Il Garante interviene con un provvedimento severo a carico di un esercente che ha posizionato telecamere in ogni angolo dell’albergo senza rispettare le disposizioni che regolano la materia.
Non è opportuno posizionare telecamere nell'intera struttura ricettiva senza coinvolgere le organizzazioni sindacali e senza regolarizzare la protezione dei dati personali. In particolare quando i sistemi sono indiscreti e risultano potenzialmente lesivi della riservatezza delle persone . Lo ha evidenziato il Garante per la protezione dei dati personali con il provvedimento numero 772 del 12 dicembre 2024. L'organo di controllo si è attivato con il Nucleo speciale della Guardia di Finanza a seguito di un reclamo. Il motivo della segnalazione era la presenza di telecamere di videosorveglianza installate in aree sensibili, tra cui gli spogliatoi, senza alcuna adeguata informazione ai lavoratori e senza una preventiva verifica delle finalità e della legittimità del trattamento . Dall'istruttoria condotta dall'Autorità è emerso un quadro di irregolarità diffusa . Il sistema di videosorveglianza era infatti stato installato senza alcun accordo sindacale o autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro , come richiesto dall' articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori L. 300/1970 . Le riprese avvenivano in spazi chiaramente inidonei rispetto alle finalità dichiarate oltre agli spogliatoi, erano presenti telecamere in zone di relax e in aree non pertinenti al controllo della sicurezza aziendale. I cartelli informativi erano assenti o non contenevano indicazioni chiare e complete sul trattamento dei dati personali , violando l'articolo 13 del Regolamento UE 2016/679 GDPR . A fronte di queste violazioni il Garante ha ordinato la rimozione immediata delle telecamere dalle aree non pertinenti , l'adeguamento del sistema di videosorveglianza alle normative vigenti e l'adozione di misure correttive a tutela dei lavoratori. La decisione dell'Autorità si fonda su un quadro normativo chiaro che impone obblighi precisi in materia di videosorveglianza nei luoghi di lavoro. Il Regolamento UE 2016/679 GDPR , all'articolo 5 impone che i dati personali siano trattati in modo lecito, corretto e trasparente, e che la raccolta avvenga per finalità determinate, esplicite e legittime mentre all'articolo 6 specifica che il trattamento dei dati deve avere una base giuridica adeguata. L' articolo 13 del GDPR impone l' obbligo di informare chiaramente i soggetti interessati sulle finalità , la base giuridica e i responsabili del trattamento dei dati. Lo statuto dei lavoratori Legge numero 300/1970 , inoltre, all'articolo 4, comma 1, vieta qualsiasi forma di controllo a distanza dei lavoratori senza una specifica autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro o senza un accordo sindacale. All'articolo 4, comma 2 lo stesso statuto specifica anche che laddove il controllo sia legittimo, il datore di lavoro deve garantire che l'uso delle telecamere sia limitato alla tutela del patrimonio aziendale e non al monitoraggio dei lavoratori. Il codice privacy D.Lgs. 196/2003 , modificato dal D.Lgs. 101/2018 , infine, all'articolo 114 richiama e ribadisce il rispetto delle disposizioni dello Statuto dei Lavoratori in materia di protezione dei dati personali. Il caso esaminato presenta numerose criticità. La violazione dell' articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori è particolarmente grave, in quanto si tratta di una norma a tutela della libertà e dignità dei lavoratori . L'installazione delle telecamere senza alcun passaggio con le rappresentanze sindacali o con l'autorità competente configura un trattamento illecito dei dati, che può portare a sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, anche a conseguenze penali per il datore di lavoro. Il GDPR impone il principio di minimizzazione dei dati è consentito raccogliere e trattare solo i dati strettamente necessari per la finalità dichiarata. La presenza di telecamere negli spogliatoi e nelle aree di relax appare quindi del tutto ingiustificata e sproporzionata. Questa condotta potrebbe essere contestata anche sotto il profilo della lesione della dignità dei lavoratori. Il provvedimento si conclude con la condanna del titolare del trattamento anche al pagamento di una sanzione amministrativa di 40 mila euro.
Provvedimento del 12 dicembre 2024, numero 772