Il legale è tenuto ad osservare gli obblighi deontologici anche al di fuori dell’attività professionale, salvaguardando la propria reputazione e l’immagine della professione forense.
Il caso Il CNF, confermando la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina, comminava all'avvocato la sanzione della radiazione in ragione della violazione degli articolo 5 Doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del vecchio Codice Deontologico Forense, per plurime imputazioni concernenti ipotesi di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, riciclaggio in concorso con altri, reati fiscali e di usura. Con il ricorso in Cassazione, il legale lamenta la violazione dell' articolo 3 l. numero 247/2012 , in relazione all' articolo 360, numero 3, c.p.c. , ovvero dell'articolo 56, comma 3, R.D.L. 1578/33, deducendo l'esistenza, per effetto della sopravvenienza alla disciplina 1933 della nuova legge professionale , di una norma che, a suo avviso, « de-incrimina disciplinarmente i comportamenti non professionali dell'Avvocato », nella specie le condotte, seppure penalmente rilevanti, del professionista, che si pongono al di fuori dell'esercizio della professione forense e non possono più essere suscettibili di sanzione disciplinare. La decisione della Corte La doglianza, tuttavia, è infondata. Il nuovo Codice Deontologico, all'articolo 2, «individua l'ambito di applicazione soggettiva del professionista e stabilisce che esso si estende anche ai comportamenti della vita privata del professionista , quando ne risulti compromessa la reputazione personale o l'immagine dell'avvocatura […]». Di conseguenza, la qualità di avvocato «lungi dall'essere una attenuante del comportamento posto in essere, costituisce una aggravante del comportamento deontologicamente scorretto» pertanto, «l'illecito disciplinare in esame rimane integrato in ogni ipotesi di violazione da parte dell'avvocato dell'obbligo deontologico di probità, dignità e decoro sia quando agisca «in qualità diversa da quella professionale », sia - ed a fortiori - nell'esercizio del suo ministero». Aggiungono i Giudici che la Cassazione, essendo l' illecito disciplinare dell'avvocato atipico , « non può sostituirsi all'organo disciplinare nel valutare se una determinata condotta rientri o meno in una previsione disciplinare di portata generale quale è, per l'appunto, quella che sanziona gli atti lesivi «del decoro e della dignitàprofessionali , potendo solo sindacare, sotto il profilo della violazione di legge, la ragionevolezza con cui l'organo disciplinare ha ricavato, dalla previsione deontologica generale, il precetto da applicare al caso concreto» Cass. numero 19705 del 2012 . La Corte, pertanto, rigetta il ricorso dell'avvocato.
Presidente Cassano – Relatore Iofrida Fatti di causa Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza numero 263/24, depositata il 20/6/2024, ha confermata la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina che, con sentenza numero 26/2019, ha inflitto all'avvocato A.D., accertata la sua responsabilità disciplinare, la sanzione della radiazione. Al professionista era stata contestata la violazione degli articolo 5 Doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del vecchio Codice Deontologico Forense 1. Per essersi l'incolpato, quale effettivo imprenditore e quale capo unitamente ad altri , e pertanto interessandosi della gestione dell'intero e nello specifico della gestione delle ragazze e degli utili prodotti dall'azienda, il tutto anche a mezzo di preposti che ricevevano da essi direttamente ordini e direttive, associato con altri soggetti indicati nella imputazione , provvedendo a dare luogo nel pubblico esercizio denominato « OMISSIS », ubicato in Bastia Umbra, ad attività di prostituzione da parte di numerose ragazze e consistente in prestazioni sessuali con uno o più avventori alla volta all'interno dei camerini denominati in gergo privè consistenti in palpeggiamenti – contatti fisici in zone erogene – masturbazione – rapporti orali provvedendo in base alle condotte in prosieguo specificate a far giungere per un periodo di giorni 15 o diverso le suddette ragazze anche da fuori regione mediante contatti con agenzie deputate a ciò – far corrispondere ai clienti dell'esercizio la somma di € 50,00 per ogni dieci minuti di presenza delle ragazze nei camerini in compagnia dei clienti preordinare l'attività di prostituzione all'interno degli stessi organizzare una attività di controllo previa verifica del pagamento e del rispetto dei tempi. Fatti avvenuti in Bastia Umbra ed in altri luoghi dal settembre 2004 almeno fino al 2005. 2. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm. e ii., quale effettivo imprenditore e quale capo unitamente ad altri e, pertanto interessandosi della gestione dell'intero locale e nello specifico della gestione delle ragazze e degli utili prodotti dall'azienda il tutto anche a mezzo di preposti che ricevevano da essi direttamente ordini e direttive , in concorso con altri e con azioni reiterate nel tempo, proceduto a reclutare ragazze anche straniere al fine di esercitare attività di prostituzione inducendo anche le stesse a recarsi sul territorio dello Stato o in luogo diverso da quello di dimora a tal fine nonché favorendo e sfruttando la prostituzione delle medesime al fine di dare luogo nel pubblico esercizio denominato « OMISSIS », ubicato in Bastia Umbra ad attività di prostituzione da parte di numerose ragazze. Attività consistente in prestazioni sessuali con uno o più avventori alla volta all'interno dei camerini denominati in gergo «privè» consistenti in palpeggiamenti – contatti fisici in zone erogene – masturbazione – rapporti orali provvedendo in base alle condotte in prosieguo specificate a fra giungere per un periodo di giorni 15 o diverso le suddette ragazze anche da fuori regione mediante contatti con agenzie deputate a ciò – far corrispondere ai clienti dell'esercizio la somma di € 50,00 per ogni dieci minuti di presenza delle ragazze nei camerini in compagnia dei clienti preordinare l'attività di prostituzione all'interno degli stessi organizzare una attività di controllo previa verifica del pagamento e del rispetto dei tempi. Fatti avvenuti in Bastia Umbra ed in altri luoghi dal settembre 2004 almeno fino al 2005. 3. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi e dovere di adempimento fiscale del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm. e ii., unitamente ad altri, nella qualità di amministratore di fatto della « OMISSIS s.r.l.», omesso di presentare la dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto per il periodo di imposta 1.1./31.12.2004 a fronte di ricavi complessivi di € 1.234.170, 54 dei quali € 1.064.423,50 non annotati nelle scritture obbligatorie con imposte evase per € 407.267,30 pari al 33% del suddetto importo relativo all'imposta sui redditi € 148.874,81 pari al 20% dovuti per IVA importi entrambi superiori alla soglia di € 77.468,53. Fatti avvenuti a Perugia fino al 31.1.2006. - 4. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm. e ii., sia in proprio che per conto ed in nome della società OMISSIS spa, anche quale amministratore di fatto, ottenuto prestazioni usurarie da parte di D.F., D.A. e D.P. , i quali ricevevano un assegno circolare di € 4.400 emesso dal Banco di Napoli il 3.6.2004 ed intestato a notaio L.S. , ritirati da D.P. un assegno circolare di € 35.000 emesso dal Banco di Napoli il 08.07.2004 ed intestato a notaio L.S., ritirato da D.F. il tutto per un totale di € 48.200,00, impegnandosi il D.P. a restituire la somma di € 56.940,00 di cui € 34.440,00 corrisposti , nonché consegnando, al momento del finanziamento, un assegno in garanzia per € 40.000,00 privo di data e di beneficiario. In OMISSIS dal giugno 2004 al giugno 2005. - 6. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm. e ii., ottenuto prestazioni usurarie da parte di F.G. e G.M. , i quali, ricevuto un prestito di € 13.500,00, a fronte di una pratica di finanziamento indicante la somma di € 15.000,00, si impegnavano a restituire € 800,00 al mese per 22 mensilità e, quindi, complessivi € 17.600,00, corrispondenti al tasso applicato del 30% circa a fronte di quello soglia del 20,595% in favore di OMISSIS spa, anche una Porsche Boxter S 3.2 immatricolata per la prima volta il 24 giugno 2003 del valore nell'anno di operazione non inferiore ad € 39.000,00, mediante dichiarazione notarile di vendita che, a seguito della mancata restituzione del prestito, veniva intestata alla OMISSIS spa il 13 gennaio 2005 senza restituzione dell'assegno operazione di natura usuraria in quanto il tasso applicato era del 199,00%, a fronte di quello soglia del 20,295% . In Foligno nel novembre del 2004. - 7. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico, approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm., procurato alla OMISSIS spa anche quale amministratore di fatto, prestazioni usurarie da parte di P.G., il quale, a fronte di un prestito di € 60.000,00, erogato in data 11 febbraio 2005, a mezzo bonifico bancario, restituiva la somma di € 61.200,00 a mezzo assegno bancario in data 28 febbraio 2005 operazione di natura usuraria in quanto il tasso applicato era del 35,09% a fronte di quello soglia del 20.295% . In Foligno nell'ottobre 2004. - 8. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm., procurato alla OMISSIS spa anche quale amministratore di fatto, prestazioni usurarie da parte di L.A. , il quale a fronte di un prestito di denaro di € 16.750,00 concretamente erogato in € 15.000,00 mediante numero 2 assegni di cui uno bancario ed uno circolare riscossi in data 14 ottobre 2004, numero 3 assegni bancari per € 6.000,00 ciascuno datati rispettivamente 28 febbraio, 30 marzo e 30 aprile 2005 operazione di natura usuraria in quanto il tasso applicato era del 35,90% a fronte di quello soglia del 20,295% . In Foligno nell'ottobre 2004. - 9. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm., procurato alla OMISSIS spa anche quale amministratore di fatto, prestazioni usurarie da parte di P.M., a fronte di un prestito di denaro di € 5.500,00 un assegno bancario di € 6.000,00 con scadenza a sessanta giorni operazione di natura usuraria in quanto il tasso applicato era del 55,30% a fronte di quello soglia del 20,295% . In Foligno il 2 dicembre 2004. 10. Per avere l'incolpato, in violazione degli articolo 5 doveri di probità, dignità e decoro e 56 Rapporti con i terzi del previgente Codice deontologico approvato dal CNF il 17.04.1997 e ss.mm., reiteratamente svolto personalmente attività finanziaria di cui all'articolo 106 comma 1 del medesimo T.U. senza le prescritte autorizzazioni. In Foligno ed altri luoghi negli anni 2004 e 2005. Nella sentenza impugnata, in punto di ricostruzione dei fatti, si rileva «La vicenda trae origine da una ordinanza di custodia cautelare emessa in data 23 febbraio 2005 dal Giudice per Le Indagini Preliminari del Tribunale di Perugia nei confronti dell'Avv. A.D., per plurime imputazioni concernenti ipotesi di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione , riciclaggio in concorso con altri, reati fiscali e di usura…il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS sospendeva il professionista in via cautelare con provvedimento del 03/05/2005, che veniva successivamente revocato con delibera del 21/07/2005, e disponeva l'apertura del procedimento disciplinare contestando all'odierno ricorrente di essersi associato con altri soggetti, al fine di commettere i delitti sopra indicati, e di essersi interessato, quale effettivo imprenditore, della gestione del pubblico esercizio denominato OMISSIS , ubicato in Bastia Umbra, dedito ad attività di prostituzione, alla quale venivano indotte numerose ragazze, anche appositamente fatte provenire da altri paesi, reclutate e sfruttate a fini di lucro nonché attraverso più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, trasferiva ed impiegava denaro di provenienza illecita, ed erogava a terzi prestiti del suddetto denaro, ricevendo la dazione e la promessa di interessi ed altre utilità usurarie, violando così gli articolo 3 RDL 1578/1933 e 5 del previgente Codice Deontologico Forense, in quanto tutti gli atti e i comportamenti da lui posti in essere avevano avuto un riflesso negativo sulla sua reputazione professionale, oltre che lesivi della immagine della classe forense, in quanto contrari ai generali principi di probità, dignità, decoro, lealtà, correttezza, fedeltà e diligenza». Il procedimento disciplinare, su istanza del professionista, veniva, in attesa dell'esito del procedimento penale pendente per i medesimi fatti, sospeso dal COA con provvedimento del 29/11/2005. Con l'entrata in funzione dei nuovi organismi disciplinari, il fascicolo veniva trasmesso, sempre in costanza di sospensione del procedimento, e assegnato al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Napoli, con provvedimento del Presidente del 15/03/2015. Il Consigliere istruttore comunicava all'incolpato l'avvio della fase istruttoria preliminare, deliberata il 26/04/2016, e acquisiva copia degli atti del procedimento penale, in particolare trascrizioni di intercettazioni telefoniche, dai quali emergevano ulteriori addebiti a carico dell'incolpato, per reati di natura fiscale e finanziaria, nonché per numerose ipotesi di usura. Veniva sentito l'avv. A.D. in data 05/09/2016 e 11/09/2016 , il quale contestava tutti gli addebiti e chiedendo l'archiviazione del procedimento. Nel corso dell'istruttoria, la Sezione competente, con provvedimento dell' 8 marzo 2017, disponeva la sospensione del procedimento disciplinare per mesi dodici e approvava, in data 16/03/2018, la proposta di incolpazione formulata dal Consigliere istruttore il 19/02/2018, il quale nella relazione aveva evidenziato che le vicende contestate al professionista «avevano trovato sviluppo in un procedimento penale pendente presso il Tribunale di Perugia definito parzialmente con sentenza numero 1613/15, divenuta irrevocabile il 14.12.2015, pronunciatasi sulle imputazioni di sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, usura, violazione della L. 74/00 e del D.Lgs . 385/93 con declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione dei reati, ad esclusione del capo di imputazione sub b che era oggetto di stralcio». Nel corso del dibattimento, l'Avv. A.D. rendeva dichiarazioni «con le quali confermava la totale estraneità ai fatti contestati, rilevando la totale carenza di qualsivoglia accertamento o prova concreta a fondamento delle contestazioni mosse in sede penale nonché disciplinare precisando di essere consulente della società OMISSIS s.r.l., che aveva concesso in locazione i locali alla OMISSIS s.r.l. che la società che assisteva aveva provveduto a ristrutturare i locali a proprie spese, per cui il suo coinvolgimento nelle indagini penali era derivato dal fatto che si informava spesso in merito all'attività del locale « OMISSIS », per sapere se il locale incassasse somme sufficienti per la restituzione di quanto anticipato per i lavori di ristrutturazione di aver sempre consigliato gli amministratori del OMISSIS di rivolgersi all'autorità giudiziaria in caso di “eccessi” e comportamenti scorretti da parte dei clienti del locale che svolgeva attività di consulenza per la OMISSIS S.p.a., società munita di regolare autorizzazione per operare nel settore finanziario nella quale non ricopriva alcuna carica, e che si era limitato a presentare persone in difficoltà perché potessero ricevere dei prestiti». All'esito del procedimento, il CDD riteneva l'Avv. A.D. responsabile di tutte le violazioni contestate e, avuto riguardo alla gravità dei comportamenti e alla reiterazione delle condotte, applicava all'incolpato la sanzione della radiazione. Avverso tale decisione, il professionista proponeva tempestiva impugnazione, sia contestando il merito della responsabilità disciplinare, in quanto la nuova legge professionale individua nell'articolo 3 il perimetro della responsabilità medesima con riferimento esclusivo all'esercizio della professione forense, rendendo perciò irrilevanti i comportamenti posti in essere al di fuori di questo specifico ambito, sia invocando la prescrizione degli illeciti contestati e/o dell'azione disciplinare, in quanto la decisione del CDD aveva considerato erroneamente applicabile la normativa previgente in materia di prescrizione, soprattutto con riferimento al principio della pregiudizialità del processo penale rispetto a quello disciplinare, cui era conseguita la sospensione del corso della prescrizione fino al passaggio in giudicato della pronuncia penale, e le nuove norme sulla prescrizione individuano un termine massimo non superabile. Il CNF ha anzitutto respinto l'eccezione di prescrizione dell'azione disciplinare formulata dal ricorrente, in quanto palesemente infondata poiché, nonostante i fatti siano risalenti agli anni 2004-2006, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS , con la delibera di sospensione cautelare del professionista del 03/05/2005, aveva interrotto tempestivamente il decorso della prescrizione e, in ossequio al principio di pregiudizialità penale di cui all'ordinamento previgente, ratione temporis applicabile, il termine prescrizionale risultava «sospeso sino al 14/12/15, momento in cui diventava irrevocabile la sentenza numero 1613/15 del Tribunale di Perugia sui medesimi fatti oggetto di indagine del giudice disciplinare» e «poi interrotto, dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni sul procedimento disciplinare avvenuta il 01/01/15 , anche da numerosi atti del procedimento di natura propulsiva, dalla approvazione del capo di incolpazione del 19.02.2018 fino alla emissione della decisione del 18.12.2019», per cui era stato rispettato il termine quinquennale di prescrizione, in quanto validamente interrotto. Il CNF ribadiva che la costante giurisprudenza dello stesso Consiglio Nazionale e della Corte di Cassazione ha affermato «il principio in base al quale, per l'istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il principio generale della irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicchè è inapplicabile a fatti antecedenti, lo jus superveniens introdotto con l' articolo 56 comma 3 della legge 247/2012 si veda, ex plurimis, Cass. SS.UU. 5596/2020 del 28 febbraio 2020 ». Nel merito, il CDD, del tutto correttamente, aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell'avvocato A.D. in merito a tutti capi oggetto di contestazione, responsabilità chiaramente evincibile dagli esiti delle indagini penali processo penale avanti al Tribunale di Perugia poi definito con dichiarazione di prescrizione dei reati , acquisite al procedimento disciplinare. E tutte le contestazioni [per i capi nnumero 1 e 2, con riferimento alla partecipazione dell'avv. A.D. alle attività del locale « OMISSIS » quale effettivo imprenditore per il capo 2, relativo al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione per il capo 3, in ordine all'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali e del mancato pagamento delle imposte, con riferimento alla società OMISSIS per i capi 4-10, in riferimento agli episodi di riciclaggio ed usura] erano state ritenute pienamente provate e con richiamo agli atti ritualmente acquisiti dal procedimento penale, che evidenziavano con assoluta chiarezza il ruolo primario dell'avvocato A.D. nella realizzazione, costante e sistematica, di plurime attività delittuose. Priva di pregio era la doglianza relativa al fatto che il CDD avesse conferito rilievo deontologico «a condotte della vita privata del ricorrente che, in quanto tali, sarebbero dovute rimanere estranee all'ambito disciplinare», alla luce del principio affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza numero 4994 del 2 marzo 2018 , in base al quale «deve ritenersi disciplinarmente responsabile l'avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l'esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e, riflettendosi negativamente sull'attività professionale, compromettono l'immagine della avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria». In punto di proporzionalità della misura sanzionatoria applicata, il CNF osserva che, data la gravità delle condotte poste in essere dall'avvocato A.D., «tutte connotate da rilevanza penale, in uno con la pervicacia nella realizzazione dei comportamenti violativi della legge penale, che denotano una significativa propensione al reato», l'unica pena disciplinare adeguata, anche in relazione alla lesione della immagine della professione, era quella della radiazione, a nulla rilevando che, dopo i fatti oggetto del presente procedimento, l'avvocato A.D. non abbia commesso ulteriori illeciti. Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 24/6/2024, l'Avv. A.D. propone ricorso per cassazione, notificato il 22/7/2024, affidato a due motivi, nei confronti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS che non svolge difese e del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, che ha depositato memoria, chiedendo il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione dell' articolo 3 L. 247/2012 , in relazione all' articolo 360 numero 3 c.p.comma , ovvero dell'articolo 56 comma 3 R.D.L. 1578/33, deducendo che, per effetto della sopravvenienza alla disciplina 1933 della nuova legge professionale 3.2.2013 , contenente una norma che, ad avviso del ricorrente «de-incrimina disciplinarmente i comportamenti non professionali dell'Avvocato», nella specie le condotte, seppure penalmente rilevanti, del professionista, si pongono al di fuori dell'esercizio della professione forense e non possono più essere suscettibili di sanzione disciplinare. Deduce che, con l'abrogazione della vecchia legge professionale , sono venute meno le norme sulla pregiudizialità penale, ma è anche venuto meno l'articolo 38 e quindi anche la parte della disposizione in cui attribuiva rilievo ai fini disciplinari, oltre che ad abusi o mancanze nell'esercizio della loro professione , anche a fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale. Concludeva, quindi, che «dal 3 febbraio 2013 i comportamenti extra professionali degli Avvocati hanno cessato di essere rilevanti», anche se di rilievo penale. Con un secondo motivo denuncia la violazione dell' articolo 56 L. 247/12 in relazione all' articolo 360 numero 3 c.p.comma ovvero articolo 56 comma 3 violazione di legge R.D.L. 1578/33 , in punto di applicazione della prescrizione dell'azione disciplinare ex legge 247/12 . Censura la statuizione della sentenza impugnata, laddove si è affermata la irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, inapplicabile a fatti antecedenti, e dello jus superveniens introdotto con l' articolo 56 comma 3 della legge 247/2012 . Il CNF, sulla base della pregressa disciplina ha, invece, ritenuto rispettato il termine quinquennale di prescrizione, ratione temporis applicabile, in quanto validamente interrotto, essendo il suo decorso «sospeso sino al 14/12/15, momento in cui diventava irrevocabile la sentenza numero 1613/15 sui medesimi fatti» e poi interrotto, dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni sul procedimento disciplinare avvenuta il 01/01/15 , anche da numerosi atti del procedimento di natura propulsiva. Afferma quindi che, in virtù della nuova disciplina che fissa il termine massimo di prescrizione di sette anni e mezzo , «dal primo gennaio 2015 di entrata in vigore della nuova disciplina professionale i sette anni e mezzo scaddero il 30 giugno 2022 termine prorogato al 30 giugno 2023 dalla sospensione di un anno che il C.D.D. ha disposto». Segnala che «dal 2015 nel procedimento si è applicata per intero la nuova normativa, comprendente la disciplina prescrizionale e rinnovandosi anche la fase istruttoria ed i capi di incolpazione». 2. La prima censura è inammissibile, ex articolo 360 bis numero 1 c.p.comma Lo stesso ricorrente afferma che il ricorso proposto «è evidentemente e consapevolmente non in linea con gli attuali orientamenti giurisprudenziali» e prosegue con un'esegesi dell' articolo 3 della legge numero 247/2012 che conduce a ritenere che il rilievo disciplinare riguarda unicamente i comportamenti tenuti nell'ambito della professione forense e non a quelli afferenti la vita privata dei professionisti. Anche la sentenza di questa Corte richiamata in ricorso Cass. SU numero 4994/2018 , che riguardava un caso nel quale erano contestate frasi gratuitamente offensive proferite dall'incolpato ha precisato che l'«articolo 5 del previgente Codice Deontologico imponeva all'avvocato di ispirare la propria condotta all'osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro anche quando la stessa sia posta in essere in qualità diversa da quella professionale» e si è sottolineato che il «nuovo Codice Deontologico, all'articolo 2, individua l'ambito di applicazione soggettiva del professionista e stabilisce che esso si estende anche ai comportamenti della vita privata del professionista, quando ne risulti Ricomma 2017 numero OMISSIS sez. SU ud. 20-06-2017 -3 compromessa la reputazione personale o l'immagine dell'avvocatura all'articolo 9 fa riferimento all'osservanza da parte dell'avvocato dei doveri di probità, dignità e decoro nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense l'articolo 63 , al primo comma, prescrive che l'avvocato, anche al di fuori dell'esercizio del suo ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi al secondo comma la norma recita che l'avvocato deve tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti dei propri dipendenti, del personale giudiziario e di tutte le persone con le quali venga in contatto nell'esercizio della professione». Di conseguenza, la qualità di avvocato «lungi dall'essere una attenuante del comportamento posto in essere, costituisce una aggravante del comportamento deontologicamente scorretto». E si è concluso che l'illecito disciplinare in argomento rimane invero integrato in ogni ipotesi di violazione da parte dell'avvocato dell'obbligo deontologico di probità, dignità e decoro sia quando agisca «in qualità diversa da quella professionale», sia ed a fortiori nell'esercizio del suo ministero. La lettura restrittiva del comma 3 dell'articolo 3 della legge numero numero 274/2012, invocata dal ricorrente, non emerge peraltro dalla stessa disposizione, che, ai commi 2 e 3, prevede «2. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. 3. L'avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli articoli 35, comma 1, lettera d , e 65, comma 5. Il codice deontologico stabilisce le norme di comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall'osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile». La norma della nuova legge professionale , pertanto, rinvia al Codice deontologico per la disciplina generale dei comportamenti che l'avvocato è tenuto ad osservare e il Codice ha disciplinato i profili dei comportamenti rilevanti tenuti nella vita privata e nei confronti di terzi. Questa Corte, essendo l'illecito disciplinare dell'avvocato atipico, non può sostituirsi all'organo disciplinare nel valutare se una determinata condotta rientri o meno in una previsione disciplinare di portata generale quale è, per l'appunto, quella che sanziona gli atti lesivi «del decoro e della dignità» professionali , potendo solo sindacare, sotto il profilo della violazione di legge, la ragionevolezza con cui l'organo disciplinare ha ricavato, dalla previsione deontologica generale, il precetto da applicare al caso concreto così, Cass. SU numero 19705 del 2012 poiché la norma deontologica non fornisce, «per sua intrinseca natura, elementi tassativi per la definizione delle condotte disciplinarmente illecite, il sindacato di legittimità deve tener conto del fatto che la categoria normativa impiegata finisce con l'attribuire agli organi disciplinari forensi un compito di individuazione delle condotte sanzionabili, nel quale non può ammettersi una sostituzione da parte dal giudice di legittimità» . Da ultimo, queste Sezioni unite Cass. SU numero 26369/2024 hanno ribadito che «Nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare definite dalla legge mediante una clausola generale nella specie, atti lesivi del decoro e della dignità professionali è rimessa all'ordine professionale e il controllo di legittimità sull'applicazione di tali norme non consente alla S.C., se non nei limiti della valutazione di ragionevolezza, di sostituirsi al Consiglio Nazionale Forense, tramite una riformulazione o ridefinizione delle condotte esaminate, nell'enunciazione delle ipotesi di illecito». Nel caso di specie, il ricorrente, tenuto conto della gravità dei comportamenti a lui contestati, neppure censura in alcun modo la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza. 3. Anche la seconda doglianza è inammissibile. Invero, la nuova disciplina della prescrizione non può trovare applicazione, dal momento che gli illeciti disciplinari indicati nei capi di incolpazione risultano incontestabilmente commessi negli anni 2004-2005, durante la vigenza della disciplina di cui al R.D.L. numero 1578/1933. Nella sentenza impugnata, inoltre, si è evidenziata l'interruzione della prescrizione dal 3.5.2005 al 14.12.2015, data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza penale avente ad oggetto i medesimi fatti ed i successivi atti interruttivi. In tema di prescrizione, va richiamato l'insegnamento univoco di queste Sezioni Unite per cui, allo scopo di individuare la legge applicabile pro tempore sulla prescrizione dell'azione disciplinare, occorre rapportarsi alla data della commissione del fatto e non a quella dell'incolpazione Cass. S.U. 23746/2020 Cass. 20383/2021 . Ciò se l'illecito disciplinare integra una violazione deontologica di carattere istantaneo che si consuma e si esaurisce nel momento in cui l'illecito viene realizzato se invece la violazione è caratterizzata dalla protrazione nel tempo, la decorrenza del termine inizia dalla data di cessazione della condotta e dell'illecito fra le altre, Cass. S.U. numero 13379/2016 , Cass. S.U. 8946/2023 . Il tutto, in quanto le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, per un verso, con riferimento alla disciplina della prescrizione, non trova applicazione lo jus superveniens, ove più favorevole all'incolpato, restando limitata l'operatività del principio di retroattività della lex mitior alla fattispecie incriminatrice e alla pena, mentre, per altro verso, il momento di riferimento per l'individuazione del regime della prescrizione applicabile, nel caso di illecito punibile solo in sede disciplinare, rimane quello della commissione del fatto e non quello della incolpazione. Pertanto, nel caso in esame il regime di prescrizione applicabile è, ratione temporis, quello della previgente disciplina di cui al R.D.L. numero 1578/1933. 4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato il ricorso inammissibile. Non v'è luogo a provvedere sulle spese, non avendo l'intimato svolto attività difensiva. Sussistono i presupposti processuali per il versamento ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall 'articolo 1, comma 17, della legge numero 228 del 201 2, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 5 2 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.