Per la Terza Sezione Civile della Suprema Corte, il giudicato esterno, formatosi nel corso di un giudizio negli Stati Uniti, non consente di riesaminare la questione nel merito e decidere in modo difforme al giudicato stesso.
La Corte di Cassazione ha emanato l’importante principio sopra espresso, nell’ampia e articolata sentenza in commento. La vicenda, estremamente complessa sia dal punto di vista giuridico che fattuale, nasce dalle notissime e lontane vicende della Parmalat, addirittura nel 2004, anche se il procedimento poi sfociato nel ricorso presso la Suprema Corte, risale al 2015. Il tutto nasce quando, appunto nel 2004, su esposto del Commissario Straordinario della Parmalat, veniva iniziato un procedimento penale nei confronti degli odierni controricorrenti persone fisiche, allora dipendenti delle società Citibank e Citigroup, in relazione a tre operazioni finanziarie, per le quali si assumeva che i predetti avessero fatto in modo che le due banche statunitensi continuassero ad erogare cospicui finanziamenti in favore della vecchia Parmalat, ne periodo tra il 1997 e il 2003, nonostante la stessa fosse già in situazione di sostanziale decozione, determinando l’aggravamento della sua situazione debitoria in pregiudizio dei creditori e degli azionisti. I suddetti venivano processati per tre capi di imputazione e il procedimento penale si concludeva con sentenza di patteggiamento, il che escludeva, come noto, la possibilità che il giudice penale potesse decidere sulle domande previste dalla parte civile. Nel frattempo, in contemporanea alla presentazione della denuncia penale in Italia, il Commissario Straordinario chiedeva alla Corte del New Jersey l'accertamento della responsabilità di Citibank e di alcune altre società americane nel dissesto di Parmalat e nel danno che avevano subito le società poste in amministrazione straordinaria e la massa dei creditori, articolando la domanda in dieci distinte richieste. In detto giudizio, non venivano evocate le persone fisiche odierne controricorrenti. Senza voler entrare troppo nel dettaglio del complicato procedimento statunitense, è importante però ricordare che la maggior parte delle richieste proposte dal commissario straordinario furono dichiarate inammissibili, e che l'unico punto residuo che la Corte superiore del New Jersey decideva che potesse essere esaminato in un pubblico processo, non solo veniva rigettato, ma addirittura viste le difese della banca, Parmalat veniva condannata a pagare un cospicuo risarcimento per i danni prodotti a Citibank dalle condotte fraudolente delle società del gruppo oggi ricorrente. La decisione veniva impugnata da Parmalat, ma veniva confermata sia in appello che dalla Corte Suprema, e ne veniva anche dato riconoscimento in Italia con decisione confermata in via definitiva nel 2019. Di conseguenza, il commissario straordinario cominciava un giudizio civile in Italia, nel quale chiedeva la condanna di tutti i soggetti già imputati in sede penale e delle due società di cui gli stessi erano dipendenti al momento dei fatti illeciti, al risarcimento dei danni patrimoniali e non, provocati con le loro condotte integranti reati di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose e bancarotta fraudolenta da false comunicazioni sociali. Con sentenza del 2018, il Tribunale di Milano accoglieva però l'eccezione di giudicato estero, sollevata da tutte le parti convenute, per avere il commissario straordinario proposto analoga domanda negli Stai Uniti, anche se esclusivamente nei confronti della banca che era stata rigettata; il tribunale riteneva che la portata preclusiva del giudicato estero si estendesse come ambito oggettivo a tutte le domande poste negli Stati Uniti, nonché a quelle rigettate in via preliminare e infine all'unica ammessa nel dibattimento e respinta nel merito. Contro tale decisione, Parmalat proponeva appello, tornando a sostenere, anche avvalendosi di un parere di uno dei massimi esperti processuali del New Jersey la sua tesi secondo la quale le decisioni rese in quel procedimento non avrebbero potuto avere preclusioni sul giudizio intrapreso in Italia, sia perché alcune erano state respinte in via preliminare e quindi non si era entrati nel merito, sia perché la decisione non conteneva alcun accertamento sui fatti rilevanti sulla responsabilità delle persone fisiche convenute. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 2019, ha rigettato l'appello e confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che la decisione del tribunale americano costituisse una statuizione di rigetto nel merito delle domande, previa una ricostruzione in fatto dei rispettivi comportamenti, fondata su una approfondita valutazione di non meritevolezza della pretesa azionata. Contro tale decisione, ha proposto ricorso, affidato a ben otto motivi, presso la Suprema Corte la Parmalat; tutti i resistenti hanno proposto controricorso. L’area del giudicato esterno di un provvedimento estero va individuata esaminando attentamente il nucleo fattuale e giuridico della decisione straniera Il ricorso è stato rigettato, nonostante il parere della Procura Generale, che ne aveva chiesto l’accoglimento, limitatamente al secondo motivo. Uno dei motivi sui quali si è soffermata la Corte era quello relativo al fatto che la legittimazione del commissario sia stata esclusa solo in relazione alla promozione dell'azione risarcitoria per i creditori e non sia invece stata estesa anche alla promozione dell'azione stessa a tutela della massa. Per il Procuratore Generale, la Corte d'appello avrebbe negato la legittimazione del commissario non solo in relazione all'azione proposta a tutela dei vari creditori come singoli, ma in generale all'azione proposta a tutela della massa dei creditori della società in amministrazione straordinaria. La Corte di Cassazione, in estrema sintesi, ha invece ritenuta corretta la contraria soluzione adottata dalla decisione impugnata, non emergendo univocamente l'esclusione della legittimazione processuale del Bondi anche a tutela della massa dei creditori. Ha aggiunto poi che si deve ritenere corretta la valutazione della Corte d'appello, secondo la quale la legittimazione del commissario è stata ammessa, negli Stati Uniti, anche per rappresentare la massa dei creditori concorsuali, e che comunque la decisione americana ha riguardato anche l'accertamento in fatto e per di più è correttamente motivata. Di conseguenza, la Suprema Corte ha statuito che il provvedimento dello Stato del New Jersey, passato in giudicato negli Stati Uniti e correttamente delibato in Italia, costituisca giudicato esterno al quale la Corte d'appello si è correttamente adeguata, delimitandone esattamente l'area dell'effetto espansivo, sulla base della individuazione della rilevanza del rapporto di privity, quanto ai profili soggettivi, e ritenendo che la decisione adottata sulla domanda proposta da Parmalat verso Citigroup espandesse i suoi effetti anche nei confronti delle altre società, e verso i dipendenti perché del loro operato si è verificata la correttezza nel giudizio americano.
Presidente Scoditti - Relatore Rubino Fatti di causa 1.- PARMALAT Spa propone ricorso per cassazione tempestivamente notificato il 28 giugno 2019, articolato in otto motivi, nei confronti di Bo.Pa., Sa.Fi., Ki.Ni., Da.Pe., Ha.Mi., Si.Ri., Lo.anumero, UnumeroSe., nonché contro CITIBANK N.A. e contro CITIGROUP GLOBAL MARKETS LTD (di seguito, CGML), per la cassazione della sentenza numero 2251/2019, emessa dalla Corte d'Appello di Milano il 12 febbraio 2019, pubblicata il 23 maggio 2019, notificata il 30 maggio 2019. 2.- Tutti gli intimati hanno svolto attività difensiva. Resistono con controricorso congiunto CITIBANK N.A. e CITIGROUP GLOBAL MARKETS Limited. Resistono altresì con controricorso congiunto Ki.Ni. e Da.Pe. Bo.Pa. e Sa.Fi. hanno depositato controricorso congiunto. Si.Ri., Ha.Mi., UnumeroSe. e Lo.anumero hanno depositato autonomi controricorsi. 3. - La causa che viene in decisione si inserisce nella complessa e articolata vicenda giudiziaria che ha fatto seguito al dissesto del gruppo PARMALAT. In estrema sintesi, al solo fine di delineare quanto ancora rileva in questa sede, la vicenda giudiziaria può succintamente riepilogarsi come di seguito. 3.1. - Il procedimento penale in Italia: - nel 2004, su esposto del Commissario Straordinario della PARMALAT Spa in A.S. (d'ora innanzi c.d. vecchia PARMALAT), dott. Bo., era avviato un procedimento penale in Italia nei confronti di tutti gli odierni controricorrenti persone fisiche, allora dipendenti delle società CITIBANK e Citigroup, in relazione a tre operazioni finanziarie, per le quali si assumeva che i predetti avessero fatto in modo che le due banche statunitensi continuassero ad erogare cospicui finanziamenti in favore della vecchia PARMALAT, ne periodo tra il 1997 e il 2003, nonostante la stessa fosse già in situazione di sostanziale decozione, determinando l'aggravamento della sua situazione debitoria in pregiudizio dei creditori e degli azionisti, con una operazione di cartolarizzazione, l'acquisizione di tre società canadesi una operazione di associazione in partecipazione, agendo in concorso con gli amministratori italiani della società, già condannati con sentenza passata in giudicato. Sulla base della denuncia presentata dal Bo. venivano formulati a carico degli odierni controricorrenti due capi di imputazione: corresponsabilità nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria da false comunicazioni sociali e corresponsabilità nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose; - nel 2008, il Commissario Bo. si costituiva parte civile ne procedimento penale; - nel 2015 il procedimento penale si concludeva con sentenza d patteggiamento emessa dal Tribunale di Parma, per concorso ne reato di bancarotta fraudolenta, nel corpo della quale il Tribunale affermava che tutti gli imputati contribuirono alla realizzazione delle operazioni economiche oggetto degli addebiti in virtù delle rispettive funzioni . Sulla base di tale valutazione, il Tribunale penale di Parma escludeva che per alcuno degli imputati potesse essere pronunciata sentenza di proscioglimento. 3.2. - Il processo civile negli Stati Uniti: - nel 2004, coevamente alla proposizione della denuncia penale in Italia, il dott. Bo., quale Commissario straordinario di PARMALAT in amministrazione straordinaria e PARMALAT finanziaria in amministrazione straordinaria nonché di altre società del gruppo in A.S., chiedeva alla Corte del New Jersey (USA) l'accertamento della responsabilità di CITIBANK e di alcune altre società americane ne dissesto di PARMALAT e nel danno che avevano subito le società poste in amministrazione straordinaria e la massa dei creditori, articolando la domanda in dieci distinti claims; - le persone fisiche odierne controricorrenti, ovvero i funzionari delle società statunitensi che ebbero un qualche ruolo nella concessione dei crediti in favore della vecchia PARMALAT, non erano evocate in quel giudizio né era direttamente evocata in causa la controricorrente CGML; - CITIBANK e le altre società convenute resistevano e la CITIBANK formulava a sua volta una domanda risarcitoria nei confronti della c.d. vecchia PARMALAT, per il danno che le era derivato dalla erogazione di finanziamenti che non avrebbe potuto recuperare. In quella sede: - nel febbraio 2005 era adottata una Decision, il cui esito era formalizzato in una articolata e motivata ordinanza preliminare depositata nel successivo mese di marzo, con la quale la Corte del New Jersey accoglieva la richiesta di rigetto preliminare proveniente dalle convenute (motion to dismiss) del claim numero 8 proposto dalla vecchia PARMALAT, denominato aggravamento dell'insolvenza, non essendo esso configurabile, alla stregua della legge del N.J., come illecito autonomo; dichiarava la carenza di legittimazione (lack of standing) del dottor Bo., quale Commissario straordinario di PARMALAT e delle altre società del gruppo in amministrazione straordinaria, a far valere le pretese risarcitorie per conto dei creditori di quelle società (tali pretese sono quindi rimaste escluse dal perimetro del giudizio statunitense, sul presupposto che la posizione del commissario straordinario si identificasse con quella della vecchia PARMALAT e quindi non fosse legittimato ad agire a tutela anche dei creditori di essa, i cui interessi erano contrapposti; - nell' aprile 2008 era reso il Summary Judgment, provvedimento motivato reso all'esito di un giudizio, appunto, sommario con cui la Corte del New Jersey rifiutava di esaminare otto dei nove claims residui formulati da PARMALAT, in accoglimento della eccezione in pari delicto proposta dalle parti convenute, sull'assunto per cui avendo la Decision del 2005 escluso la legittimazione del Bo. a far valere le pretese risarcitorie dei creditori, egli fosse totalmente immedesimato con la vecchia PARMALAT e quindi nei suoi confronti valesse l'eccezione in pari delicto melior est condicio defendentis, secondo la quale in pari condizioni di difetto prevale la posizione del convenuto, atteso che la condotta della vecchia società era stata tale da renderla non meritevole a che le sue pretese fossero esaminate nel merito; - quanto all'unico claim residuo proposto da Pamalat che, all'esito della decisione preliminare e poi della decisione sommaria, la Corte superiore del New Jersey decideva che potesse essere esaminato in un pubblico processo, con il Summary judgment essa ne ridimensionava preventivamente la portata: da concorso dei convenuti nella violazione dei doveri gravanti sui funzionari e amministratori di PARMALAT a concorso degli stessi nella violazione dei doveri degli amministratori e funzionari relativamente ad atti di spoliazione da parte degli intranei a danno di PARMALAT. L'unica domanda che superava il vaglio preliminare della Corte del New Jersey e che la stessa riteneva di sottoporre al trial e alla decisione della giuria era dunque ridefinita e circoscritta al concorso dei funzionari delle banche statunitensi negli atti di appropriazione compiuti dagli amministratori della PARMALAT, perché la corte statunitense escludeva che la elargizione di credito non restituibile alla società in decozione potesse considerarsi in assoluto un pregiudizio per la società e per il ceto creditorio; - così ridimensionata l'unica domanda residua sulla quale la Corte del NJ decideva di passare al dibattimento coinvolgendo la giuria, questa, emettendo un Verdict in cui, previa illustrazione dei quesiti ad essa sottoposti da parte del giudice, rispondeva con un si o con un no alle domande progressivamente sottopostele, rigettava l'unico claim rimasto di PARMALAT, e condannava per contro la società italiana a risarcire la banca convenuta a pagare una cospicua somma per i danni prodotti a CITIBANK dalle condotte fraudolente delle società del gruppo PARMALAT; - la decisione era impugnata dalla società italiana ma, confermata in appello e poi dalla Supreme Court del NJ, passava in giudicato; - alla sentenza della Supreme Court del N.J è stato dato riconoscimento in Italia su impulso della società statunitense, con decisione confermata in via definitiva da Cass. numero 10540 2019. 3.3. - In Italia, definito il procedimento penale (di cui al prec. par. 3.1.) con sentenza di patteggiamento - all'esito della quale, come è noto, non è dato al giudice penale decidere sulle domande proposte dalla parte civile, ex articolo 444 c.p.p.- nel 2015 il Commissario Straordinario Bo. iniziava una causa civile dinanzi al Tribunale di Milano per conto delle tre società in amministrazione straordinaria (facenti capo alla c.d. vecchia PARMALAT) e della PARMALAT Spa, odierna ricorrente, in qualità di assuntore del concordato preventivo di PARMALAT Spa, all'inizio del giudizio solo proposto (c.d. nuova PARMALAT), nella quale chiedeva la condanna di tutti i soggetti già imputati in sede penale e delle due società delle quali gli stessi erano dipendenti al momento dei fatti illeciti, al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non, provocati con le loro condotte integranti i reati di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose e bancarotta fraudolenta da false comunicazioni sociali, per un valore totale di 1,8 miliardi di euro; - nel corso del primo grado del giudizio risarcitorio proposto in Italia, il concordato PARMALAT veniva omologato quindi il giudizio proseguiva tra il dott. Bo. quale assuntore del concordato della nuova PARMALAT e i convenuti, tutti, all'epoca dei fatti, funzionari delle due banche statunitensi evocate in causa. 4. - Con sentenza numero 824/2018, il Tribunale di Milano accoglieva l'eccezione di giudicato estero sollevata da tutte le parti convenute, per aver già il Bo., numeroq. di commissario straordinario della vecchia PARMALAT, proposto analoga domanda, esclusivamente nei confronti di CITIBANK, dinanzi alla Superior Court of New Jersey, domanda che era stata rigettata; - riteneva il Tribunale adito che la portata preclusiva del giudicato estero si estendesse come ambito oggettivo a tutte le domande poste dal Bo. negli Stati Uniti, sia a quelle rigettate in via preliminare e con il summary judgment, sia a quella ammessa al dibattimento e rigettata con il verdict; -sotto il profilo della estensione soggettiva del giudicato, riteneva il giudice di primo grado che esso si potesse estendere anche alle persone fisiche dei funzionari e all'altro istituto di credito, Citigroups Global Markets LTD, pur essendo gli stessi rimasti estranei al giudizio celebrato nel N.J., ed anche alla massa dei creditori della PARMALAT e delle altre società del gruppo, essendo stata vagliata la loro posizione dal giudice americano (che aveva poi concluso che il Bo. non fosse legittimato a rappresentare gli interessi dei creditori, ma solo delle società insolventi e della massa), in base al rapporto di contiguità (privity) esistente tra le due società statunitensi e tra le società e i loro dipendenti; -il Tribunale riteneva di applicare a questo fine la teoria dell' estensione pura degli effetti del giudicato (in base alla quale la portata soggettiva e oggettiva del giudicato straniero dovrebbe essere determinata soltanto in base ai limiti posti dall'ordinamento di origine e non anche in base a quelli posti dall'ordinamento interno, in luogo di quella della doppia confinazione , per la quale sarebbe necessario far riferimento ai limiti previsti da entrambi gli ordinamenti, quello di provenienza e quello in cui l'autorità della sentenza viene invocata, perché si produca l'effetto del giudicato esterno per effetto di una sentenza straniera. 5. - PARMALAT Spa proponeva appello, tornando a sostenere, anche avvalendosi della produzione della opinion di uno dei massimi esperti processuali del N.J., avv. Porrino, la sua tesi, secondo la quale le decisioni rese nel procedimento civile definito in New Jersey non avrebbero potuto aver alcun effetto preclusivo sul giudizio successivamente intrapreso in Italia dal Commissario Straordinario, anche perché la decisione sulla carenza di legittimazione del Bo. secondo lo stesso diritto del New Jersey, essendo relativa a una questione preliminare, non avrebbe potuto precludere la riproposizione della domanda e il suo esame nel merito davanti al giudice di una diversa giurisdizione in cui tale legittimazione fosse stata presente. La nuova PARMALAT sosteneva quindi in appello che l'esclusione della legittimazione attiva del Bo. da parte del giudice americano non avrebbe potuto precludere al commissario straordinario la possibilità di riproporre la domanda davanti ad altro giudice nazionale nel cui ambito di giurisdizione questa legittimazione sussistesse, sul presupposto che la legittimazione del commissario straordinario a far valere i diritti della massa dei creditori fosse pacifica per il diritto italiano; - la società appellante sosteneva poi che il summary judgment non potesse avere alcun effetto preclusivo di giudicato nell'ordinamento italiano, non contenendo alcun accertamento sui fatti rilevanti per la causa, per ciò intendendosi quelli attinenti alla responsabilità delle persone fisiche convenute. 6. - Per contro gli appellati, ovvero i due istituti di credito statunitensi e i funzionari che all'epoca avevano istruito le pratiche relative alle tre operazioni bancarie controverse, sostenevano che dal punto di vista soggettivo il giudicato formatosi nel New Jersey precludeva la proposizione in Italia non soltanto delle domande già proposte dal Bo. per conto delle società in amministrazione straordinaria ma anche di quelle proposte per conto della massa dei creditori e inoltre che il giudicato formatosi nel New Jersey fosse opponibile non soltanto da CITIBANK ma anche da parte dell'altro istituto di credito e dei funzionari che non erano stati parte del giudizio, in virtù del rapporto di privity esistente tra l'una e gli altri; - nel merito, gli appellati ribadivano la preclusione da giudicato delle domande oggetto del giudizio civile italiano in quanto il verdict col quale era stato definito il giudizio americano conteneva statuizioni logicamente incompatibili con l'accertamento richiesto nel giudizio risarcitorio avviato in Italia. 7. - La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza numero 2251 del2019 qui impugnata, ha rigettato l'appello di PARMALAT Spa confermando la sentenza di primo grado. Preliminarmente, la sentenza ha ritenuto ammissibili gli affidavit provenienti dall'avvocato Porrino qualificandoli semplice allegazione difensiva e non documenti ; -ha quindi aderito alla teoria della cosiddetta estensione pura degli effetti del giudicato fatta propria già dal Tribunale, ritenendola applicabile anche con riferimento alle sentenze emesse da giudici di ordinamenti extracomunitari, ritenendo che la opposta teoria della doppia confinazione invocata dalla PARMALAT si sarebbe sviluppata solo in ambito dottrinale senza avere avuto finora alcuna concreta applicazione giurisprudenziale; -ha poi affermato che, benché i funzionari non fossero stati evocati nel giudizio americano, sussisterebbe comunque nelle decisioni statunitensi un accertamento in relazione alla loro posizione in ragione dell'ampiezza della istruzione del giudizio statunitense, che avrebbe avuto ad oggetto anche la valutazione del ruolo svolto dai funzionari nelle operazioni finanziarie e una verifica della loro consapevolezza o meno in merito alla denunciata illiceità delle operazioni; quindi, la Corte d'Appello ha ritenuto che il Summary judgment, fondato sull'accoglimento della eccezione preliminare dell' in pari delicto, non costituisca una decisione fondata sulla ragione più liquida ma una decisione di rigetto nel merito delle domande proposte dal Commissario straordinario, previa una ricostruzione in fatto dei rispettivi comportamenti, fondata su una valutazione di non meritevolezza della pretesa azionata, avendo la stessa assimilato la posizione del dott. Bo. a quella della vecchia PARMALAT; -su questa base la Corte d'Appello ha rigettato anche il quinto motivo d'appello, ritenendo di estendere anche alle persone fisiche e all'istituto di credito che non furono parti del giudizio statunitense l'efficacia di giudicato della decisione del New Jersey di rigetto della domanda nei confronti di CITIBANK, sulla base delle seguenti argomentazioni: - le due domande riposano sullo stesso nucleo fattuale principale e - secondo la legge del New Jersey perché si verifichi l'effetto preclusivo della pronuncia in un successivo giudizio è necessario che le parti coinvolte siano le medesime o siano quanto meno tra loro in un rapporto di privity ovvero di contiguità, e, sempre secondo la legge del New Jersey, i funzionari di una società, come gli odierni controricorrenti, devono considerarsi in rapporto giuridico di continuità ovvero di privity col proprio datore di lavoro ovvero con la società lì convenuta; - le domande proposte nei confronti dei dipendenti sarebbero precluse anche alla luce del diritto italiano, qualora si dovesse far riferimento a questo, in applicazione della minoritaria e meramente dottrinaria teoria della doppia confinazione, sia in virtù del principio dell'efficacia riflessa del giudicato sia perché tutti i convenuti, esplicitamente o implicitamente, hanno dichiarato di volersi avvalere del giudicato favorevole a CITIBANK ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1306 secondo comma c.c.; - nel giudizio americano, su questo punto avendo fatto il giudice del N.J. applicazione del diritto italiano, si è ritenuto privo di legittimazione il Commissario straordinario soltanto con riguardo ai danni verificatisi nei patrimoni individuali dei singoli creditori - così interpretando la nozione di incremental injuries richiamata - mentre lo stesso non era stato ritenuto privo di legittimazione anche per le pretese azionate per conto della massa dei creditori. La Corte d'Appello ritiene quindi che le pretese azionate in Italia erano state già fatte valere e giudicate nel merito nel New Jersey tramite il Summary judgment e che questa conclusione non sarebbe stata smentita dall'accoglimento della eccezione di in pari delicto. 8. - Il ricorso è stato avviato alla discussione in pubblica udienza. La ricorrente PARMALAT nonché i controricorrenti CITIBANK N.A. e CGML e UnumeroSe. hanno depositato memoria. Il Procuratore generale ha provveduto a depositare le proprie conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, illustrate e confermate nel corso della pubblica udienza. Ragioni della decisione 1.- PARMALAT Spa propone ricorso per cassazione tempestivamente notificato il 28 giugno 2019, articolato in otto motivi, nei confronti di Bo.Pa., Sa.Fi., Ki.Ni., Da.Pe., Ha.Mi., Si.Ri., Lo.anumero, UnumeroSe., nonché contro CITIBANK N.A. e contro CITIGROUP GLOBAL MARKETS LTD (di seguito, CGML), per la cassazione della sentenza numero 2251/2019, emessa dalla Corte d'Appello di Milano il 12 febbraio 2019, pubblicata il 23 maggio 2019, notificata il 30 maggio 2019. 2.- Tutti gli intimati hanno svolto attività difensiva. Resistono con controricorso congiunto CITIBANK N.A. e CITIGROUP GLOBAL MARKETS Limited. Resistono altresì con controricorso congiunto Ki.Ni. e Da.Pe. Bo.Pa. e Sa.Fi. hanno depositato controricorso congiunto. Si.Ri., Ha.Mi., UnumeroSe. e Lo.anumero hanno depositato autonomi controricorsi. 3. - La causa che viene in decisione si inserisce nella complessa e articolata vicenda giudiziaria che ha fatto seguito al dissesto del gruppo PARMALAT. In estrema sintesi, al solo fine di delineare quanto ancora rileva in questa sede, la vicenda giudiziaria può succintamente riepilogarsi come di seguito. 3.1. - Il procedimento penale in Italia: - nel 2004, su esposto del Commissario Straordinario della PARMALAT Spa in A.S. (d'ora innanzi c.d. vecchia PARMALAT), dott. Bo., era avviato un procedimento penale in Italia nei confronti di tutti gli odierni controricorrenti persone fisiche, allora dipendenti delle società CITIBANK e Citigroup, in relazione a tre operazioni finanziarie, per le quali si assumeva che i predetti avessero fatto in modo che le due banche statunitensi continuassero ad erogare cospicui finanziamenti in favore della vecchia PARMALAT, ne periodo tra il 1997 e il 2003, nonostante la stessa fosse già in situazione di sostanziale decozione, determinando l'aggravamento della sua situazione debitoria in pregiudizio dei creditori e degli azionisti, con una operazione di cartolarizzazione, l'acquisizione di tre società canadesi una operazione di associazione in partecipazione, agendo in concorso con gli amministratori italiani della società, già condannati con sentenza passata in giudicato. Sulla base della denuncia presentata dal Bo. venivano formulati a carico degli odierni controricorrenti due capi di imputazione: corresponsabilità nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria da false comunicazioni sociali e corresponsabilità nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose; - nel 2008, il Commissario Bo. si costituiva parte civile ne procedimento penale; - nel 2015 il procedimento penale si concludeva con sentenza d patteggiamento emessa dal Tribunale di Parma, per concorso ne reato di bancarotta fraudolenta, nel corpo della quale il Tribunale affermava che tutti gli imputati contribuirono alla realizzazione delle operazioni economiche oggetto degli addebiti in virtù delle rispettive funzioni . Sulla base di tale valutazione, il Tribunale penale di Parma escludeva che per alcuno degli imputati potesse essere pronunciata sentenza di proscioglimento. 3.2. - Il processo civile negli Stati Uniti: - nel 2004, coevamente alla proposizione della denuncia penale in Italia, il dott. Bo., quale Commissario straordinario di PARMALAT in amministrazione straordinaria e PARMALAT finanziaria in amministrazione straordinaria nonché di altre società del gruppo in A.S., chiedeva alla Corte del New Jersey (USA) l'accertamento della responsabilità di CITIBANK e di alcune altre società americane ne dissesto di PARMALAT e nel danno che avevano subito le società poste in amministrazione straordinaria e la massa dei creditori, articolando la domanda in dieci distinti claims; - le persone fisiche odierne controricorrenti, ovvero i funzionari delle società statunitensi che ebbero un qualche ruolo nella concessione dei crediti in favore della vecchia PARMALAT, non erano evocate in quel giudizio né era direttamente evocata in causa la controricorrente CGML; - CITIBANK e le altre società convenute resistevano e la CITIBANK formulava a sua volta una domanda risarcitoria nei confronti della c.d. vecchia PARMALAT, per il danno che le era derivato dalla erogazione di finanziamenti che non avrebbe potuto recuperare. In quella sede: - nel febbraio 2005 era adottata una Decision, il cui esito era formalizzato in una articolata e motivata ordinanza preliminare depositata nel successivo mese di marzo, con la quale la Corte del New Jersey accoglieva la richiesta di rigetto preliminare proveniente dalle convenute (motion to dismiss) del claim numero 8 proposto dalla vecchia PARMALAT, denominato aggravamento dell'insolvenza, non essendo esso configurabile, alla stregua della legge del N.J., come illecito autonomo; dichiarava la carenza di legittimazione (lack of standing) del dottor Bo., quale Commissario straordinario di PARMALAT e delle altre società del gruppo in amministrazione straordinaria, a far valere le pretese risarcitorie per conto dei creditori di quelle società (tali pretese sono quindi rimaste escluse dal perimetro del giudizio statunitense, sul presupposto che la posizione del commissario straordinario si identificasse con quella della vecchia PARMALAT e quindi non fosse legittimato ad agire a tutela anche dei creditori di essa, i cui interessi erano contrapposti; - nell' aprile 2008 era reso il Summary Judgment, provvedimento motivato reso all'esito di un giudizio, appunto, sommario con cui la Corte del New Jersey rifiutava di esaminare otto dei nove claims residui formulati da PARMALAT, in accoglimento della eccezione in pari delicto proposta dalle parti convenute, sull'assunto per cui avendo la Decision del 2005 escluso la legittimazione del Bo. a far valere le pretese risarcitorie dei creditori, egli fosse totalmente immedesimato con la vecchia PARMALAT e quindi nei suoi confronti valesse l'eccezione in pari delicto melior est condicio defendentis, secondo la quale in pari condizioni di difetto prevale la posizione del convenuto, atteso che la condotta della vecchia società era stata tale da renderla non meritevole a che le sue pretese fossero esaminate nel merito; - quanto all'unico claim residuo proposto da Pamalat che, all'esito della decisione preliminare e poi della decisione sommaria, la Corte superiore del New Jersey decideva che potesse essere esaminato in un pubblico processo, con il Summary judgment essa ne ridimensionava preventivamente la portata: da concorso dei convenuti nella violazione dei doveri gravanti sui funzionari e amministratori di PARMALAT a concorso degli stessi nella violazione dei doveri degli amministratori e funzionari relativamente ad atti di spoliazione da parte degli intranei a danno di PARMALAT. L'unica domanda che superava il vaglio preliminare della Corte del New Jersey e che la stessa riteneva di sottoporre al trial e alla decisione della giuria era dunque ridefinita e circoscritta al concorso dei funzionari delle banche statunitensi negli atti di appropriazione compiuti dagli amministratori della PARMALAT, perché la corte statunitense escludeva che la elargizione di credito non restituibile alla società in decozione potesse considerarsi in assoluto un pregiudizio per la società e per il ceto creditorio; - così ridimensionata l'unica domanda residua sulla quale la Corte del NJ decideva di passare al dibattimento coinvolgendo la giuria, questa, emettendo un Verdict in cui, previa illustrazione dei quesiti ad essa sottoposti da parte del giudice, rispondeva con un si o con un no alle domande progressivamente sottopostele, rigettava l'unico claim rimasto di PARMALAT, e condannava per contro la società italiana a risarcire la banca convenuta a pagare una cospicua somma per i danni prodotti a CITIBANK dalle condotte fraudolente delle società del gruppo PARMALAT; - la decisione era impugnata dalla società italiana ma, confermata in appello e poi dalla Supreme Court del NJ, passava in giudicato; - alla sentenza della Supreme Court del N.J è stato dato riconoscimento in Italia su impulso della società statunitense, con decisione confermata in via definitiva da Cass. numero 10540 2019. 3.3. - In Italia, definito il procedimento penale (di cui al prec. par. 3.1.) con sentenza di patteggiamento - all'esito della quale, come è noto, non è dato al giudice penale decidere sulle domande proposte dalla parte civile, ex articolo 444 c.p.p.- nel 2015 il Commissario Straordinario Bo. iniziava una causa civile dinanzi al Tribunale di Milano per conto delle tre società in amministrazione straordinaria (facenti capo alla c.d. vecchia PARMALAT) e della PARMALAT Spa, odierna ricorrente, in qualità di assuntore del concordato preventivo di PARMALAT Spa, all'inizio del giudizio solo proposto (c.d. nuova PARMALAT), nella quale chiedeva la condanna di tutti i soggetti già imputati in sede penale e delle due società delle quali gli stessi erano dipendenti al momento dei fatti illeciti, al risarcimento dei danni tutti, patrimoniali e non, provocati con le loro condotte integranti i reati di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose e bancarotta fraudolenta da false comunicazioni sociali, per un valore totale di 1,8 miliardi di euro; - nel corso del primo grado del giudizio risarcitorio proposto in Italia, il concordato PARMALAT veniva omologato quindi il giudizio proseguiva tra il dott. Bo. quale assuntore del concordato della nuova PARMALAT e i convenuti, tutti, all'epoca dei fatti, funzionari delle due banche statunitensi evocate in causa. 4. - Con sentenza numero 824/2018, il Tribunale di Milano accoglieva l'eccezione di giudicato estero sollevata da tutte le parti convenute, per aver già il Bo., numeroq. di commissario straordinario della vecchia PARMALAT, proposto analoga domanda, esclusivamente nei confronti di CITIBANK, dinanzi alla Superior Court of New Jersey, domanda che era stata rigettata; - riteneva il Tribunale adito che la portata preclusiva del giudicato estero si estendesse come ambito oggettivo a tutte le domande poste dal Bo. negli Stati Uniti, sia a quelle rigettate in via preliminare e con il summary judgment, sia a quella ammessa al dibattimento e rigettata con il verdict; -sotto il profilo della estensione soggettiva del giudicato, riteneva il giudice di primo grado che esso si potesse estendere anche alle persone fisiche dei funzionari e all'altro istituto di credito, Citigroups Global Markets LTD, pur essendo gli stessi rimasti estranei al giudizio celebrato nel N.J., ed anche alla massa dei creditori della PARMALAT e delle altre società del gruppo, essendo stata vagliata la loro posizione dal giudice americano (che aveva poi concluso che il Bo. non fosse legittimato a rappresentare gli interessi dei creditori, ma solo delle società insolventi e della massa), in base al rapporto di contiguità (privity) esistente tra le due società statunitensi e tra le società e i loro dipendenti; -il Tribunale riteneva di applicare a questo fine la teoria dell' estensione pura degli effetti del giudicato (in base alla quale la portata soggettiva e oggettiva del giudicato straniero dovrebbe essere determinata soltanto in base ai limiti posti dall'ordinamento di origine e non anche in base a quelli posti dall'ordinamento interno, in luogo di quella della doppia confinazione , per la quale sarebbe necessario far riferimento ai limiti previsti da entrambi gli ordinamenti, quello di provenienza e quello in cui l'autorità della sentenza viene invocata, perché si produca l'effetto del giudicato esterno per effetto di una sentenza straniera. 5. - PARMALAT Spa proponeva appello, tornando a sostenere, anche avvalendosi della produzione della opinion di uno dei massimi esperti processuali del N.J., avv. Porrino, la sua tesi, secondo la quale le decisioni rese nel procedimento civile definito in New Jersey non avrebbero potuto aver alcun effetto preclusivo sul giudizio successivamente intrapreso in Italia dal Commissario Straordinario, anche perché la decisione sulla carenza di legittimazione del Bo. secondo lo stesso diritto del New Jersey, essendo relativa a una questione preliminare, non avrebbe potuto precludere la riproposizione della domanda e il suo esame nel merito davanti al giudice di una diversa giurisdizione in cui tale legittimazione fosse stata presente. La nuova PARMALAT sosteneva quindi in appello che l'esclusione della legittimazione attiva del Bo. da parte del giudice americano non avrebbe potuto precludere al commissario straordinario la possibilità di riproporre la domanda davanti ad altro giudice nazionale nel cui ambito di giurisdizione questa legittimazione sussistesse, sul presupposto che la legittimazione del commissario straordinario a far valere i diritti della massa dei creditori fosse pacifica per il diritto italiano; - la società appellante sosteneva poi che il summary judgment non potesse avere alcun effetto preclusivo di giudicato nell'ordinamento italiano, non contenendo alcun accertamento sui fatti rilevanti per la causa, per ciò intendendosi quelli attinenti alla responsabilità delle persone fisiche convenute. 6. - Per contro gli appellati, ovvero i due istituti di credito statunitensi e i funzionari che all'epoca avevano istruito le pratiche relative alle tre operazioni bancarie controverse, sostenevano che dal punto di vista soggettivo il giudicato formatosi nel New Jersey precludeva la proposizione in Italia non soltanto delle domande già proposte dal Bo. per conto delle società in amministrazione straordinaria ma anche di quelle proposte per conto della massa dei creditori e inoltre che il giudicato formatosi nel New Jersey fosse opponibile non soltanto da CITIBANK ma anche da parte dell'altro istituto di credito e dei funzionari che non erano stati parte del giudizio, in virtù del rapporto di privity esistente tra l'una e gli altri; - nel merito, gli appellati ribadivano la preclusione da giudicato delle domande oggetto del giudizio civile italiano in quanto il verdict col quale era stato definito il giudizio americano conteneva statuizioni logicamente incompatibili con l'accertamento richiesto nel giudizio risarcitorio avviato in Italia. 7. - La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza numero 2251 del2019 qui impugnata, ha rigettato l'appello di PARMALAT Spa confermando la sentenza di primo grado. Preliminarmente, la sentenza ha ritenuto ammissibili gli affidavit provenienti dall'avvocato Porrino qualificandoli semplice allegazione difensiva e non documenti ; -ha quindi aderito alla teoria della cosiddetta estensione pura degli effetti del giudicato fatta propria già dal Tribunale, ritenendola applicabile anche con riferimento alle sentenze emesse da giudici di ordinamenti extracomunitari, ritenendo che la opposta teoria della doppia confinazione invocata dalla PARMALAT si sarebbe sviluppata solo in ambito dottrinale senza avere avuto finora alcuna concreta applicazione giurisprudenziale; -ha poi affermato che, benché i funzionari non fossero stati evocati nel giudizio americano, sussisterebbe comunque nelle decisioni statunitensi un accertamento in relazione alla loro posizione in ragione dell'ampiezza della istruzione del giudizio statunitense, che avrebbe avuto ad oggetto anche la valutazione del ruolo svolto dai funzionari nelle operazioni finanziarie e una verifica della loro consapevolezza o meno in merito alla denunciata illiceità delle operazioni; quindi, la Corte d'Appello ha ritenuto che il Summary judgment, fondato sull'accoglimento della eccezione preliminare dell' in pari delicto, non costituisca una decisione fondata sulla ragione più liquida ma una decisione di rigetto nel merito delle domande proposte dal Commissario straordinario, previa una ricostruzione in fatto dei rispettivi comportamenti, fondata su una valutazione di non meritevolezza della pretesa azionata, avendo la stessa assimilato la posizione del dott. Bo. a quella della vecchia PARMALAT; -su questa base la Corte d'Appello ha rigettato anche il quinto motivo d'appello, ritenendo di estendere anche alle persone fisiche e all'istituto di credito che non furono parti del giudizio statunitense l'efficacia di giudicato della decisione del New Jersey di rigetto della domanda nei confronti di CITIBANK, sulla base delle seguenti argomentazioni: - le due domande riposano sullo stesso nucleo fattuale principale e - secondo la legge del New Jersey perché si verifichi l'effetto preclusivo della pronuncia in un successivo giudizio è necessario che le parti coinvolte siano le medesime o siano quanto meno tra loro in un rapporto di privity ovvero di contiguità, e, sempre secondo la legge del New Jersey, i funzionari di una società, come gli odierni controricorrenti, devono considerarsi in rapporto giuridico di continuità ovvero di privity col proprio datore di lavoro ovvero con la società lì convenuta; - le domande proposte nei confronti dei dipendenti sarebbero precluse anche alla luce del diritto italiano, qualora si dovesse far riferimento a questo, in applicazione della minoritaria e meramente dottrinaria teoria della doppia confinazione, sia in virtù del principio dell'efficacia riflessa del giudicato sia perché tutti i convenuti, esplicitamente o implicitamente, hanno dichiarato di volersi avvalere del giudicato favorevole a CITIBANK ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1306 secondo comma c.c.; - nel giudizio americano, su questo punto avendo fatto il giudice del N.J. applicazione del diritto italiano, si è ritenuto privo di legittimazione il Commissario straordinario soltanto con riguardo ai danni verificatisi nei patrimoni individuali dei singoli creditori - così interpretando la nozione di incremental injuries richiamata - mentre lo stesso non era stato ritenuto privo di legittimazione anche per le pretese azionate per conto della massa dei creditori. La Corte d'Appello ritiene quindi che le pretese azionate in Italia erano state già fatte valere e giudicate nel merito nel New Jersey tramite il Summary judgment e che questa conclusione non sarebbe stata smentita dall'accoglimento della eccezione di in pari delicto. 8. - Il ricorso è stato avviato alla discussione in pubblica udienza. La ricorrente PARMALAT nonché i controricorrenti CITIBANK N.A. e CGML e UnumeroSe. hanno depositato memoria. Il Procuratore generale ha provveduto a depositare le proprie conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, illustrate e confermate nel corso della pubblica udienza. RAGIONI DELLA DECISIONE La PARMALAT Spa premette alla illustrazione dei singoli motivi premette la sua lettura ricostruttiva delle vicende processuali: - essendosi costituita parte civile nel processo penale pendente in Italia, aveva atteso la definizione di quel giudizio per ottenere la soddisfazione delle proprie pretese risarcitorie; - conclusosi il processo penale con una sentenza di patteggiamento, che precludeva la soddisfazione del pregiudizio economico subito dalla parte civile ma comunque conteneva una piena ricostruzione dei fatti dalla quale discendeva l'individuazione della responsabilità di tutti gli imputati in relazione a quei fatti, la PARMALAT era stata costretta ad intraprendere il giudizio civile nei confronti delle due banche estere e dei loro funzionari che, previa una completa e prolungata istruzione delle pratiche di finanziamento, avevano suggerito agli istituti di credito statunitensi di concedere ampio credito alla PARMALAT negli ultimi anni della sua già dissestata attività prolungandone l'agonia ed aumentandone l'esposizione debitoria; - in quella sede tutte le parti avevano eccepito il giudicato estero; -era stata dal giudice di merito disattesa la tesi della ricorrente, secondo la quale nessun accertamento vincolante si era potuto formare nel giudizio statunitense - tantomeno nei confronti delle persone fisiche prima imputate a Parma e poi convenute in giudizio a Milano nonché della seconda banca, che non erano state parti del processo svoltosi negli Stati Uniti. Aggiunge la ricorrente che la questione è stata definita in America in sede di Summary Judgment, e quindi non previo un accertamento di non colpevolezza della banca straniera ma sulla sola base dell'applicazione del principio dell'in pari delicto, in base al quale si riteneva che la responsabilità di CITIBANK fosse controbilanciata dalla pari responsabilità della Vecchia PARMALAT. Dopo questo giudizio sommario, che non comprendeva, nella rilettura della ricorrente, alcun accertamento positivo di responsabilità in capo alla banca, era poi stato emanato solamente il verdict, la decisione. A conclusione della sua rilettura degli accadimenti processuali, PARMALAT sostiene che nessun accertamento dei fatti sia stato effettuato nel corso del processo statunitense dal quale possa emergere una esclusione della responsabilità dei funzionari, che di fronte ai giudici statunitensi sono stati ascoltati come testimoni ma non sono mai stati evocati in giudizio. 1.- Con il primo motivo di ricorso la PARMALAT denuncia la violazione e falsa applicazione del giudicato esterno per avere la sentenza ritenuto precluse le domande svolte da PARMALAT nei confronti dei convenuti, persone fisiche funzionari delle due banche, in virtù del rapporto di privity esistente, nonché la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. La società ricorrente sostiene che, in base alla legge del New Jersey, l'esistenza di una generica relazione di lavoro subordinato tra datore di lavoro e dipendente non è di regola sufficiente per estendere al secondo il giudicato formatosi nei confronti del primo, ciò si verifica solo in due casi: quando l'omessa chiamata in causa nel primo giudizio sia stata inescusabile e quando ciò abbia cagionato alla parte esclusa un pregiudizio sostanziale. Sostiene la ricorrente, sulla base dell'affidavit Porrino, che nel N.J. non esiste il litisconsorzio necessario e che, al di fuori delle due ipotesi citate e non ricorrenti nel caso di specie non è preclusa la possibilità di proporre in un successivo procedimento la stessa domanda nei confronti di una persona che non sia stata parte del primo procedimento. Aggiunge che l'eventuale effetto espansivo del giudicato esterno avrebbe potuto fondarsi caso mai sul diverso criterio della exoneration, contenuto nella sentenza Mc Fadden del 1978, secondo il quale se la domanda verso il responsabile effettivo viene rigettata, l'attore non può più agire in separato giudizio contro il corresponsabile solidale, mentre non sarebbe sufficiente, per l'effetto espansivo del giudicato, un semplice rapporto di privity, peraltro neppure astrattamente configurabile tra la prima e la seconda società, per il solo controllo del capitale sociale, né tra l'azione introdotta nei soli confronti della società e dei dipendenti della seconda evocati nel presente giudizio. Non avendo il Summary Judgment accertato in nessun modo l'insussistenza della condotta illecita né di CITIBANK né dei suoi funzionari e dell'altra banca, nessun effetto di exoneration poteva essere invocato da questi nel presente giudizio. Aggiunge che sarebbe errata la conclusione della Corte d'Appello che trae l'applicabilità della regola dell' exoneration dall'applicazione della eccezione in pari delicto perché questa eccezione richiede soltanto una valutazione di non meritevolezza della tutela richiesta dall'attore in ragione della sua compartecipazione all'illecito e non presuppone un accertamento della posizione soggettiva del convenuto, assunto autore dell'illecito. Aggiunge che anche il verdict, essendo privo di motivazione, non può contenere alcun accertamento in fatto che possa rilevare in un altro processo avente ad oggetto la responsabilità di CGML e dei relativi dipendenti oggi convenuti. Quindi non sarebbe identificabile il fatto storico accertato in quella sede, sulla base del quale è stato emesso il verdetto, non essendo esso stato esplicitato. Infine, sempre in riferimento al primo motivo di ricorso, ricorda che l'imputazione dedotta nel processo americano era stata ristretta al concorso nella violazione dei doveri fiduciari da parte degli intranei di PARMALAT, consistente in atti di saccheggio del patrimonio sociale, mentre in questa causa la domanda è stata proposta nei termini originari, più ampi, avendo agito la società per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al concorso dei funzionari delle banche americane nei reati di bancarotta impropria con condotte che hanno portato all'insolvenza di PARMALAT. Il thema decidendum dedotto in Italia sarebbe quindi più ampio dell'azione civile introdotta negli Stati Uniti, riproponendo le domande correlate alla costituzione di parte civile nel processo penale svoltosi in Italia e definito con la sentenza di patteggiamento. La ricorrente sostiene che neppure dall'accoglimento definitivo, contenuto nella decisione del N.J., delle domande riconvenzionali proposte da CITIBANK potrebbe desumersi un accertamento di non colpevolezza dell'istituto di credito e dei suoi dipendenti relazione alle tre operazioni per cui è causa. 1.2. - I controricorrenti, le cui difese benché autonomamente sviluppate sono concordi nelle linee di fondo, sostengono in riferimento al primo motivo che, prima della comparsa conclusionale nel giudizio di appello, il concetto di exoneration non fu mai evocato, per cui non se ne possa discutere in questa sede. Ritengono per contro che sia corretta l'affermazione contenuta nella sentenza di appello sull'effetto espansivo del giudicato statunitense, preclusivo di un esame nel merito delle azioni introdotte successivamente in Italia dalla PARMALAT, in quanto da un lato ricorrono i requisiti per la configurabilità del rapporto di privity, dall'altro perché questi stessi fatti, che si chiede di accertare in questa sede a carico delle due società statunitensi e dei loro dipendenti, sono stati già oggetto di accertamento nel merito in America, e non soltanto le domande, là dove sono state marginalmente ammesse, sono state rigettate, ma è stata accolta l'opposta domanda della CITIBANK che ha ottenuto - per quegli stessi fatti - la condanna di PARMALAT nei propri confronti, per averla coinvolta nell'erogazione di un prestito irrecuperabile. Per cui l'accertamento, definitivo, della responsabilità di PARMALAT verso CITIBANK per quegli stessi fatti esclude che si possa chiedere un nuovo accertamento a carico delle due banche che gestirono le operazioni e dei loro dipendenti. 2.- Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione del giudicato estero per avere la sentenza ritenuto precluse le domande svolte da PARMALAT per conto della massa dei creditori delle società già in amministrazione straordinaria nonché la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. La ricorrente ricorda che con la decisione preliminare del 2005 si è stabilito che il Commissario straordinario Bo. non potesse avanzare pretese per conto dei titolari di obbligazioni, creditori e azionisti compartecipi di tali società o di soggetti terzi: ne deduce che tutte le domande azionate dalla vecchia PARMALAT per conto del ceto creditorio sono rimaste escluse in limine dal perimetro del giudizio statunitense e di conseguenza sono rimaste escluse da qualsiasi possibile effetto di giudicato. Segnala inoltre che erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto che la questione della legittimazione di Bo. sia stata affrontata nel 2008 piuttosto che nel 2005 e che sia stata affrontata alla stregua del diritto italiano piuttosto che del diritto del New Jersey. Inoltre, la ricorrente critica la decisione impugnata là dove essa ha affermato che la negazione del diritto del Commissario straordinario ad agire per conto dei creditori si sarebbe accompagnata all'accertamento della insussistenza di qualsiasi danno alla massa dei creditori e di qualsiasi diritto risarcitorio conseguente. Sostiene che il difetto di legittimazione ad agire del Bo. per conto della massa di creditori è stato dichiarato con decisione preliminare del 2005, e non con decisione sul merito del 2008, che la decisione è stata adottata alla stregua del diritto americano e non del diritto italiano ed è stato escluso che si potesse procedere al giudizio su tutte le domande proposte da Bo. nell'interesse della massa dei creditori, sulle quali quindi nessun giudicato si può essere formato. Quindi, la riproposizione delle domande a tutela della massa dei creditori in un nuovo processo purché in un diverso Stato che riconosca la legittimazione del Bo., negata definitivamente dal New Jersey, non è preclusa non essendo intervenuta nessuna decisione sul merito della pretesa. La sentenza d'appello sarebbe arrivata all'opposta conclusione male interpretando i provvedimenti americani, ritenendo che fosse stato dichiarato il difetto di legittimazione del Bo. solo per i danni ulteriori, gli incremental injuries cioè i danni subiti dai singoli creditori e non che in assoluto sia stata dichiarato il difetto di legittimazione del Commissario PARMALAT ad azionare pretese per conto della massa dei creditori, pretese che sarebbero state esaminate e rigettate nel merito col summary judgment successivo. La ricorrente sostiene che la ricostruzione della Corte d'Appello contrasta col tenore letterale dei provvedimenti americani, ed aggiunge che del tutto arbitrariamente e seguendo l'affidavit prodotto dalla difesa di CITIBANK la Corte d'Appello avrebbe ritenuto che l'espressione danni incrementali servisse a distinguere le azioni proposte dai creditori come singoli e quelle proposte a tutela della massa. Mette in rilievo che in tutte le difese svolte dalla stessa CITIBANK si è evidenziato che il Bo. non fosse un creditore, non rappresentasse i creditori e non potesse agire come rappresentante dei creditori. Sottolinea che l'interpretazione data dalla sentenza d'appello contrasta con l'accoglimento da parte del Summary judgment dell'eccezione in pari delicto perché la decisione del 2008 accoglieva l'eccezione in pari delicto formulata dai convenuti proprio sul presupposto che il Commissario straordinario fosse totalmente identificato nella vecchia società e non rappresentasse invece in alcun modo la massa dei creditori quindi non solo i creditori singoli ma anche i creditori come massa, come se avesse sposato interamente ed esclusivamente le sorti della vecchia PARMALAT. 3. - Con il terzo motivo di ricorso la PARMALAT denuncia la violazione e falsa applicazione del giudicato esterno anche in via di impugnazione condizionata e la violazione o falsa applicazione dell'articolo 64 della legge numero 218 del 1995 in ordine alla cosiddetta estensione automatica degli effetti dei provvedimenti stranieri nonché la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. La ricorrente puntualizza che il presente motivo, che ha ad oggetto il mancato riconoscimento del principio della doppia confinazione, avrà rilevanza solo in via subordinata qualora la Corte non accolga i due precedenti motivi. Attacca il passaggio della sentenza impugnata in cui si è applicato il principio della estensione automatica degli effetti del giudicato, sostenendo che quest'ultima teoria sarebbe errata perché non terrebbe in conto le profonde differenze intercorrenti tra il regime di circolazione delle decisioni nell'ambito dello spazio giudiziario europeo e il regime di riconoscimento delle sentenze provenienti da paesi terzi. Contesta la decisione impugnata là dove la stessa ha affermato che il giudicato in ipotesi formatosi sui provvedimenti resi dalla Corte del New Jersey svolga automaticamente i suoi effetti nell'ordinamento italiano senza dovere in alcun modo rispettare i vincoli propri del sistema processuale interno. 4.- Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del giudicato esterno in relazione all'articolo 64 della legge numero 218 del 1995 nonché dell'articolo 2909 c.c. nella parte in cui il giudice d'appello ha ritenuto che il Summary Judgment reso dalla Superior Court del New Jersey in uno con il Verdict contenga un accertamento negativo in ordine alla responsabilità dei convenuti e, nuovamente, si deduce la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. Applicando la teoria della doppia confinazione l'efficacia di giudicato o meno della sentenza straniera nell' ordinamento italiano si dovrebbe valutare sia alla stregua del diritto straniero sia alla stregua del diritto italiano, mentre ove si applicasse la diversa teoria, applicata dalla Corte d'Appello, della efficacia estensiva immediata essa si dovrebbe valutare sulla base del diritto straniero. Con il quarto motivo la ricorrente sostiene - dando per presupposto che si applichi la doppia confinazione e quindi che il giudicato vada interpretato alla stregua anche della legge italiana-che nessun giudicato sull'accertamento dei fatti si è mai compiuto per i motivi che ha già diffusamente esposto. Illustrando i principi di rilievo nel diritto statunitense segnala che per verificare l'ampiezza del giudicato formatosi sui provvedimenti statunitensi bisogna guardare non all'oggetto della trattazione ma all'oggetto dell'accertamento e l'oggetto dell'accertamento nel caso in esame è ristretto alla decisione che ha preso il summary judgment, fondata solo sull'applicazione del principio in pari delicto e quindi del principio di non meritevolezza della tutela di PARMALAT a fronte della scorrettezza del suo stesso comportamento. Per cui sostiene che, essendo stata decisa la causa in limine, sulla base dell'affermazione del principio dell'in pari delicto, nessun giudicato si sarebbe formato sulla responsabilità dei funzionari di CITIBANK cosi come dell'altro istituto di credito, espressamente esclusi dall'accertamento posto a base del summary judgment. La decisione americana sarebbe stata resa infatti non previo esame del merito ma sulla base della ragione più liquida: il giudice americano si è fermato alla valutazione preliminare dell'esistenza dell'in pari delicto, in tal modo esimendosi dal valutare la legittimità o illegittimità dell'attività dei funzionari Citigroup, quindi non ha accertato l'illegittimità dei comportamenti di entrambi, ha accertato soltanto la non meritevolezza di tutela della domanda proposta da PARMALAT. Quanto all'estensione soggettiva del giudicato, rileva che sia la seconda società che i suoi due dipendenti non sono mai stati parte del giudizio americano e che quindi nessun effetto di giudicato la decisione possa spiegare nei loro confronti. Conclude quindi che è ammissibile la riproposizione delle domande oggetto del summary judgment avanti all'autorità giudiziaria italiana nei confronti dei soggetti che furono parti del processo davanti alla Superior Court of New Jersey e a maggior ragione è ammissibile la proposizione di tali domande in relazione alle persone fisiche e giuridiche che non furono parti di quel processo. 5. - Con il quinto motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 1306 primo e secondo comma c.c. con riferimento all'articolo 2909 c.c. e l'assenza o comunque l'inapplicabilità della pretesa efficacia riflessa del giudicato americano ai funzionari e alla CGML nonché la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. Anche questo motivo presuppone che si debba guardare al diritto italiano per valutare l'efficacia del giudicato, e sostiene, comunque, che anche alla stregua del diritto del New Jersey l'effetto espansivo non ci sarebbe. Il motivo censura la sentenza impugnata anche là dove la stessa afferma l'efficacia riflessa del giudicato, ricordando che l'efficacia riflessa si verifica solo in casi eccezionali, quando una statuizione contenga una affermazione obiettiva di verità che non ammetta la possibilità di un diverso accertamento. In questo caso l'affermazione sarebbe del tutto mancante perché l'accertamento dei presupposti di una difesa in pari delitto non avrebbe ad oggetto l'accertamento dell'eventuale concorso dei funzionari esterni, quindi, esso non conterrebbe alcuna affermazione obiettiva di verità che escluda la loro responsabilità e nessun effetto preclusivo avrebbe potuto spiegare il summary judgment rispetto a un successivo giudizio da svolgersi in Italia. Aggiunge la ricorrente che il cosiddetto giudicato riflesso non è altro che un'applicazione dell'articolo 1306 secondo comma c.c., secondo il quale un'estensione del giudicato favorevole ai soggetti terzi è prevista sul piano del diritto sostanziale solo in caso di obbligazioni solidali in senso proprio, nascenti cioè dal medesimo fatto generatore, elemento che nel caso di specie mancherebbe. Segnala infine che la sentenza italiana non ha considerato la peculiarità dell'articolo 1306 c.c., che prevede una estensione eccezionale e ultra partes del giudicato favorevole formatosi inter alios, e presuppone pur sempre l'espressa dichiarazione della parte interessata di volersi avvalere dell'effetto favorevole del giudicato esterno, dichiarazione formulata in questo giudizio dal solo Ungaro. Invece, la sentenza avrebbe dedotto dal tenore degli scritti difensivi che tutte le parti abbiano inteso avvalersi positivamente degli effetti assolutori scaturenti dai provvedimenti giuridici statunitensi. Sostiene la ricorrente che le parti hanno invocato sempre e soltanto l'efficacia diretta del Summary judgment nei loro confronti e non anche e in via subordinata l'efficacia riflessa, per la quale sarebbe stata necessaria una apposita dichiarazione. 6. - Con il sesto motivo la PARMALAT denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 185 c.p., 2043, 2049 e 2909 c.c. e dell'articolo 64 della legge numero 218 del 1995, per aver ritenuto opponibile il preteso giudicato formatosi sulle decisioni rese dalla Superior Court del New Jersey rispetto all'azione risarcitoria da reato ex articolo 185 c.p. promossa nel presente giudizio nonché la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. Col sesto motivo la ricorrente riporta l'attenzione sull'azione penale a suo tempo proposta in Italia, in cui PARMALAT si era originariamente costituita parte civile, affermando che non si poteva ritenere preclusa dal giudicato estero l'azione poi riproposta in sede civile, che non era una mera azione ex articolo 2043 c.c. ma la trasposizione in sede civile dell'azione di risarcimento danni da reato, già proposta nella apposita sede penale con la costituzione di parte civile. Sostiene che i due illeciti e i due giudizi non sono assimilabili e che per questo non si possa ritenere che la corte americana abbia giudicato, anche se solo ai fini civilistici, su un illecito penale italiano: i due processi avevano oggetti diversi, pendevano tra giudici diversi ed erano tra parti diverse quindi non si può invocare il giudicato dell'uno a proposito dell'altro. 7.- Con il settimo motivo di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione ex articolo 360 numero 3 e numero 4 c.p.c., dell'articolo 59 della legge 18 giugno 2009 numero 69 nonché dell'articolo 7 della legge numero 218 del 1995 in relazione all'articolo 2909 c.c. e dell'articolo 491 c.p. in relazione alla accettazione della giurisdizione da parte degli odierni convenuti persone fisiche per mancanza di una tempestiva eccezione di litispendenza internazionale e, nuovamente, la nullità della sentenza per violazione delle norme sul giudicato. Anche con questo motivo si sviluppa l'argomentazione secondo la quale l'azione qui proposta sarebbe la trasposizione dell'azione già proposta in sede penale e si dice che davanti al giudice penale le parti odierne controricorrenti non hanno eccepito tempestivamente la litispendenza internazionale, prima dell'apertura del dibattimento, quindi non l'avrebbero più potuta eccepire in sede civile. Di conseguenza i convenuti avrebbero accettato la giurisdizione italiana e avrebbero ritenuto ad essi non riferibile il processo ed anche il giudicato formatosi all'estero. La società ricorrente ritiene che questo non spieghi come si possa formare una decisione suscettibile di influire con efficacia di giudicato sulle domande civili, oggetto di costituzione di parte civile senza un sistema di coordinamento qual è quello disegnato dalla legge numero 218 del 1995. Giacché il processo penale non poteva essere sospeso in virtù della pendenza di un processo civile all'estero, ipotizza che sarebbe stato possibile ordinare l'esclusione della parte civile assegnando un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice civile venuta meno la causa di sospensione, al fine di coordinare le domande civili con eventuali giudizi pendenti all'estero sullo stesso oggetto. Evidenzia che in realtà con il loro comportamento processuale le controparti hanno implicitamente ammesso di non essere state parti del giudizio americano, quindi ritiene che tutte le persone fisiche ove avessero ritenuto di essere coinvolte nel processo americano avrebbero dovuto sollevare l'eccezione di litispendenza internazionale, e che, non avendolo fatto, il processo dovrà procedere fino alla sua decisione di merito prescindendo dalla mai eccepita pendenza prima e dal giudicato formatosi sui provvedimenti resi dalla Superior Court. 8. - Con l'ottavo motivo di ricorso infine si denuncia la violazione e falsa applicazione del giudicato esterno per aver la sentenza ritenuto preclusa la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale. La PARMALAT torna a ribadire che l'azione proposta davanti al giudice civile di Milano è strutturalmente differente da un'ordinaria azione di responsabilità da illecito aquiliano e ciò anche quanto alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale. Il fatto che PARMALAT abbia chiesto cumulativamente il risarcimento dei danni patrimoniali e non indicando i riferimenti normativi sia civilistici che penalistici corrisponde solo ad esigenze di concisione mentre non sottintende alcuna valutazione sulla natura dell'azione in concreto svolta anche perché non di pertinenza della parte, che quanto al danno non patrimoniale aveva chiesto la liquidazione in via equitativa. Ribadisce che l'azione svolta da PARMALAT davanti al Tribunale di Milano non avrebbe mai potuto essere proposta davanti alle corti del New Jersey per il rilievo penale delle condotte da cui è conseguito il danno nonché per l'impossibilità per il dottor Bo. di costituirsi parte civile prima dell'instaurazione del procedimento penale, e comunque che nessun effetto preclusivo da giudicato può essere invocato nei confronti dei funzionari che non sono stati parte del giudizio in America. Ragioni della decisione Delle varie questioni proposte dagli otto motivi di ricorso e diffusamente approfondite dalle parti, è preliminare l'esame della questione posta dal secondo motivo, non a caso esaminata funditus dalla Procura Generale, che conclude previa una analisi congiunta dei motivi primo, secondo e quarto per l'accoglimento del secondo motivo, con assorbimento degli altri. Col secondo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione del giudicato esterno per aver la sentenza della Corte d'appello di Milano ritenute precluse in questa sede le domande proposte da PARMALAT per conto della massa dei creditori delle società già in amministrazione straordinaria, e si denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione delle norme sul giudicato. Non si ritiene però di poter concordare con le conclusioni che trae la Procura nel senso dell'accoglimento del motivo di ricorso. Preliminarmente va detto che è denunciata, sotto i vari e concorrenti profili sviluppati dai diversi motivi di ricorso, la violazione da parte della sentenza impugnata del giudicato formatosi all'estero. Giova premettere, in proposito, che, secondo il principio affermato già dalle Sezioni Unite nel 2007, con sentenza numero 24664 del 2007, il giudicato va assimilato agli elementi normativi , cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi. Da ciò consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l'esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice di merito. Come esposto nella ricostruzione degli accadimenti processualmente rilevanti che precede, la Superior Court del New Jersey, già con la decisione preliminare adottata nel 2005, ha dichiarato la carenza di legittimazione processuale del Commissario PARMALAT a far valere la maggior parte delle pretese in quella sede azionate. Nella ricostruzione della Corte d'Appello di Milano, che ha confermato l'esito del primo grado di giudizio, su tutte le domande di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, proposte nei confronti dei due istituti di credito statunitensi e degli otto loro dipendenti in virtù della sentenza qui impugnata sarebbe sceso il giudicato in virtù della estensione automatica degli effetti delle sentenze americane. I due punti da prendere in esame a questo proposito, alla stregua dei quali verificare l'esattezza della ricostruzione della Corte d'Appello di Milano, sono principalmente: - se la decisione impugnata sia corretta là dove ritiene che la legittimazione del Commissario Bo. sia stata esclusa solo in relazione alla promozione dell'azione risarcitoria per i creditori uti singuli, e non si sia estesa anche alla promozione dell'azione risarcitoria a tutela della massa; - se la decisione della corte americana, fondata sul principio in pari delicto è stata solo una decisione processuale, in limine, una decisione resa sulla base della ragione più liquida, che non precluderebbe la riproponibilità della domanda in un diverso giudizio (ed anche, come nella specie, dinanzi a un diverso giudice) o è stata una decisione di merito, sulla quale, giusta o sbagliata che fosse, si è formato ormai il giudicato esterno. Il P.G. ritiene che la legittimazione del Commissario Bo. sia stata negata non solo in relazione all'azione proposta a tutela dei vari creditori come singoli, ma in generale dall'azione a tutela della massa dei creditori di PARMALAT in amministrazione straordinaria, poi evolutasi in nuova PARMALAT. Ciò perché la figura processuale del Commissario Bo. sarebbe stata in tutto e per tutto assimilata, dal giudice americano, a rappresentante processuale della vecchia PARMALAT - in quanto diversamente opinando la causa non sarebbe stata risolta, quanto alle domande residue, applicando il principio in pari delicto, che si fonda sulla non meritevolezza della tutela richiesta da chi agisce. Viceversa, appare corretta la contraria soluzione adottata dalla decisione impugnata, non emergendo univocamente l'esclusione della legittimazione processuale del Bo. anche a tutela della massa dei creditori : a questo proposito vale sottolineare l'importanza di un passaggio della decisione del 2005, secondo il quale l'attore non può avanzare pretese per conto dei titolari di obbligazioni, creditori, azionisti, compartecipi di tali società o altri soggetti terzi, salvo nella misura in cui tali pretese siano di pertinenza della società in amministrazione straordinaria ) dal quale si ricava che la legittimazione del Commissario appare essere stata esclusa solo là dove intendeva agire a tutela di singoli creditori o categorie di creditori, e non a tutela della massa. Pare quindi che debba ritenersi corretta la valutazione della Corte d'Appello, secondo la quale la legittimazione del Commissario è stata ammessa, negli Stati Uniti, per rappresentare anche la massa dei creditori concorsuali, seppure per un solo claim, essendo molto labile l'argomento utilizzato per ritenere che la sua legittimazione sia stata complessivamente esclusa, fondata solo sulla valorizzazione dell'espressione incremental injuries usata dal giudice Harris. Inoltre, è destituita di fondamento l'affermazione secondo la quale la decisione americana non presupporrebbe un accertamento in fatto e non sarebbe una decisione motivata. Al contrario, come emerge dagli atti oltre che dalle copiose difese dei controricorrenti, la stessa decision del 2005 è un provvedimento motivato, e il summary judgment del 2008 è un giudizio, benchè sommario, che ha impegnato la Corte del N J nell'esame di una cospicua produzione documentale, e che si è concluso con un articolato provvedimento motivato. Anche il verdict, benchè si traduca nella adozione delle opzioni decisorie da parte della giuria, si compone di scelte ragionate che muovono da approfondimenti progressivi, in quanto la decisione è preceduta da una fase di preparazione e di esplicazione da parte del giudice delle ricadute progressive, delle risposte in termini affermativi o negativi ad ogni singola domanda. Tutto ciò premesso, deve ritenersi che le decisioni adottate nel New Jersey non sono state solo decisioni in rito, ma hanno affrontato, previo un esame della legittimazione del Bo., anche l'esame anche del merito delle questioni: esse hanno portato prima all'esclusione delle domande proposte dal Bo. come rappresentante dei creditori (e la legittimazione del commissario a proporre domande per i singoli creditori è esclusa anche in Italia), poi a non ammettere alla discussione in dibattimento la gran parte delle domande ivi proposte previo un giudizio di non meritevolezza della tutela in capo alla vecchia PARMALAT, e quindi all'ammissione di un unico claim, avente ad oggetto, nella delimitazione di esso ad opera della Corte del N J, l'azione risarcitoria per i danni prodotti dal concorso dei funzionari delle banche statunitensi negli atti di appropriazione compiuti dagli amministratori della PARMALAT. La corte statunitense ha quindi proceduto all'esame nel merito della domanda residua, ammessa a tutela degli interessi della massa dei creditori, al suo rigetto nel merito e all'accoglimento della domanda riconvenzionale posta, in relazione a quegli stessi fatti, dall'istituto di credito convenuto in giudizio negli Stati Uniti, che la PARMALAT è stata condannata a risarcire, in relazione allo stesso nucleo fattuale che si ripropone come oggetto di accertamento in Italia, ovvero le responsabilità in merito alle tre operazioni che avrebbero determinato una ingiustificata concessione di credito ad una società già in decozione, con aggravamento delle passività, per come ricostruito da PARMALAT. La correttezza di quelle operazioni dal lato del comportamento dell'istituto di credito e dei suoi funzionari che si sono occupati dell'istruttoria è stata quindi già vagliata nella causa introdotta negli Stati Uniti, ed esse sono state ritenute nella sentenza statunitense passata in giudicato, frutto di un comportamento non illecito da parte della banca, che ha concesso il credito previa una prolungata istruttoria preliminare, e fonte di danno per la banca stessa che quel credito non ha più recuperato. Né è dirimente l'affermazione, contenuta nelle conclusioni del P.G. secondo la quale l'accoglimento da parte del giudice statunitense dell' eccezione in pari delicto dimostrerebbe che questi abbia ritenuto opponibile l'eccezione sul presupposto che il commissario straordinario fosse un organo rappresentativo della vecchia PARMALAT e non l'organo di una procedura concorsuale, in quanto tale soggetto terzo rispetto alla società dichiarata insolvente e rappresentativo dell'interesse della massa dei creditori. Questo perché l'eccezione in pari delicto è stata utilizzata per paralizzare l'esame dei claims risolti in sede di procedimento sommario, e si fonda sulla effettiva considerazione della scorrettezza del comportamento della vecchia PARMALAT, che non la rendeva meritevole della valutazione delle sue pretese, mentre l'unico claim residuo (riqualificato come concorso nella violazione dei doveri degli amministratori e funzionari relativamente ad atti di furto da parte degli intranei a danno di PARMALAT) è stato poi sottoposto alla giuria e, quanto meno in relazione a quello, la domanda è stata presa in considerazione, e rigettata, nei confronti del Commissario come rappresentante della massa. Dall'infondatezza del secondo motivo discende logicamente l'infondatezza dei motivi 1, 3, 4 e 5. In particolare, quanto al primo motivo, la ricorrente sostiene principalmente che l'esistenza di una semplice relazione di privity derivante dal lavoro subordinato tra istituto di credito datore di lavoro e funzionari da esso dipendenti non possa essere di regola sufficiente per estendere gli effetti del giudicato formatosi nei confronti del primo anche ai secondi, tranne che in due casi: quando l'omessa chiamata in causa nel primo giudizio sia stata inescusabile e quando ciò abbia causato alla parte esclusa un pregiudizio sostanziale, circostanze da escludersi nel caso di specie. Al contrario, la ricostruzione della Corte d'Appello appare corretta sul punto: in primo luogo, essa ha ritenuto di verificare l'intervenuto formarsi di un giudicato idoneo a spiegare effetti sulla fattispecie in esame, e il suo effetto espansivo, alla stregua non del diritto interno, ma della legge del New Jersey, applicando il principio dell'effetto espansivo del giudicato ai soggetti che si trovano in rapporto di privity (contiguità) con quelli giudicati, utilizzabile alla stregua della legge del New Jersey a condizione che oggetto del giudizio sia lo stesso nucleo fattuale principale. Il richiamo da parte della ricorrente alla c.d. teoria della doppia confinazione (segnalato anche come tardivo dalle controricorrenti in quanto argomentato solo in comparsa conclusionale in appello) alla stregua del quale l'effetto del giudicato potrebbe verificarsi solo se compatibile con entrambi gli ordinamenti deve essere disatteso perché si tratta di teoria elaborata a livello esclusivamente dottrinario, della quale neppure la parte ricorrente è stata in grado di indicare alcun riscontro giurisprudenziale. Essendo la sentenza del NJ passata in giudicato, ed essendo anche stata riconosciuta in Italia, ove ha superato nel 2019 il giudizio di delibazione, deve ritenersi che, sebbene nel giudizio statunitense non siano stati evocati in causa né la seconda società né i funzionari, possa ritenersi corretta l'affermazione relativa alla idoneità della stessa a spiegare un diretto effetto espansivo anche nei loro confronti sulla base del rapporto di privity, ovvero di contiguità rilevante a tal fine secondo il diritto del New Jersey, sulla base della verifica che in Italia sia stata proposta, nei loro confronti, una domanda risarcitoria che muove dallo stesso nucleo fattuale essenziale. L'area dell'effetto espansivo del giudicato è stata quindi correttamente delimitata dalla Corte d'Appello di Milano, sulla base della individuazione e della rilevanza del rapporto di privity come indicato dalla legge del New Jersey ,quanto ai profili soggettivi ritenendo che la decisione adottata sulla domanda proposta da PARMALAT verso Citigroup espandesse i suoi effetti anche nei confronti di CGML, in quanto quest'ultima era integralmente controllata dalla prima, e verso i dipendenti perché è del loro operato che si è verificata la correttezza nel giudizio americano, per poter rigettare la domanda di PARMALAT ed accogliere la riconvenzionale dell'istituto di credito: la pronuncia che si voleva ottenere in Italia è dunque iscrivibile nell'area del giudicato della pronuncia statunitense. 3. - Anche il terzo motivo di ricorso, col quale si denuncia la violazione e falsa applicazione del giudicato esterno anche in via di impugnazione condizionata e la violazione o falsa applicazione dell'articolo 64 della legge numero 218 del 1995 in ordine alla cosiddetta estensione automatica degli effetti dei provvedimenti stranieri, proposto solo in via subordinata, per l'eventualità del mancato accoglimento dei primi due motivi, è parimenti infondato. Esso richiama da un lato la teoria della doppia confinazione - come si è detto, non applicabile - e non tiene conto del fatto che la sentenza americana è stata già delibata in Italia ed è stata dichiarata efficace, su impulso della banca americana vincitrice in riconvenzionale, con sentenza di questa Corte numero 10540 del 2019, e quindi che si è già verificato, in Italia, con sentenza definitiva, che essa non contrasti con i limiti dell'ordine pubblico internazionale (in particolare, la predetta sentenza afferma, tra l'altro, che In tema di riconoscimento di sentenze straniere, nel vigore della disciplina introdotta dagli articolo 64 e segg. della L. numero 218 del 1995 (così come sotto la vigenza dell'abrogato articolo 797 c.p.c.), gli eventuali vizi e la stessa mancanza della motivazione della sentenza straniera non costituiscono cause ostative al riconoscimento invocato, posto che, quando il contraddittorio sia stato assicurato e la sentenza sia passata in giudicato (tanto da doversi presumere che i fatti e le questioni di diritto posti a fondamento della decisione siano non più discutibili), è da ritenere che l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali non rientri tra i principi inviolabili fissati nel nostro sistema normativo a garanzia del diritto di difesa, sancendo l'articolo 111 Cost., che siffatto obbligo prevede, un assetto organizzativo della giurisdizione che attiene esclusivamente all'ordinamento interno. ). 4. Con il quarto motivo si critica la sentenza impugnata sottolineando che la sentenza statunitense non possa far stato anche in relazione alla posizione dei funzionari, che non erano stati evocati in causa nel New Jersey, non contenendo nessun accertamento sulle domande dedotte nell'odierno giudizio, in particolare sulla responsabilità dei funzionari. Anch'esso è infondato. Dall'esame della motivazione dei provvedimenti emessi nel New Jersey Summary Judgement, della quale questo giudice può e deve avere conoscenza essendo stata denunciata la violazione, da parte del giudice italiano, di quel giudicato, si evince che il giudice del NJ ha dovuto prendere in considerazione ed ha preso in considerazione, per arrivare al verdetto finale, tutto il complesso di operazioni che sono state oggetto del processo penale e poi del processo civile in Italia, che coinvolgono entrambe le banche e i funzionari che hanno compiuto l'istruttoria precedente alla concessione dei finanziamenti, convenuti in questa causa ed odierni controricorrenti, sia per formulare la decision, che il summary judgment che poi per portare la giuria al verdetto finale, in quanto la decisione finale ha avuto ad oggetto non solo la domanda principale di PARMALAT, sul claim ammesso al dibattimento ma anche la riconvenzionale della banca, che è stata accolta: quindi, in quella sede si è svolto un completo accertamento sulla fondatezza nel merito delle domande ammesse, e non una decisione in limine fondata esclusivamente sulla ragione più liquida, che ha presupposto, in quella sede, una valutazione negativa a carico della vecchia gestione PARMALAT per il suo ricorso al credito quando già la società era decotta -non valutata peraltro del tutto negativamente in danno dei creditori perché ha consentito alla società di operare, pagare e dar lavoro per un altro anno e più. L'accertamento si è avuto nel momento in cui la corte statunitense ha rigettato l'unico claim ammesso al trial ed ha accolto la riconvenzionale della banca, avendo sostanzialmente ritenuto e accertato il giudice del N J che siano stati gli organi della vecchia PARMALAT a trarre in inganno Citigroup, che ha concesso, previa lunga istruttoria da parte dei funzionari oggi convenuti in giudizio, un credito che sta ancora cercando di recuperare. A fonte di ciò appare corretta la valutazione della Corte d'Appello secondo la quale il giudizio americano si fonda sullo stesso nucleo fattuale dedotto con la presente controversia, presuppone un accertamento nel merito e si estende anche ai soggetti dei quali, benché non fossero parti formali del giudizio americano, sono stati già ricostruiti i comportamenti in relazione a quelle stesse domande, stando in rapporto di connessione soggettiva con la convenuta, e se ne è già accertata l'assenza di responsabilità nella concessione del credito a PARMALAT. 5. - Con il quinto motivo, che la ricorrente ricollega al primo e al terzo, PARMALAT sostiene che le domande in questa sede proposte non potrebbero ritenersi coperte dal giudicato neanche se valutassimo la sentenza alla stregua della nozione, italiana, del giudicato riflesso e della previsione di cui all'articolo 1306 secondo comma c.c., perché per giovarsi di un giudicato favorevole bisogna dirlo espressamente. Il motivo è inammissibile. Come detto, secondo la ricostruzione effettuata dalla Corte d'Appello che appare condivisibile, l'effetto espansivo va valutato alla luce dell'ordinamento di provenienza della sentenza e quindi esclusivamente dell'applicabilità del principio della privity, senza in questa sede poter evocare la problematica del giudicato riflesso e dei limiti di esso, propria del diritto interno. Con il sesto motivo si denuncia la violazione delle norme sul giudicato, dell'articolo 185 c.p. e dell'articolo 2043 c.c. sostenendo l'esistenza di una ontologica differenza tra l'azione italiana, che era una trasposizione in sede civile dell'azione originariamente proposta in sede penale con la costituzione di parte civile, e quella solo civilistica proposta negli Stati Uniti. In realtà, il fatto che l'azione introdotta in sede civile in Italia tragga origine dalla originaria costituzione di parte civile nel processo penale, con la quale la danneggiata aveva chiesto il risarcimento dei danni nel giudizio penale, per poi dover, a seguito della definizione del giudizio penale con sentenza di patteggiamento, introdurre una nuova domanda innanzi al giudice civile per i medesimi danni già richiesti in sede penale, come imposto dalla disposizione dell'articolo 444, comma 2, c.p.p., non consente affatto di affermare alcuna -insussistente - ontologica differenza tra i due giudizi risarcitori, quello introdotto in sede penale a mezzo della costituzione di parte civile e quello autonomamente introdotto in sede civile ex articolo 2043 c.c. Si può a tal proposito richiamare gli approdi giurisprudenziali sulla situazione diversa, ma affine, che si determina in sede di giudizio civile di rinvio ex articolo 622 c.p.p. : la giurisprudenza della Corte afferma il determinarsi di una piena translatio del giudizio sulla domanda, sicché il giudice civile competente per valore, cui il giudice penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, è tenuto ad applicare le regole processuali e probatorie proprie del processo civile, con la conseguenza che, in ossequio all'articolo 2697 c.c., la parte civile assume la veste di attore-danneggiato e l'imputato quella di convenuto-danneggiante, perdendo rilievo l'originaria connotazione delle parti tipica del processo penale (v. da ultimo Cass. numero 15290 del 2024: In tema di rapporti tra processo penale e azione di risarcimento, il giudice civile - chiamato a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria a seguito di cassazione, su ricorso della parte civile, della sentenza penale di proscioglimento dell'imputato - è tenuto a verificare se è integrata la fattispecie atipica di cui all'articolo 2043 c.c., senza poter incidentalmente accertare la ricorrenza di quella tipica contemplata dalla norma incriminatrice e senza essere vincolato dal principio di diritto enunciato in sede penale, mediante un accertamento condotto, nell'ambito di una piena translatio iudicii, attraverso i criteri di giudizio funzionali all'accertamento della responsabilità civile e nel rispetto delle regole processuali che presiedono all'esercizio della giurisdizione civile, con riguardo sia ai mezzi di prova in senso stretto, sia alla valutazione delle risultanze probatorie. ). 7. -Con il settimo motivo si denuncia nuovamente la violazione delle norme sul giudicato ed anche delle norme in tema di litispendenza internazionale: la ricorrente segnala che nel processo penale gli odierni controricorrenti non hanno eccepito, come avrebbero potuto, la litispendenza internazionale e trae da questo comportamento processuale il precipitato della accettazione del giudizio italiano, preclusiva di una successiva eccezione di giudicato. Il motivo appare manifestamente infondato: da un lato, il processo penale non avrebbe potuto essere sospeso per la pendenza di un giudizio civile straniero, quindi nessun rilievo avrebbe avuto la deduzione della litispendenza internazionale. Inoltre, il giudicato nel NJ si è formato anni dopo l'inizio del processo penale. Correttamente, a questo proposito la sentenza impugnata afferma che sia inapplicabile al caso di specie il regime previsto dall'articolo 7 della legge numero 218 del 1995, che prevede la sospensione del processo per litispendenza internazionale perché trattasi di norma inapplicabile nel processo penale, dove i motivi di sospensione sono tassativi ed indicati dall'articolo 3 c.p.p., quindi il processo penale pendente davanti al Tribunale di Parma non avrebbe mai potuto essere sospeso in ragione della pendenza, all'estero, di un giudizio esclusivamente civilistico pur sui medesimi fatti. 8. - Anche l'ottavo motivo, col quale si denuncia la violazione e falsa applicazione del giudicato esterno per aver la sentenza ritenuto preclusa anche la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale, è manifestamente infondato se non radicalmente inammissibile, come il sesto motivo, là dove invoca una sorta di ontologica differenza tra la domanda risarcitoria proposta in questa sede e quella proposta negli Stati Uniti. Il ricorso è dunque complessivamente infondato. Attesa la complessità e la novità delle questioni trattate, le spese del presente giudizio sono compensate. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dell' articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio tra le parti.