Ai sensi dell’articolo 4 §.2 Direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti non viene meno il potere del giudice di valutare il carattere abusivo delle clausole di un contratto di garanzia che determinano le obbligazioni del fideiussore e del debitore nel procedimento principale, in una situazione in cui quest'ultimo abbia concluso tale contratto contemporaneamente al contratto di credito e al fine di rispettare un'obbligazione prevista da quest'ultimo, se il garante è una controllata del prestatore o una persona scelta dal prestatore e la commissione del garante è dovuta contemporaneamente alla scadenza del prestito.
Ai sensi del Punto 1, Lett i , j e m , dell'allegato della Direttiva 93/13 non rientra in tali disposizioni una clausola con la quale un consumatore si impegna, nell'ambito di un contratto di credito, a concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore, senza essere a conoscenza, al momento della conclusione del contratto di credito, dell'identità del fideiussore e del contenuto delle clausole di tale contratto di garanzia . Il combinato disposto degli artt.8 della Direttiva 2005/29/CE , relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno 5 §. 5 e dell'allegato I di tale Direttiva deve essere interpretato nel senso che l'inclusione nei contratti di credito di una clausola con la quale il consumatore deve concludere un contratto di fideiussione con una persona scelta dal mutuante non costituisce in ogni caso una pratica commerciale aggressiva. Sono alcune massime elaborate dalla CGUE il 13 marzo nella EU C 2025 183, C-337/23 in cui due società di recupero crediti, cui erano stati ceduti dai fideiussori crediti relativi a mutui non risarciti dai contraenti, nonché le remunerazioni dell'accessorio contratto di garanzia, avevano chiesto decreti ingiuntivi contro i debitori. «I mutuatari dovevano costituire una garanzia per ottenere il prestito o per sbloccare più rapidamente i fondi, il che poteva avere termini e condizioni diversi, una delle quali consisteva nella conclusione di un contratto di fideiussione con un'impresa specializzata in tale attività, scelta o approvata dal creditore . Secondo il giudice del rinvio, tutti i mutuatari interessati hanno sottoscritto, lo stesso giorno della conclusione dei contratti di credito, contratti di garanzia che prevedevano una remunerazione a favore di garanti professionali, vale a dire società di garanzia, corrispondenti a una somma aggiuntiva alle rate del mutuo. Il costo di una siffatta garanzia, che rappresentava più del 75% dell'importo totale da rimborsare in base ai contratti di credito, non era incluso nel TAEG ». Nel contratto di credito era invece esplicitamente previsto un TAEG tra il 39,99 ed il 50%. Il Tribunale di Sofia nutrendo dubbi sulla liceità di questo onere, anche sotto il profilo della leale concorrenza sollevava un'articolata e lunga pregiudiziale risolta come in epigrafe. Poteri del giudice Le massime in epigrafe sono molto chiare e pacifiche, sì che si rinvia alla sentenza per gli approfondimenti sul punto. In primis, questo contratto di fideiussione è accessorio a quello principale di credito al consumo, sì che non rientra nella nozione di «oggetto principale del contratto» e quindi nelle ipotesi indicate dalla Direttiva, esulando dalla stessa. Allo stesso modo la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali indica un elenco tassativo delle stesse e la nostra fattispecie non vi rientra perciò, casi come il nostro non saranno mai considerati pratiche commerciali aggressive . La CGUE chiarisce che «l'articolo 6 §.1 deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale, investito di una domanda di emissione di un'ingiunzione di pagamento nell'ambito di una procedura nella quale il debitore consumatore non partecipi, non può escludere d'ufficio l'applicazione di una clausola del contratto di credito al consumo concluso tra tale consumatore e il professionista interessato, qualora non sia convinto che tale clausola debba essere qualificata come «abusiva» , ai sensi dell'articolo 3 §.1, di tale direttiva. L'esistenza di un dubbio quanto al fatto che tale clausola abbia potuto essere accettata dal consumatore a seguito di una pratica commerciale sleale, ai sensi dell'articolo 5 Direttiva 2005/29, può tuttavia costituire un elemento, tra gli altri, che può essere preso in considerazione ai fini della valutazione del carattere potenzialmente abusivo della clausola di cui trattasi». È un contratto di credito collegato? Per aversi questa fattispecie, ai sensi dell'articolo 3 Direttiva 93/13 , devono ricorrere due criteri deve servire «esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche o alla prestazione di servizi specifici i due contratti costituiscono oggettivamente un' unica operazione commerciale si ritiene esistente un'unica operazione commerciale quando il fornitore o il prestatore stesso finanzia il credito al consumo oppure, se il credito è finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra ai servizi del fornitore o del prestatore per la conclusione o la preparazione del contratto di credito o qualora le merci specifiche o la prestazione di servizi specifici siano esplicitamente individuati nel contratto di credito». Orbene nella fattispecie non si ravvisano poiché quello contestato è un contratto di credito che per essere valido prevede la contestuale conclusione di un contratto di fideiussione con un terzo remunerato a tal fine perciò, esula dalla nozione di contratto di credito vincolato . Quali costi vanno restituiti? Il garante che paghi il credito al posto del consumatore, estinguendo il contratto di fideiussione, ha il diritto di surroga subentrando, perciò, al creditore contro cui potrà rivalersi per ottenere l'importo versato. Nella fattispecie sono stati sollevati dubbi sui costi effettivi del contratto di garanzia, poiché non era citato espressamente l'importo del TAEG. Orbene dagli artt.3, 10 e 23 Direttiva 93/13 si evince che la «nozione di costo totale del credito per il consumatore » include «tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili». Conformemente a tale disposizione, detti costi comprendono anche i costi relativi ai servizi accessori connessi con il contratto di credito , a condizione che la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio sia obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte». Il professionista, sin dal preliminare, deve informare il consumatore degli stessi, salvo che «il loro prezzo non dipenda dalle caratteristiche o dalla situazione specifiche del consumatore e, dall'altro, che, anche se l'importo dei costi di tali servizi accessori non può essere determinato in anticipo». Dato che la fideiussione è obbligatoria per ottenere il mutuo i suoi costi rientrano nella nozione di costi totali del credito e quindi del TAEG. La CGUE, però, chiarisce che il TAEG ha un ruolo fondamentale per far comprendere l'impegno economico che il consumatore intende assumersi siglando un dato contratto perciò, se non è indicato in modo chiaro e coinciso sin dall'inizio è lecita e proporzionata la sanzione dissuasiva di privare il professionista degli interessi e delle spese al momento del rimborso del credito vantato. Orbene, nella fattispecie era indicato solo nel contratto di mutuo, ma non anche in quello di fideiussione pertanto, è logico che verrà applicata tale sanzione.
Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 4, paragrafi 1 e 2 , dell'articolo 5, dell'articolo 6, paragrafo 1, e dell'articolo 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori GU 1993, L 95, pag. 29 , nonché del punto 1, lettere b , c , i , j e m , contenuto nell'allegato della direttiva 93/13, dell'articolo 8 della direttiva numero 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento CE numero 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio GU 2005, L 149, pag. 22 , dell'articolo 3, lettera g , dell'articolo 10, paragrafo 2, lettera g , dell'articolo 15, paragrafo 2, e dell'articolo 23, seconda frase, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio GU 2008, L 133, pag. 66 , nonché dell'articolo 2, paragrafo 2, e dell'articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione solvibilità II GU 2009, L 335, pag. 1 . 2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di procedimenti diretti al rilascio, a favore della APS Beta Bulgaria EOOD e dell'Agentsia za kontrol na prosrocheni zadalzhenia AD, di ingiunzioni di pagamento di debiti pecuniari in applicazione di contratti di credito al consumo e di contratti di fideiussione. Contesto normativo Diritto dell'Unione Direttiva 93/13 3 Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 93/13 è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore». 4 Conformemente all'articolo 2, lettera b , di tale direttiva, ai fini di quest'ultima, «si intende per “consumatore” qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della [suddetta] direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale». 5 L'articolo 3 della direttiva 93/13 dispone quanto segue «1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto. 3. L'allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive». 6 L'articolo 4 di tale direttiva prevede «1. Fatto salvo l'articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende. 2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell'oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile». 7 L'articolo 5 di detta direttiva così recita «Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore. Questa regola di interpretazione non è applicabile nell'ambito delle procedure previste all'articolo 7, paragrafo 2». 8 Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive». 9 L'articolo 7 della direttiva di cui trattasi è così formulato «1. Gli Stati membri, nell'interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori. 2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di siffatte clausole. 3. Nel rispetto della legislazione nazionale, i ricorsi menzionati al paragrafo 2 possono essere diretti, separatamente o in comune, contro più professionisti dello stesso settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l'inserzione delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili». 10 L'allegato di detta direttiva, dal titolo «Clausole di cui all'articolo 3, paragrafo 3», al suo punto 1, così recita «1. Clausole che hanno per oggetto o per effetto di b escludere o limitare impropriamente i diritti legali del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di totale o parziale inadempimento o di adempimento difettoso da parte del professionista di un qualsiasi obbligo contrattuale, compresa la possibilità di compensare un debito nei confronti del professionista con un credito esigibile dallo stesso c prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione delle prestazioni del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà i constatare in modo irrefragabile l'adesione del consumatore a clausole di cui egli non ha avuto di fatto possibilità di prendere conoscenza prima della conclusione del contratto j autorizzare il professionista a modificare unilateralmente le condizioni del contratto senza valido motivo specificato nel contratto stesso m permettere al professionista di stabilire se il bene venduto o il servizio prestato è conforme a quanto stipulato nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo di interpretare una clausola qualsiasi del contratto … ». Direttiva 2005/29 11 L'articolo 5 della direttiva 2005/29, intitolato «Divieto delle pratiche commerciali sleali», al paragrafo 5 così dispone «L'allegato I riporta l'elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva». 12 L'articolo 8 della predetta direttiva, rubricato «Pratiche commerciali aggressive», prevede quanto segue «È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso». Direttiva 2008/48 13 Il considerando 22 della direttiva 2008/48 è redatto nel modo seguente «Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di mantenere o introdurre norme nazionali che vietino al creditore di chiedere al consumatore, in relazione al contratto di credito, di aprire un conto in banca, di concludere un accordo relativo ad altri servizi accessori o di pagare le spese per tali conti in banca o altri servizi accessori. Negli Stati membri in cui sono consentite tali offerte congiunte, i consumatori dovrebbero essere informati prima della conclusione del contratto di credito in merito ad eventuali servizi accessori obbligatori per ottenere il credito e alle condizioni contrattuali previste. Il costo di questi servizi accessori dovrebbe essere incluso nel costo totale del credito oppure, se l'importo di tali costi non può essere determinato preventivamente, i consumatori dovrebbero ricevere nella fase precontrattuale informazioni adeguate sull'esistenza di costi. Si presume che il creditore sia a conoscenza dei costi dei servizi accessori offerti al consumatore in proprio o per conto di terzi, a meno che il prezzo non dipenda dalle caratteristiche specifiche o dalla situazione del consumatore». 14 L'articolo 3 della direttiva 2008/48, rubricato «Definizioni», così dispone «Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni g “costo totale del credito per il consumatore” tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte i “tasso annuo effettivo globale” [TAEG] il costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell'importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all'articolo 19, paragrafo 2 n “contratto di credito collegato” un contratto di credito che soddisfa le due condizioni seguenti i il credito in questione serve esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche o alla prestazione di servizi specifici ii i due contratti costituiscono oggettivamente un'unica operazione commerciale si ritiene esistente un'unica operazione commerciale quando il fornitore o il prestatore stesso finanzia il credito al consumo oppure, se il credito è finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra ai servizi del fornitore o del prestatore per la conclusione o la preparazione del contratto di credito o qualora le merci specifiche o la prestazione di servizi specifici siano esplicitamente individuati nel contratto di credito». 15 L'articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva prevede quanto segue «Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti g il tasso annuo effettivo globale e l'importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito sono indicate tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso … ». 16 A tenore dell'articolo 15, paragrafo 2, della suddetta direttiva «Qualora le merci o i servizi oggetto di un contratto di credito collegato non siano forniti o siano forniti soltanto in parte o non siano conformi al contratto per la fornitura degli stessi, il consumatore ha il diritto di agire nei confronti del creditore se ha agito nei confronti del fornitore o prestatore, senza ottenere la soddisfazione che gli spetta ai sensi della legge o in virtù del contratto per la fornitura di merci o la prestazione di servizi. Gli Stati membri stabiliscono in che misura e a quali condizioni possono essere esperiti tali rimedi». 17 L'articolo 22, paragrafi da 1 a 3, della medesima direttiva così dispone «1. Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite. 2. Gli Stati membri provvedono affinché i consumatori non possano rinunciare ai diritti loro conferiti dalle disposizioni della legislazione nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva. 3. Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione alla presente direttiva non possano essere eluse attraverso l'impiego di forme particolari di contratti, in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l'applicazione della direttiva stessa». 18 L'articolo 23 della direttiva 2008/48 così dispone «Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive». Diritto bulgaro Lo ZZD 19 L'articolo 138 dello Zakon za zadalzheniyata i dogovorite legge sulle obbligazioni e sui contratti, DV numero 275, del 22 novembre 1950 , nella versione applicabile al procedimento principale in prosieguo lo «ZZD» , prevede quanto segue «Con il contratto di fideiussione, il fideiussore si impegna nei confronti del creditore di un altro soggetto a rispondere dell'esecuzione dell'obbligazione di quest'ultimo. Tale contratto deve essere concluso per iscritto. La fideiussione può esistere solo per un'obbligazione reale. Può trattarsi anche di un impegno futuro o probabile». 20 L'articolo 147 dello ZZD prevede quanto segue «Il fideiussore resta responsabile anche dopo che l'obbligazione principale è divenuta esigibile, se il creditore ha promosso un'azione contro il debitore entro un termine di sei mesi. Tale disposizione si applica anche quando il fideiussore ha espressamente limitato la sua garanzia fino alla durata dell'obbligazione principale. La proroga del termine concessa dal creditore al debitore non ha effetto nei confronti del fideiussore se questi non vi ha acconsentito». La legge sul credito al consumo 21 L'articolo 19, paragrafi 3 e 4, dello Zakon za potrebitelskia kredit legge sul credito al consumo, DV numero 18, del 5 marzo 2010 , nella versione applicabile ai procedimenti principali, enuncia quanto segue « 3 Il calcolo del [TAEG] del credito non include le spese [1.] che il consumatore versa in caso di mancata esecuzione dei suoi obblighi derivanti dal contratto di credito ai consumatori [2.] diverse dal prezzo di acquisto del bene o del servizio che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di beni o di servizi. [3.] per la tenuta di un conto collegato al contratto di credito ai consumatori, i costi di utilizzo di uno strumento di pagamento che consente di effettuare pagamenti relativi all'uso o al rimborso del credito e altri costi connessi all'effettuazione dei pagamenti, se l'apertura di tale conto non è obbligatoria e i costi connessi al conto sono indicati in modo chiaro e distinto nel contratto di credito o in un altro contratto concluso con il consumatore. [4.] Il [TAEG] non può eccedere il quintuplo degli interessi moratori al tasso legale in [lev bulgaro BGN ] e in valuta estera determinati con decreto del Consiglio dei ministri della Repubblica di Bulgaria». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 22 Il giudice del rinvio, il Sofiyski rayonen sad Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria , è investito di varie domande di disporre, a favore delle ricorrenti nel procedimento principale, ingiunzioni di pagamento dei debiti pecuniari in applicazione di contratti di credito al consumo e di contratti di fideiussione. 23 Tali contratti di credito al consumo sono stati conclusi tra due società finanziarie di diritto bulgaro e persone fisiche per importi tra BGN 300 e BGN 1700 circa EUR 150 e EUR 870 , rimborsabili mediante versamenti rateizzati su periodi compresi tra 3 e 18 mesi, contratti che prevedono l'applicazione di un TAEG compreso tra il 39,99% e il 50%. 24 In forza di tali contratti di credito così stipulati, i mutuatari dovevano, per ottenere il prestito o un sblocco più rapido dei fondi, fornire una garanzia che potesse presentare diverse modalità, una delle quali era la conclusione di un contratto di fideiussione con un'impresa specializzata in tale attività, scelta o autorizzata dal creditore. Secondo il giudice del rinvio, tutti i mutuatari interessati hanno sottoscritto, lo stesso giorno della conclusione dei contratti di credito, contratti di fideiussione che prevedevano un compenso a favore di garanti professionisti, vale a dire società di fideiussione, corrispondente ad una somma che si aggiunge alle rate del mutuo. Il costo di una siffatta fideiussione, che rappresentava più del 75% dell'importo totale da rimborsare a titolo dei contratti di credito, non era incluso nel TAEG. 25 Poiché i mutuatari non hanno onorato i loro impegni, le somme dovute a titolo dei contratti di credito sono state pagate agli istituti di credito da tali garanti professionisti che sono stati surrogati nei diritti di questi ultimi. Tali società di fideiussione hanno poi ceduto i loro crediti, compreso il compenso dovuto dai debitori in forza dei contratti di fideiussione, alle ricorrenti nella causa principale, che sono, in sostanza, società di recupero crediti. 26 Il giudice del rinvio precisa che, ad eccezione di una delle cause di cui è investito, i pagamenti effettuati dai garanti professionisti sono stati effettuati dopo la scadenza del termine di sei mesi previsto dall'articolo 147 dello ZZD, senza che fosse opposta ai creditori principali la loro inazione nei confronti dei debitori durante tale periodo. Esso rileva, su tale punto, che taluni giudici nazionali interpretano tale disposizione nel senso che l'estinzione dell'obbligazione del fideiussore connessa a tale inazione può essere invocata solo da quest'ultimo e che, in caso di risposta negativa, esso dispone del diritto di proporre un'azione di regresso nei confronti del debitore inadempiente. 27 In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, ai fini della valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali in forza della direttiva 93/13, se i contratti di credito e di fideiussione debbano essere interpretati nel senso che rientrano in un unico rapporto contrattuale il cui scopo era quello di eludere l'articolo 19 della legge sul credito al consumo, nella sua versione applicabile ai procedimenti principali, che prevede un TAEG massimo per un contratto di credito al consumo. A tal riguardo, esso rileva che, in sette degli otto procedimenti di cui è investito, la fideiussione è stata fornita da una controllata del creditore. Esso precisa, inoltre, che la remunerazione del fideiussore, che deve essere pagata alle stesse date delle rate del mutuo, è stata fissata, in ogni caso, ad un importo superiore al 75% dell'importo totale da rimborsare a titolo di credito. Essa aggiunge che tale remunerazione non è stata presa in considerazione per il calcolo del TAEG del contratto di credito. 28 In secondo luogo, esso si chiede se la scelta del fideiussore da parte del creditore, vincolante per il mutuatario, possa essere considerata una pratica commerciale sleale, ai sensi della direttiva 2005/29, e, in caso negativo, sulla sua facoltà, nell'ambito di un procedimento non contraddittorio, di accertare il carattere abusivo di una clausola contrattuale in considerazione unicamente di un serio dubbio su tale punto. 29 Il giudice del rinvio solleva, in terzo luogo, la questione della compatibilità della giurisprudenza nazionale relativa all'articolo 147 dello ZZD con l'articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, ammesso che sia applicabile nel caso di specie, e con gli articoli 5 e 7 della direttiva 93/13. 30 Esso si chiede, in quarto luogo, se la remunerazione della fideiussione, resa obbligatoria da una clausola del contratto di credito, debba essere presa in considerazione nella determinazione del TAEG e se l'indicazione errata di quest'ultimo debba essere assimilata alla sua mancata menzione nel contratto di credito. 31 In quinto luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità di qualificare i contratti di fideiussione di cui trattasi come contratti di assicurazione, ai sensi della direttiva 2009/138, e, in caso affermativo, sulla necessità di un'eventuale autorizzazione del fideiussore conformemente all'articolo 14 di tale direttiva. 32 In tali circostanze, il Sofiyski rayonen sad Tribunale distrettuale di Sofia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali «1 Se gli articoli 4, paragrafo 2, e 6, paragrafo 1, della [direttiva 93/13] debbano essere interpretati nel senso che, laddove un contratto di credito imponga al consumatore la stipulazione di un contratto di fideiussione con un fideiussore nominato dal creditore, il contenuto del contratto di fideiussione non costituisca l'“oggetto principale” del contratto con tale terzo, bensì costituisca parte integrante del contenuto del contratto di credito. Se rilevi la circostanza che il creditore e il garante siano soggetti collegati. 2 Se il punto 1, lettera i , dell'allegato alla [direttiva 93/13] debba essere interpretato nel senso che nel caso in cui il consumatore sia tenuto a fornire un fideiussore nell'ambito di un contratto di credito già stipulato - ove una delle opzioni consista nel nominare un soggetto indicato dal creditore -, il contenuto dell'obbligo del consumatore nell'ambito del contratto di fideiussione concluso successivamente, il giorno della stipulazione del contratto di credito, debba essere considerato incerto, non essendo stato possibile per il consumatore stesso scegliere o proporre il soggetto che sarà nominato dal creditore come futuro fideiussore. 3 Nel caso in cui la questione precedente debba essere risolta nel senso che l'oggetto del contratto di fideiussione sia certo se il punto 1, lettere i , j e m , dell'allegato alla [direttiva 93/13] debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il consumatore si sia impegnato a fornire un fideiussore nell'ambito di un contratto di credito già concluso - ove una delle opzioni consista nel nominare un soggetto indicato dal creditore -, il contenuto degli obblighi del consumatore nell'ambito del contratto di credito debba essere considerato incerto e ciò possa determinare la nullità del contratto di credito o di singole clausole del medesimo. 4 Se l'articolo 4, paragrafo 1, della [direttiva 93/13], nel combinato disposto con l'articolo 8 della [direttiva 2005/29], debba essere interpretato nel senso che nel caso in cui un soggetto, nella concessione di un credito, imponga al consumatore la conclusione di un contratto con una persona nominata dal creditore medesimo, diretto a garantire i diritti del creditore nei confronti del consumatore, si tratti sempre di uno sfruttamento della posizione di debolezza del consumatore e, quindi, di una pratica commerciale aggressiva. 5 In caso di risposta negativa alla quarta questione se gli articoli 4, paragrafo 1, e 7 della [direttiva 93/13], nel combinato disposto con l'articolo 8 della [direttiva 2005/29], debbano essere interpretati nel senso che in un procedimento giudiziario unilaterale quale il procedimento ingiuntivo, in cui il consumatore non è parte, il giudice possa fondare il dubbio che una clausola contrattuale sia abusiva sul solo sospetto che la clausola sia stata accettata dal consumatore per effetto di una pratica commerciale sleale, o se la sussistenza di quest'ultima debba essere acclarata con certezza. 6 Se l'articolo 15, paragrafo 2, della [direttiva 2008/48] debba essere interpretato nel senso che tale disposizione debba trovare applicazione nel caso in cui il contratto di credito sia collegato ad un servizio accessorio, vale a dire la prestazione di una fideiussione da parte di un terzo a fronte di un corrispettivo, aprendo al consumatore la possibilità di far valere non solo i propri diritti in caso di violazione, da parte del fideiussore, dei propri obblighi, come il pagamento successivamente alla scadenza di un termine di legge, bensì anche eccezioni procedurali che escludano l'obbligo nei confronti del fideiussore. 7 Se l'articolo 15, paragrafo 2, della [direttiva 2008/48], alla luce del principio di effettività, consenta, ovvero - nell'assunto che il contratto di credito e il contratto di fideiussione costituiscano operazioni collegate - se l'articolo 5 e l'articolo 7 della [direttiva 93/13], nel combinato disposto con il punto 1, lettere b e c , dell'allegato alla direttiva medesima, consentano una giurisprudenza nazionale secondo la quale il fideiussore di un contratto collegato a un contratto di credito al consumo, che abbia percepito un corrispettivo dal consumatore per la garanzia del contratto di credito e, in base ad una clausola contrattuale, abbia effettuato il pagamento al creditore principale, nonostante la scadenza del termine previsto dall'articolo 147 dello ZZD - il che, secondo la giurisprudenza, estingue interamente la garanzia - possa tuttavia invocare la surroga nei diritti del creditore originario e, fondandosi su una giurisprudenza contrastante relativa all'applicabilità della legge, esigere il pagamento dal debitore principale. 8 Se l'articolo 3, lettera g , della [direttiva 2008/48], nel combinato disposto con l'articolo 5 della [direttiva 93/13], debba essere interpretato nel senso che nel caso in cui il contratto di credito preveda l'obbligo di conclusione di un contratto di fideiussione collegato, con conseguente aumento dell'importo complessivo del debito derivante dal contratto di credito, il [TAEG] debba essere calcolato anche in base al maggior importo delle rate conseguente alla remunerazione del garante. Se rilevi chi abbia scelto il fideiussore e la circostanza che questi sia un soggetto collegato al creditore principale. 9 Se l'articolo 10, paragrafo 2, lettera g , della [direttiva 2008/48] debba essere interpretato nel senso che l'errata indicazione del [TAEG] in un contratto di credito tra un professionista e un consumatore in veste di mutuatario debba essere considerata quale mancata indicazione del [TAEG] e il giudice nazionale debba applicare le conseguenze giuridiche previste nel diritto nazionale per la sua mancata indicazione in un contratto di credito al consumo. Se tali conseguenze debbano essere ritenute necessariamente vincolanti anche per il fideiussore, che abbia provveduto al pagamento, nei confronti del consumatore. 10 Se l'articolo 23, seconda frase, della [direttiva 2008/48] debba essere interpretato nel senso che la sanzione prevista dal diritto nazionale rappresentata dalla nullità del contratto di credito al consumo, in base alla quale deve essere rimborsato unicamente l'importo del capitale erogato, debba ritenersi proporzionata nel caso in cui, nel contratto medesimo, il [TAEG] sia indicato in modo impreciso, non essendo esposto il costo di un fideiussore professionista scelto dal creditore sebbene il tasso d'interesse annuo effettivo globale sia indicato in termini numerici nel testo del contratto di credito . 11 Se l'articolo 2, paragrafo 2, della [direttiva 2009/138], nel combinato disposto con l'allegato 1, parte A, numero 14, della direttiva stessa, debba essere interpretato nel senso che l'esercizio professionale di attività retribuita di fideiussore, in base alla quale la società garante provvede, in tutti i casi di inadempimento, al versamento della somma complessiva del credito utilizzato da un consumatore in qualità di debitore principale e la remunerazione della fideiussione venga corrisposta unitamente alle singole rate del credito, indipendentemente dall'inadempimento del consumatore, costituisca un'“attività di assicurazione” ai sensi della direttiva medesima. 12 In caso di risposta affermativa all'undicesima questione se l'articolo 14, paragrafo 1, della [direttiva 2009/138] debba essere interpretato nel senso che un soggetto che svolga l'attività di cui all'undicesima questione sia sottoposto all'obbligo dell'ottenimento dell'autorizzazione all'esercizio della professione da parte delle autorità nazionali di regolamentazione competenti per il rilascio delle autorizzazioni agli assicuratori». Sulle questioni pregiudiziali Sulla ricevibilità 33 Secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all'interpretazione del diritto dell'Unione poste dal giudice nazionale nel quadro normativo e fattuale che questi definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l'esattezza, beneficiano di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l'oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 18 giugno 2024, Bundesrepublik Deutschland Effetto di una decisione di riconoscimento dello status di rifugiato , C‑753/22, EU C 2024 524, punto 44 e giurisprudenza ivi citata]. 34 A tale riguardo da una giurisprudenza costante della Corte risulta anche che una domanda di pronuncia pregiudiziale non ha come obiettivo la formulazione di pareri a carattere consultivo su questioni generali o teoriche, ma mira a soddisfare la necessità di dirimere concretamente una controversia vertente sul diritto dell'Unione sentenza del 31 maggio 2018, Confetra e a., C‑259/16 et C‑260/16, EU C 2018 370, punto 63 . 35 È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre esaminare la ricevibilità delle questioni sollevate. Sulle questioni dalla prima alla decima 36 L'Agentsia za kontrol na prosrocheni zadalzhenia contesta la ricevibilità delle questioni dalla prima alla quarta e dalla sesta alla decima facendo valere, in sostanza, che esse presentano un carattere ipotetico, in quanto riguardano circostanze di fatto che non sono quelle dei procedimenti principali, come descritte dal giudice del rinvio. Inoltre, le questioni dalla sesta all'ottava violerebbero la nozione di “contratto di credito collegato”, ai sensi dell'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48, mentre la decima questione contrasterebbe con le disposizioni del diritto bulgaro relative alle conseguenze di un'irregolarità nella menzione del TAEG. 37 Orbene, alla luce delle circostanze all'origine dei procedimenti principali, quali risultano dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, non emerge in modo manifesto che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta nell'ambito delle questioni dalla prima alla quarta e dalla sesta alla decima non abbia alcun rapporto con i procedimenti principali o che i problemi sollevati dal giudice del rinvio presentino un carattere ipotetico. Inoltre, la questione se il giudice del rinvio, nel formulare le questioni dalla sesta all'ottava, si sia basato su un'interpretazione erronea della nozione di “contratto di credito collegato”, ai sensi dell'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48, rientra nell'esame nel merito di tali questioni e non può quindi rimettere in discussione la loro ricevibilità. Infine, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 33 della presente sentenza, non spetta alla Corte esaminare la fondatezza dell'interpretazione, da parte del giudice del rinvio, del proprio diritto nazionale. 38 Peraltro, nei limiti in cui le questioni dalla prima alla quarta riguardano, al pari della quinta, l'interpretazione della direttiva 93/13, occorre ricordare che rientrano nell'ambito di applicazione di tale direttiva, come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 1, i contratti conclusi tra un professionista e un consumatore, ai sensi dell'articolo 2, lettera b , di detta direttiva. Sebbene dalla decisione di rinvio appaia che le persone fisiche che sottoscrivono i contratti di credito e di fideiussione di cui trattasi nei procedimenti principali abbiano la qualità di consumatore ai sensi di quest'ultima disposizione, spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare che ciò avvenga effettivamente. 39 In simili circostanze, si deve concludere che le questioni dalla prima alla decima sono ricevibili. Sull'undicesima e sulla dodicesima questione 40 Con la sua undicesima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2009/138, letto alla luce dell'allegato I, parte A, punto 14, di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che l'esercizio, a titolo professionale, di un'attività di fideiussione remunerata, nell'ambito della quale, da un lato, la società di fideiussione rimborsa al creditore, in tutti i casi di inadempimento del mutuatario, la totalità delle somme dovute a titolo di un prestito contratto da quest'ultimo e, dall'altro, la remunerazione è pagabile ad ogni scadenza delle rate del mutuo indipendentemente da una siffatta inadempienza, costituisca un' «attività assicurativa» ai sensi di detta direttiva. In caso affermativo, con la sua dodicesima questione, il giudice del rinvio chiede se l'articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2009/138 debba essere interpretato nel senso che una persona che esercita tale attività è soggetta all'obbligo di ottenere una licenza presso le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze agli assicuratori. 41 Occorre ricordare che i procedimenti principali hanno ad oggetto domande di emissione di ingiunzioni di pagamento di debiti pecuniari contratti da mutuatari e presi a carico da società di garanzia, le quali hanno ceduto i loro crediti alle ricorrenti nel procedimento principale, e che, nell'ambito di tali cause, si pone la questione del carattere eventualmente abusivo o ingannevole di talune clausole contrattuali nonché delle conseguenze che occorrerebbe eventualmente trarre da una siffatta qualificazione. 42 Orbene, basti rilevare, senza che sia necessario interrogarsi sull'eventuale applicabilità della direttiva 2009/138 alle cause principali, che tale direttiva non prevede sanzioni civili per i contratti di assicurazione conclusi in violazione delle sue disposizioni che disciplinano la previa autorizzazione delle imprese di assicurazione. 43 Pertanto, tenuto conto dell'oggetto delle cause principali, l'undicesima e la dodicesima questione sono, comunque, di natura ipotetica. 44 Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 34 della presente sentenza, si deve constatare che l'undicesima e la dodicesima questione sono irricevibili. Nel merito Sulla prima questione 45 Secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita all' articolo 267 TFUE , spetta a quest'ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è adito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se del caso, riformulare le questioni che le sono sottoposte sentenza del 20 giugno 2024, Greislzel, C‑35/23, EU C 2024 532, punto 39 e giurisprudenza ivi citata . 46 Nel caso di specie, occorre prendere in considerazione il contesto in cui si inserisce la prima questione, come risulta dalle spiegazioni del giudice del rinvio riassunte al punto 27 della presente sentenza. Inoltre, nei limiti in cui tale questione verte sulla possibilità di valutare il carattere abusivo delle clausole di un contratto di fideiussione, l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che riguarda le conseguenze dell'accertamento del carattere abusivo di una clausola di un contratto, non è pertinente ai fini della risposta a tale questione. 47 Occorre pertanto considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che osta alla valutazione del carattere abusivo delle clausole di un contratto di fideiussione che determinano gli obblighi del fideiussore e del debitore nel procedimento principale, in una situazione in cui quest'ultimo ha concluso il contratto di fideiussione in concomitanza con la conclusione del contratto di credito e per conformarsi a un'obbligazione imposta da quest'ultimo contratto, in cui il fideiussore è una controllata del creditore o una persona scelta da quest'ultimo e in cui le spese di fideiussione sono dovute contemporaneamente alle rate del mutuo. 48 Ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell'oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall'altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile. 49 Secondo la giurisprudenza consolidata, dall'imperativo tanto dell'applicazione uniforme del diritto dell'Unione quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di diritto dell'Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell'intera Unione europea di un'interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU C 2014 282, punto 37 . 50 Ciò si verifica per i termini figuranti all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, poiché tale disposizione non implica alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri onde determinare il suo senso e la sua portata. 51 Per quanto riguarda la categoria delle clausole contrattuali rientranti nella nozione di «oggetto principale del contratto», ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la Corte ha statuito che tali clausole devono intendersi come quelle che fissano le prestazioni essenziali del contratto stesso e che, come tali, lo caratterizzano. Per contro, le clausole che rivestono un carattere accessorio rispetto a quelle che definiscono l'essenza stessa del rapporto contrattuale non possono rientrare nella nozione di «oggetto principale del contratto», ai sensi di tale disposizione sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU C 2017 703, punti 35 e 36 e giurisprudenza ivi citata . 52 Da tale giurisprudenza risulta che, in linea di principio, per determinare se una clausola rientri nell'«oggetto principale» del contratto di cui essa fa parte, occorre fare riferimento alle prestazioni essenziali di tale contratto. Orbene, il fatto che detto contratto sia stato concluso dal consumatore per conformarsi a un obbligo imposto da un altro contratto che egli ha concluso contemporaneamente è, al riguardo, privo di pertinenza. 53 Tuttavia, occorre tener conto del fatto che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull'idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse sentenza del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, C‑484/08, EU C 2010 309, punto 27 . 54 In considerazione di una siffatta situazione di inferiorità, la direttiva 93/13 obbliga gli Stati membri a prevedere un meccanismo il quale garantisca che qualsiasi clausola contrattuale che non sia stata oggetto di una trattativa individuale possa essere controllata al fine di valutarne l'eventuale carattere abusivo. In tale contesto, spetta al giudice nazionale determinare, tenendo conto dei criteri enunciati all'articolo 3, paragrafo 1, e all'articolo 5 della direttiva 93/13, se, alla luce delle circostanze proprie del caso di specie, una siffatta clausola soddisfi i requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza posti da tale direttiva sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU C 2014 282, punto 40 . 55 Orbene, l'efficacia di tale meccanismo sarebbe compromessa se si consentisse a un professionista di sottrarre alla valutazione del loro eventuale carattere abusivo le clausole che non rientrano nell'oggetto principale di un contratto che egli conclude con un consumatore, facendo figurare tali clausole in un contratto accessorio distinto di cui esse costituirebbero l'oggetto principale, contratto che il consumatore concluderebbe, su richiesta di tale professionista, con una controllata di quest'ultimo o con una persona scelta da detto professionista. 56 In una situazione del genere, occorre analizzare i due contratti come un tutt'uno e, di conseguenza, procedere alla valutazione dell'eventuale carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto distinto, purché esse non rientrino nell'oggetto principale del rapporto contrattuale instaurato tra il professionista e il consumatore. 57 Tale considerazione è corroborata, da un lato, dall'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, ai sensi del quale il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato facendo riferimento, in particolare, a tutte le circostanze che accompagnano la conclusione di tale contratto nonché a tutte le clausole di un altro contratto da cui detto contratto dipende. Dall'altro lato, essa lo è anche per il fatto che l'articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva deve essere interpretato restrittivamente, dato che sancisce un'eccezione al meccanismo di controllo nel merito delle clausole abusive quale previsto nell'ambito del sistema di tutela dei consumatori attuato da detta direttiva sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU C 2017 703, punto 34 e giurisprudenza ivi citata . 58 Pertanto, qualora, come in cause come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, il consumatore abbia concluso, in concomitanza con la conclusione di un contratto di credito, un contratto di fideiussione con una controllata del creditore o con una persona scelta da quest'ultimo, poiché la conclusione di tale secondo contratto con tale persona è una condizione per ottenere il credito o per uno sblocco più rapido dei fondi prestati e le spese di fideiussione sono dovute contemporaneamente alle rate del mutuo, il fatto che gli obblighi del fideiussore e del debitore principale figurino in un contratto di fideiussione distinto dal contratto di credito non è tale da far rientrare le clausole del contratto di fideiussione nell'ambito di applicazione dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, salvo svuotare del suo contenuto la tutela di cui deve beneficiare il consumatore che si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista. 59 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla valutazione del carattere probabilmente abusivo delle clausole di un contratto di fideiussione che determinano gli obblighi del fideiussore e del debitore nel procedimento principale, in una situazione in cui quest'ultimo ha concluso tale contratto in concomitanza con il contratto di credito e per conformarsi a un'obbligazione prevista da quest'ultimo contratto, in cui il fideiussore è una società figlia del creditore o una persona scelta da quest'ultimo e in cui le spese di fideiussione sono dovute contemporaneamente alle rate del mutuo. Sulla seconda e terza questione 60 Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il punto 1, lettere i , j e m , dell'allegato alla direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che una clausola con la quale un consumatore si impegna, nell'ambito di un contratto di credito, a concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore, senza avere conoscenza, al momento della conclusione del contratto di credito, dell'identità del fideiussore e del contenuto delle clausole di tale contratto di fideiussione, rientra in una di tali disposizioni. 61 Come enunciato dall'articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, l'allegato di quest'ultima contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive. Tra queste figurano, segnatamente, come risulta dal punto 1, rispettivamente, lettere i , j e m , di tale allegato, le clausole aventi l'effetto, in primo luogo, di constatare in modo irrefragabile l'adesione del consumatore a clausole di cui egli non ha avuto effettivamente la possibilità di prendere conoscenza prima della conclusione del contratto, in secondo luogo, di autorizzare il professionista a modificare unilateralmente le condizioni del contratto senza valido motivo specificato nel contratto e, in terzo luogo, di concedere al professionista il diritto di determinare se il bene ceduto o il servizio fornito sia conforme alle clausole del contratto o di conferirgli il diritto esclusivo di interpretare una qualsiasi clausola del contratto. 62 Orbene, è giocoforza constatare che una clausola con la quale un consumatore si impegna, nell'ambito di un contratto di credito, a concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore, senza essere a conoscenza, al momento della conclusione del contratto di credito, dell'identità del fideiussore e del contenuto delle clausole di tale contratto di fideiussione, non corrisponde ad alcuna delle situazioni previste al punto 1, lettere i , j e m , di tale allegato della direttiva 93/13. Per quanto riguarda, in particolare, il punto 1, lettera i , di tale allegato, occorre rilevare che un semplice impegno del consumatore, al momento della conclusione di un contratto di credito, di concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore non equivale ad un'adesione del consumatore alle clausole di un contratto di fideiussione di cui egli non ha potuto prendere conoscenza, dovendo il consumatore, per adempiere a tale impegno, concludere successivamente il contratto di fideiussione. 63 Ciò precisato, occorre ricordare che l'elenco delle clausole che possono essere dichiarate abusive, contenuto nell'allegato della direttiva 93/13, è solo indicativo. Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se una clausola di un contratto di credito, con la quale il consumatore si impegna a concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore, senza avere conoscenza, nel momento in cui assume tale impegno, dell'identità del fideiussore e del contenuto delle clausole del contratto di fideiussione, determini, a danno del consumatore, nonostante il requisito della buona fede, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto di credito, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva. In caso affermativo, occorrerà qualificare tale clausola come «abusiva» e trarre le conseguenze che derivano da tale qualificazione per la validità di detta clausola e, se del caso, del contratto di cui essa fa parte. 64 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che il punto 1, lettere i , j e m , dell'allegato della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola con la quale un consumatore si impegna, nell'ambito di un contratto di credito, a concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore, senza essere a conoscenza, al momento della conclusione del contratto di credito, dell'identità del fideiussore e del contenuto delle clausole di tale contratto di fideiussione, non rientra in tali disposizioni. Sulla quarta questione 65 Come risulta dalla decisione di rinvio, la quarta questione è, da un lato, sollevata alla luce della giurisprudenza secondo la quale, sebbene la constatazione del carattere sleale di una pratica commerciale non sia idonea a dimostrare automaticamente e di per sé il carattere abusivo di una clausola contrattuale, essa costituisce un elemento tra gli altri sul quale il giudice competente può fondare la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole di un contratto, valutazione che, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, deve tener conto di tutte le circostanze proprie del caso di specie sentenza del 19 settembre 2018, Bankia, C‑109/17, EU C 2018 735, punto 49 e giurisprudenza ivi citata . Dall'altro lato, dalla sua formulazione risulta che, con quest'ultima, il giudice del rinvio chiede se la situazione da esso contemplata possa sempre essere considerata una pratica commerciale aggressiva. Pertanto, l'articolo 5, paragrafo 5, e l'allegato I della direttiva 2005/29 sono pertinenti per la risoluzione di tale questione. 66 Occorre pertanto considerare che, con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 8 della direttiva 2005/29, in combinato disposto con l'articolo 5, paragrafo 5, e con l'allegato I di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che l'inserimento nei contratti di credito di una clausola con la quale il consumatore deve concludere un contratto di fideiussione con una persona scelta dal creditore costituisce una pratica commerciale aggressiva in ogni caso. 67 A tal proposito, occorre ricordare che il capo 2 della direttiva 2005/29, intitolato «Pratiche commerciali sleali», contiene due sezioni, vale a dire la sezione 1, relativa alle pratiche commerciali ingannevoli, e la sezione 2, relativa alle pratiche commerciali aggressive. 68 L'articolo 5 di detta direttiva, contenuto nel capo 2 di quest'ultima, vieta, al paragrafo 1, le pratiche commerciali sleali e stabilisce, al paragrafo 2, i criteri atti a determinare se una pratica commerciale abbia carattere sleale. Detto articolo 5 precisa, al paragrafo 4, che sono sleali, in particolare, le pratiche commerciali «ingannevoli» di cui agli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29 e quelle «aggressive» di cui agli articoli 8 e 9 della medesima direttiva. Il paragrafo 5 del suddetto articolo 5 indica, inoltre, che l'allegato I della direttiva 2005/29 riporta l'elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali e che detto elenco, che si applica in tutti gli Stati membri, può essere modificato solo mediante revisione di tale direttiva. Detto elenco indica, ai punti da 1 a 23, le pratiche commerciali ingannevoli in ogni caso e, ai punti da 24 a 31, le pratiche commerciali aggressive in ogni caso. 69 A tal riguardo, il considerando 17 della direttiva 2005/29 precisa che, al fine di garantire una maggiore certezza del diritto, solo le pratiche elencate in tale allegato I sono considerate in ogni caso sleali, senza che debbano essere oggetto di una valutazione caso per caso ai sensi delle disposizioni degli articoli da 5 a 9 di tale direttiva sentenza del 14 novembre 2024, Compass Banca, C‑646/22, EU C 2024 957, punto 66 . 70 Poiché l'allegato I della direttiva 2005/29 costituisce un elenco completo ed esaustivo delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali, una pratica commerciale come quella di cui trattasi nel procedimento principale può essere qualificata come pratica commerciale aggressiva in ogni caso, ai sensi di tale direttiva, solo a condizione che essa corrisponda a una delle situazioni elencate ai punti da 24 a 31 di tale allegato v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2024, Compass Banca, C‑646/22, EU C 2024 957, punto 67 . 71 Orbene, una semplice lettura di tali punti da 24 a 31 consente di constatare l'assenza di una siffatta corrispondenza. 72 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l'articolo 8 della direttiva 2005/29, in combinato disposto con l'articolo 5, paragrafo 5, e con l'allegato I di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l'inserimento nei contratti di credito di una clausola con la quale il consumatore deve concludere un contratto di fideiussione con una persona scelta dal creditore non costituisce una pratica commerciale aggressiva in ogni caso. Sulla quinta questione 73 In via preliminare, occorre rilevare che, mentre la formulazione della quinta questione riguarda l'articolo 4, paragrafo 1, e l'articolo 7 della direttiva 93/13, l'obbligo degli Stati membri di prevedere che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolino il consumatore è enunciato all'articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva. Inoltre, sebbene il giudice del rinvio abbia fatto riferimento all'articolo 8 della direttiva 2005/29, relativo alle pratiche commerciali aggressive, la quinta questione riguarda, più in generale, le pratiche commerciali sleali, ai sensi dell'articolo 5 di tale direttiva, le cui pratiche commerciali aggressive sono solo una sottocategoria. 74 Alla luce di tali precisazioni, occorre considerare che, con la sua quinta questione, sollevata nell'ipotesi di una risposta negativa alla quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale, investito di una domanda di emissione di un'ingiunzione di pagamento nell'ambito di una procedura alla quale il debitore consumatore non partecipa, può escludere d'ufficio l'applicazione di una clausola del contratto di credito al consumo concluso tra tale consumatore e il professionista interessato, sulla sola base dell'esistenza di un dubbio quanto al fatto che tale clausola abbia potuto essere accettata dal consumatore a seguito di una pratica commerciale sleale, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2005/29, o se l'esistenza di tale pratica debba essere dimostrata con certezza. 75 A tal riguardo, dalla giurisprudenza ricordata al punto 65 della presente sentenza risulta che la constatazione del carattere sleale di una pratica commerciale è solo uno dei vari elementi sul quale il giudice competente può fondare la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole di un contratto. Infatti, tale giudice deve pronunciarsi sull'applicazione dei criteri generali enunciati agli articoli 3 e 4 della direttiva 93/13 ad una clausola particolare che dev'essere esaminata in funzione di tutte le circostanze proprie del caso di specie v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič, C‑453/10, EU C 2012 144, punto 44 . 76 Ne consegue che, al fine di qualificare come abusiva una clausola contenuta in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista, non è affatto necessario che sia dimostrata l'esistenza di una pratica commerciale sleale, ma l'esistenza di un dubbio al riguardo è tuttavia un elemento che può essere preso in considerazione nell'ambito dell'esame di cui al punto precedente. Ciò non toglie che il giudice competente può disapplicare una clausola di un siffatto contratto solo se ha acquisito la convinzione che tale clausola presenta un carattere abusivo, non essendo sufficiente un semplice dubbio al riguardo. 77 A tal riguardo, occorre ricordare che, se il giudice nazionale, escludendo l'applicazione di una clausola abusiva affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore interessato, sopprime lo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, ciò avviene a condizione che tale giudice disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. Ne consegue che, se del caso, il giudice nazionale dovrà adottare, in assenza di opposizione da parte del consumatore interessato e se necessario d'ufficio, misure istruttorie al fine di completare il fascicolo, chiedendo alle parti, nel rispetto del principio del contraddittorio, di fornirgli informazioni complementari a tal fine. Tali motivi valgono anche per un procedimento d'ingiunzione di pagamento [v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, Profi Credit Bulgaria Compensazione d'ufficio in caso di clausola abusiva , C‑170/21, EU C 2022 518, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata]. 78 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale, investito di una domanda di emissione di un'ingiunzione di pagamento nell'ambito di una procedura nella quale il debitore consumatore non partecipi al procedimento fino all'emissione di tale ingiunzione di pagamento, non può escludere d'ufficio l'applicazione di una clausola del contratto di credito al consumo concluso tra tale consumatore e il professionista interessato, qualora non sia convinto, sulla base di elementi di diritto e di fatto necessari à tal fine, che detta clausola debba essere qualificata come «abusiva», ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva. L'esistenza di un dubbio quanto al fatto che tale clausola abbia potuto essere accettata dal consumatore a seguito di una pratica commerciale sleale, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2005/29, può tuttavia costituire un elemento, tra gli altri, che può essere preso in considerazione ai fini della valutazione del carattere potenzialmente abusivo della clausola di cui trattasi. Sulle questioni sesta e settima 79 In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio si interroga, nella settima questione, sulla compatibilità di una giurisprudenza nazionale con, in particolare, gli articoli 5 e 7, nonché il punto 1, lettere b e c , della direttiva 93/13. Orbene, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 23 delle sue conclusioni, tali disposizioni riguardano l'interpretazione delle clausole dei contratti stipulati tra un consumatore e un professionista nonché l'eventuale carattere abusivo di siffatte clausole e non gli effetti che derivano direttamente dall'applicazione del diritto nazionale e della relativa giurisprudenza, senza trovare origine in una clausola di un contratto. 80 Pertanto, occorre rispondere alla sesta e alla settima questione sulla sola base della direttiva 2008/48 rilevando che esse mirano a determinare l'eventuale applicabilità dell'articolo 15, paragrafo 2, di tale direttiva a contratti di credito come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, che tale disposizione si applica ai soli «contratti di credito collegati», ai sensi di detta direttiva, e che la nozione di «contratto di credito collegato» è definita all'articolo 3, lettera n , di quest'ultima. 81 Alla luce di tali elementi, si deve considerare che, con la sesta e la settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «contratto di credito collegato», ai sensi dell'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48, debba essere interpretata nel senso che rientra in quest'ultima un contratto di credito la cui conclusione è connessa a quella di un contratto di fideiussione con un terzo remunerato a tal fine, e, in caso affermativo, se l'articolo 15, paragrafo 2, di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che osta a una giurisprudenza nazionale secondo la quale, qualora il garante di un contratto di fideiussione, remunerato dal debitore principale, abbia rimborsato le somme dovute a titolo di mutuo al creditore principale dopo la scadenza di un termine legale che ha per effetto l'estinzione totale della fideiussione, tale garante può nondimeno invocare la sua surrogazione nei diritti di tale creditore e chiedere al debitore principale il pagamento delle somme così versate. 82 Dall'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48 risulta che la nozione di «contratto di credito collegato» riguarda un contratto di credito in forza del quale, da un lato, il credito in questione serve esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di beni particolari o la prestazione di servizi particolari e, dall'altro, questi due contratti costituiscono oggettivamente un'unità commerciale. Entrambe le condizioni devono essere soddisfatte. 83 Orbene, non si può manifestamente ritenere che un contratto di credito la cui conclusione è legato alla mera conclusione di un contratto di fideiussione serva a finanziare tale ultimo contratto. 84 Pertanto, è giocoforza constatare che siffatti contratti di credito non soddisfano la prima delle condizioni cumulative il cui soddisfacimento caratterizza la nozione di «contratto di credito collegato», ai sensi dell'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48. Pertanto, la circostanza che siffatti contratti costituiscano un'unità commerciale con un contratto di fideiussione concluso con un terzo remunerato a tal fine, anche supponendola dimostrata, non è sufficiente per farli rientrare in tale nozione e, di conseguenza, rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 15, paragrafo 2, di tale direttiva. 85 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sesta e settima dichiarando che la nozione di «contratto di credito collegato», ai sensi dell'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48, deve essere interpretata nel senso che non rientra in quest'ultima un contratto di credito la cui conclusione sia connessa unicamente alla conclusione di un contratto di fideiussione con un terzo remunerato a tal fine. Sull'ottava questione 86 In via preliminare, occorre rilevare che l'articolo 5 della direttiva 93/13, menzionato nel testo dell'ottava questione, è irrilevante per il problema interessato da quest'ultima. 87 Occorre pertanto considerare che, con la sua ottava questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 3, lettere g e i , della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che i costi relativi a un contratto di fideiussione la cui conclusione è imposta al consumatore da una clausola di un contratto di credito sottoscritto, che comportano un aumento dell'importo totale del debito, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore» e, di conseguenza, in quella di «TAEG». 88 Ai sensi dell'articolo 3, lettera g , della direttiva 2008/48, la nozione di «costo totale del credito per il consumatore» include «tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili». Conformemente a tale disposizione, detti costi comprendono anche i costi relativi ai servizi accessori connessi con il contratto di credito, a condizione che la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio sia obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte. 89 Ai sensi dell'articolo 3, lettera i , della direttiva 2008/48, il TAEG corrisponde al costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell'importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all'articolo 19, paragrafo 2, di tale direttiva. 90 Al fine di garantire un'ampia tutela dei consumatori, il legislatore dell'Unione ha adottato una definizione ampia della nozione di «costo totale del credito per il consumatore», che designa tutti i costi che il consumatore è tenuto a pagare per il contratto di credito e che sono noti al creditore [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 40 e giurisprudenza ivi citata]. 91 Occorre ricordare che il considerando 22 della direttiva 2008/48 indica, da un lato, che si deve presumere che il creditore sia a conoscenza dei costi dei servizi accessori che egli stesso o per conto di un terzo offre al consumatore, a meno che il loro prezzo non dipenda dalle caratteristiche o dalla situazione specifiche del consumatore e, dall'altro, che, anche se l'importo dei costi di tali servizi accessori non può essere determinato in anticipo, i consumatori dovrebbero ricevere, nella fase precontrattuale, informazioni adeguate sull'esistenza di siffatti costi. 92 Orbene, l'ottava questione riguarda l'ipotesi di un contratto di credito che impone al debitore l'obbligo di concludere un contratto di fideiussione, al fine di ottenere il credito. La fornitura, in forza di quest'ultimo contratto, di un fideiussore costituisce quindi un servizio connesso al contratto di credito, ai sensi dell'articolo 3, lettera g , della direttiva 2008/48 e, poiché la conclusione del contratto di fideiussione è obbligatoria per ottenere il credito stesso, i costi relativi a tale contratto fanno parte del «costo totale del credito per il consumatore», conformemente a tale disposizione. Pertanto, in forza del medesimo articolo, lettera i , essi devono essere presi in considerazione per il calcolo del TAEG. 93 Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere all'ottava questione dichiarando che l'articolo 3, lettere g e i , della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che i costi relativi a un contratto di fideiussione la cui conclusione è imposta al consumatore da una clausola di un contratto di credito sottoscritto da quest'ultimo, che comportano un aumento dell'importo totale del debito, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore» e, di conseguenza, in quella di «TAEG». Sulle questioni nona e decima 94 Con le sue questioni nona e decima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 10, paragrafo 2, lettera g , e l'articolo 23 della direttiva 2008/48 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un TAEG comprendente tutti i costi previsti all'articolo 3, lettera g , di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato. 95 Occorre ricordare, da un lato, che l'articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 procede ad un'armonizzazione totale per quanto riguarda gli elementi che devono essere obbligatoriamente inclusi in un contratto di credito. A tal fine, l'articolo 10, paragrafo 2, lettera g , di tale direttiva prevede che il contratto di credito indichi, in modo chiaro e conciso, il TAEG e l'importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 50]. 96 Dalla giurisprudenza risulta che l'indicazione del TAEG nel contratto di credito riveste un'importanza essenziale, in particolare in quanto consente al consumatore di valutare la portata del suo impegno [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 51]. 97 Dall'altro lato, dall'articolo 23 della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 47 di quest'ultima, risulta che, sebbene la scelta del regime sanzionatorio applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma di tale direttiva venga lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Ciò implica che la severità di dette sanzioni deve essere adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono, in particolare garantendo un effetto realmente dissuasivo, nel rispetto del principio generale di proporzionalità [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 52]. 98 In considerazione dell'importanza essenziale che l'indicazione del TAEG in un siffatto contratto riveste per il consumatore, la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale può applicare d'ufficio una normativa nazionale in base alla quale la mancanza di tale indicazione comporta che il credito concesso sia considerato esente da interessi e da spese [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 53]. 99 La Corte ha altresì dichiarato che, in una situazione in cui un contratto di credito menzionava un TAEG stimato, il cui importo esatto doveva essere specificato dopo la concessione del credito, una siffatta sanzione di decadenza del creditore dal suo diritto agli interessi e alle spese doveva essere considerata proporzionata, ai sensi dell'articolo 23 della direttiva 2008/48 [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 54]. 100 Pertanto, in considerazione del carattere essenziale della menzione del TAEG in un contratto di credito al consumo al fine di consentire ai consumatori di conoscere i loro diritti e i loro obblighi, nonché dell'obbligo di includere nel calcolo di tale tasso tutti i costi di cui all'articolo 3, lettera g , della direttiva 2008/48, occorre considerare che l'indicazione di un TAEG che non rifletta fedelmente l'insieme di tali costi priva il consumatore della possibilità di determinare la portata del suo impegno allo stesso modo della mancata indicazione di tale tasso. Di conseguenza, una sanzione di decadenza del creditore dal suo diritto agli interessi e alle spese, in caso di indicazione di un TAEG che non include l'integralità di detti costi, riflette la gravità di una siffatta violazione e riveste un carattere dissuasivo e proporzionato [sentenza del 21 marzo 2024, Profi Credit Bulgaria Servizi accessori al contratto di credito , C‑714/22, EU C 2024 263, punto 55]. 101 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla nona e alla decima questione dichiarando che l'articolo 10, paragrafo 2, lettera g , e l'articolo 23 della direttiva 2008/48 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un TAEG comprendente tutti i costi previsti all'articolo 3, lettera g , di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato. Sulle spese 102 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Decima Sezione dichiara 1 L'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla valutazione del carattere potenzialmente abusivo delle clausole di un contratto di fideiussione che determinano gli obblighi del fideiussore e del debitore nel procedimento principale, in una situazione in cui quest'ultimo ha concluso tale contratto in concomitanza con il contratto di credito e per conformarsi a un'obbligazione prevista da quest'ultimo contratto, in cui il fideiussore è una società figlia del creditore o una persona scelta da quest'ultimo e in cui le spese di fideiussione sono dovute contemporaneamente alle rate del mutuo. 2 Il punto 1, lettere i , j e m , dell'allegato della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola con la quale un consumatore si impegna, nell'ambito di un contratto di credito, a concludere un contratto di fideiussione con un fideiussore scelto dal creditore, senza essere a conoscenza, al momento della conclusione del contratto di credito, dell'identità del fideiussore e del contenuto delle clausole di tale contratto di fideiussione, non rientra in tali disposizioni. 3 L'articolo 8 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento CE numero 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, in combinato disposto con l'articolo 5, paragrafo 5, e con l'allegato I di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l'inserimento nei contratti di credito di una clausola con la quale il consumatore deve concludere un contratto di fideiussione con una persona scelta dal creditore non costituisce una pratica commerciale aggressiva in tutte le circostanze. 4 L'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale, investito di una domanda di emissione di un'ingiunzione di pagamento nell'ambito di una procedura nella quale il debitore consumatore non partecipi, non può escludere d'ufficio l'applicazione di una clausola del contratto di credito al consumo concluso tra tale consumatore e il professionista interessato, qualora non sia convinto che tale clausola debba essere qualificata come «abusiva», ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva. L'esistenza di un dubbio quanto al fatto che tale clausola abbia potuto essere accettata dal consumatore a seguito di una pratica commerciale sleale, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2005/29, può tuttavia costituire un elemento, tra gli altri, che può essere preso in considerazione ai fini della valutazione del carattere potenzialmente abusivo della clausola di cui trattasi. 5 La nozione di «contratto di credito collegato», ai sensi dell'articolo 3, lettera n , della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretata nel senso che non rientra in quest'ultima un contratto di credito la cui conclusione sia connessa unicamente alla conclusione di un contratto di fideiussione con un terzo remunerato a tal fine. 6 L'articolo 3, lettere g e i , della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che i costi relativi a un contratto di fideiussione la cui conclusione è imposta al consumatore da una clausola di un contratto di credito sottoscritto da quest'ultimo, che comportano un aumento dell'importo totale del debito, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore» e, di conseguenza, in quella di «tasso annuo effettivo globale». 7 L'articolo 10, paragrafo 2, lettera g , e l'articolo 23 della direttiva 2008/48 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un tasso annuo effettivo globale comprendente tutti i costi previsti all'articolo 3, lettera g , di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato.