La Suprema Corte solleva dubbi di incostituzionalità sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio

Dopo numerose ordinanze di rimessione alla Consulta dei giudici di merito, anche la sesta sezione della Cassazione ritiene che l'abolizione dell'abuso d'ufficio, operata della legge numero 114/2024, non sia bilanciata dall’obbligo di mantenere standard di efficace attuazione della Convenzione di Merida nel suo complesso, comportando un abbassamento complessivo, anche sul terreno della prevenzione della corruzione, dello standard di tutela, incompatibile con gli obblighi convenzionali assunti.

Continuano a piovere le questioni di legittimità costituzionale legate all'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio . Dopo l'ordinanza apripista del Tribunale di Firenze ordinanza del 24 settembre 2024 in relazione all'articolo 1, comma 1, lett. b della l. numero 114/2024 , cd. legge Nordio, entrata in vigore il 25 agosto 2024 , nella parte in cui abroga l' articolo 323 c.p. , per violazione degli articolo 11, 97 e 117, comma 1, Cost. in relazione agli obblighi discendenti dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione – cd. Convenzione di Merida – adottata dalla Assemblea Generale dell'ONU nell'ottobre del 2003, ratificata con legge numero 116/2009 , sono numerosi altri provvedimenti di rimessione adottati, tra gli altri, dallo stesso Tribunale di Firenze sez. GIP, 3 ottobre 2024 collegio, 30 settembre 2024 , dal Tribunale di Locri, sez. GIP, 30 settembre 2024 dal Tribunale di Busto Arsizio, 21 ottobre 2024 Tribunale di Bolzano, 11 novembre 2024 Tribunale di Catania, 26 novembre 2024 . Muta la prospettiva di incostituzionalità dall'obbligo implicito di incriminazione…. Tra le diverse sfumature di ritenuta incostituzionalità il Tribunale di Teramo, 22 novembre 2024, richiama anche l' articolo 28 Cost. , tutte le ordinanze si muovono lungo i binari della violazione dell'obbligo di incriminazione previsto dalla Convenzione ONU , richiamando la sussistenza di obblighi impliciti di criminalizzazione, operanti a favore di beni giuridici ulteriori rispetto alla sola incolumità psico-fisica di coloro che siano sottoposti a misure restrittive della libertà personale ex articolo 13 Cost., a giustificare l'intervento in malam partem della Corte «contrariamente opinando, si finirebbe per lasciare sguarnita di tutela un'ampia platea di interessi protetti a livello costituzionale e consacrati negli articolo 1, 3, 54, comma primo, 97 e 98, comma primo, Cost.» ancora Tribunale Teramo . Proprio in tale direzione, sempre a proposito delle novelle della legge Nordio, si segnala l'ordinanza del 31 gennaio 2025 con cui il GUP del Tribunale di Roma ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della l. numero 114/2024 , nella parte in cui ha riformulato la fattispecie di traffico di influenze illecite, di cui all' articolo 346- bis c.p. La questione è stata sollevata per il ritenuto contrasto anche qui con gli articolo 11 e 117 Cost. , in riferimento all'articolo 12 della Convenzione del Consiglio d'Europa contro la corruzione Convenzione di Strasburgo . In particolare, secondo il giudice a quo, la riformulazione in senso restrittivo del traffico di influenze illecite, che ha comportato una parziale abolitio criminis , contrasta con un obbligo espresso di incriminazione previsto dalla citata fonte sovranazionale. alla sopravvenuta inattuazione degli obblighi internazionali Adesso, anche la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha sollevato la questione di legittimità dell'articolo 1, comma 1, lett. b della l. numero 114/2024 , per contrasto con gli articolo 11 e 117, comma 1 Cost. , in relazione agli articolo 1, 7, commi 4, 19 e 65, comma 1 della Convenzione di Merida. Il caso oggetto del giudizio riguarda un abuso di potere commesso da un segretario comunale a danno di capogruppo di un partito di opposizion e, dimesso dalla carica di consigliere in violazione della legge, essendosi quel consigliere limitato in aula a minacciare le sue dimissioni da capogruppo, peraltro e, soprattutto, non avendo egli presentato formali dimissioni, come richiesto dalla legge. La quaestio viene ritenuta rilevante dai giudici di legittimità in quanto l'accoglimento inciderebbe sulla decisione che la Cassazione deve adottare, non consentendo più di dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Invece, l'eventuale declaratoria di incostituzionalità della disposizione che ha abrogato l'abuso d'ufficio renderebbe, infatti, nuovamente punibili le condotte di abuso d'ufficio commesse durante la sua vigenza, quali quelle oggetto del giudizio de quo. In punto di ammissibilità della questione la Suprema Corte cambia prospettiva rispetto a quella dell'obbligo di criminalizzazione sostenuta dai giudici di merito, rendendosi conto del rischio che gli eventuali effetti in malam partem , possano collidere con il principio di riserva di legge in materia penale sancito dall' articolo 25, comma 2, Cost. Per superare tale ostacolo, gli ermellini ritengono che un controllo di legittimità costituzionale con potenziali effetti in malam partam può risultare ammissibile ove si assuma la contrarietà a obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi degli articolo 11 e 117, comma 1, Cost. . Il Collegio non richiede il sindacato di costituzionalità su un caso di inattuazione originaria da parte del legislatore dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali non essendo consentito alla Corte Costituzionale surrogare l'inerzia del Parlamento, sovrano in materia di scelte di criminalizzazione, introducendo una nuova incriminazione , ma su un caso di sopravvenuta inattuazione di tali vincoli, che consente, che consente la reviviscenza della fattispecie di reato abrogata e, dunque, la riespansione della sua efficacia. L'obbligo minimale di criminalizzazione dell'abuso d'ufficio per il perseguimento di standard di efficace prevenzione della corruzione I giudici di Cassazione ricordano come l'articolo 19 della Convenzione di Merida sancisca l'obbligo di considerare l'introduzione del reato di abuso d'ufficio come il livello minimale vincolante per ogni Stato contraente. Tuttavia, tale disposizione convenzionale non impone un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio in quanto richiede agli Stati di considerare l'adozione della fattispecie di abuse of function e non già di introdurla obbligatoriamente, com'è previsto per i reati di corruzione. Tuttavia – ecco il passaggio chiave – i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali in materia penale per il legislatore, ex articolo 117, comma 1, Cost. , non sono costituiti solo dagli obblighi specifici di criminalizzazione. Per cui, la penalizzazione delle condotte di abuso d'ufficio non rileva solo in relazione all'articolo 19 della Convenzione ONU da dove, come detto, non si evince un obbligo espresso ma quale strumento normativo destinato, ai sensi dell'articolo 7, a rendere efficace ed effettivo il sistema di prevenzione della corruzione mediante l'adozione di «sistemi che favoriscono la trasparenza e prevedono i conflitti di interesse». L'abolizione del reato di abuso d'ufficio non “compensata” da meccanismi volti a mantenere standard effettivi di prevenzione La violazione dell'obbligo di adoperarsi per mantenere gli standard di tutela raggiunti nell'efficacia prevenzione della corruzione non comporta la cristallizzazione delle norme penali interne sull'abuso d'ufficio, ma attribuisce alle norme attuative della Convenzione di Merida una particolare forza di resistenza all'abrogazione , che le sottrae a novazioni legislative come quella censurata dell' articolo 1 l. numero 114/2024 non conformi al vincolo posto dalla Convenzione. Per i giudici di Cassazione, l'abrogazione dell' articolo 323 c.p. ha violato questo specifico obbligo, in quanto non è stata compensata dall'adozione di specifici meccanismi , preventivi o repressivi, penali o amministrativi volti a mantenere il medesimo standard di efficacia ed effettività nella prevenzione degli abusi funzionali intenzionalmente posti in essere dagli agenti pubblici ai danni dei cittadini. Il legislatore italiano, insomma, abolendo l'abuso d'ufficio ha fatto cessare la close conformity con l'obiettivo posto dall'articolo 7 della Convenzione di Merida , e ha violato l'obbligo di mantenere fermo, nella propria legislazione il livello di efficacia nella prevenzione della legalità dell'azione amministrativa contro gli abusi di ufficio stabilito in sede convenzionale, lasciando una zona franca nella lotta alla corruzione sancita a livello convenzionale. Il deficit agli obiettivi della Convenzione di Merida non colmati dall'introduzione del delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili Anche se le prime pronunce di Cassazione hanno ritenuto che le condotte punite dal neo articolo 314- bis c.p. sanziona condotte che nella disciplina previgente venivano riferite alla fattispecie abrogata dell'abuso d'ufficio Sez. VI, numero 4520/2025 Sez. I, numero 5041/2025 , per l'ordinanza in commento il reato di indebita destinazione di denaro o di cose mobili da parte del pubblico ufficiale, riferendosi ai c.d. abuso d'ufficio distrattivi, si colloca fuori dal perimetro applicativo dell'articolo 19 della Convenzione ONU. Il mancato rafforzamento dei rimedi extrapenali e il rischio di zona franca nella lotta alla corruzione In ogni caso, si ribadisce che, il legislatore italiano, nell'abrogare il reato dell'abuso d'ufficio non ha considerato l'interesse dei cittadini a non essere danneggiati dagli abusi funzionali o dalla mancata astensione dei pubblici agenti che agiscono in conflitto di interesse come quello odierno oggetto di attenzione alla Suprema Corte . Un impatto dirompente che si determina in ragione dell' assenza di validi rimedi sul piano amministrativo/contabile/disciplinare o, comunque, extrapenale, in grado di compensare l'abbassamento dello standard di tutela realizzato con l'abolizione dell'abuso d'ufficio. In assenza di tali strumenti compensativi non essendo sufficienti quelli previsti sul piano contabile, disciplinare e non avendo rafforzato quello amministrativo il rischio concreto di lasciare di fatto una pericolosa lacuna nella lotta contro la corruzione, spinge la Suprema Corte a rimette quindi la questione di costituzionalità alla Consulta.

Presidente Fidelbo - Estensore D'Arcangelo Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.