E.D.U., in relazione all'articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che le immissioni denunziate dagli odierni ricorrenti fossero state definitivamente eliminate per effetto dell'esecuzione, da parte del Condominio, degli interventi indicati dal C.T.U. Gli odierni ricorrenti evidenziano di aver contestato, in corso di causa, la risolutività dei predetti interventi e di aver specificato, dunque, la persistenza del loro interesse alla definitiva eliminazione delle immissioni denunziate. La censura è fondata. Il Tribunale ha ritenuto che gli interventi eseguiti dal Condominio avessero risolto il problema delle immissioni rumorose oggetto di causa, senza dar rilievo alla circostanza, sufficientemente documentata nel motivo ai fini della sua specificità, che gli odierni ricorrenti avevano tempestivamente contestato che le opere erano state eseguite scorrettamente e, comunque, non avevano assicurato l'eliminazione delle immissioni predette. Il giudice di appello, anziché disporre un supplemento di indagine circa la persistenza del fenomeno denunziato, si è limitato ad affermare che “essendo incontestato che sia stato eseguito un intervento, a questo punto non può più ritenersi che permanga la pregressa situazione di immissioni illegittima; è chiaro che laddove l'opera non sia stata eseguita in modo adeguato, e soprattutto laddove la mutata situazione determini comunque la persistenza di immissioni illegittime, il condominio potrà nuovamente subire una azione giudiziaria ma su presupposti di fatto diversi da quelli per i quali oggi è in giudizio ed in ordine ai quali il Tribunale è chiamato a pronunciarsi” (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata). La statuizione è erronea sotto molteplici profili. In primo luogo, l'esecuzione di un intervento, ancorché coincidente con quanto suggerito dal C.T.U., non poteva condurre il giudice di merito alla conclusione che le immissioni non fossero più esistenti; argomentando in tal modo, infatti, qualsiasi opera, ancorché inadatta, inutile o malamente eseguita, varrebbe ad escludere la persistenza del fenomeno dannoso, il che evidentemente è un nonsenso. In secondo luogo, non è esatto affermare che, nel caso in cui l'intervento risultasse inefficiente, gli odierni ricorrenti potrebbero introdurre un nuovo giudizio su diversi presupposti di fatto: le immissioni, infatti, costituiscono un fenomeno necessariamente persistente nel tempo, ed oggetto della domanda inibitoria e risarcitoria collegata ad esse non è un singolo fatto storico isolato, bensì la situazione di disagio che l'esposizione al fenomeno causa nel soggetto danneggiato. Ne deriva che, una volta verificata l'esistenza di immissioni superiori alla soglia di tollerabilità, il giudice di merito è chiamato, nell'ambito della decisione sulla domanda inibitoria formulata dalla parte che le subisce, ad accertare se, in concreto, il fenomeno dannoso sia stato eliminato, ed in quale misura. In terzo luogo, proprio per quanto appena argomentato il giudice di merito, una volta che sia stata accertata l'esistenza di immissioni superiori alla soglia di tollerabilità e che il C.T.U. abbia indicato le modalità per eliminarle, è tenuto a verificare se, in concreto, gli interventi realizzati dal soggetto responsabile dell'attività dannosa siano conformi a quanto indicato dall'ausiliario e siano risultati efficienti. Sotto questo profilo, il Tribunale avrebbe dunque dovuto disporre un supplemento di indagine, posto che la C.T.U. costituisce uno strumento di valutazione della prova a disposizione del giudice di merito, anche a prescindere dall'esistenza di una istanza di parte. Inoltre, alla luce delle considerazioni esposte, la decisione impugnata merita di essere riformata in quanto essa si risolve in un non liquet, nella misura in cui il Tribunale, pur avendo accertato l'esistenza del fenomeno dannoso, rappresentato dalle immissioni superiori alla soglia di tollerabilità, e ravvisato la responsabilità del Condominio in relazione ad esse, non ha, in concreto, verificato se le opere eseguite dall'ente di gestione fossero, o meno, idonee ad eliminare il fenomeno, così non pronunciandosi sulla domanda inibitoria che rappresentava la principale istanza della parte danneggiata. Ed infine, la soluzione adottata dal giudice di merito finisce per incoraggiare una inutile proliferazione del contenzioso, in spregio al principio generale di economia processuale. L'accoglimento, nei termini indicati, del primo motivo implica l'assorbimento del secondo, con il quale i ricorrenti denunziano la violazione degli articolo 112,96 c.p.c. e 1224 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 4, c.p.c, perché il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta di riconoscimento di interessi e rivalutazione monetaria sulla somma riconosciuta a titolo di danni, né sull'istanza di condanna del Condominio ai sensi dell'articolo 96, sesto comma, c.p.c. Il giudice del rinvio, infatti, dovrà procedere ad una nuova valutazione della fattispecie, verificando l'efficienza delle opere eseguite dal Condominio ai fini dell'eliminazione delle immissioni rumorose oggetto di causa e determinando, in ragione di tale ulteriore accertamento in punto di fatto, l'eventuale risarcimento da riconoscere alle parti ricorrenti, ciascuna di esse per quanto di rispettiva ragione, pronunciandosi anche sulla spettanza, sulle somme eventualmente liquidande, degli interessi e della rivalutazione monetaria, con individuazione delle relative decorrenze, nonché sulla specifica domanda di condanna ex articolo 96, sesto comma, c.p.c., non esaminata dalla sentenza cassata. In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma, in differente composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma, in differente composizione.