Mandato di arresto europeo esecutivo e detenzione in carcere: la consegna del condannato segna il decorso del termine per proporre la rescissione

Le Sezioni Unite penali hanno affermato che nel caso di persona richiesta in consegna in attuazione di un mandato di arresto europeo esecutivo e detenuta in carcere, il termine per proporre la rescissione del giudicato decorre dal momento della consegna del condannato.

Nel caso in esame, la Corte di appello ha dichiarato inammissibile per tardività la richiesta di rescissione del giudicato proposta da un condannato in relazione alla sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti. I giudici di merito avevano dato atto che il condannato era stato tratto in arresto in Romania in forza del mandato europeo adottato dall'Autorità giudiziaria italiana per dare esecuzione alla indicata sentenza di condanna e che era stato consegnato allo Stato di emissione il 29 marzo 2023, data in cui ha ricevuto la notifica a mani proprie dell'ordine di esecuzione. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, alla data del deposito della richiesta di rescissione del giudicato il termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'articolo 629-bis c.p.p. era, dunque, integralmente decorso, in quanto il condannato aveva avuto conoscenza della sentenza di condanna in data 23 febbraio 2023, per effetto della notifica del mandato di arresto europeo eseguita all'atto dell'arresto in Romania, giacché tale provvedimento conteneva «tutti i riferimenti alla sentenza» di condanna utili allo scopo. Proposto ricorso in Cassazione, la Sezione sesta (numero 23715/2024) ha dato impulso ad un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità, che ha rimesso al vaglio delle Sezioni Unite ai sensi dell'articolo 618, comma 1, c.p.p., in relazione alla questione di diritto relativa alla decorrenza del termine per proporre la richiesta di rescissione del giudicato nel caso in cui la persona richiesta in consegna sia stata tratta in arresto e si trovi detenuta all'estero in esecuzione di un mandato di arresto europeo. Secondo l'ermeneusi costantemente seguita dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, il termine per proporre la richiesta di rescissione decorrerebbe non già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo - e della sentenza conclusiva - bensì da quello in cui egli ha avuto conoscenza del procedimento, ferma restando, in caso di particolare complessità della vicenda processuale, la possibilità per lo stesso di chiedere la restituzione nel termine per esercitare pienamente il diritto all'impugnazione straordinaria (Cass. numero 32267/2020; Cass. numero 48541/2023; Cass. numero 31252/2023). Nell'ambito della stessa linea ermeneutica, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 629-bis, comma 2, c.p.p. per violazione degli articolo 24, commi 2, 111 e 117 Cost. in relazione all'articolo 6 CEDU, nella parte in cui prevede che il termine di trenta giorni per la presentazione della richiesta di rescissione del giudicato decorre dalla «mera conoscenza del procedimento»(Cass. numero 29592/2021). Il medesimo principio è stato affermato con riguardo all'ipotesi, analoga a quella venuta all'attenzione del Collegio rimettente, in cui il soggetto sia detenuto all'estero per effetto di un mandato di arresto europeo esecutivo e, nei trenta giorni successivi alla notifica del mandato, non sia stato consegnato all'autorità giudiziaria italiana (Cass. numero 36560/2021; Cass. numero 51285/2023). Pertanto, secondo tale orientamento interpretativo il termine per proporre la richiesta di rescissione decorre non dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì - avuto riguardo alla formulazione dell'articolo 629-bis c.p.p. anteriore alla riforma Cartabia, vigente ratione temporis - da quello in cui egli ha avuto conoscenza del procedimento, ferma restando, nel caso in cui la vicenda processuale evidenzi una particolare complessità, la possibilità per lo stesso di chiedere la restituzione nel termine per esercitare il diritto all'impugnazione. L'interpretazione sostenuta dai suindicati arresti di legittimità non è stata condivisa dal Collegio rimettente. Fulcro della ricostruzione operata dal Collegio rimettente è il disposto dell'articolo 4-bis, comma 2, secondo periodo, della decisione quadro là dove stabilisce la non decorrenza del termine per attivare il rimedio restitutorio contro la sentenza pronunciata in assenza, prima della consegna. Tale disposizione non è stata recepita dal legislatore italiano: né nel corpo del d.lgs. 31/2016, che ha dato attuazione alla decisione quadro 2009/299 GAI, con disposizioni rafforzative dei diritti processuali delle persone condannate in assenza nello spazio giuridico europeo e volte a promuovere il reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza; né nell'articolo 18-ter  l.numero 69/2005, introdotto dall'articolo 16, comma 1, d.lgs. 10/2021 - e richiamato dall'articolo 30, stessa legge - il quale ha riprodotto solo la prima parte del secondo comma 4-bis, con riferimento al mandato emesso a fini esecutivi di una sentenza pronunciata all'esito di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente, prevedendo la facoltà per il consegnando di chiedere la trasmissione dì copia della sentenza su cui il mandato si fonda, richiesta di cui è detto che non è sospensiva della consegna, ma non anche che non è idonea a determinare la decorrenza del termine per promuovere il rimedio restitutorio. Dunque, una riproduzione selettiva della norma eurounitaria. Ne è scaturita un'antinomia tra il diritto dell'Unione, che, in via generalizzata, sembra escludere che il termine per proporre il rimedio restitutorio possa decorrere, per il soggetto giudicato in assenza che si trovi in vinculis all'estero, anteriormente alla sua consegna, e l'interpretazione univocamente ricevuta dai sopra richiamati arresti della giurisprudenza nazionale. L'ordinanza di rimessione ha, poi, motivato il diniego della richiesta difensiva di proporre alla Corte di giustizia rinvio pregiudiziale ai sensi dell' articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea con riguardo all'interpretazione dell'articolo 4-bis cit., evidenziando, a giustificazione della propria decisione reiettiva, che la norma in discorso ha un contenuto chiaro nella sua valenza precettiva, laddove il silenzio del legislatore sulla specifica ipotesi in cui la persona sia stata giudicata in absentia e arrestata all'estero può essere superato, in virtù di una interpretazione di sistema; mentre va esclusa la possibilità di una disapplicazione delle norme di diritto interno in conflitto, in quanto le decisioni quadro sono prive di efficacia diretta.   Il giudice della nomofilachia ha promosso una interpretazione convenzionalmente conforme del diritto interno Una tale ermeneusi la Corte ha costruito applicando per analogia l'articolo 175, comma 2-bis, secondo periodo, c.p.p., norma che, pur dettata con riguardo alla materia estradizionale, evidenzia identità di ratio con la disciplina del mandato di arresto europeo. La soluzione che assume che lega il decorso del termine per proporre la richiesta di rescissione dal momento in cui ha avuto conoscenza del procedimento è stata ritenuta incompatibile con il contenuto dell'articolo 4-bis, paragrafo 2, introdotto dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio dell'Unione europea, nella parte in cui prevede che nei confronti del destinatario del mandato di arresto europeo processato in absentia, e che si trovi in stato detentivo, anche la trasmissione della sentenza prima della consegna - che egli è facultato a richiedere a fini informativi - non costituisce notificazione ufficiale della sentenza e non determina la decorrenza del termine per la richiesta di un nuovo processo o per la presentazione di un ricorso in appello. Detto termine dovrebbe avere corso dalla consegna del detenuto all'Autorità giudiziaria italiana, applicando per analogia - stante la ritenuta identità di ratio – la norma di cui all'articolo 175-bis c.p.p., dettata nell'ambito della disciplina della restituzione nel termine, con riguardo alla specifica ipotesi della consegna del detenuto che sia estradato dall'estero. Il ragionamento sotteso a tale impostazione è che la conoscenza della sentenza di condanna del giudizio celebrato in assenza, pur necessaria, non sia tuttavia esaustiva ai fini del compiuto esercizio delle prerogative difensive del soggetto nei cui confronti si sia proceduto in assenza, ove lo stesso si ritrovi detenuto all'estero. Lo slittamento del dies a quo al momento della consegna consentirebbe, invece, al ristretto di avvalersi di una difesa tecnica meglio attrezzata, date le intuibili difficoltà che potrebbe incontrare un difensore straniero, non abilitato a patrocinare nello Stato italiano a svolgere il suo mandato per la presentazione di un rimedio restitutorio. Il tema che viene in rilievo è, dunque, quello della garanzia della effettività della difesa tecnica, che richiede conoscenza del provvedimento da rescindere ma, ancor più, spazi di agibilità del difensore ed è un tema cui non è insensibile per certo l'orientamento dominante che anima il contrasto, laddove ritiene praticabile l'istituto della restituzione nel termine, sebbene ancorato a differenti oneri dimostrativi. La soluzione ha il pregio di garantire l'effettività del rimedio restitutorio in favore di chi, essendo detenuto in territorio estero, incontra innegabili difficoltà ad esercitare le proprie prerogative difensive, ad individuare nel ristretto termine di trenta giorni un difensore versato in diritto italiano e a fornirgli tutti gli elementi cognitivi utili ad esercitare il patrocinio nel suo interesse.

Presidente Cassano Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell'11 luglio 2023 la Corte di appello di Genova ha dichiarato inammissibile l'istanza di rescissione del giudicato presentata da La.Sa. in relazione alla sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Imperia in data 10 novembre 2016 per vari reati, riconducibili alle fattispecie di cui agli articolo 617-quinquies, 615-quater, 615-fercod. penumero, sentenza poi confermata dalla Corte di appello di Genova il 16 aprile 2018, divenuta irrevocabile il 4 aprile 2019 a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso presentato nell'interesse di La.Sa. La Corte territoriale ha rilevato che il ricorrente, giudicato in assenza, conseguente al dichiarato stato di latitanza, era stato tratto in arresto in R. in data (Omissis) sulla base di un mandato di arresto europeo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di I. Nel corso del procedimento in data 9 marzo 2023 aveva prestato consenso alla consegna, poi disposta dall'Autorità giudiziaria rumena ed eseguita il 29 marzo 2023, allorché in Italia gli era stato notificato il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, inclusivo della sentenza oggetto dell'istanza. Alla luce di tale scansione temporale, l'istanza di rescissione, presentata in data 26 aprile 2023, avrebbe dovuto reputarsi tardiva, essendo decorsi oltre trenta giorni dalla conoscenza del procedimento, decorrenti non dal 29 marzo 2023, data della notifica in Italia dell'ordine di carcerazione, ma dalla data della detenzione all'estero o, al più, dalla data in cui era stato prestato il consenso alla consegna e dunque non oltre la data del 9 marzo 2023, non essendo ravvisabili cause impeditive e non essendo rilevante lo stato di detenzione all'estero, a fronte del fatto che, in forza della Direttiva 2013/48/UE, in R. il ricorrente aveva potuto fruire di un difensore. 2. La.Sa. ha presentato ricorso in cassazione tramite i suoi difensori. Dopo aver dato conto delle ragioni per cui avrebbe dovuto reputarsi indebitamente dichiarata la latitanza e ravvisarsi l'incolpevole mancata conoscenza del procedimento, con un unico articolato motivo denuncia la manifesta illogicità della motivazione e la violazione dell'articolo 4-bis, par. 2, della dec. quadro 2002/584/GAI sul mandato d'arresto europeo, come modificata dalla dec. quadro 2009/299/GAI, anche in relazione agli articolo 47 e 48 C.D.F.U.E., agli articolo 11 e 117 Cost. e agli articolo 6 CEDU, 3, 24, 111 Cost. Contesta l'assunto secondo cui non sarebbe stato impedito alla presentazione dell'istanza e, comunque, avrebbe potuto avvalersi di difesa tecnica, al fine del deposito dell'istanza in Italia. Rileva l'oggettiva difficoltà a redigere un atto in lingua italiana, implicante la conoscenza di istituti e requisiti di ammissibilità, anche rispetto al reperimento di un procuratore speciale alloglotta, incaricato di redigere e depositare l'istanza in Italia nel termine di trenta giorni, decorrenti al più dal 09 marzo 2023. Quanto alla possibilità di avvalersi di un difensore in Italia, garantita dalla direttiva U.E. 2013/48, avrebbe dovuto considerarsi che tale difensore avrebbe avuto il compito di assistere il difensore operante nello Stato di esecuzione, al fine dell'effettivo esercizio dei diritti delle persone ricercate, di cui alla dec. quadro 2002/584/GAI, e dunque quale garanzia ulteriore nell'ambito della procedura attivata dall'emissione di un mandato di arresto europeo. In ogni caso il ricorrente segnala che l'orientamento, in base al quale il termine per la proposizione dell'istanza di rescissione decorre dalla notifica del mandato di arresto europeo, si pone in contrasto con l'articolo 4-bis della dec. quadro 2002/584/GAI, come modificata dalla dec. quadro 2009/299/GAI, in forza del quale nel caso di mandato di arresto europeo emesso a fini esecutivi l'interessato, che non abbia avuto notizia precedentemente della pendenza del processo penale, può chiedere la trasmissione della sentenza da eseguire, prima della consegna, fermo restando che la trasmissione non costituisce notifica ufficiale della sentenza e non fa decorrere i termini applicabili per la richiesta di un nuovo processo o per la presentazione di un ricorso in appello. Benché tale parte dell'articolo 4-bis non sia stata interamente trasposta nell'ordinamento interno, la stessa dovrebbe essere letta unitamente agli articolo 6, comma 1 -bis, 18-ter e 30 legge 22 aprile 2005, numero 69, da valutarsi anche alla luce dell'articolo 2, par. 3, della dec. quadro 2009/299/GAI, che fa riferimento alla notifica che l'interessato riceverà dopo la consegna e all'informazione circa il diritto di ottenere un nuovo processo o di proporre impugnazione per un giudizio di appello, oltre che circa i termini entro cui potrà formulare la richiesta. Su tali basi il ricorrente fa rilevare che il termine non avrebbe potuto decorrere prima della consegna, non diversamente da quanto previsto dall'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero ai fini della richiesta di restituzione in termini, nel caso di soggetto che sia estradato in Italia, imponendosi dunque un'interpretazione delle norme in tema di rescissione coerente con tale quadro. Di qui la richiesta di annullare il provvedimento impugnato o, in alternativa, di sollevare rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 del T.F.U.E. al fine di chiedere alla Corte di giustizia se l'articolo 4-bis della dec. quadro 2002/584/GAI, nella parte in cui fa decorrere il termine per la presentazione di ricorso volto alla rinnovazione del processo dal momento della consegna del destinatario del mandato di arresto europeo, osti ad un'interpretazione dell'articolo 629-bis, comma 2, cod. proc. penumero, espressa dalla giurisprudenza di legittimità (in particolare da Sez. 4, numero 36560 del 22/09/2021, Vezuli, Rv. 281925 01), che fa decorrere il termine dalla notifica del mandato di arresto europeo avvenuta all'estero. 3. Assegnato il procedimento alla Sesta Sezione penale e fissata la relativa udienza, il Procuratore generale ha inviato la requisitoria, concludendo per il rigetto del ricorso alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità, che fa leva sulla decorrenza del termine dalla conoscenza del procedimento, e del rilievo che le disposizioni in materia di mandato di arresto europeo non sono idonee ad assumere effetti sulla decorrenza del termine per la presentazione dell'istanza di rescissione del giudicato, in quanto strumentali al solo obbligo di procedere alla consegna, non potendo interferire con la materia del diritto alla proposizione di impugnazione straordinaria. 4. Con ordinanza del 7 febbraio 2024 la Sesta Sezione penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite. Nell'ordinanza di rimessione si segnala l'esistenza di un contrasto potenziale in ordine alla decorrenza del termine per la presentazione di istanza di rescissione ai sensi dell'articolo 629-bis cod. proc. penumero nel caso in cui il soggetto richiesto in consegna sia stato giudicato in absentia e arrestato all'estero in esecuzione di mandato di arresto europeo. È controverso, infatti, se il termine decorra dalla conoscenza della sentenza al momento dell'arresto, come affermato da un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ovvero dalla consegna del condannato, secondo quanto desumibile dall'articolo 4-bis, par. 2, della dec. quadro 2002/584/GAI, come modificata dall'articolo 2 della dec. quadro 2009/299/GAI del Consiglio dell'U.E., adottata il 26 febbraio 2009. Nel dar conto del contenuto dell'articolo 629-bis cod. proc. penumero la Sezione rimettente riproduce il testo della norma attualmente vigente, che al secondo comma, ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni per la proposizione dell'istanza, fa riferimento al momento dell'avvenuta conoscenza della sentenza. Rileva sulla base di specifici richiami giurisprudenziali, che, secondo un costante indirizzo, il termine decorre non dalla compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, non richiesta dalla norma, ma dalla conoscenza del procedimento, dovendosi evitare che un termine previsto a pena di inammissibilità sia affidato a determinazioni prive della necessaria certezza. Osserva che è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 629-bis, comma 2, cod. proc. penumero per violazione degli articolo 24, comma 2, 111 e 117 Cost. in relazione all'articolo 6 CEDU (Sez. 3, numero 29592 del 20/05/2021, Carroccia, Rv. 281765 01) e che l'articolo 629-bis, diversamente dall'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero, non distingue ai fini della decorrenza tra soggetto presente in territorio italiano e soggetto che all'atto della cognizione della sentenza di condanna sia detenuto all'estero e richiesto in consegna nell'ambito dello svolgimento di procedura estradizionale o dell'esecuzione di mandato di arresto europeo. In tale prospettiva viene attribuito rilievo alla conoscenza del procedimento determinata dal contenuto del mandato di arresto europeo (si citano Sez. 4, numero 36560 del 22/09/2021, Vezuli, Rv. 281925 01; Sez. 2, numero 51285 del 24/11/2023, Ravara, non mass.; Sez. 5, numero 26260 del 23/06/2023, Bahkri, non mass.; Sez 6, numero 19454 del 05/03/2023, Hallal, non mass.). Ed ancora si sottolinea che la disciplina non è lesiva dei diritti dell'interessato, dovendosi peraltro escludere, secondo tale impostazione, la possibilità di applicare analogicamente l'articolo 175, comma 2-b/s cod. proc. penumero in ragione dell'evidente scelta del legislatore di non prevedere una disciplina specifica per il condannato detenuto all'estero (in tal senso, Sez. 4, numero 26560 del 22/09/2021, cit.). Il Collegio rimettente dissente dall'interpretazione espressa da questo indirizzo, che ritiene contrastante con l'articolo 4-bis, par. 2 della dec. quadro richiamata, secondo cui, qualora il M.A.E. sia emesso per l'esecuzione di pena o misura di sicurezza privativa della libertà alle condizioni di cui al par. 1, lett. d) e l'interessato non sia stato precedentemente informato ufficialmente dell'esistenza di un procedimento penale a suo carico, questi può, una volta informato del contenuto del mandato di arresto europeo, sollecitare la trasmissione di copia della sentenza. La richiesta, tuttavia, non ritarda né la procedura di consegna né la decisione di eseguire il mandato di arresto, in quanto la trasmissione è a fini informativi e non costituisce notificazione ufficiale della sentenza né fa decorrere i termini applicabili per la richiesta di un nuovo processo o per la presentazione di un ricorso in appello . Si sottolinea dunque che in base al diritto dell'Unione la mera conoscenza della sentenza di condanna alla base del mandato di arresto europeo non determina la decorrenza del termine per la richiesta di un nuovo processo di merito, atteso che l'attivazione del rimedio restitutorio è differita al momento della consegna, allorché la persona è in condizioni di esercitare effettivamente il diritto di difesa. L'ordinanza di rimessione rileva che, nonostante le modifiche apportate alla legge numero 69 del 2005 dapprima dal D.Lgs. 15 febbraio 2016, numero 31 e poi dal D.Lgs. 02 febbraio 2021, numero 10, al fine di attuare la dec. quadro 2009/299/GAI, non è stato tuttavia recepito il par. 2 dell'articolo 4-b/'s nella parte in cui esclude che la trasmissione della sentenza faccia decorrere il termine per attivare il rimedio restitutorio contro una sentenza pronunciata in assenza. Di qui l'antinomia tra il diritto dell'Unione e l'articolo 629-bis comma 2, cod. proc. penumero che sembra far decorrere il termine dalla conoscenza del procedimento, anche nel caso di destinatario del mandato di arresto europeo arrestato all'estero. La Sezione rimettente esclude la sussistenza dei presupposti per sottoporre la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'articolo 267 T.F.U.E., attesa la chiarezza del contenuto precettivo dell'articolo 4-bis, par. 2, e, pur rilevando che le norme contenute in una decisione quadro sono prive di efficacia diretta, sottolinea la necessità di un'interpretazione conforme, richiamando la vincolatività delle decisioni quadro in base al combinato disposto degli articolo 11 e 117 Cost., tale da imporre la formulazione di una questione di legittimità costituzionale, per contrasto con la norma interposta, ove non risulti possibile un'interpretazione conforme nei limiti consentiti dai testi delle norme (Corte cost. sent. numero 117 e 178 del 2023, numero 227 del 2010, numero 348 e 349 del 2007). Secondo la Sezione rimettente il contrasto potrebbe essere risolto in via interpretativa, in base al rilievo che la disposizione dettata dall'articolo 629-bis, comma 2, cod. proc. penumero non regola la decorrenza del termine nel caso in cui la persona sia stata giudicata in assenza e arrestata all'estero in base a mandato di arresto europeo. Il silenzio potrebbe essere colmato da un'interpretazione di sistema, basata su casi che presentano un'analoga ratio, e in particolare mediante l'applicazione analogica dell'articolo 175, comma 1-bis, secondo periodo, cod. proc. penumero, considerando che viene in rilievo una garanzia aggiuntiva, al fine di assicurare alla persona detenuta in territorio esteso la possibilità di esercitare pienamente le sue difese, una volta giunta nel territorio italiano, e che, anche tenendo conto delle differenze tra rescissione del giudicato e restituzione in termini, quella disposizione potrebbe essere assunta quale espressione di un principio generale, coerente con le affermazioni della Corte EDU e ribadito dal diritto dell'Unione, tanto più che l'istituto della rescissione è stato introdotto in ottemperanza di obblighi sovranazionali in un quadro di continuità rispetto alla restituzione in termini. 4. La Prima Presidente con decreto del 14 giugno 2024 ha fissato l'udienza dinanzi alle Sezioni Unite. 5. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso. Dopo un'analisi dei profili di diritto intertemporale riguardanti la disciplina applicabile nel caso di specie, in concreto individuata in base alla norma transitoria contenuta nell'articolo 89 D.Lgs. numero 150 del 2022, il Procuratore generale ha esaminato la giurisprudenza in materia, condividendone gli assunti circa la necessità di far riferimento alla decorrenza del termine di trenta giorni dalla conoscenza del procedimento, anche nel caso di soggetto detenuto all'estero in base a mandato di arresto esecutivo. In particolare, il Procuratore generale ha escluso che possa applicarsi analogicamente la disposizione dell'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero, che, per la decorrenza del termine di presentazione della richiesta fa riferimento alla consegna del soggetto estradato. Ha anche escluso un contrasto con l'articolo 4-bis della dec. quadro 2002/584/GAI, come modificata dalla dec. quadro 2009/299/GAI, priva di ogni funzione di armonizzazione delle legislazioni nazionali sul diritto a un nuovo processo. Sottolinea che il contenuto del mandato di arresto europeo ha consentito al ricorrente di ricevere una adeguata informazione non solo sul procedimento celebratosi in sua assenza, ma anche sulla sentenza conclusiva di esso, in conformità alle previsioni della Direttiva 2016/343/UE. A tale stregua il Procuratore generale ha rilevato l'insussistenza dei presupposti per sollevare eccezione di illegittimità costituzionale, che sarebbe volta ad una non ammissibile pronuncia additiva, e per formulare una questione pregiudiziale da proporre alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Considerato in diritto 1. La questione, per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite, è la seguente: Se, per la persona richiesta in consegna in attuazione di un mandato di arresto europeo esecutivo e detenuta in carcere, il termine di trenta giorni per proporre la rescissione del giudicato decorra dal momento dell'avvenuta conoscenza della sentenza, per effetto del contenuto del mandato di arresto, o, in conformità all'articolo 4-bis, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI, dalla consegna del condannato . 2. Preliminarmente il Collegio osserva che l'ordinanza di rimessione ha richiamato il testo attualmente vigente dell'articolo 629-bis cod. proc. pen, ma non ha specificamente esaminato, sotto il profilo intertemporale, il tema della disciplina in materia di rescissione applicabile nel caso di specie. 2.1. Deve al riguardo rilevarsi che, come si avrà modo di ribadire, l'istituto della rescissione, originariamente disciplinato dall'articolo 625-ter cod. proc. penumero, introdotto dalla legge 28 aprile 2014, numero 67, è stato poi modificato dalla legge 23 giugno 2017, numero 103, che ha trasferito la disciplina nel nuovo articolo 629-bis cod. proc. penumero, lasciando sostanzialmente immutati i presupposti della richiesta e i possibili esiti definitori, attribuendo però la competenza alla Corte di appello e non più alla Corte di cassazione. Più di recente l'istituto è stato ulteriormente modificato dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, che ne ha ridefinito l'ambito di operatività in stretta correlazione con la nuova disciplina del processo in absentia, parallelamente alla reintroduzione dell'istituto della restituzione in termini per presentare impugnazione. Posto che l'istituto della rescissione deve essere inquadrato nell'ambito dei mezzi di impugnazione straordinaria (in tal senso, Sez. U, numero 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259990 01), si rileva che in materia processuale il tema della successione di norme è solitamente risolto, in mancanza di specifiche norme transitorie, sulla base del principio tempus regit actum , che, correlandosi al disposto dell'articolo 11 preleggi ( Disposizioni sulla legge in generale ), secondo cui La legge non dispone che per l'avvenire , implica che la validità degli atti sia regolata dalla legge vigente al tempo della loro formazione (sul punto, Sez. U, numero 44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv. 260927 01). 2.2. Peraltro, risulta in concreto applicabile la norma transitoria contenuta nell'articolo 89 D.Lgs. numero 150 del 2022, a fronte delle modifiche introdotte in materia di assenza e di rescissione. Tale norma stabilisce infatti che Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, È stata già' pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si È disposto procedersi in assenza dell'imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità' in appello e alla rescissione del giudicato . Poiché non è dubbio che, in relazione al processo in esame, l'assenza era stata dichiarata prima del D.Lgs. numero 150 del 2022, deve concludersi che debba aversi riguardo alla disciplina previgente con riferimento sia alla materia dell'assenza che a quella della rescissione. Né potrebbe attribuirsi rilievo ostativo al riferimento ai processi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto. Va infatti rimarcato che, ai fini in esame, la pendenza va correlata non solo al giudicato in senso formale, ma all'esaurimento di ogni effetto nascente dal giudizio nel quale sia stata dichiarata l'assenza e dunque alla relativa fase esecutiva, nella quale si collochi un eventuale mezzo di impugnazione straordinaria. Suffraga tale conclusione la circostanza che l'articolo 89 citato fa espresso riferimento alla rescissione e alla disciplina in tema di nullità derivante dalla dichiarazione di assenza, che dunque non può essere applicata retroattivamente, dovendosi ritenere che il giudizio di rescissione debba correlarsi alla disciplina dell'assenza prevista prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. numero 150 del 2022. Ulteriore conferma può trarsi dal terzo comma dell'articolo 89, che prevede l'applicabilità delle nuove norme in materia di restituzione in termini istituto reintrodotto per il giudizio in absentia parallelamente alle nuove disposizioni riguardanti la rescissione -, solo alle sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. numero 150 del 2022. A ben guardare, in nessun caso potrebbe applicarsi la nuova disciplina in materia di rescissione, la quale, comunque, presuppone che l'assenza sia stata a sua volta dichiarata alla stregua della nuova normativa. 2.3. Deve inoltre chiarirsi che la richiamata norma transitoria, nel rinviare alle norme anteriormente vigenti, non consente di nutrire alcuna incertezza in merito alla disciplina sulla base di essa applicabile: ciò discende dalla sua stessa funzione, volta a governare il fenomeno della successione di norme e dunque a definire la rispettiva sfera di operatività della nuova normativa e di quella precedente, non potendosi assumere, se non contraddicendo tale funzione, che residuino ulteriori problemi in tema di successione di norme, da essa non regolati. Ciò significa, dunque, che non v'è necessità in questa sede di richiamare ed esaminare approfonditamente gli orientamenti giurisprudenziali formatisi in precedenza con riguardo all'individuazione del termine di riferimento utilizzabile per la concreta applicazione del principio tempus regit actum , nel passaggio, non specificamente disciplinato, dalla disciplina prevista dalla legge numero 67 del 2014 a quella introdotta dalla legge numero 103 del 2017. Deve invece ritenersi che, alla luce del chiaro tenore letterale della richiamata norma transitoria, possa porsi solo il problema della ricorrenza o meno delle condizioni previste per l'applicazione della nuova normativa, in assenza delle quali dovrà considerarsi applicabile quella immediatamente previgente. 3. Sulla base di tale analisi può concludersi che la successione di norme in materia di rescissione è regolata dall'articolo 89, comma 1, D.Lgs. numero 150 del 2022, in forza del quale in caso di istanza riguardante un procedimento, nel quale l'assenza è stata dichiarata in base alle norme previgenti e che debba considerarsi pendente, nel senso precedentemente indicato, deve in ogni caso applicarsi la disciplina in materia di rescissione immediatamente anteriore alla riforma, cioè quella introdotta dalla legge numero 103 del 2017. Ciò significa che l'analisi che si condurrà farà riferimento all'articolo 629-bis, cod. proc. penumero nella formulazione vigente prima delle recenti modifiche e terrà conto della concomitante formulazione dell'articolo 175 cod. proc. penumero Si vedrà, peraltro, come tale premessa non risulti comunque dirimente, sul piano sistematico, ai fini della soluzione proposta. 4. Individuata così la disciplina di riferimento, quanto alla questione devoluta, va ricordato anzitutto che la materia dell'assenza e dei relativi rimedi preventivi e restitutori costituisce il risultato di un percorso riformatore originato dai rilievi formulati dalla Corte di Strasburgo (Grande Camera, Sejdovic c. Italia del 1 marzo 2006; Sejdovic c. Italia del 10 novembre 2004; Corte EDU, Somogyi c. Italia del 18 aprile 2004), che aveva, fra l'altro, ritenuto inidonea l'originaria disciplina dell'istituto della restituzione in termini, a fronte degli oneri probatori gravanti sull'imputato e del breve termine a disposizione, tanto più considerando le difficoltà che una persona detenuta in un Paese straniero avrebbe incontrato per contattare rapidamente un avvocato esperto in diritto italiano e per fornirgli elementi di fatto precisi e istruzioni dettagliate. Tali rilievi e l'esigenza, espressamente richiamata, di armonizzare il sistema alla dec. quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo, determinarono una profonda modifica dell'articolo 175 cod. proc. penumero per effetto del D.L. 21 febbraio 2005, numero 17, convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 2005, finché la legge numero 67 del 2014 introdusse l'istituto dell'assenza, in luogo della contumacia, e il rimedio restitutorio della rescissione, istituti che hanno poi formato oggetto di analisi in plurime sentenze delle Sezioni Unite (Sez. U, numero 15498 del 26/11/2020, Lovric, Rv. 280931 01, 02; Sez. U, numero 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 01; Sez. U, numero 28912 del 28/02/2019, Innaro Rv. 275716 01). 5. L'assenza, nell'attuale assetto normativo, presuppone ai sensi dell'articolo 420-bis cod. proc. penumero che il soggetto abbia ricevuto la notificazione del provvedimento di vocatio in iudicium e abbia espressamente rinunciato a comparire ovvero che il giudice ritenga provato (comma 2) che l'imputato abbia acquisito effettiva conoscenza della pendenza del processo e che l'assenza sia dovuta a scelta consapevole e volontaria, alla luce di quanto desumibile dall'apprezzamento di taluni indici, aventi rilievo sintomatico, seppur non presuntivo, costituiti dalle modalità della notifica, dagli atti compiuti prima dell'udienza, dalla nomina di un difensore di fiducia e da ogni altra circostanza rilevante, essendo inoltre specificamente contemplato (comma 3) il caso della declaratoria di latitanza e della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo. In assenza di tali condizioni si impone un tentativo di notifica personale all'imputato, fallito il quale deve essere pronunciata, ai sensi dell'articolo 420-quater cod. proc. penumero, sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo, sentenza peraltro revocabile qualora l'imputato venga rintracciato e possa essergli debitamente notificato il relativo avviso per un'udienza predefinita, entro un determinato lasso di tempo. Nel contempo operano i meccanismi preventivi di ripristino di facoltà da cui l'imputato sia decaduto, ove lo stesso compaia nel corso del giudizio, prevedendosi all'articolo 604, comma 5-bis, cod. proc. penumero la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado ove risulti che l'assenza è avvenuta al di fuori dei presupposti previsti dall'articolo 420-bis, comma 1, 2 e 3, cod. proc. penumero, fermo restando che la nullità non può essere dichiarata, qualora risulti che l'imputato era a conoscenza della pendenza del processo e nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata. D'altro canto, la declaratoria di assenza può intervenire anche solo in un grado di giudizio, pur quando il precedente sia stato celebrato in presenza, riproponendosi ai fini della declaratoria i medesimi canoni di giudizio (articolo 598-ter, cod. proc. penumero). Quanto ai rimedi restitutori, al parzialmente novellato istituto della rescissione si affianca ora il ripristinato istituto della restituzione in termini. La rescissione è applicabile nel caso di soggetto condannato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza, ove questi provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti di cui all'articolo 420-bis cit. e che non abbia potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. La rescissione può essere chiesta entro trenta giorni dalla conoscenza della sentenza e, in caso di accoglimento, il giudice dispone la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si è verificata la nullità. A ben guardare, dunque, l'istituto non è volto sic et simpliciter ad azzerare l'intero processo, ma a far rilevare la nullità insita nella dichiarazione di assenza al di fuori dei presupposti, con ripristino dalla fase o dal grado in cui la nullità si è verificata, ove l'imputato non sia stato in grado di intervenire tempestivamente e di presentare nei termini impugnazione. In base all'articolo 175, comma 2.1., cod. proc. penumero è invece prevista la restituzione in termini per proporre impugnazione da parte dell'imputato giudicato in assenza, nei casi di cui all'articolo 420-bis, commi 2 e 3, cod. proc. penumero: il rimedio presuppone la prova della mancata conoscenza effettiva della pendenza del processo e dell'omessa proposizione dell'impugnazione non dovuta a colpa. Il termine è di trenta giorni dalla conoscenza del provvedimento e decorre, nel caso di estradizione dall'estero, dalla data della consegna. In sintesi, la rescissione opera, come incisivamente sottolineato dalla Corte costituzionale (sent. numero 192 del 2023), nei casi di assenza mal dichiarata, mentre la restituzione in termini si correla ad una dichiarazione di assenza normativamente consentita, a fronte della quale l'imputato provi la mancata conoscenza in ragione di situazioni specificamente deducibili. In definitiva deve ritenersi che l'istituto della rescissione sia stato introdotto per assicurare un rimedio restitutorio più efficace della mera restituzione in termini, alla luce di un'esigenza comune, che finisce per renderli complementari, anche se la restituzione in termini non è annoverabile tra i mezzi di impugnazione e non è dunque ammissibile la conversione di un rimedio nell'altro (Sez. U, Lovric, cit., che richiama Sez. U, Burba, cit.). Tale complementarietà sembra trovare riscontro, alla luce della più recente riforma, anche nel comune riferimento, ai fini dell'attivazione del rimedio e della decorrenza del relativo termine, alla conoscenza della sentenza. 6. Ciò posto, con riguardo al tema che forma specificamente oggetto di analisi in questa sede, deve darsi conto di un orientamento largamente maggioritario, formatosi in relazione al previgente testo dell'articolo 629-bis cod. proc. penumero, in forza del quale la decorrenza del termine per la proposizione dell'istanza di rescissione decorre dalla conoscenza del procedimento, senza che nel caso di estradizione dall'estero assuma rilievo, diversamente da quanto previsto in materia di restituzione in termini, la data della consegna (Sez. 2, numero 51285 del 24/11/2023, Ravara, non mass.; Sez. 4 numero 48541 del 18/10/2023, Esteve, non mass.; Sez. 4, numero 31252 del 23/06/2023, Bakhri, non mass.; Sez. 5, numero 26260 del 05/05/2023, Moufid, non mass.; Sez. 6, numero 19454 del 15/03/2023, Hallal, non mass.; Sez. 4, numero 4197 del 10/01/2023, Boblea, non mass.; Sez. 4, numero 36560 del 22/09/2021, Vezuli, Rv. 281925 01; Sez. 3, numero 29592 del 20/05/2021, Carroccia, Rv. 281765 01; Sez. 1, numero 32267 del 30/10/2020, Scimone, Rv. 279994 01). 6.1. Si è, in particolare, inteso dare rilievo alla circostanza che, stando alla formulazione delle rispettive norme, la disciplina della restituzione in termini fa riferimento alla conoscenza del provvedimento, mentre quella della rescissione fa leva sulla conoscenza del procedimento, e si è precisato che ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell'istanza di rescissione può prescindersi da una approfondita conoscenza della sentenza, essendosi aggiunto (Sez. 3, numero 29592 del 20/0562021, Carroccia, cit.) che, ove fosse necessaria una siffatta approfondita conoscenza, verrebbe meno la possibilità di individuare con certezza il dato temporale di riferimento. Si è altresì osservato (così Sez. 1, numero 32267 del 30/10/2020, Scimone, cit.) che resta comunque ferma la possibilità per il condannato che ritenga, per la complessità della vicenda processuale, di non poter esercitare pienamente il diritto all'impugnazione straordinaria in un termine rivelatosi in concreto insufficiente, dì chiedere una restituzione nello stesso, secondo quanto disposto dall'articolo 175 cod. proc. penumero . Si è inoltre segnalato che i due istituti, pur apparentemente affini, sono ispirati da finalità diverse e che dunque la disciplina dell'uno non può rifluire su quella dell'altro, dovendosi dare rilievo, quanto alla mancata previsione per l'istanza di rescissione della decorrenza del termine dal momento della consegna dell'estradato, al principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (Sez. 4, numero 36560 del 22/09/2021, Vezuli, cit.). A tale stregua non potrebbe ravvisarsi nella disciplina della rescissione una lacuna che possa essere colmata attraverso il riferimento a quella dettata per la restituzione in termini. Né potrebbe prospettarsi un profilo di illegittimità costituzionale in materia nella quale non sono ravvisabili scelte costituzionalmente obbligate (in tal senso, Sez. 4, numero 36560 del 22/09/2021, Vezuli, cit.; Sez. 3, numero 29592 del 20/05/2021, Carroccia, cit,). In tale prospettiva, si è ritenuto che la conoscenza del procedimento sia assicurata, ai fini della decorrenza del termine per l'istanza di rescissione, anche dalla acquisita conoscenza all'estero di un mandato di arresto europeo esecutivo, posto alla base di uno stato di restrizione funzionale alla successiva consegna (si richiamano ancora una volta Sez. 4, numero 31252 del 23/06/2023, Bakhri, cit.; Sez. 4, numero 36560 del 22/09/2021, Vezuli, cit.; Sez. 3, numero 29592 del 20/05/2021, Carroccia, cit,; Sez. 1, numero 32267 del 30/10/2020, Scimone, cit.). 6.2. L'opinione difforme trova riscontro nella sola ordinanza di rimessione della Sesta Sezione, nella quale è stata prospettata l'applicazione analogica della disposizione dettata per la restituzione in termini dall'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero e, più in generale, si è ritenuto che tale disposizione costituisca espressione di un principio generale, il quale trova riscontro specifico nella dec. quadro 2002/584/GAI, come modificata dalla dec. quadro 2009/299/GAI, che ha introdotto l'articolo 4-bis. In tale disposizione si definisce il regime dei casi di rifiuto facoltativo alla consegna in relazione a processi celebrati in absentia e al par. 2 si chiarisce che, nel caso in cui l'interessato chieda la trasmissione della sentenza sulla cui base è stato emesso il mandato di arresto esecutivo, tale trasmissione ha valore solo informativo e non costituisce notificazione ufficiale della sentenza né fa decorrere i termini applicabili per la richiesta di un nuovo processo o per la presentazione di un ricorso in appello . Posto che in parte qua la disposizione contenuta nella decisione quadro non è stata direttamente trasposta nella legge attuativa in materia, si è rilevato che, ove il principio non risulti direttamente applicabile in via interpretativa, dovrebbe essere sollevata questione di legittimità costituzionale, volta all'adeguamento del sistema italiano in conformità al cogente diritto europeo. 7. Orbene, venendo dunque al cuore del tema devoluto, deve in primo luogo prendersi atto della mancata espressa riproduzione, nella disciplina riferita all'istituto della rescissione, di una disposizione corrispondente a quella di cui all'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero, che in materia di restituzione in termini dà rilievo, ai fini della decorrenza del termine per l'attivazione del rimedio, alla consegna del soggetto nel caso di estradizione dall'estero. Non può peraltro dubitarsi che il riferimento all'estradizione di per sé includa anche l'ipotesi della consegna sulla base di mandato di arresto europeo esecutivo, giacché le relative disposizioni hanno disciplinato la medesima materia nell'ambito dell'Unione europea, restando sullo sfondo accordi e intese bilaterali o multilaterali, vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro, quando essi contribuiscono ad una migliore e più efficace realizzazione delle finalità della decisione quadro e semplificano o agevolano ulteriormente la consegna delle persone ricercate (articolo 1, comma 4-quater, legge numero 69 del 2005, come modificata dal D.Lgs. numero 10 del 2021). Né può dimenticarsi che la formulazione dell'articolo 175, comma 2-bis fu introdotta dal D.L. numero 17 del 2005, che aveva il dichiarato scopo di assicurare l'armonizzazione con la disciplina sul mandato di arresto europeo. Deve inoltre convenirsi che la disposizione contenuta nell'articolo 4-bis, par. 2, della decisione quadro non è stata espressamente riprodotta nella disciplina attuativa, dettata dalla legge numero 69 del 2005 e dalle successive modifiche ad essa apportate. Si tratta, quindi, di verificare, alla luce del sistema interno e di quello europeo, se sia o meno possibile giungere sul piano interpretativo a ritenere che in realtà sia direttamente applicabile anche all'istituto della rescissione un analogo criterio ai fini della decorrenza del termine. 8. Sulla base della valutazione diacronica degli istituti, che, nel caso di specie, come rilevato, conduce a ritenere applicabile la disciplina anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150 del 2022, deve prendersi atto che non può direttamente assumersi quale diretto parametro di riferimento la disposizione dettata dall'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero, applicabile, prima delle ulteriori modifiche introdotte dal citato D.Lgs. numero 150, solo in relazione alla restituzione in termini per presentare opposizione a decreto penale e non in relazione all'ipotesi di condanna in absentia. Tuttavia, si è sottolineato come sulla base dell'argomento storico possa dirsi che la rescissione sia stata introdotta per assicurare un rimedio restitutorio più efficace, destinato parimenti ad operare sul piano dell'effettività del diritto di difesa e degli strumenti a ciò preposti in caso di processo in absentia. D'altro canto, la previsione della peculiare decorrenza dalla data della consegna era stata ispirata dai penetranti rilievi formulati dalla Corte di Strasburgo, essendo invero legati ad una stessa matrice la previsione di una facoltà svincolata da peculiari oneri probatori, l'ampliamento del termine e la garanzia della pienezza delle facoltà riconosciute dopo la consegna estradizionale. In realtà l'ampliamento del termine e la sua decorrenza costituivano due facce di una stessa medaglia, trattandosi su entrambi i versanti di garantire l'effettività del rimedio, a fronte di una conoscenza consapevole e direttamente operativa. La sostituzione di un rimedio con un altro, operata dalla legge numero 67 del 2014, non valeva ad escludere quella determinata matrice dell'originaria previsione, peraltro coerente anche con la ratio che è alla base dell'istituto della rescissione. Può, anzi, rimarcarsi come fosse più coerente con la disciplina della rescissione l'attribuzione di rilevanza al momento della consegna, posto che, al di là del riferimento al provvedimento o al procedimento, si trattava comunque di assicurare una difesa pienamente operativa, connotata semmai, nel caso della rescissione, da oneri di allegazione, comunque più incisivi rispetto alla mera allegazione della mancata conoscenza, di per sé sufficiente, ove non debitamente contrastata, a legittimare la restituzione in termini in base alla formulazione della norma introdotta per il processo contumaciale dal D.L. numero 17 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge numero 60 del 2005. Quanto poi al diverso parametro costituito, rispettivamente, dal provvedimento o dal procedimento, su cui, invero, maggiormente si è soffermata la giurisprudenza che ha analizzato il tema, può agevolmente rilevarsi che rispetto al profilo della pienezza operativa ed effettiva della conoscenza quel diverso oggetto non può assumere rilievo decisivo. E comunque lo stesso non può neppure essere sopravvalutato, dovendosi considerare che la conoscenza del procedimento non può implicare una cognizione del tutto generica della celebrazione di un processo, ma postula l'acquisizione di un'informazione specifica in ordine ad un processo definito con sentenza irrevocabile su un tema di accusa. Nel sistema processuale costituisce del resto ius receptum che il termine procedimento debba assumere un significato pregnante, ove non riferibile alla mera fase delle indagini preliminari, sottendendo un contenuto più complesso che implica il riferimento alla formulazione di un'accusa, cristallizzata nel provvedimento di vocatio in iudicium e confermata da una decisione (in tal senso Sez. 6, numero 19454 del 15/03/2023, Hallal, cit., nonché Sez. 3, numero 37132 del 22/05/2019, Sepulveda Santander, Rv. 276887 01, alla luce dell'analisi formulata da Sez. U, numero 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, cit.). Né ciò può comportare problemi nell'individuazione di una data certa di decorrenza, esigenza correttamente avvertita dalla giurisprudenza che ha posto in evidenza la difficoltà di correlare quella decorrenza ad una conoscenza approfondita della sentenza di condanna, che costituirebbe parametro labile e non suscettibile di assicurare certezze (Sez. 3, numero 29592 del 20/05/2021, Carroccia, cit.). È sufficiente rilevare che, ai fini dell'attivazione del rimedio restitutorio, non viene in rilievo una conoscenza approfondita della sentenza di condanna e che, semmai, proprio per tale ragione il rimedio deve essere assistito almeno dalla pienezza operativa delle facoltà connesse alla conoscenza dei dati estrinseci essenziali sopra posti in luce (accusa confermata da una decisione), profilo che consente di correlare il dispiegarsi delle facoltà difensive al momento della consegna del soggetto originariamente detenuto all'estero. Se tutto ciò attesta la mancanza di ragioni per escludere la rilevanza del momento della consegna ai fini dell'attivazione della rescissione, anche nell'ottica della valutazione diacronica degli istituti, ciò tanto più deve essere riconosciuto alla luce di una valutazione sincronica degli stessi, consentita dalla disciplina introdotta dal D.Lgs. 150 del 2022, che ha fatto rivivere la restituzione in termini, affiancandola alla rescissione. La nitida rappresentazione di due istituti, che, originariamente ispirati dalla finalità di assicurare un rimedio compensativo, sono stati poi parallelamente disciplinati, consente di rilevarne oggi la piena complementarietà, pur non potendosi inquadrare la restituzione in termini nell'ambito dei mezzi di impugnazione. D'altro canto, tali istituti sono accomunati ora dal riferimento al momento della conoscenza della sentenza, coerente anche con la fisionomia assunta, in base alla riforma, dall'istituto della rescissione, che è compatibile con un effetto ripristinatorio parziale, con regressione alla fase o al grado. A fronte di ciò, la circostanza che il riferimento alla data della consegna sia stato riprodotto solo nel riformulato articolo 175, comma 2-bis e non anche nell'articolo 629-bis del codice di rito non può dirsi il frutto di una scelta consapevole ad excludendum, non essendo ravvisabile ai fini in esame una diversa ratio. Ciò consente, in realtà, di rilevare come, contrariamente a quanto più volte affermato, una siffatta diversa ratio non sussistesse ab origine, in quanto non si trattava di dare rilievo tanto all'oggetto della conoscenza, quanto invece all'effettiva operatività della stessa, cioè alla pienezza del dispiegamento delle capacità difensive, connesse alla conoscenza e costituenti una componente essenziale di essa. In tale prospettiva va rimarcato come la stessa giurisprudenza di legittimità abbia interpretato il riferimento alla data della consegna come espressione di una garanzia aggiuntiva, correlata alle facoltà difensive del soggetto (in tal senso Sez. 5, numero 8464 del 24/01/2020, Nure, Rv. 278661 01, e Sez. 4, numero 4904 del 27/11/2014, dep. 2015, Lamcja, Rv. 262027 01, richiamate anche nell'ordinanza di rimessione), facoltà che dunque non possono strettamente correlarsi all'oggetto della conoscenza, bensì al significato che la stessa può assumere a fini difensivi. Né, in senso contrario, potrebbe valorizzarsi la possibilità di avvalersi aggiuntivamente, all'occorrenza, della restituzione in termini di cui all'articolo 175, comma 1, cod. proc. penumero, secondo quanto prospettato da una parte della giurisprudenza (Sez. 1, numero 32267 del 30/10/2020, Scimone, cit.): va, infatti, rilevato che lo stato di detenzione all'estero costituisce di per sé un ostacolo, di cui è stata riconosciuta in via generale la rilevanza (si richiama la sentenza della Grande Camera, Sejdovic c. Italia del 1 marzo 2006, cit.) e che non può dunque essere considerato alla stregua di qualunque eventuale e imprevedibile fattore impeditivo. Può, del resto, rimarcarsi come la stessa Corte costituzionale nella già richiamata sentenza numero 192 del 2023, all'esito dell'ampia disamina che l'ha condotta ad individuare un aggiuntivo caso di assenza legittimamente riconoscibile, abbia dato conto della complementarietà degli istituti e dunque della possibilità di ricorso, in caso di processo in absentìa, anche al rimedio compensativo della restituzione in termini, segnalando (punto 15.2. del Considerato in diritto ) che nel caso di estradizione dall'estero il termine decorre dalla data della consegna (la quale presuppone la conoscenza personale della sentenza in esecuzione) , rilievo che vale a sottolineare come la conoscenza e la consegna debbano essere valutate congiuntamente, quale effettivo presupposto operativo. 9. Se tali rilievi paiono legittimati dall'analisi della disciplina dei due istituti, gli stessi possono dirsi imposti, ove si allarghi lo sguardo al diritto europeo di riferimento. 9.1. È noto al riguardo che la disciplina del mandato di arresto europeo è stata introdotta nel presupposto della libera circolazione delle decisioni giudiziarie, fondato sull'idea del loro riconoscimento reciproco e su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri, all'interno di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell'Unione, con riguardo al rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dal diritto dell'Unione (cfr. Corte giustizia, 18/04/2023, E.D.L.). La disciplina è stata affidata ad una decisione quadro, fonte contemplata dall'articolo 32 T.U.E. e vincolante quanto ai risultati, ma senza che alle singole norme possa riconoscersi efficacia diretta. Con l'articolo 4-bis, introdotto dalla dec. quadro 2009/299/GAI, è stato disciplinato un motivo di rifiuto facoltativo della consegna, in relazione alla celebrazione di un processo in absentia. Accanto alle ipotesi in cui il soggetto sia stato citato personalmente o abbia conferito mandato difensivo o ancora abbia ricevuto la notifica dopo la decisione, avendo rinunciato ad opporsi o a richiedere un nuovo processo, è stato previsto al par. 1, lett. d), il caso del soggetto che non abbia ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma che: i) riceverà personalmente e senza indugio la notifica dopo la consegna e sarà espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui l'interessato ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e può condurre alla riforma della decisione originaria; e ii) sarà informato del termine entro cui deve richiedere un nuovo processo o presentare ricorso in appello, come stabilito nel mandato di arresto europeo pertinente . Proprio in relazione a tale ipotesi è previsto dal par. 2 dell'articolo 4-bis che l'interessato ha facoltà di chiedere che gli venga trasmessa la sentenza, fermo restando che tale trasmissione ha solo valore informativo e non fa decorrere i termini per la richiesta di un nuovo processo o per la presentazione di un ricorso in appello. 9.2. Come si è già rilevato, tale norma non è stata specificamente trasposta nell'ordinamento italiano dalla legge di attuazione della decisione quadro. Deve inoltre ribadirsi che le norme della decisione quadro non hanno effetto diretto nell'ordinamento italiano, anche se la disciplina complessiva è vincolante quanto ai fini perseguiti. Proprio in ragione di tale peculiare cogenza s'impone un'interpretazione del diritto interno conforme alle decisioni quadro, quand'anche non trasposte (Corte giustizia, 16/06/2005, Pupino): tale operazione ermeneutica implica che il giudice prenda in considerazione il diritto nazionale nel suo complesso, anche nelle interazioni tra le sue disposizioni, per valutare come l'applicazione del diritto interno possa condurre ad un risultato conforme a quello perseguito dalla decisione quadro. L'interpretazione conforme, che deve essere praticata anche in materia di mandato di arresto europeo alla luce della dec. quadro 2002/584/GAI (Corte giustizia U.E., 29/06/2017, Poplawski), include l'obbligo di innovare, se del caso, una giurisprudenza consolidata, se la stessa si basa su un'interpretazione del diritto nazionale incompatibile con il diritto dell'Unione (Corte giustizia, 21/12/2023, R.Q.; Corte giustizia, Grande Sezione, 24/06/2019, Poplawski; Corte giustizia, Grande Sezione, 19/04/2016, Dansk Industri), con il limite di non poter giungere per tale via a risultati in maiam partem in ragione delle disposizioni di una decisione quadro, indipendentemente da una legge adottata per la sua attuazione, e di non poter addivenire ad interpretazioni contra legem. D'altro canto, a fronte di una disposizione del diritto europeo priva di effetti diretti -self executingnell'ordinamento interno, fermo l'obbligo di interpretazione conforme, ove possibile, non può tuttavia procedersi alla disapplicazione della disposizione contrastante e alla sua sostituzione con la norma europea: tuttavia, in caso di ineliminabile contrasto, dovrebbe pur sempre darsi rilievo alla vincolatività del diritto europeo, anche nel caso di decisione quadro, che, come riconosciuto dalla Corte costituzionale, assumerebbe rilievo agli effetti degli articolo 11 e 117 Cost., al fine di far riconoscere l'obbligo di adeguamento gravante sugli Stati membri e di eliminare la norma interna contrastante. Tale assetto, nel rapporto tra fonti multilivello, è stato nel corso del tempo delineato e affinato dalla Corte costituzionale: si considerino dapprima Corte Cost., sent. numero 170 del 1984, e di seguito Corte cost., sentenze numero 348 e numero 349 del 2007, riferite all'obbligo di conformazione all'ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali, con specifico riferimento ai rapporti con le disposizioni della CEDU, nonché le successive sentenze, con le quali è stato esaminato il tema dei rapporti con le varie fonti del diritto europeo, compresa la decisione quadro sul mandato di arresto, in particolare sent. numero 227 del 2010, fino alle più recenti sentenze numero 177 e numero 178 del 2023. In tale prospettiva è stato sottolineato come il giudice interno possa avvalersi, all'occorrenza, dello strumento del rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'articolo 267 T.F.U.E., che può essere, tuttavia, attivato dalla stessa Corte costituzionale, ove sia ravvisata una pregiudiziale questione interpretativa del diritto europeo, influente sulla decisione (fra l'altro Corte cost., sent. numero 117 e numero 112 del 2019). Del resto, l'ordinanza di rimessione ha prospettato, da un lato, la possibilità di un'interpretazione conforme e, dall'altro, l'eventuale necessità di sollevare questione di illegittimità costituzionale, al fine di conformare l'ordinamento interno sul punto indicato. 9.3. Si è però obiettato che, nel caso di specie, il parametro assunto quale base del ragionamento, cioè l'articolo 4-bis della decisione quadro, non sarebbe rilevante, in quanto inerente alla materia del mandato di arresto europeo e non alla disciplina dei rimedi restitutori, che è rimessa alla discrezionalità del legislatore nel quadro e nel rispetto dei principi desumibili dalla Costituzione, oltre che dal diritto europeo. Nell'ampia requisitoria del Procuratore generale si osserva che le norme in materia di mandato di arresto non hanno la funzione di armonizzare gli istituti propri del sistema processuale degli Stati membri, con specifico riguardo al tema del processo in absentia (si richiama al riguardo il considerando 14 della decisione quadro), ma solo quello di definire la disciplina funzionale alla consegna, in tale prospettiva dovendo essere intese anche le norme che hanno ad oggetto i motivi di rifiuto, tra le quali rientra il citato articolo 4-bis. Deve aggiungersi, nella medesima prospettiva, che in una circostanza (Sez. 4, numero 31252 del 23/06/2023, Bakhri, cit.) è stata ritenuta inconferente ai fini in esame la disciplina dettata dalla decisione quadro, come rifluita nelle disposizioni dettate dagli articolo 6,18-ter e 30 della legge numero 69 del 2005, da ultimo modificata dal D.Lgs. numero 10 del 2021, che definiscono il contenuto obbligatorio del mandato di arresto europeo, sia passivo che attivo. Va a questo riguardo precisato che l'articolo 6 riproduce nelle sue diverse scansioni il contenuto dell'articolo 4-bis par. 1, prevedendo inoltre che in caso di insufficienza delle indicazioni fornite possono essere chieste informazioni integrative. L'articolo 18-ter disciplina la materia delle decisioni in absentia, richiamando, ai fini della previsione di un motivo di rifiuto di consegna, le indicazioni di cui all'articolo 6 comma 1 -bis, e contemplando inoltre la facoltà del consegnando di richiedere la trasmissione della copia della sentenza che non gli sia stata notificata in precedenza. L'articolo 30, dettato per il mandato attivo, stabilisce che quest'ultimo deve contenere le informazioni richieste nel modello di mandato annesso alla decisione quadro, come modificata dall'articolo 2 par. 3 della dec. quadro 2009/299/GAI, che riproduce i contenuti già indicati, anche riferiti al caso del processo in absentia. È in parte qua che potrebbe, se del caso, assumere rilevanza la mancata trasposizione dell'articolo 4-bis, par. 2 della dec. quadro 2002/584/GAI, come modificata dalla dec. quadro 2009/299/GAI. 9.4. Va tuttavia rimarcato che i riferimenti al contenuto del mandato di arresto europeo, se non valgono di per sé a disciplinare un rimedio restitutorio, implicano tuttavia che anche lo Stato italiano assume l'impegno di garantire un regime incentrato sulla possibilità di fruire di un siffatto rimedio, all'esito della consegna, ciò anche quando assuma il ruolo di Stato di emissione. Ed allora è agevole rilevare che l'intera disciplina sul mandato di arresto europeo, pur non finalizzata ad armonizzare i rimedi restitutori, ne postula tuttavia l'applicazione all'esito della avvenuta consegna, in tal senso assumendo rilievo interpretativo la correlazione tra il par. 1, lett. d), e il par. 2 dell'articolo 4-bis, e dunque presuppone la necessità del coordinamento tra le diverse discipline, certamente influendo sull'interpretazione della loro operatività, come definite dai singoli Stati membri. 10. In tale opera di coordinamento si tratta di stabilire allora se possano rinvenirsi ulteriori indici idonei a consentire una sicura interpretazione del diritto vigente, coerente con le indicazioni del diritto europeo. 10.1. Tali indici paiono invero rinvenibili nella Direttiva 2016/343/UE sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, cui anche il Procuratore generale riconosce la diretta interferenza con la materia in esame, pur rilevando la mancanza di indicazioni circa la decorrenza del termine per avvalersi di un rimedio restitutorio. Devono al riguardo richiamarsi gli articolo 8 e 9 di tale Direttiva, che delineano nitidamente il quadro delle garanzie connesse alla celebrazione di un processo in absentia, la cui legittimità non può dirsi a priori esclusa, nella prospettiva del doveroso bilanciamento tra l'esigenza di assicurare il diritto di difesa e quella di consentire l'accertamento di fatti penalmente rilevanti. Orbene, l'articolo 8, par. 4, stabilisce che qualora gli Stati prevedano la possibilità di svolgimento di processi in assenza dell'indagato o imputato, ma non sia possibile soddisfare le condizioni di cui al par. 2 del presente articolo, perché l'imputato non può essere rintracciato nonostante i ragionevoli sforzi profusi, gli Stati membri possono consentire comunque l'adozione di una decisione e l'esecuzione della stessa. In tal caso gli Stati membri garantiscono che gli imputati e indagati, una volta informati della decisione, in particolare quando sono arrestati, siano informati anche della possibilità di impugnare la decisione e del diritto a un nuovo processo o ad un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, in conformità dell'articolo 9 . Tale articolo a sua volta stabilisce che gli Stati membri assicurano che laddove gli imputati o indagati non siano stati presenti al processo e non siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2, questi abbiano diritto ad un nuovo processo che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso l'esame di nuove prove, e possa condurre alla riforma della decisione giudiziaria. In tale contesto gli Stati membri assicurano che tali indagati o imputati abbiano il diritto di presenziare, di partecipare in modo efficace in conformità delle procedure previste dal diritto nazionale e di esercitare i diritti della difesa . In definitiva tali disposizioni implicano che, qualora nonostante le ricerche e i tentativi seriamente effettuati non risulti possibile assicurare la sicura conoscenza da parte dell'imputato della celebrazione del processo, lo stesso può svolgersi, ma deve essere assicurato che gli imputati siano informati della decisione, in particolare quando siano arrestati, e della possibilità di impugnare la decisione o di ottenere un nuovo processo che consenta una piena rivalutazione del merito anche sulla base di nuove prove. 10.2. A fronte di ciò, Corte Giustizia, 17/12/2020, T.R. ha affermato che la Direttiva non può essere invocata per impedire la consegna in forza di un mandato di arresto europeo, posto che i motivi di rifiuto sono esaustivamente delineati nella relativa decisione quadro. Nondimeno, secondo la Corte di Giustizia, occorre tuttavia rilevare che l'impossibilità di invocare la direttiva 2016/343 per impedire l'esecuzione di un mandato d'arresto europeo, al di fuori dei motivi di non esecuzione previsti dalla decisione quadro 2002/584, non incide affatto sull'obbligo assoluto dello Stato membro emittente di rispettare, nell'ambito del suo ordinamento giuridico, l'insieme delle disposizioni del diritto dell'Unione, compresa la direttiva 2016/343 . D'altro canto, Corte Giustizia, 19/05/2022, I.R., ha ancor più incisivamente affermato (par. 27 e 28) che l'articolo 9 della direttiva 2016/343 dispone che gli Stati membri assicurano che, laddove un tale processo si svolga, pur non essendo soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva, l'interessato abbia diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, che consenta di riesaminare il merito della causa... e possa condurre alla riforma della decisione originaria . Come precisato dall'articolo 8, paragrafo 4, di detta direttiva, è necessario, in tal caso, che l'interessato venga informato, al momento in cui gli è notificata la decisione contumaciale, tanto in merito al diritto a un nuovo processo quanto alla possibilità di contestare tale decisione. Poiché l'articolo 8, paragrafo 4, e l'articolo 9 della direttiva 2016/343 enunciano in modo incondizionato e sufficientemente preciso l'ambito di applicazione e la portata del diritto a un nuovo processo, tali disposizioni devono essere considerate come aventi efficacia diretta. Pertanto, chiunque abbia diritto a un nuovo processo può opporre tale diritto allo Stato membro interessato, dinanzi ai giudici nazionali, sia quando tale Stato membro abbia omesso di trasporre tale direttiva nell'ordinamento giuridico nazionale entro i termini impartitigli, sia quando l'abbia recepita in modo non corretto (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C-585/16, EU:C:2018:584, punti 98 e 99) . 10.3. Ebbene, il quadro che, su tali basi, viene a ricomporsi postula dunque che il diritto al rimedio restitutorio non influenzi direttamente la consegna in esecuzione di un mandato di arresto europeo, ma ciò in ragione del fatto che il diritto al rimedio restitutorio è comunque ineludibile ed è garantito da disposizioni che hanno efficacia diretta e prevalente nell'ordinamento italiano, in forza delle quali il rimedio è assicurato previa idonea notifica della decisione e adeguata informazione in ordine al rimedio disponibile, fornita all'interessato tratto in arresto, evidentemente sulla base di atti esecutivi interni, successivi alla consegna. Ma, a tale stregua, può trarsi sicura conferma del fatto che, da un lato, in presenza dei presupposti delineati, il diritto al rimedio restitutorio deve essere assicurato e che, dall'altro, alla base della fruizione di esso deve esservi una piena conoscenza, la quale nel caso di esecuzione di un mandato di arresto europeo può essere apprezzata solo all'esito della consegna, senza che possa al riguardo assumere rilievo dirimente, proprio perché strumentale solo alla consegna, la conoscenza acquisita dall'interessato sulla base dello stesso mandato di arresto, conoscenza che, non essendo ancora connotata da pienezza operativa, non può dirsi idonea ad assicurare l'esercizio dell'ineludibile diritto al rimedio riparatorio. 11. Le conclusioni sinora illustrate valorizzano: 1) l'argomento storico, che consente di ricostruire l'esigenza alla base dell'originaria formulazione dell'articolo 175 cod. proc. penumero; 2) l'analisi dei rimedi restitutori che, pur configurati diacronicamente in termini diversi, si inseriscono nel medesimo filone di garanzie e sottendono dunque la medesima finalità, peraltro di seguito ampiamente suffragata dalla loro sostanziale complementarietà, desumibile dalla sincronica coesistenza, come delineata dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. numero 150 del 2022; 3) l'inquadramento degli istituti alla luce del diritto europeo; 4) la centralità del diritto di difesa e dell'ineludibile diritto al rimedio restitutorio in favore del soggetto condannato in absentia che non abbia avuto una sicura informazione in merito alla celebrazione del processo. Tali argomenti consentono, in primo luogo, di giungere ad una piana armonizzazione delle fonti del diritto europeo, nel senso che le disposizioni sulla consegna, se non ineriscono direttamente alla disciplina dei rimedi restitutori, devono nondimeno essere interpretate in modo che il diritto al rimedio restitutorio non ne risulti pregiudicato; e, in secondo luogo, di individuare la necessità di un raccordo tra le fonti europee nonché tra esse e la disciplina interna dei rimedi restitutori. In tale prospettiva l'articolo 4-bis della dec. quadro 2002/584/GAI, valorizzato dall'ordinanza di rimessione, costituisce nel suo complesso un parametro di riferimento al fine di stabilire quel raccordo, parametro che assume rilievo sul piano interpretativo a conferma delle indicazioni già rivenienti dalle disposizioni concernenti il contenuto necessario del mandato di arresto europeo, corrispondentemente trasposte dagli articolo 6,18-ter e 30 legge numero 69 del 2005 -, senza la necessità di presupporne una diretta efficacia o di fondare su di esso una questione di legittimità costituzionale, in quanto del tutto coerente con la fonte più specificamente valorizzabile in questa sede, costituita dalla Direttiva 2016/343/UE. Le relative norme, lette alla luce della citata sentenza della Corte di Giustizia I.R., hanno ai fini in esame efficacia diretta, self executing, e delineano inequivocamente il diritto ad uno strumento riparatorio, che, in piena sintonia con il citato articolo 4-bis, deve poter essere esercitato all'esito della consegna, alla quale soltanto può correlarsi la conoscenza necessaria, perché di quel diritto possa riconoscersi la piena effettività. Ciò non postula un'applicazione analogica dell'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero, ma un inquadramento sistematico dell'intera materia e della disciplina interna, dettata dall'articolo 629-bis cod. proc. penumero, letta alla luce delle disposizioni cogenti del diritto europeo, che conduce a ritenere, quale criterio di essenza del diritto al rimedio restitutorio, che lo stesso, in caso di esecuzione di un mandato di arresto europeo, debba poter essere fruito all'esito della consegna. Soltanto all'esito della stessa possono decorrere i termini correlati alla conoscenza, sia che essa abbia ad oggetto il procedimento sia che debba essere riferita al provvedimento; infatti, solo dopo la consegna la conoscenza può assumere concreto significato operativo in funzione del pieno esercizio del diritto di difesa, senza che possa al riguardo influire l'ulteriore Direttiva 2013/48/UE, che assicura fra l'altro la possibilità di nomina di un difensore, ma non vale in alcun modo a dirimere il tema della rilevanza della consegna ai fini dell'esercizio del rimedio restitutorio. Del resto, va rimarcato come il legislatore italiano, consapevole della cogenza delle disposizioni dettate dagli articolo 8 e 9 della Direttiva 2016/343/UE, abbia di recente modificato l'articolo 656 cod. proc. penumero inserendo con l'articolo 2, comma 1, lett. cc), D.Lgs. 19 marzo 2024, numero 31, la previsione dell'avviso al condannato che se il processo si È svolto in sua assenza, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza può' chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato , ciò che si pone pienamente in linea con la specifica qualificazione della conoscenza, che è alla base dell'esercizio del relativo diritto. 12. L'operazione interpretativa fin qui condotta si colloca all'interno del sistema. Deve ribadirsi che essa è volta ad esplicitare il contenuto e la portata di una disposizione, nei limiti di tolleranza ed elasticità dell'enunciato, cioè del significato testuale della disposizione, in coerenza con il procedimento ermeneutico delineato dall'articolo 12 delle preleggi e con il principio desumibile dall'articolo 101 Cost., secondo cui il giudice è soggetto alla legge (per tali rilievi si rinvia a Corte cost., sent. numero 230 del 2012, nonché a Sez. U civ., numero 24413 del 09/09/2021, non mass, sul punto, e a Sez. U civ., numero 20661 del 01/10/2014, non mass, sul punto). Di tale canone si è fatta carico altresì la giurisprudenza di legittimità in materia penale, essendosi ribadita la primaria rilevanza dell'articolo 12 preleggi e del percorso interpretativo disegnato da tale norma (Sez. U, numero 32938 del 19/01/2023, L., non mass, sul punto; Sez. U, numero 38810 del 13/06/2022, Banadin, non mass, sul punto; Sez. U, numero 1626, del 24/09/2020, dep. 2021, Bottari, non mass, sul punto). Nel caso di specie, l'esito interpretativo risulta, invero, coerente con il dato letterale, che non contiene di per sé inequivoci indici preclusivi, e con un inquadramento sistematico e teleologico della disposizione in materia di rescissione, in quanto è volto ad attribuirle non un significato che non le è proprio, bensì il pregnante e più esteso significato che le pertiene in funzione del riconoscimento di un diritto difensivo, che deve essere ineludibilmente tutelato alla luce di tutte le indicazioni rivenienti dalla disciplina interna e dal diritto europeo in materia di rimedi restitutori, che, come si è visto, assume rilievo direttamente vincolante. Può per contro ritenersi, coerentemente con l'esaminato argomento storico, che il riferimento contenuto nell'articolo 175, comma 2-bis cod. proc. penumero alla decorrenza del termine dalla consegna, in caso di estradizione dall'estero, costituisca mera esplicitazione di un significato che deve intendersi comunque insito nella nozione di conoscenza piena e direttamente operativa, quale imposto dal complessivo quadro esaminato. Correlativamente tale risultato può essere raggiunto senza la necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'articolo 629-bis, cod. proc. penumero, nella precedente e, in via conseguenziale, nella attuale formulazione, proprio in ragione della compatibilità del testo con la più lata interpretazione prospettata, peraltro ineludibile alla luce del complessivo assetto normativo, in funzione dell'effettività del diritto di difesa, garantita dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla CEDU. Né vi è necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia U.E. ai sensi dell'articolo 267 T.F.U.E., in quanto sui profili valorizzati in questa sede la Corte di giustizia si è già espressamente pronunciata, non risultando residue incertezze in ordine al significato attribuibile ai fini in esame alle disposizioni contenute nella dec. quadro 2002/584/GAI. 13. Può dunque affermarsi il seguente principio: Nel caso di persona richiesta in consegna in attuazione di un mandato di arresto europeo esecutivo e detenuta in carcere, il termine per proporre la rescissione del giudicato decorre dal momento della consegna del condannato . 14. Venendo, su tali basi, al caso in esame, deve rilevarsi come l'ordinanza impugnata abbia ravvisato la tardività dell'istanza di rescissione, presentata in data 26 aprile 2023, essendosi ritenuto che la conoscenza del procedimento potesse farsi risalire al momento dell'arresto in R., eseguito in data 23 febbraio 2023 sulla base del mandato di arresto europeo, e comunque non oltre la data del 9 marzo 2023, allorché il ricorrente aveva prestato consenso alla consegna, in concreto avvenuta solo in data 29 marzo 2023. Si tratta, in realtà, di un caso emblematico, nel quale il termine per accedere al rimedio restitutorio era interamente decorso prima dell'effettiva consegna, in totale dissonanza con le scansioni evocate dal diritto europeo, che richiede la fruibilità del rimedio dopo l'avvenuta consegna. Sulla base del principio in questa sede affermato, deve invece ritenersi che l'istanza fosse tempestiva, in quanto presentata prima che fossero decorsi trenta giorni dalla data della consegna, tale da assicurare la pregnante e operativa conoscenza, di cui s'è detto, in effetti propiziata dall'immediata notifica in Italia dell'ordine di carcerazione. Ne consegue, per le ragioni illustrate, l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, cui segue la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Genova per lo svolgimento del giudizio di rescissione. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Genova per il giudizio di rescissione.