Bimba muore dopo essere stata travolta da un’auto: risarcito anche il compagno della madre

Legittimo il risarcimento da danno parentale anche per il compagno della madre, essendo irrilevante la mancata convivenza, ma decisivo il rapporto intercorso tra lui e la bambina centrato sul ruolo di padre putativo assunto dall’uomo.

Il drammatico episodio risale ad oltre dieci anni fa. Nel 2013, in pochi attimi, una famiglia viene distrutta: all’uscita del parcheggio di un centro commerciale, difatti, una vettura travolge e trascina per qualche metro una bambina di 4 anni, sotto gli occhi della nonna. Inimmaginabile il dramma per la madre e per il compagno a cui è legata da tempo.  Accertate le colpe dell’automobilista, l’Ufficio Centrale Italiano versa alla madre della bimba ben 270mila euro come indennizzo. Ciò nonostante, i giudici di merito riconoscono in Tribunale, nel 2020, alla donna il massimo risarcimento previsto dalle tabelle del Tribunale di Roma per quanto attiene al danno parentale e, per quanto riguarda il solo danno biologico, da quelle del Tribunale di Milano, con la massima personalizzazione ivi contemplata. Così, in cifre, alla donna viene riconosciuto un ulteriore risarcimento, di pochissimo inferiore ai 300mila euro, a titolo di danno parentale e di danno biologico, cui si aggiungono poi circa 63mila euro quale rifusione delle spese funerarie, mediche e di assistenza legale nella fase stragiudiziale. Respinta, invece, la richiesta di risarcimento per danno da perdita del rapporto parentale avanzata dal compagno della donna. A modificare tali equilibri provvedono poi i giudici d’Appello, i quali provvedono nel 2023 ad una nuova liquidazione del danno in favore della donna, rideterminando tanto il danno non patrimoniale quanto quello parentale, rispettivamente sulla scorta delle tabelle milanesi del 2021 e di quelle del medesimo Tribunale sopravvenute nel giugno del 2022, applicando il criterio di liquidazione a punti del danno parentale. Allo stesso tempo, viene riconosciuto alla donna il danno per la sofferta inabilità temporanea (della durata di circa tre anni), mentre viene ridimensionata dal 41 per cento al 30 per cento la personalizzazione del danno biologico da lei patito, e infine le viene nuovamente negato il danno per la presunta perdita di capacità reddituale. Per quanto concerne, invece, il suo compagno, gli viene riconosciuto il diritto al risarcimento per il  sofferto danno parentale – escluso, però, il danno biologico –, con una cifra quasi pari a 250mila euro. Su questo fronte i giudici d’Appello ritengono inequivocabile «il rapporto intercorso tra l’uomo e la bambina, avendo egli assunto il ruolo di padre vicario, in sostituzione del genitore biologico della bambina, del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia». Propone ricorso per cassazione dunque, l’Ufficio Centrale Italiano, il quale contesta il risarcimento riconosciuto in Appello. Per quanto concerne la madre della bambina, viene messa in discussione la liquidazione del danno non patrimoniale da morte poiché le veniva riconosciuta una personalizzazione della componente biologica del danno in misura pari al 30 per cento sulla base della considerazione delle modalità di verificazione dell’incidente e della successiva insorgenza di una patologia psichica di origine post-traumatica, senza dare in alcun modo conto, osserva il ricorrente, di eventuali conseguenze anomale o del tutto peculiari. In sostanza, in Appello è stata valorizzata l’intensità del dolore sofferto dalla madre, non solo per aver perduto la figlia di soli 4 anni, ma per le modalità repentine e cruente con cui è avvenuto il suo decesso: particolarmente significativi sono stati ritenuti i tormenti che le vengono procurati da reiterati incubi notturni durante i quali essa ripete l’esperienza dolorosa dell’agonia della figlia. Inoltre, la donna presentava e presenta (dal drammatico evento fino ad oggi) una sintomatologia depressiva, e tale patologia psichica, valutata nella misura del 18 per cento, presenta sintomi che persistono ormai da sette anni, pur riducendosi gradualmente. Per il legale è evidente l’errore compiuto in Appello, poiché il nucleo della personalizzazione del danno, ossia la modalità del fatto, coincide con la ragione della menomazione permanente. Ad avviso dei magistrati di Cassazione, le obiezioni sollevate dall’Ufficio Centrale Italiano hanno un solido fondamento. In generale, la liquidazione può essere incrementata, in sede di personalizzazione del danno biologico, con motivazione analitica e non stereotipata, ma solo in presenza di conseguenze anomale e del tutto eccezionali, tempestivamente allegate e provate dal soggetto danneggiato. Invece, i giudici d’Appello, dopo avere dato atto della stima fatta dal perito in merito ad un danno psichico pari al 18 per cento, fanno presente che per fondare la richiesta di personalizzare il risarcimento del danno biologico (diverso da quello parentale) la donna ha allegato tanto la tragicità della perdita dell’unica figlia, non avendone, all’epoca dell’incidente, altri dei quali occuparsi, quanto la circostanza che il decesso sia avvenuto in maniera cruenta. Il perito ha poi spiegato che la sintomatologia depressiva della donna corrisponde ad almeno sette criteri di un episodio depressivo maggiore, ossia umore depresso, marcata diminuzione di interesse, perdita di peso (nel primo anno), insonnia e disturbi del sonno, rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, pensieri di morte e ideazione suicidaria (nei primi mesi). Questi sintomi tendenzialmente stabilizzati travalicano dal danno da perdita del rapporto parentale a quello psichico permanente e vanno riferiti ad un episodio assolutamente traumatico rappresentato dalla perdita della figlia, il quale ha determinato un notevole disturbo post-traumatico da stress. Di conseguenza, argomentando sui presupposti della personalizzazione e, quindi, della eccezionalità e dell’anomalia del danno, rispetto ad altro analogo pregiudizio di natura biologica, i giudici d’Appello hanno legato l’incremento del 30 per cento all’intensità del dolore sofferto dalla madre, non solo per aver perduto la figlia, ma per le modalità con cui questo è avvenuto. Tuttavia, osserva la Corte Suprema, «soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dalla persona danneggiata, che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione». Secondo i giudici d’Appello, ci si ritrova di fronte a circostanze tali da giustificare il riconoscimento della personalizzazione del risarcimento, ma, obiettano i magistrati di Cassazione, «i profili individuati quali gravi sofferenze patite dalla madre per la perdita della figlioletta si sovrappongono agli stessi profili ritenuti rilevanti nella valutazione fatta dal perito al fine di giungere al riconoscimento della patologia psichica post-traumatica in capo alla donna». Da ciò è derivata una duplicazione delle conseguenze risarcitorie in quanto, nonostante la oggettiva gravità della vicenda, «le conseguenze descritte dal perito e valorizzate dai giudici d’Appello sono proprio quelle fisiologicamente e tristemente derivanti da pregiudizi dello stesso (elevato) grado, sofferte da persone della stessa età e con il medesimo ruolo genitoriale rispetto alla vittima» dell’incidente. In conclusione, non vi sono i presupposti per la personalizzazione in aumento sancita in Appello. Respinte, invece, dai magistrati di Cassazione le obiezioni sollevate dall’Ufficio Centrale Italiano in merito al risarcimento in favore del compagno della madre della bambina. Irrilevante il riferimento alla mancanza di convivenza tra l’uomo e la bimba, visto il profondo rapporto intercorso tra loro: «l’uomo aveva assunto un vero e proprio ruolo di padre vicario nei confronti della piccola, venendo in tutto e per tutto a ricoprire questo ruolo in sostituzione del genitore biologico, del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia», e, di conseguenza, egli «ha subito un danno da perdita del rapporto parentale» a seguito della «morte della bambina». Corretta, quindi, la prospettiva adottata in Appello, anche alla luce del principio secondo cui «la convivenza more uxorio non è da sola sufficiente a dimostrare il pregiudizio subito», dovendosi rinvenire, al fine di liquidare il danno parentale, quegli indici che, l’uomo ha provato, cioè «la sua dedizione e l’assistenza morale e materiale alla bambina». E ciò è sicuramente sufficiente, anche alla luce del principio secondo cui «il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio».

Presidente Rubino - Relatore Positano Svolgimento del processo Con atto di citazione del 04.07.2017, Ho.So. e Ga.Th. chiedevano la condanna dell'UFFICIO CENTRALE ITALIANO (U.C.I.), convenendolo davanti al Tribunale di Bolzano unitamente al cittadino germanico Ju.Mu., alla ditta Ju.Mu. Temu Service ed alla società LVK Versicherung, questi ultimi tutti domiciliati presso U.C.I. Gli attori chiedevano la condanna in solido delle controparti al risarcimento di tutti i danni, parentali da morte di congiunto, patrimoniali e non patrimoniali, da loro patiti in conseguenza del decesso della piccola Ho.Anumero, figlia di soli quattro anni di Ho.So., avvenuto il (Omissis) 2013 in L (BZ) a seguito di un sinistro stradale provocato da esclusiva responsabilità del convenuto Ju.Mu. Si costituiva in giudizio soltanto l' U.C.I., riconoscendo la esclusiva responsabilità del contumace Ju.Mu. in merito alla causazione del sinistro e dava atto del pagamento della somma di Euro 270.000 in favore della Ho.So. Il giudizio riguardava pertanto la natura, l'entità e la quantificazione dei residui danni. Ammessa ed esperita la c.t.u. medico legale sulle persone dei controricorrenti ed assunte le testimonianze sul tipo di rapporto instauratosi tra Ga.Th., compagno della Ho.So., e la minore deceduta, il Tribunale di Bolzano, con sentenza numero 986/2020, riconosceva a Ho.So. il massimo risarcimento previsto dalle Tabelle del Tribunale di Roma per quanto attiene al danno parentale e, per quanto riguarda al solo danno biologico, da quelle del Tribunale di Milano, con la massima personalizzazione ivi contemplata. Il Tribunale di Bolzano, dando conto dell'avvenuto pagamento ante causam da parte di U.C.I. della somma di Euro 270.000,00, condannava in solido le controparti al pagamento, in favore di Ho.So., dell'ulteriore somma di Euro 298.464,50, oltre rivalutazione ed interessi dal 12.01.2013, a titolo di danno parentale e di danno biologico, e di Euro 63.229,87 quale rifusione delle spese funerarie, mediche e di assistenza legale nella fase stragiudiziale. Rigettava le domande proposte da Ga.Th. (danno da perdita del rapporto parentale subita dal compagno della madre della minore deceduta). Ho.So. e Ga.Th. impugnavano la sentenza di primo grado, chiedendone la riforma in parte qua, perché ritenuta parzialmente ingiusta. Con sentenza del 09.03.2023, la Corte d'Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, accoglieva l'impugnazione provvedendo alla nuova liquidazione del danno in favore di Ho.So. con applicazione delle tabelle vigenti al momento della liquidazione e, conseguentemente, rideterminava tanto il danno non patrimoniale, quanto quello parentale rispettivamente sulla scorta delle Tabelle Milanesi 2021 e di quelle del medesimo Tribunale sopravvenute nel giugno 2022 (criterio di liquidazione a punti del danno parentale). Accoglieva altresì parzialmente il secondo motivo di appello di Ho.So., riconoscendole il danno per la sofferta inabilità temporanea (della durata di circa tre anni), mentre ridimensionava dal 41 al 30 percento la personalizzazione del danno biologico patito dalla stessa ed infine confermava che non le fosse dovuto il danno per la perduta capacità reddituale. Relativamente a Ga.Th., la Corte territoriale accoglieva la domanda di risarcimento del sofferto danno parentale (ma non quella relativa al danno biologico), liquidando in suo favore la somma di Euro 249.047,00 atteso che ... sia le assunte deposizioni testimoniali, sia l'indagine medico legale convergono, dunque, nel confermare l'allegata connotazione che ha contraddistinto il rapporto intercorso tra l'appellante e la vittima primaria del sinistro . Si è trattato, cioè, del ruolo di padre vicario assunto dal primo nei confronti della seconda in sostituzione del genitore biologico del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia... . Contro la sentenza numero 31/2023 della Corte d'Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, l'UFFICIO CENTRALE ITALIANO ricorre per Cassazione chiedendo l'accoglimento di tre motivi. Resistono Ho.So. e Ga.Th. con controricorso, illustrato da memoria ex articolo 380 bis c.p.c. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione apparente, ex articolo 360, n, 4 c.p.c. e/o violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, numero 3 c.p.c.: violazione degli articolo 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 cost., nonché' degli articolo 1226,2043 e 2056 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c. Il motivo ha per oggetto la liquidazione del danno non patrimoniale da morte disposta in favore della madre della piccola Ho.Anumero, Ho.So., alla quale la Corte territoriale ha riconosciuto una personalizzazione della componente biologica del danno in misura pari al 30%, sostanzialmente sulla scorta della sola considerazione delle modalità di verificazione del sinistro e della successiva insorgenza della patologia psichica di origine post-traumatica, senza dare in alcun modo conto delle eventuali conseguenze anomale o del tutto peculiari . La Corte valorizza l'intensità del dolore sofferto dalla madre, non solo per aver perduto la figlia di soli quattro anni, ma soprattutto per le modalità repentine e cruente con cui è avvenuto il suo decesso . Particolarmente significativi sono i tormenti che le procurano i reiterati incubi notturni durante i quali essa ripete l'esperienza dolorosa dell'agonia della figlia; dunque, l'evento tragico durato circa un'ora in cui, dopo aver saputo che era stata investita da un'auto, l'ha assistita mentre, gravemente ferita, veniva elitrasportata in ospedale e, poco dopo l'arrivo, ha appreso che era spirata perché erano incurabili le lesioni provocate dall'incidente . Va aggiunto che il c.t.u. ha rilevato che la sig.ra Ho.So. presenta e presentava negli ultimi anni (dall'evento fino ad oggi) una sintomatologia depressiva che corrisponde ad almeno sette criteri di un Episodio Depressivo Maggiore . Tale patologia psichica, valutata nella misura del 18%, presenta sintomi che persistono ormai da sette anni, pur riducendosi gradualmente. In sostanza, il nucleo della motivazione della Corte per la personalizzazione (modalità del fatto) coinciderebbe, secondo la ricorrente, con la ragione della menomazione permanente. Il motivo è fondato. Come rilevato correttamente anche dalla Corte territoriale, la liquidazione può essere incrementata dal giudice, in sede di personalizzazione del danno biologico, con motivazione analitica e non stereotipata, ma solo in presenza di conseguenze anomale e del tutto eccezionali (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato). In particolare, la Corte territoriale dopo avere dato atto della stima fatta dal c.t.u. di un danno psichico pari al 18%, fa presente che per fondare la richiesta di personalizzare il risarcimento del danno biologico (diverso da quello parentale) la danneggiata ha allegato: tanto la tragicità della perdita dell'unica figlia, non avendone l'attrice, all'epoca del sinistro, altri dei quali occuparsi e sui quali riversare il proprio amore di madre, quanto la circostanza che il decesso sia avvenuto in maniera cruenta, con il corpo della piccola Ho.Anumero strascinato sul selciato per diversi metri dopo il violento impatto (cfr. p. 3 dell'atto di citazione del 04.07.2017). Il c.t.u. ha spiegato che la sintomatologia depressiva dell'attrice corrisponde ad almeno sette criteri di un Episodio Depressivo Maggiore quali sono: umore depresso, marcata diminuzione di interesse, perdita di peso (nel primo anno), insonnia/disturbi del sonno, rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, pensieri di morte/ideazione suicidaria (nei primi mesi). Questi sintomi tendenzialmente stabilizzati travalicano dal danno da perdita del rapporto parentale a quello psichico permanente e vanno riferiti ad un episodio assolutamente traumatico rappresentato dalla perdita della figlia, e dal fatto di vedere il corpicino pieno di sangue nell'elicottero, notare gli impegni dei sanitari durante il volo verso l'ospedale , ciò determina un Disturbo post -traumatico da stress (DPTS) notevole Argomentando sui presupposti della personalizzazione e, quindi, della eccezionalità ed anomalia del danno, rispetto ad altro analogo pregiudizio di natura biologica, la Corte àncora l'incremento del 30% all'intensità del dolore sofferto dalla madre, non solo per aver perduto la figlia di soli quattro anni, ma soprattutto per le modalità repentine e cruente con cui è avvenuto il suo decesso....Particolarmente significativi sono i tormenti che le procurano i reiterati incubi notturni durante i quali essa ripete l'esperienza dolorosa dell'agonia della figlia; dunque, l'evento tragico durato circa un'ora in cui dopo aver saputo che era stata investita da un'auto, l'ha assistita mentre, gravemente ferita, veniva elitrasportata in ospedale e, poco dopo l'arrivo, ha appreso che era spirata perché erano incurabili le lesioni provocate dall'incidente. Tali circostanze e in particolare, dunque, l'intensità del dolore procurato dalle cruente e repentine modalità di accadimento dell'illecito giustificano il riconoscimento della personalizzazione del risarcimento. Tenuto conto delle descritte modalità che hanno contraddistinto il sinistro . Alla luce di quanto precede è evidente che la rilevanza psicogena del fatto è stata ricondotta dal giudice di appello proprio alle modalità traumatiche, improvvise e drammatiche. Al contrario, soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dalla danneggiata, che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione. Orbene, il nucleo motivazionale della personalizzazione è ricondotto dalla Corte territoriale al seguente dato fattuale: l'ha assistita mentre, gravemente ferita, veniva elitrasportata in ospedale e, poco dopo l'arrivo, ha appreso che era spirata perché' erano incurabili le lesioni provocate dall'incidente. Tali circostanze e in particolare, dunque, l'intensità' del dolore procurato dalle cruente e repentine modalità' di accadimento dell'illecito giustificano il riconoscimento della personalizzazione del risarcimento... . Nel caso di specie i profili che la Corte territoriale individua quali gravi sofferenze patite dalla madre per la perdita della figlioletta consistono si sovrappongono agli stessi profili ritenuti rilevanti nella valutazione fatta dal CTU al fine di giungere al riconoscimento della patologia psichica post traumatica in capo al soggetto. Da ciò una duplicazione delle conseguenze risarcitorie in quanto, nonostante la oggettiva gravità della vicenda, le conseguenze descritte dal consulente e valorizzate dalla Corte territoriale, sono proprio quelle fisiologicamente e tristemente derivanti da pregiudizi dello stesso (elevato) grado, sofferte da persone della stessa età e con il medesimo ruolo genitoriale rispetto alla vittima primaria. Pertanto, le allegazioni del presente giudizio non giustificano la personalizzazione in aumento. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. la violazione degli articolo 1223,1226,2043 e 2056 c.c., nonché' degli articolo 115 e 116 c.p.c. in materia di valutazione delle prove. La ricorrente contesta l'avvenuto riconoscimento e la relativa liquidazione alla controricorrente Ho.So. delle spese affrontate per l'assistenza stragiudiziale prestata in suo favore da alcuni legali e, più in particolare, dagli avvocati Fi. e Fr.. Secondo la ricorrente ... la Corte territoriale ha inteso riconoscere il danno patrimoniale in favore della sig.ra Ho.So., da essa allegato con riferimento alle assunte spese di patrocinio legale, in realtà mai provate dalla parte . Il Giudice di appello ha ridotto a 23.001,01 Euro l'entità delle spese pari ad 35.651,17 Euro liquidate, invece, dal Tribunale. In sostanza, secondo la ricorrente, la controparte non avrebbe allegato e provato alcunché circa i pretesi costi di patrocinio, né davanti Tribunale, prima, né davanti alla Corte d'Appello. La documentazione sarebbe parziale e inidonea (fattura pro-forma). Il motivo è infondato. Trova applicazione il principio secondo cui le spese di assistenza legale stragiudiziale hanno natura di danno emergente e vanno liquidate secondo le tariffe forensi; la quantificazione del compenso dovuto per tale attività, se determinata in misura compresa tra i minimi e i massimi tariffari, costituisce oggetto di apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità' (conformi sul punto (Cass. 16612/2021; Cass. 24481/2020). La ricorrente non ha dedotto il mancato rispetto dei parametri tariffari. Con il terzo motivo si deduce il vizio di motivazione apparente, ex art 360, numero 4 c.p.c., e/o violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360. numero 3 c.p.c. violazione degli articolo 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c, articolo 111cost., articolo 115-116 c.p.c., articolo 2697, articolo 2729 e articolo 2043- 2056 c.c. Il motivo ha per oggetto la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale disposta in favore del compagno della madre, per la morte della figlia di quest'ultima, in assenza di convivenza e della prova della effettiva assunzione, da parte dell'istante, del ruolo morale e materiale di genitore . Il motivo è inammissibile perché consiste in una critica alla idoneità e sufficienza delle prove acquisite e si traduce in una richiesta di rivalutazione del materiale istruttorio inibita al giudice di legittimità. Il motivo tende ad una nuova valutazione delle espletate prove testimoniali e di quanto emerso in sede di c.t.u., relativamente alle quali la Corte d'Appello ha reso una motivazione ragionevole e giuridicamente coerente, affermando che ... sia le assunte deposizioni testimoniali, sia l'indagine medicolegale convergono, dunque, nel confermare l'allegata connotazione che ha contraddistinto il rapporto intercorso tra l'appellante e la vittima primaria del sinistro. La Corte d'Appello ha accertato cioè, sulla base delle evidenze processuali raccolte, che il signor Ga.Th. aveva assunto un vero e proprio ruolo di padre vicario nei confronti della piccola, venendo in tutto e per tutto a ricoprire questo ruolo in sostituzione del genitore biologico del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia... (pag. 40 sentenza impugnata), venendo di conseguenza a subire, per la morte della bambina, un danno da perdita del rapporto parentale. La statuizione si pone sul solco del principio giurisprudenziale secondo cui la convivenza more uxorio non è da sola sufficiente a dimostrare il pregiudizio subito, dovendosi rinvenire, al fine di liquidare il danno parentale, quegli indici che il controricorrente Ga.Th. ha allegato e la Corte ha ritenuto provati e cioè la sua dedizione e l'assistenza morale e materiale alla piccola Ho.Anumero per oltre 3 dei 4 anni. Dedizione ed assistenza da padre putativo, considerata l'assenza di quello biologico . Questa Corte ha, infatti, affermato che il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio (Cassazione civile sez. III, 15.11.2023, numero 31867). Sulla base delle considerazioni che precedono va accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo e dichiarato inammissibile il terzo motivo. Il giudice del rinvio si farà carico degli effetti dell'accoglimento del primo motivo relativo alla personalizzazione del danno biologico e dovrà provvedere alla liquidazione delle spese, anche del giudizio di legittimità.   P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Rigetta il secondo e dichiara inammissibile il terzo motivo. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto. Rinvia alla Corte di appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.