Multa sacrosanta per l’automobilista che parcheggia senza ‘ticket’ nella zona di sosta a pagamento e in un’altra occasione sfrutta lo spazio riservato alla sosta per disabili, contando sempre sul fatto di avere con sé una copia del contrassegno invalidi.
Scenario della vicenda è la provincia barese. A finire nei guai è una donna, destinataria di due sanzioni amministrative, irrogatele «per aver parcheggiato in zona regolamentata senza titolo autorizzativo e per avere lasciato il veicolo in sosta nello spazio riservato alla sosta per veicoli delle persone invalide senza esporre il relativo contrassegno». Per i giudici di merito sono inutili le obiezioni sollevate dalla donna. Innanzitutto, perché «la sosta in zona regolamentata presuppone il relativo titolo autorizzatorio, sicché non è sufficiente il contrassegno invalidi che vale ad esonerare i titolari dai divieti di sosta stabiliti dalle autorità competenti e dai limiti di tempo nelle aree di parcheggio a tempo determinato, non potendosi invocare l’esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili, poiché dalla gratuità della sosta deriva un vantaggio meramente economico». In secondo luogo, riguardo al parcheggio riservato agli invalidi «per poterne fruire è necessario esibire il relativo contrassegno in originale» mentre la donna «ha esibito una fotocopia in attesa di rinnovo» che «confermava che lei non era in possesso di autorizzazione al momento del fatto». Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta la donna osserva che «l’originale» del contrassegno invalidi «era stato riconsegnato su richiesta delle autorità competenti per perfezionare la pratica di rinnovo» e che «il contrassegno di cui era munita la sua cliente era ancora efficace al momento della contestazione». Per replicare a tale obiezione, i giudici partono da ciò che prevede la normativa, ossia «per la circolazione e la sosta dei veicoli al servizio delle persone invalide gli enti proprietari della strada sono tenuti ad allestire e mantenere apposite strutture, nonché la segnaletica necessaria, per consentire ed agevolare la loro mobilità. I soggetti legittimati ad usufruire di quelle strutture sono autorizzati dal sindaco del Comune di residenza». In sostanza, «alle persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta è rilasciato dai Comuni, a seguito di apposita documentata istanza, lo speciale contrassegno che deve essere apposto sulla parte anteriore del veicolo», contrassegno che «è strettamente personale, non è vincolato ad uno specifico veicolo ed ha valore su tutto il territorio nazionale». Fondamentale un dettaglio: «in caso di utilizzazione, il contrassegno deve essere esposto, in originale, nella parte anteriore del veicolo, in modo che sia chiaramente visibile per i controlli». Inoltre, «il contrassegno è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire, esponendolo su qualsiasi veicolo adibito al suo servizio e la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale». E il testuale riferimento ai veicoli al servizio delle persone disabili va letto nel senso che «il beneficio è limitato a quei veicoli che effettivamente trasportino la persona disabile e siano, quindi, al suo servizio». Tirando le somme, «la sosta e l’accesso in zone soggette ad autorizzazione sono subordinate non solo al possesso ma anche all’esposizione del pass in originale, non essendo consentito, per procedere ai controlli e per assicurare l’uso personale dell’autorizzazione, l’utilizzo di fotocopie. E dal 2021 è stato reso possibile associare la singola autorizzazione ad uno o più veicoli identificati mediante la targa, per il controllo in tempo reale di eventuali irregolarità. Però, a fronte, come nella vicenda in esame, di un contrassegno cartaceo, «solo l’utilizzo dell’originale consente di evitare o contenere possibili abusi. L’eventuale duplicazione o l’uso di fotocopie è di ostacolo per l’effettuazione dei controlli (specie in caso di sosta in assenza del titolare), anche quando sia pendente la pratica di rinnovo, né ciò vale a scusare la condotta del titolare in caso di riconsegna dell’originale richiesta dall’amministrazione». E, in generale, «una volta scaduto il contrassegno, è preclusa la circolazione o la sosta o nelle aree riservate, per cui, se il soggetto ha necessità di avvalersi del contrassegno oltre il periodo di efficacia e senza soluzione di continuità, deve necessariamente avviare per tempo le procedure di rinnovo». Ma, in questa ottica, «la riconsegna dell’originale non è prescritta, né appare indispensabile sin dal momento della presentazione della domanda di rinnovo, ma solo al momento del rilascio della nuova autorizzazione, in modo da soddisfare il requisito dell’uso personale e di un unico contrassegno da parte del soggetto avente diritto». Tornando alla vicenda oggetto del processo, quindi, «non era sufficiente l’esibizione di una fotocopia, né che il contrassegno fosse stato riconsegnato per il rinnovo, essendo onere del titolare richiedere un titolo autorizzatorio temporaneo, un duplicato o altro documento equipollente, da utilizzare in originale, o provare di non averne avuto disponibilità per cause non superabili». Per quanto concerne, poi, il parcheggio gratis nella zona di sosta a pagamento, esso è illegittimo, chiariscono i giudici, nonostante il contrassegno invalidi, che non può consentire il parcheggio negli spazi a pagamento nel caso in cui non vi siano posti riservati alla sosta dei disabili. Decisiva la constatazione che il Codice della strada applicabile all’epoca dei fatti «non prevedeva alcuna esenzione, riservata per i titolari di un “permesso disabili”, dal pagamento del pedaggio in zone di parcheggio». All’epoca delle multe inflitte alla donna, quindi, la previsione normativa «non esentava il disabile, detentore dello speciale contrassegno, dal pagamento della tariffa per il parcheggio dell’autovettura a suo servizio negli spazi di sosta in zona delimitata dalle cosiddette “strisce blu”, neppure ove fossero indisponibili i posti riservati ai disabili, non potendo invocarsi l’esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili, poiché dalla gratuità della sosta deriva un vantaggio meramente economico e non un vantaggio in termini di mobilità, che è invece favorita dalla concreta disponibilità delle aree di sosta», chiosano i magistrati.
Presidente Falaschi - Relatore Fortunato Fatti di causa 1. Con sentenza numero 3723/2019 il Tribunale di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado con cui era stata respinta l'opposizione di Le.Ca. avverso due sanzioni amministrative, irrogate all'opponente per aver parcheggiato in zona regolamentata senza titolo autorizzativo e avere lasciato il veicolo in sosta nello spazio riservato alla sosta per veicoli delle persone invalide senza esporre il relativo contrassegno. Secondo il giudice d'appello la sosta in zona regolamentata presuppone il relativo titolo autorizzatorio, sicché non sarebbe sufficiente il contrassegno invalidi, che vale ad esonerare i titolari dai divieti di sosta stabiliti dalle autorità competenti e dai limiti di tempo nelle aree di parcheggio a tempo determinato, non potendosi invocare l'esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili, poiché dalla gratuità della sosta deriva un vantaggio meramente economico. Riguardo al parcheggio riservato agli invalidi la sentenza ha, altresì, affermato che, per poterne fruire, è necessario esibire il relativo contrassegno in originale e ha osservato che il fatto che l'appellante avesse esibito la fotocopia in attesa di rinnovo confermava che egli non era in possesso di autorizzazione al momento del fatto. Per la cassazione della sentenza Le.Ca. ha proposto ricorso in due motivi; il Comune di Bari resiste con controricorso. La causa è stata avviata alla trattazione camerale dinanzi alla sesta sezione civile e con successiva ordinanza interlocutoria numero 30468/2021 è stata rimessa in pubblica udienza. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 381 del D.P.R. 495 del 1992, sostenendo che il Tribunale, nel respingere il gravame sul rilievo che, ai fini della sosta riservata agli invalidi, non è sufficiente la mera esposizione di una fotocopia del contrassegno, non abbia considerato che l'originale era stato riconsegnato su richiesta delle autorità competenti per perfezionare la pratica di rinnovo e che il contrassegno di cui era munita la ricorrente era ancora efficace al momento della contestazione. Il motivo è infondato. L'articolo 188 D.Lgs. 285/1992 prevede che per la circolazione e la sosta dei veicoli al servizio delle persone invalide gli enti proprietari della strada sono tenuti ad allestire e mantenere apposite strutture, nonché la segnaletica necessaria, per consentire ed agevolare la mobilità di esse, secondo quanto stabilito nel regolamento. I soggetti legittimati ad usufruire delle strutture di cui al comma 1 sono autorizzati dal Sindaco del Comune di residenza nei casi e con limiti determinati dal regolamento e con le formalità nel medesimo indicate. L'articolo 12 del D.P.R. 503/1966 prevede attualmente che alle persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta è rilasciato dai comuni, a seguito di apposita documentata istanza, lo speciale contrassegno di cui al DP.R. 495/1992 che deve essere apposto sulla parte anteriore del veicolo. L'articolo 381, comma secondo, del regolamento di attuazione del codice della strada inizialmente non prevedeva che il contrassegno fosse esposto sul veicolo in originale. La norma è stata prima modificata dall'articolo 217 del D.P.R. 610/1996, statuendo che il contrassegno è strettamente personale, non è vincolato ad uno specifico veicolo ed ha valore su tutto il territorio nazionale, e poi dall'articolo 1, comma primo, lettera a) D.P.R. 151/2012, ed attualmente dispone che l'autorizzazione è resa nota mediante l'apposito contrassegno invalidi conforme al modello previsto dalla raccomandazione numero 98/376/CE del Consiglio dell'Unione europea del 4 giugno 1998 di cui alla figura v. 4 e che, in caso di utilizzazione, detto contrassegno deve essere esposto, in originale, nella parte anteriore del veicolo, in modo che sia chiaramente visibile per i controlli. Il contrassegno è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire, esponendolo su qualsiasi veicolo adibito al suo servizio e la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale (Cass. 719/2008; Cass. 21320/2017; Cass. 8226/2022). Il testuale riferimento ai veicoli al servizio delle persone disabili, contenuto nell'articolo 188 del codice della strada, deve essere interpretato nel senso, appunto, che il beneficio è limitato a quei veicoli che effettivamente trasportino la persona disabile e siano, quindi, al servizio di quest'ultima (cfr. Corte cost. 328/2000). La sosta e l'accesso in zone soggette ad autorizzazione sono, perciò, subordinate non solo al possesso ma anche all'esposizione del pass in originale, non essendo consentito, per procedere ai controlli e per assicurare l'uso personale dell'autorizzazione, l'utilizzo di fotocopie. D'altronde non vi è necessità che il contrassegno contenga un qualche riferimento alla targa del veicolo utilizzato (Cass. 719/2008); a tutela della riservatezza e per impedire la divulgazione di dati sensibili, non può contenere nella parte anteriore i dati identificativi del titolare, che sono attualmente apposti sulla parte posteriore, non essendo visibili dall'esterno o controllabili in caso di sosta in assenza dei passeggeri, essendo associabile al titolare solo in base al numero identificativo. Solo con l'adozione del DM. 5.7.2021 - Istituzione della piattaforma unica nazionale informatica dei contrassegni unici - è stato reso possibile associare la singola autorizzazione ad uno o più veicoli identificati mediante la targa, per il controllo in tempo reale di eventuali irregolarità. Nel caso del contrassegno cartaceo di cui si discute, solo l'utilizzo dell'originale consentiva, quindi, di evitare o contenere possibili abusi; l'eventuale duplicazione o l'uso di fotocopie è di ostacolo per l'effettuazione dei controlli (specie in caso di sosta in assenza del titolare), anche quando sia pendente la pratica di rinnovo, né vale a scusare la condotta del titolare in caso di riconsegna dell'originale richiesta dall'amministrazione. Occorre premettere che il contrassegno è rilasciato, in presenza dei relativi presupposti, per soddisfare esigenze fondamentali del disabile che non possono incontrare ostacoli non previsti dalla legge o scaturiti da esigenze di organizzazione della pubblica amministrazione che quest'ultima è tenuta a superare (Cass. 24015/2022; Cass. 8226/2022). È necessario garantire la possibilità del titolare di avvalersi dell'autorizzazione per tutta la durata della sua efficacia; inoltre, una volta scaduto il contrassegno, è preclusa la circolazione o la sosta o nelle aree riservate, per cui, se l'interessato ha necessità di avvalersi del contrassegno oltre il periodo di efficacia e senza soluzioni di continuità, dovrà necessariamente avviare per tempo le procedure di rinnovo. La riconsegna dell'originale non è tuttavia prescritta, né appare indispensabile sin dal momento della presentazione della domanda di rinnovo, ma solo al momento del rilascio della nuova autorizzazione, in modo da soddisfare il requisito dell'uso personale e di un unico contrassegno da parte dell'avente diritto. L'articolo 381, comma terzo, del D.P.R. 495/1992 richiede per il rinnovo la sola presentazione del certificato del medico curante che confermi il persistere delle condizioni sanitarie che hanno dato luogo al rilascio e, peraltro, le procedure di rinnovo predisposte dai singoli enti locali spesso contemplano, al momento della richiesta, la consegna di una fotocopia dell'originale, o, in alternativa, su domanda dell'interessato, il rilascio di un titolo provvisorio o di un duplicato, proprio per evitare soluzioni di continuità nell'esercizio del diritto di sosta e di accesso alle ZTL. Nel caso in esame non era, quindi, sufficiente l'esibizione di una fotocopia, né che il contrassegno fosse stato riconsegnato per il rinnovo, essendo onere del titolare richiedere un titolo autorizzatorio temporaneo, un duplicato o altro equipollente, da utilizzare in originale, o provare, secondo i principi generali, di non averne avuto disponibilità per cause non superabili. 2. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 381 del D.P.R. 495 del 1992, lamentando che il Tribunale abbia ritenuto che il contrassegno invalidi non renda legittimo, oltre all'accesso dell'autovettura nelle zone a traffico, anche il parcheggio negli spazi a pagamento nel caso in cui non vi siano posti riservati alla sosta dei disabili. Il motivo è infondato. L'articolo 188 CDS, nel testo applicabile alla data della contestazione, non prevedeva alcuna esenzione dal pagamento del pedaggio in zone a sosta riservata per i titolari di permesso disabili. Solo con l'adozione del comma tre bis dell'articolo 181 del codice della strada (introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera f), numero 01), del D.L. 10 settembre 2021, numero 121), è stato previsto che ai veicoli al servizio di persone con disabilità, titolari del contrassegno speciale ai sensi dell'articolo 381, comma 2, del regolamento, è consentito sostare gratuitamente nelle aree di sosta o parcheggio a pagamento, qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati, ma la disposizione ha effetto dall'1.1.2022, ossia in epoca successiva alla contestazione dell'infrazione (cfr. l'articolo 1, comma 1 ter, del dl. 121/2021). La previsione in vigore al momento dell'infrazione non esentava il disabile, detentore dello speciale contrassegno di cui all'articolo 12 del D.P.R. 24 luglio 1996, numero 503, dal pagamento della tariffa per il parcheggio dell'autovettura a suo servizio negli spazi di sosta in zona delimitata dalle c.d. strisce blu neppure ove fossero indisponibili i posti riservati dall'articolo 11, comma 5, del decreto, non potendo invocarsi l'esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili, poiché, come già stabilito da questa Corte, dalla gratuità della sosta deriva un vantaggio meramente economico e non un vantaggio in termini di mobilità, che è invece favorita dalla concreta disponibilità delle aree di sosta (Cass. 21271/2009; Cass. 7293/10, Cass. 21271/2009, Cass. 1272/2008, Cass. 19146/06). L'articolo 11, comma primo, D.P.R. 503/1996 dispone che ai titolari di autorizzazione è consentita la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, ove non costituisca grave intralcio al traffico, anche ove sia vietata o limitata la sosta , ma tale facoltà, in base al dato letterale della norma, non è generalizzata ma riguarda le ipotesi in cui il divieto sia stato stabilito con un apposito provvedimento dell'autorità competente e non sia riconducibile direttamente alla legge (o a regolamenti integrativi, aventi carattere di generalità), ipotesi nelle quali la valutazione di non ammissibilità della sosta (in relazione alle esigenze collettive della sicurezza e della regolarità della circolazione) non esige un concreto apprezzamento da parte della P.A., ma è stata già compiuta a monte dal legislatore. Solo nei diversi casi in cui il divieto sia stato stabilito con provvedimento ad hoc dell'autorità competente, a quest'ultima è conferita una potestà, altrettanto discrezionale, di autorizzare la fermata, la sosta (o la circolazione) in deroga al divieto, imposto ai rimanenti utenti della strada, facoltà che tuttavia incontra il limite costituito dall'insussistenza di grave intralcio al traffico (Cass. 168/2011). Il ricorso è respinto con aggravio delle spese processuali. Si dà atto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. numero 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.