Locale troppo rumoroso: nessuna sanzione per il titolare che ignora lo stop imposto dal sindaco alle attività a più alta produzione di decibel

Nessuna sanzione per il titolare del locale troppo rumoroso nonostante egli ignori volutamente l'ordinanza con cui il sindaco gli ha imposto la sospensione delle attività a più alta produzione di decibel.

Riflettori puntati su una Caffetteria  in Abruzzo, locale caratterizzato non solo dalla vicinanza al mare, distante appena cinquanta metri a piedi, ma anche dalla musica, spesso ad alto volume. Proprio quest'ultimo dettaglio, mal digerito da qualche famiglia che risiede in quell'area, fa scattare l'allarme e obbliga il sindaco ad adottare un provvedimento ad hoc per imporre al titolare del locale lo stop alle attività più rumorose. In sintesi, niente musica ad alto volume e, se possibile, invitare i clienti a tenere un contegno più urbano. All'ordinanza emessa dal primo cittadino, però, il titolare del locale non presta alcuna attenzione: si ritrova così condannato in Tribunale e obbligato a pagare 150 euro di ammenda per inosservanza del provvedimento dell'autorità, ossia «per non aver ottemperato all'ordinanza del sindaco, legalmente data per ragioni di salute pubblica» e per avere, quindi, «mantenuto, presso la Caffetteria , la musica a volume elevato oltre l'orario consentito». Col ricorso in Cassazione la difesa contesta fortemente la valutazione compiuta in Tribunale. In questa ottica, quindi, il legale prende posizione in modo netto: «la fattispecie contravvenzionale è configurabile esclusivamente nell'ipotesi in cui l'inottemperanza si riferisca a provvedimenti contingibili ed urgenti adottati con riguardo a situazioni non disciplinate da una specifica normativa. Non può, pertanto, «configurarsi una contravvenzione», spiega, «quando l'inottemperanza riguardi ordinanze sindacali, sia pure concernenti la materia dell'igiene pubblica, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti. E, in tali casi, l'omissione è punita con sanzione amministrativa». Entrando nei dettagli della vicenda, poi, si evidenzia che «l'ordinanza sindacale non è stata emessa per motivi contingibili ed urgenti, poiché adottata a venti giorni di distanza dalla nota dell' ARTA - Agenzia regionale per la protezione dell'Ambiente Abruzzo  con cui si comunicavano gli esiti dell'indagine fonometrica eseguita presso un'abitazione collocata nelle vicinanze della caffetteria», e aggiunge poi che «il provvedimento del sindaco risulta motivato solo apparentemente, richiamando genericamente implicazioni igienico-sanitarie con pregiudizio della salute pubblica, omettendo di indicare le ragioni di emergenza che non avrebbero potuto essere protette in via ordinaria. Difatti, soltanto all'esito dei sondaggi fonometrici è stata adottata l'ordinanza in questione, che, dunque, solo apparentemente rivestiva i caratteri della necessità e dell'urgenza». Per chiudere il cerchio, infine, «l'inottemperanza ha procurato rumori molesti ai componenti di un unico nucleo familiare, senza arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone», annota il legale. Per i Giudici, le obiezioni sollevate dalla difesa hanno un solido fondamento e consentono di escludere la responsabilità attribuita in Tribunale titolare della Caffetteria . In premessa, comunque, viene ricordato che «per provvedimento dell'autorità deve intendersi ogni atto cui l'autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transitoria. Pertanto, poiché il Codice Penale contiene una norma esclusivamente sanzionatoria della inosservanza dei provvedimenti individuali, esso non è applicabile alla inosservanza di leggi, regolamenti o ordinanza dell'autorità concernenti la generalità dei cittadini». Di conseguenza, «l'inosservanza di ordinanze sindacali integra la contravvenzione prevista dal Codice Penale soltanto ove l'inottemperanza si riferisca a provvedimenti contingibili e urgenti, adottati con riguardo a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa», mentre va esclusa «l'inottemperanza a ordinanze sindacali, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti vigenti, posto che l'omissione, in tal caso, viene punita con la sanzione amministrativa da specifiche norme del settore». In questa prospettiva si colloca, secondo la Cassazione, l'ordinanza sindacale relativa alla Caffetteria , ordinanza che «disponeva a carico del titolare, sul presupposto del constatato superamento dei limiti di emissioni acustiche in termini di decibel, la sospensione con effetto immediato delle attività rumorose fino all'ottenimento delle autorizzazioni in deroga» e sanciva l'obbligo di «adeguarsi agli orari ed ai limiti di immissione acustica stabiliti dal piano di classificazione acustica», come previsto dalla Legge quadro sull'inquinamento acustico . Dato di fatto indiscutibile è che il titolare della Caffetteria  ha ignorato consapevolmente l'ordinanza emessa dal sindaco e per ben due giorni «ha lasciato, a dispetto delle prescrizioni impartitegli, che dal locale si propagassero immissioni rumorose oltre l'orario consentito», come certificato da specifica testimonianza del personale di Polizia giudiziaria e dalla mancanza di documentazione autorizzasse la condotta incriminata tenuta dal titolare del locale. Detto ciò, però, ci si trova di fronte ad un'azione che rientra nella previsione della legge sull'inquinamento acustico, la quale prevede che «qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, il sindaco può, con provvedimento motivato, ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività, trovando specifica sanzione amministrativa». Di conseguenza, a fronte delle scelte del titolare della Caffetteria , «non può riscontrarsi alcuna responsabilità penale». Soprattutto alla luce del principio, fissato ora dai Giudici, secondo cui «non integra il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità la condotta di inottemperanza all'ordinanza sindacale con cui si ordinano speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività, trattandosi di violazione che trova una specifica sanzione amministrativa».

Presidente Casa - Relatore Grieco Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Chieti ha condannato P.A. alla pena di centocinquanta euro di ammenda per il reato di cui all'articolo 650 codice penale, per non aver ottemperato all'ordinanza del Sindaco del Comune di (OMISSIS), numero 8 del 19 luglio 2021, legalmente data per ragioni di salute pubblica, mantenendo presso la Caffetteria (OMISSIS), sita in (OMISSIS), la musica a volume elevato oltre l'orario consentito. 2. Ricorre per cassazione l'imputato tramite il difensore di fiducia, Avv. Tullio Zampacorta, deducendo due motivi enunciati di seguito, secondo il disposto di cui all'articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce l'erronea applicazione della legge e la manifesta illogicità della motivazione in relazione all'articolo 650 cod. penumero, in quanto afferma che la fattispecie contravvenzionale è configurabile esclusivamente nell'ipotesi in cui l'inottemperanza si riferisca a provvedimenti contingibili ed urgenti adottati con riguardo a situazioni non disciplinate da una specifica normativa. Non potrebbe pertanto configurarsi la contravvenzione in argomento quando l'inottemperanza riguardi ordinanze sindacali, sia pure concernenti la materia dell'igiene pubblica, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti; in tali casi, l'omissione è punita con sanzione amministrativa ai sensi dell'articolo 7 bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, numero 267. Più specificamente, nel ricorso si evidenzia che l'ordinanza sindacale non sarebbe stata emessa per motivi contingibili ed urgenti perché adottata a venti giorni di distanza dalla nota dell'ARTA Abruzzo con la quale si comunicavano gli esiti dell'indagine fonometrica eseguita presso un'abitazione sita nelle vicinanze della caffetteria. Inoltre, il ricorrente eccepisce che il provvedimento sindacale risulta motivato solo apparentemente, attraverso formule di stile, richiamando genericamente implicazioni igienico sanitarie con pregiudizio della salute pubblica, omettendo di indicare le ragioni di emergenza che non avrebbero potuto essere protette in via ordinaria. Infatti, soltanto all'esito dei sondaggi fonometrici è stata adottata l'ordinanza in questione che, dunque, solo apparentemente rivestiva i caratteri della necessità e dell'urgenza. Si deduce, poi, che l'inottemperanza ha procurato rumori molesti ai componenti di un unico nucleo familiare, senza arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone, sicché il provvedimento sindacale non corrisponde al modello legale tipico con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto disapplicarlo. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha eccepito la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 lett. e), cod. proc. penumero, in relazione alla non applicazione dell'articolo 131-bis cod. penumero, per avere omesso qualsiasi ragione al riguardo, benché fosse stata oggetto di espressa richiesta; si aggiunge che la fattispecie in questione mostrerebbe tutti i presupposti di applicazione della disposizione sopra richiamata, trattandosi di condotta non abituale e di modesto disvalore penale, venendo in rilievo l'esiguità della lesione al bene giuridico protetto e non avendo riportato condanne per reati analoghi. 3. Con requisitoria scritta l'Avvocato generale, Gabriele Mazzotta, ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente all'omessa motivazione sulla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto e per il rigetto del ricorso nel resto. 4. La difesa ha depositato conclusioni scritte a mezzo delle quali ha confutato le conclusioni formulate dal Procuratore generale in relaziona al primo motivo di ricorso, condividendo la richiesta di annullamento con rinvio in riferimento al secondo motivo; per il resto, si è riportata integralmente alle doglianze poste a fondamento dell'impugnazione. Considerato in diritto 1. È fondato ed assorbente il primo motivo di ricorso, per le ragioni di seguito esposte. In via preliminare va evidenziato che per provvedimento dell'autorità, ai sensi dell'articolo 650 cod. penumero «deve intendersi ogni atto con il quale l'autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transeunte. Pertanto, poiché l'articolo 650 cod. penumero contiene una norma esclusivamente sanzionatoria della inosservanza dei provvedimenti individuali esso non è applicabile alla inosservanza di leggi, regolamenti o ordinanza dell'autorità concernenti la generalità dei cittadini». (Sez. 1, numero 40185 del 25/05/2022, non mass, sul punto, Sez. 1, numero 570 del 28/11/1995, dep 1996, Rv. 203461; Sez. 1, numero 1599 del 28 novembre 1995, dep. 1996, non massimata). In continuità con tali arresti, la giurisprudenza di legittimità, in tema di ordinanze sindacali, si è consolidata nell'affermare che l'inosservanza delle stesse «integra la contravvenzione di cui all'articolo 650 cod. penumero soltanto ove l'inottemperanza si riferisca a provvedimenti contingibili e urgenti, adottati con riguardo a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa, nel mentre resta estranea alla sfera di applicazione della norma in parola l'inottemperanza a ordinanze sindacali, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti vigenti, posto che l'omissione, in tal caso, viene punita con la sanzione amministrativa da specifiche norme del settore» (Sez. 3, numero 20417 del 21/02/2018, Rv. 273223, Sez. 1, numero 1200 del 15/11/2012, Rv. 254247; Sez. 1, numero 7893 del 08/02/2007, Rv. 236244). In tale contesto si colloca l'ordinanza sindacale numero 8 del 19 luglio 2024 che, sul presupposto del constatato superamento dei limiti di emissioni acustiche in termini di decibel, disponeva a carico del P.A. la sospensione con effetto immediato delle attività rumorose fino all'ottenimento delle autorizzazioni in deroga e di adeguarsi agli orari ed ai limiti di immissione acustica stabiliti dal piano di classificazione acustica, ai sensi della legge 26 ottobre 1995, numero 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico) Nel provvedimento impugnato si dà atto che l'imputato contravveniva a tale specifico ordine perché nei giorni 12 e 14 agosto 2024, a dispetto delle prescrizioni impartite, lasciava che dall'attività commerciale si propagassero immissioni rumorose oltre l'orario consentito e, a sostegno di ciò, indicava la testimonianza del personale di polizia giudiziaria e la mancanza di documentazione che ciò autorizzasse. Ciò posto, deve rilevarsi che la condotta ascritta all'imputato rientra nella previsione di cui all'articolo 9 della legge sull'inquinamento acustico, la quale prevede che qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, il sindaco con provvedimento motivato, può «ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività», trovando specifica sanzione amministrativa nell'articolo 10, come modificato dall'articolo 13, comma 1, lettera a), dalla legge 17 febbraio 2017, numero 42, secondo cui «[f]atto salvo quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.000 euro a 20.000 euro». Nella fattispecie in esame non può dunque riscontrarsi la responsabilità penale ai sensi dell'articolo 650 cod. penumero Ribadita, dunque, la natura di norma sussidiaria della disposizione di cui all'articolo 650 cod. penumero, in quanto si applica solo quando la violazione del provvedimento amministrativo non sia altrimenti sanzionata (Sez. 3, numero 25322 del 15/02/2019, Rv. 276005 - 01, Sez. 1, numero 44126 del 19/04/2016, Rv. 268288 - 01, Sez. 1, numero 4445 del 13/01/2015, Rv. 262643 - 01, Sez. 1, numero 43398 del 25/10/2005, Rv. 232745 - 01), deve affermarsi che non integra il reato di cui all'articolo 650 cod. penumero, la condotta di inottemperanza all'ordinanza sindacale, adottata ai sensi dell'articolo 9 della legge numero 447 del 1995, con cui si ordinano speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività, trattandosi di violazione che trova una specifica sanzione amministrativa nell'articolo 10 comma 1, della medesima legge. 2. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato.