Intimazione di pagamento: atto impugnabile autonomamente?

«In tema di contenzioso tributario, l’intimazione di pagamento di cui all’articolo 50 d.P.R. 29 settembre 1973, numero 602/1973, in quanto equiparabile all’avviso di mora di cui al precedente articolo 46 d.P.R. cit., è impugnabile autonomamente ai sensi dell’articolo 19, comma 1, lett. e , d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, sicché la sua impugnazione non è meramente facoltativa, ma necessaria, pena la cristallizzazione dell’obbligazione».

Lo ha stabilito la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, esprimendosi sulla  riconducibilità o meno dell'avviso di cui all' articolo 50, c.2,  d.P.R. numero 602/1973 all'elenco di atti ex articolo 19 d.lgs.546/1992 . Nel caso di specie, la C.t.p. aveva rigettato il ricorso della contribuente, ritenendo che le cartelle di pagamento e l'intimazione fossero state correttamente notificate e che la prescrizione non fosse maturata. Dopo la conferma anche da parte della C.t.r. di tale decisione, veniva, quindi, proposto ricorso per cassazione . In particolare, la società impugnava la sentenza per aver ritenuto che la prescrizione non potesse essere sollevata in relazione all'atto di pignoramento, senza aver prima contestato l'intimazione di pagamento. La C.t.r. aveva, infatti, sostenuto che la prescrizione maturata prima della notifica delle cartelle dovesse essere fatta valere impugnando quest'ultime, mentre quella successiva, o quella derivante dalla mancata notifica della cartella, doveva essere contestata nell'impugnazione dell'intimazione. I Giudici – chiamati, dunque, a pronunciarsi – hanno disatteso quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui gli atti impugnabili sono solo quelli elencati dal d.lgs. 546/1992 senza possibilità di alcuna interpretazione estensiva  principio di tassatività . È stato sottolineato che, in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nel suddetto decreto ha sì natura tassativa, «ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti , ove con gli stessi l'Amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche .» Nello specifico, nella vicenda in analisi, si discuteva dell'articolo 50 comma 2, d.P.R. numero 602/1973 , che richiede un preciso iter procedurale prima dell'espropriazione in caso di mancata inizio entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento. Ciò implica l'invio di un avviso che sottolinea l'obbligo di adempiere entro cinque giorni, riconducibile, secondo la Cassazione, all' avviso di mora cui all'articolo 19, comma 1, lett. e d.lgs.546/1992 . La Suprema Corte, richiamando diversi precedenti giurisprudenziali, con riferimento all'intimazione di pagamento in generale, quale atto il cui scopo è quello di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata, ha ribadito che si tratta di atti assimilati all'avviso di cui all' articolo 50, comma 2, d.P.R. numero 602 /1973 . Pertanto, i Giudici – rigettando il ricorso – hanno dato continuità a quell'orientamento secondo cui «il meccanismo di cui all' articolo 19, comma 3, ultimo periodo, d.lgs. numero 546 del 1992 a mente del quale la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo , comporta che, se l'intimazione di pagamento – nel senso sopra precisato – non viene impugnata facendo valere la sua sola nullità per mancata notifica degli atti presupposti o anche l'illegittimità della pretesa per vicende ad essa attinenti, come la prescrizione della stessa , il relativo credito si consolida e non possono essere fatte valere vicende estintive anteriori alla sua notifica Cass., numero 22108 del 2024 cit., Cass. 22/04/2024, numero 10736 .»

Presidente Crucitti - Relatore Angarano Fatti di causa 1. La S.R. s.r.l. ricorre nei confronti dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest'ultima la C.t.r. ha rigettato l'appello della contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Roma che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso spiegato avverso due pignoramenti di crediti – nnumero OMISSIS e OMISSIS – per un importo complessivo di euro 4.049.015,98, emessi, entrambi, anche a seguito di ventitrè cartelle di pagamento su un totale di cinquanta aventi ad oggetto crediti tributari e preceduti da intimazione ex articolo 50, comma 2, d.P.R. numero 602 del 1973, notificata il 27 aprile 2016. 1.1. Con il ricorso originario, per quanto ancora rileva, la contribuente, con il primo motivo, sosteneva la nullità dei pignoramenti stante l'omessa o irregolare notifica delle cartelle. Con il secondo motivo eccepiva la prescrizione dei crediti alla data della notifica dell'atto di pignoramento, stante l'omessa notifica delle cartelle di pagamento e delle intimazioni. Aggiungeva, tuttavia, che la prescrizione si era maturata per la maggior parte dei crediti fin dalla data di asserita notifica delle stesse. Con il terzo motivo eccepiva l'illegittimità degli atti impugnati per omessa o illegittima notifica dell'avviso di intimazione. 1.2. La C.t.p. rigettava il ricorso ritenendo che le cartelle e l'intimazione di pagamento fossero state tutte regolarmente notificate e che la prescrizione non fosse maturata. 1.3. Avverso detta sentenza proponeva appello la contribuente la quale, per quanto ancora di rilievo, censurava la sentenza di primo grado per aver ritenuto validi i pignoramenti, nonostante non fosse stata data la prova della notifica dell'intimazione di pagamento terzo motivo per aver ritenuto che i termini di prescrizione fossero stati interrotti da due istanze di rateazione quarto motivo per aver ritenuto provata la notifica della cartella di pagamento numero OMISSIS quinto motivo per non aver rilevato la prescrizione anche nell'ipotesi di legittima notificazione delle cartelle di pagamento alle data indicate dal concessionario sesto motivo per aver ritenuto validamente provate le notificazioni effettuate con la pec, provate con fotocopie degli avvisi di ricevimento e consegna la cui conformità agli originali era stata inoltre disconosciuta ex articolo 23 del d.lgs. numero 82/2005 settimo motivo . 1.4. La C.t.r. rilevava che l'intimazione di pagamento risultava regolarmente notificata in data 27 aprile 2016. Quanto alla notifica delle cartelle confermava la sentenza di primo grado la quale aveva ritenuto provata la medesima, avvenuta a mezzo pec solo per la cartella numero OMISSIS riteneva fondato il quinto motivo di appello, non essendovi prova della relativa notifica. Ciononostante, rigettava integralmente il ricorso. Osservava che la decorrenza del termine di prescrizione doveva essere fatta valere allorquando erano state notificate le cartelle esattoriali le quali, invece, non erano state oggetto di alcuna impugnazione che la decorrenza del termine prescrizionale prima della notifica delle cartelle avrebbe dovuto essere sollevata impugnando le cartelle e successivamente l'intimazione di pagamento che dopo detta ultima, risalente al 27 aprile 2016, e dopo la notifica del pignoramento in data 10 giugno 2016, alcun termine di prescrizione era decorso che, per quanto riguardava la cartella numero OMISSIS , non notificata, la prescrizione doveva essere eccepita impugnando l'intimazione di pagamento che il disconoscimento della documentazione comprovante la regolarità delle notifiche delle cartelle era generico. 2. Avverso detta sentenza la società contribuente frappone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, e l'Agenzia delle Entrate resiste a mezzo controricorso. La contribuente depositava memoria. 3. Con ordinanza interlocutoria numero 26980 del 2024 questa Corte ha rinviato a nuovo ruolo per trattazione in pubblica udienza mancando l'evidenza decisoria sulla questione se con riferimento all'intimazione di pagamento – inclusa negli atti impugnabili laddove porti a conoscenza del contribuente una precisa e definitiva pretesa tributaria – il contribuente abbia facoltà di impugnarla oppure onere di impugnarla, con conseguente preclusione della possibilità d'impugnazione con l'atto successivo. 4. L'Agenzia delle entrate ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la società contribuente denuncia, in relazione all' articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , la violazione degli articolo 2946 e 2948 cod. civ. e dell'articolo 19 d.lgs. 31 dicembre 1992 numero 546 . Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che l'eccezione di prescrizione non fosse proponibile impugnando l'atto di pignoramento, in assenza di impugnazione dell'atto di intimazione di pagamento. 2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all' articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell'articolo 23 d.lgs. 7 marzo 2005, numero 83 e dell' articolo 2719 cod. civ. Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto conformi le fotocopie delle attestazioni di accettazione e consegna delle PEC - con le quali sarebbero state notificate le cartelle di pagamento e le intimazioni di pagamento - in assenza di attestazione di conformità da parte di pubblico ufficiale autorizzato e pur essendo state espressamente disconosciute. 3. Il primo motivo è infondato. 3.1. La C.t.r., con esclusione della cartella numero OMISSIS , ha rigettato il motivo con il quale la contribuente aveva sostenuto che non vi era prova della notifica. Di seguito, con riferimento a tutte le cartelle, ha sostenuto che la decorrenza del termine di prescrizione doveva essere fatta valere quando erano state notificate le cartelle e, successivamente, l'intimazione di pagamento che tra la notificazione di quest'ultima, in data 27 aprile 2016, e la notificazione dei due pignoramenti, in data 10 giugno 2016, non era maturato alcun termine di prescrizione. Ha ribadito, infine, che, per la cartella per la quale non vi era prova della notifica la prescrizione avrebbe dovuto essere eccepita impugnando l'intimazione di pagamento. Secondo la C.t.r., pertanto, la prescrizione maturata prima della notifica delle cartelle avrebbe dovuto farsi valere impugnando dette ultime la prescrizione maturata successivamente, così come la prescrizione in assenza di notifica della cartella, avrebbe dovuto farsi valere impugnando l'intimazione di pagamento. 3.2. La prima di dette statuizioni è corretta. Infatti, in tema di contenzioso tributario, qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo, come quella di prescrizione del credito fiscale maturato precedentemente alla notifica di tale atto, è preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato tra le più recenti Cass. 05/08/2024, numero 22108 che, a propria volta richiama numerosa giurisprudenza di legittimità conforme . 3.3. La seconda statuizione è anch'essa corretta se pure, come rilevato nella ordinanza interlocutoria, si registrano ordinanze di questa Corte di segno contrario. 3.3.1. Nella fattispecie in esame si discute, specificamente, dell'obbligatorietà o facoltatività dell'impugnazione dell'avviso di cui all'articolo 50, comma 2, d.P.R. numero 602 del 1973 in ragione della sua riconducibilità o meno all'elenco di atti di cui all' articolo 19 d.lgs. numero 546 del 1992 . 3.3.2. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell' articolo 19 d.lgs. numero 546 del 1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche. È stata, in particolare, riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, esplicitando concrete ragioni fattuali e giuridiche che la sorreggono, portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'articolo 19 cit. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l'onere, d'impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente indicati tra le più recenti, Cass. 09/12/2024, numero 31630 . E' pacifico pertanto che la mera facoltatività dell'impugnazione sussiste solo per gli atti non tipici. 3.3.3. L'articolo 50 comma 2, d.P.R. numero 602 del 1973, del quale si discute nell'odierna controversia, prevede che, se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, la stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di «un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni». Detto «avviso» corrisponde al precedente «avviso di mora» di cui all'articolo 46 d.P.R. cit. nella versione precedente. A tal fine basti considerare che il vecchio articolo 46 – intestato «avviso di mora» – prevedeva che l'esattore prima di iniziare l'espropriazione forzata nei confronti del debitore moroso dovesse notificargli un avviso contenente l'indicazione del debito, distintamente per imposte, sopratasse, pene pecuniarie, interessi, indennità di mora e spese, e l'invito a pagare entro cinque giorni che, dopo le modifiche di cui al d.l.gs. 26 febbraio 1999 numero 46 Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell' articolo 1 della legge 28 settembre 1998, numero 337 analoga disposizione si trova nell'attuale articolo 50 – intestato «termine per l'inizio dell'esecuzione» – il quale prevede che se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni. Non vi è dubbio, pertanto, che si tratti del medesimo atto e che, di conseguenza, l'avviso di cui all'articolo 50 d.P.R. numero 602 del 1973 è riconducibile all'avviso di mora cui fa riferimento l'articolo 19, comma 1, lett. e d.lgs. numero 546 del 1992. In questo senso, del resto, si sono espresse anche le Sezioni Unite cfr. Cass. Sez. U. 31/03/2008, numero 8279 . Nello stesso senso Cass. 14/09/2022, numero 27093 . 3.3.4. Con riferimento all'intimazione di pagamento in generale – quale atto il cui scopo è quello di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata – questa Corte ha ribadito che si tratta di atti assimilati all'avviso di cui all'articolo 50, comma 2, d.P.R. numero 602 del 1973 cfr. tra le più recenti Cass. numero 22108 del 2024 cit. . Del resto, questa Corte ha già evidenziato che la questione sulla facoltatività o meno dell'impugnazione dell'atto non possa risolversi sulla scorta della mera formale dizione contenuta nell' articolo 19 d.lgs. numero 545 del 1992 , dovendosi guardare alla funzione intrinseca, analoga a quella propria di uno degli atti tipici ivi contemplati cfr. Cass. 15/12/2021, numero 40233 . Da ultimo, le Sezioni Unite, affrontando, se pure ai fini di statuizione della giurisdizione, la questione della natura dell'intimazione di pagamento, hanno ribadito «sia pur con riferimento a fattispecie impositiva diversa ovvero in materia di tasse automobilistiche , che il sollecito di pagamento ricevuto dal contribuente […] è certamente atto che precede l'esecuzione, potendo lo stesso essere assimilato, al di là dell'ininfluente differenza di denominazione, all'avviso previsto dall' articolo 50, comma 2, del D.P.R. numero 602 del 1973 per l'ipotesi che l'espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento avviso - comunemente denominato avviso di mora - la cui impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie è esplicitamente prevista dall' articolo 19, comma 1, del D.Lgs. numero 546 del 1992 » Cass. Sez. U. 16/10/2024, numero 26817 che richiama Cass. Sez. U. 19/11/2007, numero 23832 in motivazione . Le Sezioni Unite, dunque, hanno ribadito che, al di là della diversa denominazione dei singoli atti, deve aversi riguardo alla funzione propria dell'atto ovvero, nella specie, di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata. 3.3.5. Va data, pertanto, continuità alla giurisprudenza secondo la quale il meccanismo di cui all' articolo 19, comma 3, ultimo periodo, d.lgs. numero 546 del 1992 a mente del quale la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo , comporta che, se l'intimazione di pagamento – nel senso sopra precisato – non viene impugnata facendo valere la sua sola nullità per mancata notifica degli atti presupposti o anche l'illegittimità della pretesa per vicende ad essa attinenti, come la prescrizione della stessa , il relativo credito si consolida e non possono essere fatte valere vicende estintive anteriori alla sua notifica Cass., numero 22108 del 2024 cit., Cass. 22/04/2024, numero 10736 . Va, viceversa, disatteso, il diverso ed isolato orientamento fatto proprio, tra le più recenti, da Cass. 17/06/2024, numero 16743 che, facendo leva sul solo riferimento letterale, ritiene che l'avviso di intimazione, sebbene contenente l'esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria, non sia un atto previsto tra quelli di cui all' articolo 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, numero 546 , con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione. 3.3.6. Il contribuente, pertanto, ha l'onere d'impugnare l'avviso di intimazione per fare valere l'eventuale prescrizione dei crediti tributari maturati tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione dell'avviso stesso ugualmente deve ritenersi con riferimento alla cartella che si assume che nemmeno sia stata notificata. In altri termini l'eccezione di prescrizione, che si afferma maturata prima dell'intimazione di pagamento va fatta valere impugnando quest'ultima, restando preclusa, invece, in sede di impugnazione del successivo atto di pignoramento. 3.4. Va, pertanto, formulato il seguente principi di diritto «In tema di contenzioso tributario, l'intimazione di pagamento di cui all'articolo 50 d.P.R. 29 settembre 1973, numero 602 del 1973, in quanto equiparabile all'avviso di mora di cui al precedente articolo 46 d.P.R. cit., è impugnabile autonomamente ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lett. e , d.lgs. 31 dicembre 1992 numero 546, sicché la sua impugnazione non è meramente facoltativa, ma necessaria, pena la cristallizzazione dell'obbligazione». 4. Il secondo motivo è infondato. 4.1. In virtù del disposto di cui all' articolo 23, comma 1, d.lgs. numero 82 del 2005 , la dichiarazione di conformità di un pubblico ufficiale – in qualunque caso e per qualunque tipologia di riproduzione, incluso il caso dell'originale unico e il caso della riproduzione informatica di documento analogico – è idonea a garantire alla copia la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui è tratta. In virtù del disposto di cui successivo comma 2, in assenza di dichiarazione di conformità, le copie conformi alla vigenti regole tecniche hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. 4.2. Questa Corte, sul punto, ha chiarito che il disconoscimento ai sensi dell'articolo 23, comma 2, cit. è da riportare all'ipotesi generale di cui all' articolo 2712 cod. civ. Cass. 06/03/2023, numero 6569 . Inoltre, in tema di disconoscimento, in genere, della conformità della copia all'originale, per giurisprudenza costante, occorre che, pur senza vincoli di forma, la contestazione venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all'originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni. Cass. 20/06/2019, numero 16557 . 4.3. La C.t.r. si è attenuta a questi principi. Infatti, dopo aver espressamente riportato il testo dell'articolo 23, comma 2, cit. – che, come detto, si riferisce alle copie su supporto analogico di documenti informatici prive dell'attestazione di conformità di cui al comma 1 – ha affermato che la contestazione della conformità all'originale del documento prodotto in copia non poteva avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma andava operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l'indicazione specifica sia del documento che si intendeva contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisse dall'originale e doveva avvenire, sulla base dei principi sanciti rispetto alla norma codicistica, in modo chiaro ed espressamente riferito alla conformità tra copia ed originale. Per l'effetto, ha concluso che, nel caso in esame, il disconoscimento fosse generico. 5. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, delle spese di lite che liquida in euro 29.000,00 oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13, se dovuto.