Hackera il profilo Facebook dell’ex compagna e riesce ad ottenere alcuni frame dell’impianto di sorveglianza della loro ex casa familiare per monitorare i movimenti della donna. Condotte inequivocabili, secondo i Giudici, e catalogabili come stalking.
Ricostruita nei dettagli la vicenda, grazie alle dichiarazioni della donna, corroborate da prove documentali e da testimonianze ad hoc , per i giudici di merito non ci sono dubbi l’uomo sotto processo va ritenuto colpevole di stalking . Col ricorso per cassazione, però, la difesa prova a mettere in dubbio la pronuncia d’Appello e, soprattutto, prova a ridimensionare i fatti addebitati all’uomo. Nello specifico, non ci si trova , secondo il legale, di fronte a condotte di particolare gravità , e perciò esse sono, a suo avviso, catalogabili come «condotte moleste o di disturbo», non essendo stati «esplicitati gli indicatori del cambiamento delle abitudini di vita» della donna e non essendovi «evidenza alcuna di aggressioni e violenze fisiche» ai danni della persona offesa, che, peraltro, «è un pubblico ufficiale». Da non trascurare, poi, «la dimostrazione del tradimento della donna» ai danni dell’ex compagno che «ama le figlie e non ha mai messo neppure un dito sulla persona offesa». Per la Cassazione, però, è illogica la prospettiva adottata dalla difesa soprattutto perché dagli elementi probatori , ossia «risultanze testimoniali e documentali e dichiarazioni della persona offesa, apprezzate come intrinsecamente attendibili e riscontrate da plurime evidenze estrinseche», si è potuto desumere «il duraturo clima di persecuzione e vessazione instaurato dall’uomo in pregiudizio della ex compagna, clima rappresentato dalla costante sorveglianza ed ingerenza nella sfera più intima della persona offesa, non solo attraverso forme più consuete ovvero con una sequela di telefonate, messaggi, pedinamenti ed atti intimidatori, ma anche attraverso lo spionaggio demandato a persone di fiducia ed il ricorso ad una serie di tecnologie informatiche e telematiche». Su quest’ultimo punto, in particolare, vengono richiamati i dettagli «l’uomo ha clonato e fatto accesso abusivo al profilo Facebook della donna» e «ha utilizzato alcuni frames tratti dall’impianto di videosorveglianza, collocato – per virtuose finalità di prevenzione dalle illecite intrusioni di terzi – in prossimità dell’ex abitazione, per gli scopi strumentali dell’indebito ed assillante controllo della vita e della riservatezza della ex compagna». Inoltre, in un’occasione l’uomo «ha fatto irruzione, forzando le persiane, nell’alloggio della donna, si è ferito accidentalmente ed ha incolpato falsamente la persona offesa di avergli arrecato violenza». Infine, l’uomo ha inviato all’ex compagna «un video, di evidente connotato simbolico, che lo ritraeva con in pugno una pistola». A fronte di tale quadro, i Giudici richiamano il principio secondo cui per la concretizzazione del delitto di atti persecutori – che «non richiede necessariamente l’esercizio della violenza» – «è indispensabile ma sufficiente che la condotta sia idonea, alternativamente e non cumulativamente a cagionare alla vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura a ingenerare, nei suoi confronti, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona ad essa da relazione affettiva tale da costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita ». Inoltre, secondo altro principio di diritto, «la prova del grave e perdurante stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato di stalking può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dallo stalker, qualora essi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante». Di conseguenza, «ai fini della configurabilità del reato di stalking, non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dello stalker». Tornando alla vicenda oggetto del processo, per la Suprema Corte «la prova dell’evento del delitto, in riferimento alla determinazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, è ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico , ricavabili dalle dichiarazioni della vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’ex compagno». Impossibile accogliere la tesi difensiva, quindi, e catalogare le condotte dell’uomo come mere molestie. Ciò perché egli ha tenuto anche «comportamenti oppressivi e di prorompente efficacia intromissiva» nei confronti dell’ex compagna, «come le interferenze nel sistema informatico e telematico, le ripetute minacce anche di azioni giudiziarie infondate e la violazione di domicilio con il deterioramento delle persiane dell’appartamento» utilizzato dalla donna.
Presidente Miccoli - Relatore Masini Ritenuto in fatto 1. C.M., a patrocinio di difensore abilitato, ha promosso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria, che ha confermato la sentenza di condanna, emessa nei suoi confronti dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale della medesima città, in relazione al delitto di cui all' articolo 612 bis co. 1 e 2 cod. penumero , commesso in danno di S. C. M 2. L'atto d'impugnazione consta di due motivi, sintetizzati a norma dell' articolo 173 comma 1 disp. att. cod. proc. penumero 2.1. Il primo motivo ha denunciato il vizio di erronea applicazione della legge penale, perché la sentenza impugnata non avrebbe fornito adeguata motivazione in ordine alla prova della realizzazione dell'evento del reato, che avrebbe preteso un accertamento approfondito in termini di gravità al più, sarebbero ravvisabili condotte moleste o di disturbo, riconducibili al paradigma di cui all' articolo 660 cod. penumero non sono stati esplicitati gli indicatori del cambiamento delle abitudini di vita non vi è evidenza alcuna di aggressioni e violenze fisiche la persona offesa è un pubblico ufficiale, circostanza che avrebbe imposto un approccio valutativo differente. 2.2. Il secondo motivo ha lamentato assenza od illogicità della motivazione per quanto attiene alla mancata concessione delle attenuanti generiche, poiché vi sarebbe dimostrazione, in atti, del tradimento della ex compagna e, del resto, l'imputato ama le figlie e non ha mai messo neppure un dito sulla persona offesa. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. Luigi Giordano, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. La difesa della persona offesa ha depositato memoria difensiva in replica alle ragioni del ricorso per cassazione. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Il primo motivo è aspecifico, non consentito in sede di legittimità e manifestamente infondato, a quest'ultimo proposito in quanto contrastante con un indirizzo ermeneutico stabile e di risalente formulazione. 1.1. In presenza di una doppia conforme sull'affermazione di responsabilità, il cui contesto argomentativo rappresenta un unicum al quale la Corte di Cassazione può indifferentemente attingere, è ammissibile la motivazione della sentenza d'appello che richiami per relationem quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell'effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza di primo grado, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente esposte dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice con proposizioni circostanziate ed accurate, ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente affrontate con l'impugnazione. Il ricorrente - che riproduce quanto confutato con l'appello - non si confronta adeguatamente con la ratio deciderteli della pronuncia della Corte territoriale, che reitera legittimamente le considerazioni del primo giudice, condivise perché suffragate dagli elementi acquisiti, valorizzando incensurabilmente ed in difetto di nemmeno dedotti travisamenti, le risultanze testimoniali e documentali, puntualmente richiamate, ed in particolare le dichiarazioni della persona offesa, congruamente apprezzate come intrinsecamente attendibili e riscontrate da plurime evidenze estrinseche. 1.2. In particolare, la delineazione quasi scolastica della causazione del perdurante e grave stato di ansia e di paura è stata pianamente ed ampiamente illustrata dal primo giudice - in esito alla rassegna delle molteplici fonti probatorie - a pagg. 16-18 e con enunciati adesivi dalla sentenza d'appello, pagg. 1 e 2 , a riguardo del duraturo clima di persecuzione e vessazione instaurato dall'imputato in pregiudizio della ex compagna, rappresentato dalla costante sorveglianza ed ingerenza nella sfera più intima della persona offesa, non solo attraverso forme più consuete ovvero con una sequela di telefonate, messaggi, pedinamenti ed atti intimidatori, ma anche attraverso lo spionaggio demandato a persone di fiducia [ .] ed il ricorso ad una serie di tecnologie informatiche e telematiche . L'imputato ha clonato e fatto accesso abusivo al profilo OMISSIS della S., ha utilizzato i frames tratti dall'impianto di videosorveglianza collocato in prossimità dell'ex abitazione familiare - per virtuose finalità di prevenzione dalle illecite intrusioni di terzi - per gli scopi strumentali dell'indebito ed assillante controllo della vita e della riservatezza della ex compagna ha fatto irruzione forzando le persiane dell'alloggio della vittima, si è ferito accidentalmente ed ha incolpato falsamente la persona offesa di avergli arrecato violenza le ha inviato un video, di evidente connotato simbolico , che lo ritraeva con in pugno una pistola. 1.3. L'esegesi costante della giurisprudenza di legittimità, in armonia con il dato letterale della norma incriminatrice, è nel senso che il delitto di atti persecutori - che non richiede necessariamente l'esercizio della violenza sez. 5, numero 22475 del 18/04/2019, P., Rv. 276631 - possieda natura di reato abituale e di reato di danno ad eventi alternativi eventualmente concorrenti tra loro, ciascuno dei quali idoneo a configurarlo sez. 5, numero 3781 del 24/11/2020, S., Rv. 280331 sez. 5, numero 43085 del 24/09/2015, A., Rv. 265231 sez. 5, numero 34015 del 22/06/2010, De Guglielmo, Rv. 248412 , sicché, ai fini della sua integrazione, è indispensabile ma sufficiente che la condotta del soggetto attivo sia idonea, alternativamente e non cumulativamente a a cagionare al soggetto passivo un perdurante e grave stato di ansia e di paura b a ingenerare, nei suoi confronti, un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva c tale da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. 1.4. D'altra parte, sempre secondo il consolidato orientamento di questa Corte - qui condiviso - in tema di atti persecutori, la prova del grave e perdurante stato d'ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall'agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante sez. 5, numero 7559 del 10/01/2022, Rv. 282866 , e ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente ex plurimis, Sez. 5, numero 57704 del 14/09/2017 - dep. 28/12/2017, P, Rv. 272086 sez. 5, numero 47195 del 06/10/2015, S., Rv. 265530 e nel caso di specie, secondo quanto emerge dalle conformi pronunce di merito, la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla determinazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, è ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata. 1.5. Ancora, sia in tema di elemento obiettivo che a proposito dell'evento del delitto di atti persecutori, il discrimen fra il delitto di cui all'articolo 612 bis e il reato di molestie è costituito dal diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta, configurandosi il delitto di cui all' articolo 612-bis cod. penumero qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all' articolo 660 cod. penumero ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato Sez. 6 numero 23375 del 10/07/2020, Rv. 279601 conf. Sez. 5, numero 15625 del 09/02/2021, Rv. 281029 e come appropriatamente ravvisato nella fattispecie in scrutinio, alle molestie si sono affiancati altri comportamenti oppressivi e di prorompente efficacia intromissiva, come le interferenze nel sistema informatico e telematico, le ripetute minacce anche di azioni giudiziarie infondate e la violazione di domicilio con il deterioramento delle persiane dell'appartamento. 1.6. Sul punto, le osservazioni difensive si risolvono nell'elencazione di un coacervo di massime giurisprudenziali puntualmente tenute presenti dagli elaborati di merito e in confutazioni prive di consistenza, come l'assunto dell'indimostrato mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, il ruolo istituzionale da lei rivestito in quanto agente di polizia municipale, l'insussistenza di diagnosi attestanti una degenerazione patologica del turbamento psichico la cui prova è notoriamente non necessaria, sez. 5, numero 18646 del 17/02/2017, C., Rv. 270020 sez. 5, numero 16864 del 10/01/2011, C., Rv. 250158 , elementi tutti non conducenti e inidonei a neutralizzare la solida e convergente portata del compendio probatorio esaltato in sentenza. Si prospetta quindi, e genericamente, una differente lettura degli accadimenti puntualmente ricostruiti nelle fasi del processo di merito, in insanabile conflitto con l'orizzonte di verifica a cui è circoscritto il sindacato di legittimità ex multis, sez. U numero 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 sez. U numero 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 . 2.Il secondo motivo, che contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche, è aspecifico e manifestamente infondato, perché, per un verso, il relativo motivo di gravame v. punto 2 dell'appello è stato formulato in modo lapidario, se non persino indeterminato è noto che il motivo con cui si proponga in Cassazione una doglianza di presunta, omessa motivazione in relazione ad una censura d'appello comunque inammissibile è, a sua volta, geneticamente inammissibile. Infatti, il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, pur se proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per Cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria vedi, Sez. 1, numero 7096 del 20/1/1986, Ferrara, Rv. 173343 Sez. 4, numero 1982 del 15/12/1998, dep. 1999, Iannotta, Rv. 213230 Sez. 3, numero 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv. 262700 . Ben si comprende la ratio sottesa a tale orientamento, poiché non avrebbe senso l'annullamento della sentenza di appello con rinvio al giudice di secondo grado a causa dell'omesso esame di un motivo di gravame, che, in sede di rinvio per la sua delibazione, sarebbe comunque destinato, a cagione della sua originaria conformazione, alla declaratoria di inammissibilità. Per altro verso, il primo giudice aveva affrontato il relativo profilo con argomenti dettagliati e, secondo l'indirizzo consolidato della Corte di Cassazione, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come avvenuto nella specie si vedano, in particolare, pagg. 19 e 20 sent. primo grado, con particolare riferimento alla gravità ed eterogeneità delle condotte, all'inevitabilità di ammissioni, non costituenti confessione, in presenza di prova granitica della responsabilità, alla assenza di concreti indici di resipiscenza . Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti Sez. 3, numero 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 Sez. 6, numero 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244 . Il motivo di ricorso ha replicato i rilievi di stile agitati con il gravame, appuntati sostanzialmente sull'entità del trattamento sanzionatorio e la Corte di merito ne ha rilevato l'infondatezza, vuoi sottolineando la gravità dei comportamenti, vuoi rimarcando l'assestamento della sanzione comminata dal giudice di primo grado sui minimi edittali, non ulteriormente rivedibili. 3. Ai sensi dell' articolo 616 cod. proc. penumero , alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende. 4. La natura del reato e del rapporto tra il ricorrente e la persona offesa impone, in caso di divulgazione, l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell 'articolo 52 d.lgs.196/0 3 in quanto imposto dalla legge.