In caso di cancellazione d'ufficio, l’avvocato può presentare ricorso al CNF con contestuale deposito presso il COA o con notificazione a quest'ultimo entro il termine stabilito per l'impugnazione
A volte, la comprensione delle norme procedurali concernenti i processi dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, specialmente a causa dei rinvii, può generare incertezze nell'applicazione. Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, hanno chiarito le procedure di presentazione del ricorso contro la decisione di un consiglio dell'Ordine degli avvocati di cancellare d'ufficio dall'Albo professionale l'iscritto. Il caso Nel caso specifico, un consiglio dell'Ordine degli avvocati aveva ordinato la cancellazione d'ufficio di un avvocato dall'Albo, per assenza dei requisiti di cui all'articolo 17, comma 1, lettera f), della legge numero 247 del 2012, a causa della presenza di numerosi procedimenti penali a suo carico. L'avvocato impugnava la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense presentando il ricorso direttamente presso il CNF. Il Consiglio Nazionale Forense dichiarava inammissibile il reclamo in quanto presentato presso di esso anziché essere proposto mediante deposito presso il Consiglio dell'Ordine, come richiesto dall'articolo 59 R.D. numero 37 del 1934. Con il ricorso in Cassazione, l'avvocato ha contestato l'errore di diritto commesso dal CNF per non aver considerato inapplicabile la norma del R.D. numero 37 del 1934 in base al principio della successione delle leggi nel tempo, alla luce di quanto previsto dall'articolo 17, comma 14, l. numero 247/2012, in base al quale «l'interessato può presentare ricorso al CNF entro sessanta giorni dalla notificazione». Inoltre, secondo l'avvocato, il ricorso presentato dinanzi al Consiglio Nazionale Forense dovrebbe essere considerato come un ricorso gerarchico: di conseguenza, se il ricorso è presentato direttamente all'autorità amministrativa sovraordinata anziché a quella che ha emanato il provvedimento, non può derivarne la nullità o l'inammissibilità del ricorso. La decisione della Corte Le Sezioni Unite ritengono che il presupposto sistematico su cui si basa il ricorso per cassazione non è fondato, in quanto la decisione del Consiglio Nazionale Forense non ha funzione di ricorso gerarchico improprio, ma giurisdizionale. Secondo la legge professionale, l'avvocato cancellato ha il diritto di presentare ricorso al CNF entro sessanta giorni dalla notificazione (articolo 17, comma 4). A sua volta, l'articolo 36, comma 1, delinea l'ambito di competenza del CNF, precisando che «la funzione giurisdizionale si svolge secondo le disposizioni dagli articoli 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, numero 37»; il sesto comma, poi, stabilisce che «gli interessati e il pubblico ministero possono impugnare le decisioni del CNF alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione entro trenta giorni dalla notificazione, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge». Oltre a queste norme, deve farsi riferimento anche all'articolo 59 del R.D. numero 37 del 1934, in base al quale «il ricorso alla Commissione centrale [oggi Consiglio Nazionale Forense] è presentato negli Uffici del Direttorio [oggi Consiglio dell'Ordine degli Avvocati] che ha emesso la pronuncia, e deve contenere l'indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda, ed essere corredato della copia della pronuncia stessa, notificata al ricorrente». Il Collegio chiarisce che la denominazione attuale degli organi (Consiglio Nazionale Forense e Consiglio dell'Ordine degli Avvocati) non influisce sull'applicazione delle norme, così come non vi è alcun dubbio sul fatto che il ricorso presentato al CNF contro la decisione di cancellazione: dà origine a un procedimento giurisdizionale; il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati è l'ente incaricato del procedimento e ha un interesse prioritario alla sua conservazione; l'applicazione dell'articolo 59 del R.D. numero 37 del 1934 non deriva da una asserita ultrattività dell'originaria previsione ma da una espressa scelta del legislatore, sancita dalla legge numero 247/2012; una volta depositato il ricorso presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, spetta a quest'ultimo avviare le fasi successive (l'inizio del contraddittorio con le altre parti coinvolte e la trasmissione dell'impugnazione al Consiglio Nazionale Forense, competente per la decisione). Ne deriva che, secondo il quadro normativo delineato, il Consiglio Nazionale Forense è l'organo giurisdizionale competente a decidere sul ricorso, in particolare sulla cancellazione dall'Albo professionale. L'ultima parte dell'articolo 36 della legge numero 247/2012, infatti, non ha alcun impatto sulla competenza in quanto opera su un piano diverso da quello procedurale, regolando soltanto le modalità di presentazione dei mezzi di impugnazione, giustificata dalla peculiare posizione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. Pertanto, il deposito presso gli uffici del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati è equivalente alla notificazione del ricorso al medesimo: ciò che conta è che, entro i termini assegnati per l'impugnazione, il ricorso sia depositato presso il COA o notificato a quest'ultimo (anche se depositato al CNF). Dunque, «l'eventuale deposito del reclamo direttamente presso il Consiglio Nazionale Forense non comporta l'intempestività del ricorso ove tale attività si accompagni, anche in un momento successivo purché nei termini per la proposizione del gravame, al deposito (o alla notifica) al Consiglio dell'Ordine». Nel caso di specie, le Sezioni Unite non trovano contrasti o incoerenze tra l'articolo 17 della legge numero 247/2012 e l'articolo 59 del R.D. numero 37/1934, in quanto tali norme agiscono su piani differenti: pertanto, siccome l'avvocato aveva presentato il ricorso direttamente al CNF entro i termini ma non lo aveva notificato al COA entro il termine ultimo, le Sezioni Unite rigettano il ricorso.
Presidente Cassano – Relatore Fuochi Tinarelli Fatti di causa 1. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (hinc: (Omissis)) di (Omissis), con delibera del 12-18 ottobre 2023, disponeva la cancellazione dell'avvocato C.V. dall'albo degli Avvocati di (Omissis) per esser venuti meno i requisiti di cui all'articolo 17, comma 1, lett. f), legge numero 247 del 2012 per la pendenza, a suo carico, di numerosi procedimenti penali. 2. L'avvocato C.V., con ricorso presentato direttamente al Consiglio Nazionale Forense, impugnava la delibera del (Omissis) di (Omissis), chiedendone l'annullamento posto che la cancellazione dall'albo non poteva essere disposta in pendenza di procedimento disciplinare, nessuna sentenza di condanna, penale o disciplinare, era divenuta definitiva e, comunque, non ne sussistevano i presupposti di legge. 3. Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza numero 180/2024, dichiarava inammissibile il reclamo in quanto presentato presso di esso e non proposto mediante deposito presso il Consiglio dell'ordine ai sensi dell'articolo 59 del r.d. numero 37 del 1934. 4. C.V. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo. 5. Resiste con controricorso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di (Omissis). 6. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso. 7. In prossimità dell'udienza, le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 cod. proc. civ. Ragioni della decisione 1. Va disattesa, preliminarmente, l'eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, che risulta regolarmente effettuata e di cui lo stesso Procuratore ha dato atto nelle sue conclusioni scritte. 2. L'unico motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., “violazione di norme di diritto” per aver la sentenza impugnata ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di cancellazione dall'Albo in quanto depositato direttamente presso il Consiglio Nazionale Forense anziché presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di (Omissis), come disposto dall'articolo 59 r.d. 22 gennaio 1934, numero 37, dovendosi ritenere tale norma inapplicabile per il principio della successione delle leggi nel tempo alla luce del disposto di cui all'articolo 17, comma 14, l. numero 247 del 2012, secondo il quale “l'interessato può presentare ricorso al CNF nel termine di sessanta giorni dalla notificazione”. Evidenzia, inoltre, che: - gli articolo 36 e 37 l. numero 247 del 2012, nello stabilire che la funzione giurisdizionale del Consiglio Nazionale Forense è esercitata “secondo le previsioni degli articolo 59 e 65 del RD 37/1934”, non richiama le modalità di presentazione del ricorso e l'inoltro del medesimo, che sono variate nel corso del tempo; deduce la natura procedurale delle norme del r.d. numero 37 del 1934, derivandone la perdita di efficacia in forza della disciplina sopravvenuta; - il ricorso innanzi al Consiglio Nazionale Forense ha natura di ricorso gerarchico, con la conseguenza che, ove esso sia presentato in via diretta all'autorità amministrativa sovraordinata anziché a quella che ha emesso il provvedimento, non può derivarne la nullità e/o l'inammissibilità del gravame; - infine, la previsione di inammissibilità non è prevista dall'articolo 33 del Regolamento CNF 21 febbraio 2014, numero 2. 3. Il motivo, che presenta profili di inammissibilità per difetto di chiarezza, realizzando una commistione di profili di diritto e motivazionali, con deduzioni che sono estese al merito della vicenda, è infondato. 4. La doglianza muove dall'assunto interpretativo che il deposito presso il (Omissis), previsto dall'articolo 59 r.d. numero 37 del 1934, pur richiamato dall'articolo 36 l. numero 247 del 2012, non sia applicabile al ricorso proposto avverso il provvedimento di cancellazione d'ufficio dall'Albo professionale poiché l'articolo 17, comma 14, della legge numero 247 cit. – norma successiva e, quindi, prevalente - stabilisce che, in questa ipotesi, “l'interessato può presentare ricorso al Consiglio Nazionale Forense”. 5. Tale assunto si fonda sull'erroneo presupposto che il ricorso al Consiglio Nazionale Forense abbia natura, anziché giurisdizionale, di ricorso amministrativo-gerarchico rispetto alla decisione assunta dal (Omissis). 6. Appare opportuno, preliminarmente, delineare il quadro normativo rilevante. 6.1. In materia di cancellazione dall'Albo professionale, l'articolo 17, comma 14, l. numero 247 del 2012 prevede “L'interessato può presentare ricorso al CNF nel termine di sessanta giorni dalla notificazione”. Il successivo articolo 36, comma 1, l. numero 247 del 2012 individua l'ambito della competenza giurisdizionale del Consiglio Nazionale Forense e ne precisa i criteri e le regole procedurali, disponendo che “Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell'ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il consiglio distrettuale di disciplina competente abbia deliberato l'apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, numero 37”. Il comma 6 dell'articolo 36 cit. dispone altresì che “Gli interessati e il pubblico ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del CNF alle sezioni unite della Corte di cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge”. L'articolo 59 del r.d. numero 37 del 1934, infine, prevede: “Il ricorso alla Commissione centrale [oggi Consiglio Nazionale Forense] è presentato negli Uffici del Direttorio [oggi Consiglio dell'Ordine degli Avvocati] che ha emesso la pronuncia, e deve contenere l'indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda, ed essere corredato della copia della pronuncia stessa, notificata al ricorrente. Agli effetti della decorrenza del termine per il ricorso incidentale preveduto nell'articolo 50, comma terzo, del R. decreto-legge 27 novembre 1933, numero 1578, si ha riguardo alla data in cui è stata fatta la notificazione del provvedimento impugnato al professionista interessato, e, nel caso di più professionisti, alla data dell'ultima notificazione. L'Ufficio del Direttorio comunica immediatamente, in copia, alle altre parti il ricorso che sia stato presentato a norma del comma primo del presente articolo. Al pubblico ministero è anche comunicata la data dell'ultima notificazione del provvedimento impugnato ai professionisti interessati. Il ricorso e gli altri atti del procedimento rimangono depositati negli Uffici del Direttorio per il termine di dieci giorni dalla scadenza di quello stabilito per ricorrere. Nel caso di cui all'articolo 50, comma terzo, del R. decreto-legge 27 novembre 1933, numero 1578, il termine del deposito decorre dalla scadenza di quello stabilito per il ricorso incidentale. Fino a quando gli atti rimangono depositati le parti interessate possono prenderne visione, proporre deduzioni ed esibire documenti. Il ricorso e gli altri atti nonché le deduzioni ed i documenti di cui al comma precedente sono quindi trasmessi alla Commissione centrale.”. Va precisato, con riguardo a quest'ultima disposizione, che, contrariamente a quanto sostenuto in memoria dal ricorrente, resta privo di rilievo che l'articolo 59 cit., nella sua formulazione originaria, si riferisse alla “Commissione centrale” e agli “Uffici del Direttorio” posto che a tali organi, la cui denominazione deriva dal precedente ordinamento corporativo, sono subentrati, rispettivamente, il Consiglio Nazionale Forense e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. 7. Il su illustrato quadro normativo permette di evidenziare che: a) il ricorso al Consiglio Nazionale Forense ha pacificamente natura giurisdizionale e non di ricorso amministrativo-gerarchico; b) il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati distrettuale è il soggetto preposto al procedimento (nella specie, quello per la cancellazione e/o iscrizione all'Albo professionale), ossia non è un terzo, né un “organo giudiziale”, ma il soggetto che ha adottato l'atto impugnato, dunque una parte, seppure qualificata, del giudizio innanzi al Consiglio Nazionale Forense, la quale, a fronte delle contestazioni del ricorrente sulla regolarità e sulla fondatezza della procedura, vanta un prioritario interesse alla sua conservazione; c) l'applicazione dell'articolo 59 r.d. numero 37 del 1934 deriva non da una asserita ultrattività dell'originaria previsione ma da una espressa scelta del legislatore, operata con la stessa legge numero 247 del 2012, di riconoscere piena vigenza ed efficacia alla norma; d) la specificità della posizione del (Omissis), infine, giustifica la sua considerazione da parte del legislatore in termini centrali nell'avvio del giudizio di impugnazione: una volta depositato il ricorso, infatti, ricade sul (Omissis) l'avvio delle fasi successive, ossia, in particolare, l'attivazione del contraddittorio rispetto alle altre eventuali parti e la trasmissione dell'impugnazione al Consiglio Nazionale Forense, organo competente a decidere. 7.1. Tali rilievi consentono di comprendere, in termini più lineari, la rilevanza e l'incidenza del complesso delle norme che governano, in parte qua, il giudizio innanzi al Consiglio Nazionale Forense. L'articolo 17, comma 14, e l'articolo 36, comma 1, primo periodo, infatti, individuano nel Consiglio Nazionale Forense l'organo giurisdizionale competente a decidere sul ricorso (nella specie, sulla cancellazione dall'Albo). Il richiamo operato dall'articolo 36, ultimo periodo, l. numero 247 del 2012 all'articolo 59 r.d. numero 37 del 1934 non modifica tale attribuzione poiché attiene ad un diverso piano, procedurale, identificando solamente le modalità per la proposizione del mezzo di impugnazione, giustificata dalla peculiare posizione del (Omissis). 7.2. Occorre sottolineare, del resto, che, secondo la costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite, il deposito presso “gli uffici del (Omissis)” è del tutto equivalente alla notificazione del ricorso al medesimo. Questa Corte, nell'interpretare l'articolo 59 cit. – sia pure nell'ambito del contenzioso elettorale e in materia disciplinare, ma tali rilievi valgono anche per il presente contenzioso - ha esplicitamente chiarito che “appare arbitrario assumere che il termine «presentazione» imponga il deposito quale unica modalità di impugnazione, con esclusione della notificazione. In realtà la disposizione relativa alla «presentazione del reclamo negli uffici del (Omissis)» si limita ad individuare il destinatario del reclamo stesso (gli uffici del (Omissis)), senza circoscrivere le modalità di proposizione dell'impugnazione”, sicché “detto ricorso si propone non mediante il suo deposito presso lo stesso destinatario dell'impugnazione, bensì mediante notificazione dell'atto nei suoi confronti” e, ove quest'ultima sia eseguita tramite servizio postale, ai fini della tempestività, rileva il momento della spedizione dell'atto al (Omissis), stante il generale principio, costituzionalmente rilevante, della scissione soggettiva degli effetti della notificazione (v. Sez. U, numero 26857 del 14/11/2017; Sez. U, numero 13983 del 06/06/2017; da ultimo Sez. U, numero 30885, 3 dicembre 2024). Ciò conferma, dunque, che la proposizione del ricorso innanzi al Consiglio Nazionale Forense deve avvenire con la necessaria instaurazione del contraddittorio – attraverso il deposito del ricorso presso i locali del Consiglio dell'Ordine ovvero mediante la notifica dell'atto al medesimo Consiglio dell'Ordine – nei confronti del (Omissis) entro i termini stabiliti dalla legge, la cui mancanza impedisce il prodursi degli effetti sostanziali e processuali della domanda e l'instaurazione del giudizio. Va sottolineato, sul punto, che l'eventuale deposito del reclamo direttamente presso il Consiglio Nazionale Forense – come nella specie avvenuto, di per sé irrituale e inidoneo a soddisfare le condizioni di legge – non comporta l'intempestività del ricorso ove tale attività si accompagni, anche in un momento successivo purché nei termini per la proposizione del gravame, al deposito (o alla notifica) al Consiglio dell'Ordine, condizione qui, invece, non verificatasi. 7.3. Da tutto ciò emerge pure l'infondatezza dell'eccepito difetto di legittimazione del (Omissis) a resistere con controricorso al ricorso presentato per cassazione. 8. Pertanto, va escluso che vi sia contrasto o incoerenza tra l'articolo 17 l. numero 247 del 2012 e l'articolo 59 r.d. numero 37 del 1934, non ponendosi un profilo di successione di norme. Le due norme attengono a piani differenti seppur collegati: la prima individua l'organo competente a decidere il reclamo; la seconda, applicabile per l'esplicito richiamo dell'articolo 36 l. numero 247 del 2012, regola le modalità, procedurali, per la presentazione del reclamo stesso, la cui inosservanza determina l'inammissibilità del ricorso che non può ritenersi ritualmente e/o tempestivamente presentato. 8.1. Tale interpretazione, inoltre, non è sicuramente illogica, rispondendo, anzi, a evidenti ragioni di sistema: il deposito del ricorso presso il (Omissis), difatti, è funzionale a consentire l'attivazione del contraddittorio con le altre parti (e con il Procuratore Generale della Corte di cassazione) e, al contempo, la trasmissione, in uno con il ricorso, degli atti del procedimento, delle eventuali ulteriori deduzioni, nonché dei documenti allegati dalle altre parti, sì da permettere al Consiglio Nazionale Forense una più ampia (e unitaria) trattazione del relativo contenzioso. 8.2. Infine, neppure sussiste contrasto rispetto a quanto previsto dall'articolo 33 del Reg. CNF numero 2 del 21 febbraio 2024, il cui comma 3, nel prevedere che il ricorso deve essere presentato a mezzo posta o pec nella segreteria del Consiglio Distrettuale di Disciplina che ha emesso la decisione ovvero in quella del Consiglio dell'Ordine presso cui l'incolpato è iscritto, fornisce una regolamentazione del tutto coerente all'articolo 59 cit. 8.3. Per completezza, giova anche evidenziare che il peculiare meccanismo di impugnazione previsto per le decisioni del Consiglio Nazionale Forense non è inedito nell'ordinamento. Questa modalità, infatti, è assimilabile a quella prevista per l'impugnazione nel giudizio penale: l'articolo 582 cod. proc. penumero prevede che l'impugnazione della sentenza debba avvenire con deposito dell'atto presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, con conseguente inammissibilità del ricorso avverso la sentenza d'appello proposto direttamente alla Corte di cassazione (v. Cass. penumero Sez. 2 - , Sentenza numero 7844 del 29/01/2020). 9. Da ultimo, va escluso, in relazione alle conclusioni depositate dal Procuratore Generale, che possa assumere rilievo il meccanismo della translatio iudicii che presuppone la proposizione del ricorso ad altro organo giurisdizionale, seppure difettoso della competenza. Nella specie, la violazione investe l'esatta applicazione delle norme per la presentazione del ricorso e non l'errata identificazione dell'organo competente, qui neppure in rilievo. 10. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, sono regolate per soccombenza. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore del controricorrente, che liquida in complessive € 5.000,00, oltre al rimborso degli esborsi (liquidati in euro 200,00), alle spese forfettarie nella misura del 15%, e agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.