Offende l’ex moglie nonostante il divieto di avvicinamento: condannato il marito

Per i Giudici non ci sono dubbi la casualità dell’incontro non esime dalla responsabilità penale. E, comunque, il modus agendi dell’uomo, pur non avendo violato la prescrizione dell’obbligo di mantenere la distanza dall’ex moglie, si è tradotto nella violazione della ulteriore prescrizione di non comunicare con la persona offesa.

Ricostruito facilmente l’episodio, per i giudici di merito non ci sono dubbi l’uomo sotto processo va condannato per avere violato il divieto di avvicinamento all’ex moglie , divieto impostogli a seguito delle presunte condotte violente tenute nei confronti della donna. Secondo la difesa, però, è stato valutato in modo erroneo il comportamento tenuto dall’uomo, il quale, a fronte di un incontro casuale , «si è immediatamente allontanato dalla persona offesa», manifestando quindi la volontà di rispettare il divieto di avvicinamento all’ex moglie. Questa obiezione però non regge, ad avviso dei magistrati di Cassazione, i quali condividono in pieno la valutazione compiuta dai giudici d’appello. In sostanza, l’uomo, «sottoposto al divieto di avvicinamento alla ex coniuge, con obbligo di mantenere una distanza di almeno 500 metri e di non comunicare con lei», in concreto «non si è avvicinato alla donna – che casualmente ha incontrato per strada –» ma « le ha rivolto nondimeno la parola , apostrofandola con epiteti dal tenore offensivo». Ebbene, «tale modus agendi , pur non avendo violato la prescrizione dell’obbligo di mantenere la distanza, si è tuttavia tradotto nella violazione della ulteriore prescrizione di non comunicare con la persona offesa ». Impossibile, checché ne dica la difesa, ipotizzare, secondo i magistrati di Cassazione, «l’assenza del dolo» nella condotta dell’uomo, alla luce della «causalità dell’incontro» con l’ex moglie. Per meglio inquadrare la questione, i giudici di terzo grado ricordano che «la norma intende garantire tutela incondizionata al soggetto vulnerabile , vittima di violenza di genere o domestica». Obiettivo è fare in modo che la persona offesa possa « godere di tranquillità e di libertà di frequentazione dei luoghi » e possa «muoversi liberamente con la certezza che il soggetto che minaccia la sua libertà fisica o morale si tenga a distanza, essendo obbligato all’allontanamento anche in caso di incontro fortuito». Pertanto, «l’obbligo di evitare ogni possibile contatto con la persona offesa, incluso il divieto di comunicare con lei, trova applicazione anche nel caso di incontro causale . Ciò perché la misura cautelare – per quanto incida sensibilmente sulla libertà di movimento dell’indagato – presenta pur sempre un indubbio profilo di favore per l’indagato stesso , che vede una limitazione minore dei propri diritti e delle proprie libertà, essendo l’alternativa rappresentata dalle misure cautelari custodiali». Tirando le somme, «la casualità dell’incontro non esime da responsabilità », sanciscono i magistrati di Cassazione, i quali poi annotano che, comunque, nella specifica vicenda «la condanna dell’uomo rinviene l’ humus non nella violazione della prescrizione di mantenere la distanza, ma nella violazione della diversa ed ulteriore prescrizione di non comunicare con la persona offesa, violazione che – proprio ad onta delle concrete dinamiche fattuali della vicenda – è ictu oculi sorretta dal dolo ».

Presidente Di Stefano – Relatore Ianniciello Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello dell'Aquila confermava la sentenza emessa in data 31 luglio 2024 dal Tribunale di Teramo con cui T.A. veniva ritenuto responsabile in ordine al reato previsto dall' articolo 387 bis cod. pen. e condannato alla pena di giustizia. 2. Ha presentato ricorso T.A., per il tramite del difensore di fiducia, con cui ha dedotto la violazione di legge «ex articolo 606 «lett. e cpc», per avere il Giudici di appello erroneamente ritenuto «che la condotta del Sig. T.A., possa[tesse] essere, alla luce dell'esame della parte offesa, sussisto sotto quello della norma incriminatrice di cui all' articolo 387 bis cod.pen. » L'imputato ha osservato il ricorrente si era immediatamente allontanato dalla persona offesa tale condotta «rappresenta[va] la prova della volontà di adesione al brocardo del prevenuto». Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. La Corte di appello con motivazione succinta, ma congrua, ha ritenuto fondato il tema d'accusa T.A., sottoposto al divieto di avvicinamento alla ex coniuge M.A. con obbligo di mantenere una distanza di almeno 500 metri e di non comunicare con la stessa, sebbene non si fosse avvicinato alla donna che casualmente aveva incontrato per strada le rivolgeva nondimeno la parola, apostrofandola con epiteti dal tenore offensivo. 2.1. Tale modus agendi evidenziano i Giudici di merito , sebbene non avesse violato la prescrizione dell'obbligo di mantenere la distanza, si era tuttavia tradotto nella violazione della ulteriore prescrizione di non comunicare con la persona offesa. 3. Le censure sollevate dal ricorrente sono manifestamente infondate, là dove si deduce l'assenza del dolo per la causalità dell'incontro. 3.1. A tal riguardo è utile precisare come la norma in contestazione nel perseguire colui che viola gli obblighi e/o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articolo 282 bis e 282 ter cod. proc. pen. intenda garantire tutela incondizionata al “soggetto vulnerabile”, vittima di violenza di genere e/o domestica, nell'ottica di rafforzamento del sistema di protezione rispetto a condotte dell'indagato mirate all'aggressione fisica e psicologica. «La persona offesa deve potere godere di tranquillità e di libertà di frequentazione dei luoghi e di potersi muovere liberamente con la certezza che il soggetto che minaccia la sua libertà fisica o morale si tenga a distanza, essendo obbligato all'allontanamento anche in caso di incontro fortuito» cfr Sez. Un. n 39005 del 29/04/2021, Rv. 281957, in motivazione . Pertanto, l'obbligo di evitare ogni possibile contatto con la persona offesa, incluso il divieto di comunicare con la stessa, trova applicazione anche nel caso di incontro causale come accaduto nel caso in esame ciò perché la misura cautelare in questione per quanto incida sensibilmente sulla libertà di movimento dell'indagato presenta pur sempre un indubbio profilo di favore per l'indagato, che vedrà una limitazione minore dei propri diritti e delle proprie libertà, essendo l'alternativa rappresentata dalle misure cautelari custodiali ex articolo 284 e ss cod. proc. pen. cfr Sez. Un. cit. Sez. 6, n.4425 del 15/01/2025, D. non mass. . 3.2. Posto che la casualità dell'incontro non esime da responsabilità, ad ogni buon conto – anche a volere prescindere da tale preliminare ed assorbente valutazione – nel caso specifico il ricorrente non si è comunque confrontato con il tenore del provvedimento impugnato. La condanna del T.A. rinviene, infatti, l'humus non nella violazione della prescrizione di mantenere la distanza, ma nella violazione della diversa ed ulteriore prescrizione di non comunicare con la persona offesa violazione che proprio ad onta delle concrete dinamiche fattuali della vicenda, puntualmente descritte nell'impugnato provvedimento e mai contestate dal ricorrente è ictu oculi sorretta dal dolo. 4. Alla inammissibilità del ricorso segue ai sensi dell' articolo 616 cod. proc. pen. – la condanna di T.A. al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.