Il diritto a percepire un emolumento, derivante da una delibera unilaterale dei datori di lavoro succedutisi nel tempo, può venir meno sulla base di un accordo collettivo, teso ad eliminare i trattamenti economici non derivanti dalla contrattazione collettiva nell’interpretare un accordo collettivo, infatti, è corretto far riferimento alla complessiva volontà delle parti.
Nell'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall'avvocato dipendente di ATAC S.p.A., volto all'accertamento del diritto al controvalore degli onorari incassati da ATAC S.p.A Il ricorrente aveva adito il Tribunale romano, insieme ad un collega, precisando di essere avvocati alle dipendenze di ATAC S.p.A., provenienti da MET.RO S.p.A. e prima ancora da Acotral. Quest'ultima società aveva deliberato di attribuire ai propri avvocati le somme versate dalle controparti a titolo di competenze ed onorari . Transitando in ATAC S.p.A. da MET.RO S.p.A. gli avvocati avevano continuato a svolgere le medesime mansioni e a percepire il predetto emolumento. Successivamente, a gennaio 2011, ATAC S.p.A. confermava ai soli legali provenienti da MET.RO S.p.A. il diritto al pagamento di competenze ed onorari percepiti dalle controparti. Tuttavia, nell'aprile 2011, la società aveva cessato ogni versamento il 30 novembre 2011 aveva sottoscritto un accordo collettivo nel quale si prevedeva l' obiettivo di “azzerare” tutti i trattamenti economici individuali non derivanti da contrattazione collettiva . Infine, nel 2017, a seguito della presentazione della richiesta di ammissione al concordato preventivo, era emerso che ATAC S.p.A. aveva incassato cospicue somme a titolo di competenze ed onorari dalle controparti. Con il ricorso in appello i due avvocati dipendenti di ATAC S.p.A. avevano chiesto la revisione della sentenza del Tribunale - il quale a propria volta aveva rigettato le domande dei ricorrenti - domandando la condanna al versamento di tutti gli emolumenti incassati dalla società dall'aprile 2011 al settembre 2017, data di presentazione della richiesta di ammissione al concordato preventivo. La Corte territoriale, tuttavia, aveva osservato che l'attribuzione delle competenze e onorari recuperati dalle controparti era disposta unilateralmente da una delibera della società allora datore di lavoro che, quindi, non era una pattuizione integrativa del contratto individuale di lavoro. Avendo la società operato nel pieno rispetto dell'accordo collettivo del 30 novembre 2011, la mancata attribuzione di competenze ed onorari era quindi legittima e. pertanto, il ricorso era stato rigettato. La sentenza della Corte d'Appello di Roma veniva impugnata da uno dei due avvocati ricorrenti, il quale, con due motivi di cassazione , denunciava la violazione e falsa applicazione dell'accordo collettivo aziendale del 30 novembre 2011 sotto due differenti profili in primo luogo, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che il contratto collettivo aziendale potesse sopprimere il trattamento retributivo richiesto dai ricorrenti, violando così il principio per il quale anche gli atti unilaterali producono effetti obbligatori tra le parti , nonché il principio di irriducibilità della retribuzione in secondo luogo, nell'interpretare l'accordo collettivo la Corte ha ritenuto erroneamente che lo stesso conterrebbe la chiara volontà delle parti di procedere all'immediata eliminazione di indennità e trattamenti non previsti dalla contrattazione collettiva . La Suprema Corte osserva, innanzitutto, che nello sviluppo del primo motivo di ricorso, in cui si sottolinea che nella parte motiva della delibera si era parlato di una questione di “diritto acquisito”, il ricorrente chiede una revisione in fatto , che non può essere pressa in considerazione in sede di cassazione. Peraltro, osserva la Suprema Corte, l'opinione dell'organo deliberante non sarebbe vincolante e comunque non escluderebbe la natura unilaterale dell'attribuzione. In secondo luogo, secondo la Corte di Cassazione, non è pertinente il richiamo al principio di irriducibilità della retribuzione, il quale riguarda solo i trattamenti retributivi concordati al momento della dell'assunzione o pattuiti successivamente dalle parti o dipendenti da uso aziendale o da contrattazione collettiva. Quanto poi alla questione inerente l'interpretazione del contratto collettivo del 30 novembre 2011, la Suprema Corte aderisce a quanto affermato dalla Corte territoriale, la quale aveva osservato in sentenza che, dal tenore delle clausole di detto contratto, emerge chiaramente la volontà delle parti sociali di procedere all 'immediata eliminazione di indennità e trattamenti non previsti dalla contrattazione collettiva «ciò nello spirito collaborativo di attuazione del Piano Industriale 2011-2015 di ATAC S.p.A.». Osservano in proposito i Giudici che il Collegio, così interpretando, ha deciso in ossequio a quanto previsto dall' articolo 1362 c.c. , primo comma, il quale espressamente richiede che nell'interpretare un accordo sia necessario non limitarsi al senso letterale, ma si debba indagare la volontà delle parti . Infine, la Corte di Cassazione osserva che il criterio ermeneutico della valutazione del comportamento tenuto dalle parti successivamente alla stipulazione dell'accordo riguarda solo l'ipotesi in cui siano partecipi entrambi i contraenti, non potendo la comune intenzione delle parti emergere dall'iniziativa unilaterale di una di esse nel caso di specie non ha rilievo il criterio della “conservazione del contratto” poiché i criteri ermeneutici adottati dalla Corte territoriale hanno condotto all'incensurabile decisione di ritenere legittima l'eliminazione dell'attribuzione economica.
Presidente Patti - Relatore Caso Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.