Mancato versamento delle ritenute previdenziali: sul termine di decadenza del potere sanzionatorio

Il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti dall'autorità giudiziaria, entro il quale l'INPS deve notificare al responsabile la violazione concernente il mancato versamento delle ritenute previdenziali, parzialmente depenalizzata, è fissato a pena di decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria e, in caso di mancata trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria, decorre dal momento di entrata in vigore del d.lgs. 8/2016, ove dal vaglio di merito, risulti che l'accertamento delle violazioni non ha richiesto da parte dell'INPS alcuna attività istruttoria.

Nel caso in analisi, la Corte d'Appello di Torino aveva confermato la decisione di primo grado che aveva accolto l'opposizione presentata da un lavoratore contro due ordinanze-ingiunzione emesse dall'INPS, le quali imponevano sanzioni amministrative per il mancato versamento delle ritenute previdenziali in vari periodi compresi tra ottobre 2015 e gennaio 2016. La Corte territoriale, facendo riferimento a precedenti giurisprudenziali in casi analoghi, aveva ritenuto che fosse intervenuta la decadenza dall'esercizio del potere sanzionatorio, a causa del decorso del termine previsto dall'articolo 14, comma 2, l. numero 689/1981. La data di riferimento per l'inizio del termine di novanta giorni per la contestazione dell'illecito è stata individuata nel momento dell'entrata in vigore del d.lgs. 8/2016, il quale ha parzialmente depenalizzato il reato in questione. Inoltre, i giudici di secondo grado avevano escluso la rilevanza di eventuali provvedimenti di trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria all'ente previdenziale, ritenendo che ciò fosse sufficiente a evitare l'applicazione del diverso termine di decorrenza previsto dall'articolo 9 del medesimo decreto. L'INPS, proponendo ricorso per cassazione, sottolineava che la Corte d'appello aveva erroneamente ritenuto che fosse decorso il termine di decadenza dall'esercizio del potere sanzionatorio. L'ente previdenziale evidenziava, in particolare, che gli articolo 8 e 9 d.lgs. 8/2016 stabiliscono la retroattività della sostituzione della sanzione penale con quella amministrativa, ma senza prevedere la decadenza per l'eventuale inadempimento dell'amministrazione nel notificare l'illecito entro il termine di novanta giorni. Per i Giudici, il ricorso è infondato. In primo luogo, il d.lgs. 8/2016, all'articolo 8, comma 1, stabilisce che le disposizioni che sostituiscono le sanzioni penali con quelle amministrative si applicano anche alle violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del decreto. L'articolo 9 del medesimo decreto disciplina, poi, le modalità di attuazione di tale sostituzione, prevedendo che l'autorità giudiziaria debba trasmettere gli atti relativi ai procedimenti penali all'autorità amministrativa entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso (comma 1), e che l'autorità amministrativa debba notificare gli estremi della violazione agli interessati entro novanta giorni dalla ricezione degli atti (comma 4).  Le suddette disposizioni relative al termine di novanta giorni, devono, dunque, essere interpretate come un termine di decadenza, nel rispetto del principio di legalità di cui all'articolo 23 Cost., in combinato disposto con il diritto di difesa ex articolo 24 Cost. e il principio di imparzialità e buon andamento di cui all'articolo 97 Cost. La peculiarità del caso di specie - ha continuato la Corte - è data dal fatto che nessuna trasmissione degli atti è stata effettuata dall'autorità giudiziaria all'INPS, di talché non appare possibile né riferirsi al dies a quo previsto dall'articolo 9, comma 4, d.lgs. 8/2016, né a fortiori quello di cui all'articolo 14, comma 2, l. numero 689/1981, dal momento che all'epoca dell'accertamento il fatto era previsto dalla legge come reato. In tale contesto, è stato evidenziato che «la decorrenza del termine entro cui effettuare la contestazione dell'addebito andasse collocata al momento di entrata in vigore del d. lgs. numero 8/2016 (6.2.2016), ossia quando, intervenuta la depenalizzazione, l'INPS comunque avrebbe potuto motu proprio dar corso al procedimento sanzionatorio mediante notifica della violazione. Sicché, considerato che i giudici territoriali hanno altresì accertato che “negli stessi atti di accertamento della violazione è lo stesso Istituto a dare atto che le violazioni sono emerse ‘da una verifica dei nostri archivi' […], il che dimostra che tutti i dati erano già in possesso dell'Istituto e che l'accertamento delle violazioni non ha richiesto alcuna attività istruttoria” (così la sentenza impugnata, pagg. 6-7), deve concludersi che la sentenza gravata resiste alle censure mossele.» La Corte di Cassazione ha, dunque, rigettato il ricorso, enunciando il seguente principio di diritto: «Il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti dall'autorità giudiziaria, entro il quale, a norma dell'articolo 9, comma 4, d.lgs. numero 8/2016, l'INPS deve notificare al responsabile la violazione amministrativa concernente il mancato versamento delle ritenute previdenziali, parzialmente depenalizzata ai sensi dell'articolo 3, comma 6, del medesimo decreto legislativo, è fissato a pena di decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria e, in caso di mancata trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria, decorre dal momento di entrata in vigore del d.lgs. numero 8/2016 (6.2.2016), ove dal vaglio di merito risulti che, in concreto, l'accertamento delle violazioni non ha richiesto da parte dell'INPS alcuna attività istruttoria.»

Presidente Esposito - Relatore Cavallaro Fatti di causa Con sentenza depositata il 28.9.2023, la Corte d'Appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l'opposizione proposta da Vi.Anumero avverso due ordinanze-ingiunzione con cui l'INPS gli aveva irrogato le sanzioni amministrative per mancato versamento delle ritenute previdenziali in vari periodi tra l'ottobre 2015 e il gennaio 2016. La Corte, richiamando propri precedenti resi in fattispecie analoghe, ha ritenuto maturata la decadenza dalla potestà sanzionatoria per decorso del termine di cui all'articolo 14, comma 2, L. numero 689/1981, assumendo la data di entrata in vigore del D.Lgs. n 8/2016, che, all'articolo 3, comma 6, aveva parzialmente depenalizzato l'illecito in questione, come dies a quo del termine di novanta giorni per la contestazione dell'illecito; inoltre, ha reputato irrilevante che non risultasse al fine alcun provvedimento di trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria all'ente previdenziale, ritenendo per contro che ciò valesse semplicemente ad escludere il diverso dies a quo previsto dall'articolo 9, D.Lgs. numero 8/2016, cit. Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione l'INPS, deducendo un motivo di censura. Vi.Anumero ha resistito con controricorso. Il Pubblico ministero ha depositato memoria. Ragioni della decisione Con l'unico motivo di censura, l'INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 14, comma 2°, L. numero 689/1981, degli articolo 8, comma 1, e 9, D.Lgs. numero 8/2016, e dell'articolo 2, comma 1-bis, D.L. numero 463/1983 (conv. con L. numero 638/1983), per avere la Corte di merito ritenuto maturata la decadenza dall'esercizio del potere sanzionatorio di cui all'articolo 14, L. numero 689/1981, cit.: ad avviso dell'Istituto ricorrente, infatti, la vicenda per cui è causa andrebbe disciplinata esclusivamente sulla scorta degli articolo 8, comma 1, e 9, D.Lgs. numero 8/2016, che - nel prevedere la depenalizzazione dell'omesso versamento delle ritenute previdenziali, già qualificato come illecito penale dall'articolo 2, comma 1-bis, D.L. numero 463/1983, cit. - hanno bensì previsto, per le fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore, la retroattività della sostituzione della sanzione amministrativa a quella penale e la conseguente restituzione degli atti all'autorità amministrativa affinché quest'ultima proceda a notificare al responsabile gli estremi della violazione, ma senza in alcun modo comminare la decadenza per il caso in cui l'amministrazione non vi provveda entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti. Il motivo è infondato. Va premesso che il D.Lgs. numero 8/2016, nel prevedere, all'articolo 8, comma 1, che le disposizioni del presente decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso , ha disciplinato, all'articolo 9, le modalità con cui darvi concreta applicazione, stabilendo anzitutto che l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmissione all'autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi (comma 1), differenziando in secondo luogo i soggetti a ciò tenuti a seconda che l'azione penale sia già stata o meno esercitata (commi 2 e 3) e disponendo, da ultimo, che l'autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni […] dalla ricezione degli atti (comma 4). Ciò posto, va rilevato che l'articolo 6, D.Lgs. numero 8/2016, stabilisce in forma assolutamente generale che nel procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, numero 689 ; e se è indubitabile che la previsione valga anzitutto pro futuro, ossia per le violazioni commesse a far data dalla sua entrata in vigore, non è meno vero che tra le sanzioni amministrative previste dal presente decreto debbono intendersi ricomprese anche quelle sanzioni che, a norma del successivo articolo 8, si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso : prova ne sia, ai fini che qui interessano, che l'articolo 9, come s'è già visto, prevede che l'autorità amministrativa debba notificare gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni […] dalla ricezione degli atti , vale a dire entro il medesimo termine previsto dall'articolo 14, comma 2°, L. numero 689/1981, che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente interpretato come termine di decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria (cfr. ex multis,Cass. numero 9456 del 2004 e, da ult., Cass. numero 4345 del 2024). Si tratta, ad avviso del Collegio, di una soluzione costituzionalmente necessitata ove si consideri che, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 18, L. numero 689/1981, nella parte in cui non prevede un termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio mediante l'emissione dell'ordinanza ingiunzione o dell'ordinanza di archiviazione degli atti, la Corte costituzionale ha nondimeno precisato che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell'esercizio del potere , in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell'esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell'interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale , e la sua individuazione in un momento non particolarmente distante dal momento dell'accertamento e della contestazione dell'illecito, consentendo all'incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall'articolo 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all'articolo 97 Cost. (Corte cost. numero 151 del 2021). In altri termini, è il principio di legalità di cui all'articolo 23 Cost., in combinato disposto con il diritto di difesa di cui all'articolo 24 e il principio di imparzialità e buon andamento di cui all'articolo 97, ad imporre all'interprete di ritenere che il termine previsto all'articolo 9, comma 4, D.Lgs. numero 8/2016, sia un termine di decadenza: diversamente opinando, infatti, l' esigenza di contenere nel tempo lo stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una speciale prerogativa pubblicistica, quale è quella sanzionatoria, capace di incidere unilateralmente e significativamente sulla situazione giuridica soggettiva dell'incolpato , resterebbe esclusivamente affidata alla previsione del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative (articolo 28, L. numero 689/1981), che tuttavia, per ampiezza e suscettibilità di interruzione, deve considerarsi inidoneo a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell'incolpato e l'effettività del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l'accertamento dell'illecito e l'applicazione della sanzione (così ancora Corte cost. numero 151 del 2021, cit.). Chiarito, pertanto, che la norma di cui all'articolo 9, comma 4, D.Lgs. numero 8/2016, deve leggersi alla stregua del precetto di cui all'articolo 14, comma 2°, L. numero 689/1981, e ricordato che, per principio generale, l'onere della prova dell'osservanza dei termini previsti a pena di decadenza per l'esercizio di un diritto incombe su chi intende esercitarlo (cfr., fra le tante, Cass. nnumero 3796 del 1989, 10412 del 1997, 7093 del 2003), la peculiarità del caso di specie è data dal fatto che nessuna trasmissione degli atti è stata effettuata dall'autorità giudiziaria all'INPS, di talché non appare possibile né riferirsi al dies a quo previsto dall'articolo 9, comma 4, D.Lgs. numero 8/2016, né a fortiori quello di cui all'articolo 14, comma 2°, L. numero 689/1981, dal momento che all'epoca dell'accertamento il fatto era previsto dalla legge come reato. D'altra parte, deve logicamente escludersi che l'inerzia dell'autorità giudiziaria nella trasmissione degli atti all'INPS possa ridondare a danno dell'incolpato, privandolo del diritto alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione: una simile conclusione si porrebbe infatti diametralmente in contrasto con le esigenze di certezza del diritto e di tutela del diritto di difesa e del buon andamento dell'amministrazione puntualmente evidenziate da Corte cost. numero 151 del 2021, cit., e sarebbe dunque sospettabile di illegittimità costituzionale per violazione degli articolo 23, 24 e 97 Cost.- Reputa il Collegio che alla questione possa darsi risposta negli stessi termini elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte in relazione all'incidenza di una legge sopravvenuta che introduca ex novo un termine di decadenza riferibile ad una situazione giuridica ancora pendente (Cass. S.U. numero 15352 del 2015): fermo restando, infatti, che la previsione di un termine di decadenza da parte del legislatore non può avere effetto retroattivo, non potendo logicamente configurarsi un'ipotesi di estinzione del diritto per mancato esercizio da parte del titolare in assenza di una previa determinazione del termine entro il quale il diritto debba essere esercitato, il necessario bilanciamento tra le esigenze di garantire, da una parte, il conseguimento delle finalità perseguite dal legislatore con l'introduzione del termine decadenziale per l'esercizio della potestà sanzionatoria e di tutelare, dall'altra parte, l'interesse della parte pubblica a non vedersi addebitare un'inerzia ad essa non imputabile può essere assicurato dalla regola di valore generale dell'articolo 252 att. c.c., secondo cui quando per l'esercizio di un diritto il codice stabilisce un termine più breve di quello stabilito dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche all'esercizio dei diritti sorti anteriormente e alle prescrizioni e usucapioni in corso, ma il nuovo termine decorre dalla data di entrata in vigore della nuova legge. Alla stregua delle anzidette considerazioni, affatto correttamente i giudici territoriali hanno ritenuto nel caso di specie che, una volta accertato che l'autorità giudiziaria non aveva trasmesso all'INPS gli atti relativi al procedimento penale illo tempore promosso nei confronti dell'odierno controricorrente, la decorrenza del termine entro cui effettuare la contestazione dell'addebito andasse collocata al momento di entrata in vigore del D.Lgs. numero 8/2016 (6.2.2016), ossia quando, intervenuta la depenalizzazione, l'INPS comunque avrebbe potuto motu proprio dar corso al procedimento sanzionatorio mediante notifica della violazione. Sicché, considerato che i giudici territoriali hanno altresì accertato che negli stessi atti di accertamento della violazione è lo stesso Istituto a dare atto che le violazioni sono emerse 'da una verifica dei nostri archivi' […], il che dimostra che tutti i dati erano già in possesso dell'Istituto e che l'accertamento delle violazioni non ha richiesto alcuna attività istruttoria (così la sentenza impugnata, pagg. 6-7), deve concludersi che la sentenza gravata resiste alle censure mossele. Il ricorso, pertanto, va rigettato con l'enunciazione del seguente principio di diritto: il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti dall'autorità giudiziaria, entro il quale, a norma dell'articolo 9, comma 4, D.Lgs. numero 8/2016, l'INPS deve notificare al responsabile la violazione amministrativa concernente il mancato versamento delle ritenute previdenziali, parzialmente depenalizzata ai sensi dell'articolo 3, comma 6, del medesimo decreto legislativo, è fissato a pena di decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria e, in caso di mancata trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria, decorre dal momento di entrata in vigore del D.Lgs. numero 8/2016 (6.2.2016), ove dal vaglio di merito risulti che, in concreto, l'accertamento delle violazioni non ha richiesto da parte dell'INPS alcuna attività istruttoria . La novità e complessità della questione trattata giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.