In un caso di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, è stato ribadito che per i crediti cosiddetti superbonus «si deve ritenere che già con la creazione del credito fittizio mediante l'esercizio dell'opzione di cui alla lett. b) del comma 1 dell'articolo 121 del d.l. numero 34 del 2020 l'agente consegua il profitto ingiusto con correlativo danno per lo Stato».
La vicenda approdata in Cassazione riguardava i titolari di una società che, emettendo fatture false per lavori condominiali inesistenti, conseguivano un ingiusto profitto costituito dai crediti d’imposta emessi in relazione alla misura del Bonus facciate e alla loro successiva cessione. Il ricorrente, indagato per i delitti di truffa e di tentata truffa aggravata, riteneva che il sequestro preventivo dei suoi beni nell'ambito dell'indagine fosse sproporzionato rispetto a quanto effettivamente percepito dalla società da cui sosteneva di essersi dimesso da ruolo di amministratore, restando quindi estraneo al reato da cui non ha ottenuto alcuna diretta utilità. La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha sottolineato che il sequestro per equivalente deve essere proporzionato al vantaggio illecito conseguito, non ai redditi leciti come prospettato dalla difesa. Quanto al secondo motivo relativo all’elemento soggettivo in relazione al fumus della condotta delittuosa, è stato, invece, evidenziato che il ricorrente era stato sostituito solo temporaneamente dal suo ruolo e - sulla base di vari indizi – sembrava essere un «dominus di fatto» della società, dal momento che partecipava a sopralluoghi ed assemblee condominiali anche durante il periodo in cui non era formalmente amministratore. I Giudici, con la pronuncia in commento, hanno chiarito che nei casi come quello in esame, il reato si perfeziona nel momento in cui viene creato il credito fittizio, indipendentemente dall'effettivo utilizzo, poiché già con la creazione «l'agente consegue il profitto ingiusto con correlativo danno per lo Stato». Tanto basta a legittimare, dunque, il sequestro preventivo per equivalente previsto dal Tribunale.
Presidente Verga - Estensore Borsellino Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Milano in funzione di giudice del riesame ha respinto l'istanza di riesame avanzata nell'interesse di F.M. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Milano il 9 luglio 2024 in relazione ai reati di concorso in truffa e tentata truffa aggravata contestati all'indagato. Si addebita all'indagato, nella veste di legale rappresentante della (OMISSIS) srl e di socio unico della società, di essersi procurato, agendo in concorso con M. M., che assumeva il ruolo di legale rappresentante della medesima società per un intervallo di circa sei mesi, un ingiusto profitto consistente nella monetizzazione dei crediti d'imposta creati attraverso fatture false per lavori di rifacimento delle facciate mai deliberati dalle assemblee condominiali e mai eseguiti, per un importo nominale complessivo di 11 milioni di euro (capo A), e di avere tentato di monetizzare altri crediti di imposta per un importo complessivo ancora maggiore, attraverso la cessione ad istituti di credito, non riuscendo nell'intento a causa delle numerose denunce presentate dai condomini ai quali restituiva alcuni crediti di imposta (capo B). 2. Avverso detta sentenza propone ricorso l'imputato, deducendo: 2.1 violazione dell'articolo 321 cod.proc.penumero in relazione ai parametri dell'adeguatezza e della proporzionalità e gradualità della misura, poiché il sequestro ha interessato come sequestro diretto nei confronti della società (OMISSIS) srl. le cose pertinenti al reato, individuate nel credito d'imposta di circa 1.837.709,36 € di cui la società è titolare, in relazione alla truffa contestata al capo A e, nei confronti del prevenuto F.M., come sequestro per equivalente in vista della confisca, e ha riguardato le quote societarie intestate al prevenuto, le moto, le autovetture e la casa di proprietà, sul presupposto erroneo che questi fosse amministratore pro-tempore della società alla data della monetizzazione dei crediti fiscali per cessione alla società (OMISSIS) spa. Osserva il ricorrente che nel periodo in cui è stato consumato il reato ha ricevuto dalla società il pagamento dei soli emolumenti arretrati relativi alla carica di amministratore e tali somme hanno una lecita giustificazione e non essendo pertinenti al reato non possono essere oggetto di sequestro. Sussiste pertanto violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza del sequestro in quanto, a fronte della somma di 130.000 € percepita dal F.M. come leciti emolumenti nella veste di amministratore della società, ha subito il sequestro di beni personali per un valore pari ad un milione di euro. 2.2 Violazione dell'articolo 321 cod.proc.penumero per errata valorizzazione dell'elemento soggettivo in relazione al fumus della condotta delittuosa, in quanto il prevenuto è socio unico di una società indagata per il reato di truffa aggravata ma, all'epoca in cui i fatti sono stati commessi non aveva poteri di amministrazione, a seguito delle dimissioni rassegnate il 26 giugno 2021. In assenza di atti di amministrazione diretta nella società e di deleghe con le quali esercitare anche solo alcuno dei poteri di amministrazione, il prevenuto deve ritenersi persona estranea al reato da cui non ha ottenuto alcuna diretta utilità ma solo il danno di un sequestro preventivo per equivalente sui beni di proprietà. Il prevenuto deve ritenersi soggetto in buona fede che non ha recepito alcun vantaggio dall'esecuzione del reato commesso dalla società. Inoltre il sequestro preventivo per equivalente ha attinto beni del prevenuto che è soggetto estraneo al reato e si riferisce a beni accumulati al di fuori di qualsiasi ipotesi di reato. Considerato in diritto 1.I motivi sono manifestamente infondati e generici. Occorre premettere che F.M. risulta indagato per i delitti di truffa e di tentata truffa aggravata in quanto, nella qualità di socio unico della (OMISSIS) srl e di amministratore legale sino al 13/9/2021, tramite l'emissione di false fatture per lavori condominiali inesistenti ha conseguito un ingiusto profitto costituito dai crediti d'imposta emessi in relazione alla misura del Bonus facciate e alla loro successiva cessione. Inoltre in relazione ad altri lavori condominiali gli è stata contestata al capo B dell'incolpazione la medesima truffa nella forma del tentativo, in quanto le false fatture emesse, che avevano già creato altrettanti crediti d'imposta per un importo molto rilevante, erano state stornate con note di credito di importo corrispondente. Al riguardo non è superfluo osservare che, secondo un orientamento che il collegio condivide, nella fattispecie di cui all'articolo 640-bis cod. penumero, il danno che può assumere rilievo appare essere quello che va a incidere sull'ente erogatore (cioè, nella specie, sullo Stato), e le truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche commesse generando un credito d'imposta inesistente in quanto fondato su un diritto alla detrazione del quale manchino del tutto i presupposti costitutivi, si consumano con la creazione dello stesso credito mediante l'esercizio dell'opzione, di cui alla lett. b del comma 1 dell'articolo 121 del d.l. numero 34 del 2020, per la cessione a terzi di un credito d'imposta di ammontare pari a quello della suddetta detrazione, senza che, per la stessa consumazione sia necessario che il credito fittizio così creato venga utilizzato in compensazione dall'apparente beneficiario della detrazione (o sia da lui riscosso) o da un cessionario dello stesso credito. (v. Sez. 2, numero 45868 del 17/10/2024, Barbera, Rv. 287279 - 01) La Corte è consapevole che secondo altro orientamento di legittimità, ma nei casi come quello in esame, con l'esercizio dell'opzione di cui alla lett. b) del comma 1 dell'articolo 121 del d.l. numero 34 del 2020, l'agente crea un credito nei confronti dello Stato (e, quindi, un debito di esso) del tutto inesistente - in quanto generato in assenza di qualsiasi fonte giustificativa dell'obbligazione nell'effettiva realtà dei fatti - e che è naturalmente destinato a essere prontamente utilizzato dai terzi cessionari in compensazione, gli effetti della quale sono di assai incerta neutralizzabilità, in particolare, nel caso in cui tale utilizzo sia fatto da cessionari in buona fede. Alla luce di tali peculiarità dei crediti cosiddetti superbonus , si deve ritenere che già con la creazione del credito fittizio mediante l'esercizio dell'opzione di cui alla lett. b) del comma 1 dell'articolo 121 del d.l. numero 34 del 2020 l'agente consegua il profitto ingiusto con correlativo danno per lo Stato. Tanto premesso, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ha interessato i beni del F.M., poiché non è stato possibile sottoporre a vincolo eventuali liquidità sui conti intestati alla società (OMISSIS) srl, e il valore dei beni sottoposti a sequestro è di molto inferiore al valore dei proventi della truffa realizzata dalla società. 1.1 Il primo motivo è manifestamente infondato poiché il difensore deduce violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza del sequestro, facendo riferimento non all'importo del vantaggio illecito presumibilmente conseguito dall'indagato, ma al valore dei redditi leciti a lui versati dalla società nella veste di amministratore legale, che risulta di gran lunga inferiore ai profitti illeciti che secondo la prospettazione accusatoria F.M. avrebbe conseguito in ragione del suo ruolo di socio unico e di amministratore di fatto della (OMISSIS) srl. A ciò si aggiunga che dal tenore del provvedimento impugnato (v.pag.12) emerge che la difesa non aveva avanzato in sede di riesame censure in ordine alla determinazione e quantificazione del profitto confiscabile, sicché dette censure non possono essere formulate per la prima volta in sede di legittimità. 1.2 Anche il secondo motivo è generico e manifestamente infondato. In caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente vi è la stringente necessità che i beni oggetto della misura cautelare reale appartengano al soggetto responsabile dell'illecito; la più volte affermata natura sanzionatoria della confisca per equivalente impedisce infatti di esercitare il potere ablatorio - e il prodromico potere cautelare - nei confronti di coloro che non hanno partecipato alla commissione dell'illecito. Dalla lettura dell'ordinanza impugnata emerge che l'imputato, a prescindere dall'essere socio unico della (OMISSIS) srl, è stato amministratore legale dalla costituzione della stessa sino alla data in cui ha presentato le dimissioni, nel giugno 2021, per poi essere nuovamente nominato come amministratore dal marzo 2022; inoltre la nomina dell'amministratore che lo ha sostituito è intervenuta nel luglio 2021 e nel periodo immediatamente precedente, F.M. ha partecipato ad alcuni sopraluoghi nei condomini coinvolti nelle truffe, e in quello successivo era presente ad una riunione di assemblea condominiale. Le numerose fatture, emesse per importi molto rilevanti nel breve arco di tempo in cui F.M. aveva presentato le dimissioni, sono solo uno degli atti della complessa operazione fraudolenta attraverso la quale è stato realizzato il profitto che, avendo ad oggetto lavori inesistenti, presupponeva anche un accordo illecito con l'amministratore dei condominii coinvolti e ha comportato il versamento di denaro da parte della società (OMISSIS) sui conti del condominio, per consentire all'amministratore di effettuare i bonifici tracciabili a pagamento delle fatture. Nel provvedimento si fa altresì riferimento alla partecipazione del F.M. ad un'assemblea condominiale tenutasi il 21/12/2021, a conferma del pieno coinvolgimento dell'indagato nelle attività prodromiche alla frode, anche nel periodo in cui non era amministratore legale della (OMISSIS) srl. Inoltre dalla lettura della richiesta del Pubblico Ministero finalizzata ad ottenere il sequestro preventivo e dalla stessa ordinanza emerge che alcuni proventi della cessione all'Enel dei crediti d'imposta maturati per la falsa fatturazione sono stati versati alla società (OMISSIS) srl, mentre era amministratore pro-tempore l'indagato F.M. che, dopo un breve intervallo, ha assunto di nuovo il ruolo di amministratore legale della società. Detti proventi sono stati subito spostati in conti di altre società e alcuni direttamente del F.M., mentre è noto che il conto corrente di una società non è nella disponibilità dell'amministratore, che è un gestore dello stesso per conto dell'ente. Da tutti questi elementi il Tribunale ha correttamente desunto la sussistenza di indizi adeguati alla fase cautelare in ordine al coinvolgimento del F.M., quale dominus di fatto della società senza soluzione di continuità, nella realizzazione delle attività illecite esitate nella falsa fatturazione, a prescindere dalle date in cui le singole fatture sono state emesse, e nella fruizione dei proventi illeciti, ben superiori all'entità dei suoi emolumenti. Tanto basta a legittimare il sequestro preventivo per equivalente nei suoi confronti. 2.Per tali ragioni, il ricorso è inammissibile con le conseguenti statuizioni. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.