Invasione di terreni o edifici: è irrilevante il possesso dell’immobile

Integra il reato di cui all'articolo 633 c.p. la condotta di chi, ospitato in un immobile di edilizia residenziale pubblica in virtù del rapporto di parentela con il legittimo assegnatario, vi permanga anche dopo il decesso di quest'ultimo, comportandosi come dominus  o possessore.

Con la sentenza in commento la Suprema Corte torna a pronunciarsi in merito al reato di invasione di terreni o edifici di cui all' articolo 633 c.p. In particolare, il Collegio ha chiarito che « la nozione di invasione non si riferisce all'aspetto violento della condotta , che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce arbitrariamente , ossia contra ius  in quanto privo del diritto d'accesso , cosicché la conseguente occupazione costituisce l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione». Infatti, «integra il reato di cui all' articolo 633 cod. pen. la condotta di chi, ospitato in un immobile di edilizia residenziale pubblica in virtù del rapporto di parentela con il legittimo assegnatario, vi permanga anche dopo il decesso di quest'ultimo, comportandosi come dominus o possessore». Pertanto, nel caso di specie, è irrilevante che i ricorrenti fossero già in possesso dell'immobile poiché il reato di invasione deve ritenersi configurabile ogniqualvolta si occupi un immobile sine titulo cosicché devono considerarsi tali «le condotte di chi subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ovvero di chi occupa l'immobile a titolo di mera cortesia o ancora, come nel caso oggetto di scrutinio, in virtù di un rapporto di parentela con l'originario e legittimo assegnatario . La conseguente occupazione deve ritenersi, pertanto, l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione».

Presidente Petruzzellis - Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1.Il difensore di S.G. e M.B. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 13/09/2024, che aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale gli imputati erano stati dichiarati colpevoli del reato di cui agli articolo 110, 633-639 cod. penumero perché avevano occupato un immobile di proprietà dell'Esercito Italiano. 1.1 Al riguardo il difensore contesta la parte della motivazione nella quale la Corte di appello affermava che “la arbitrarietà della condotta invasiva è stata accertata e cristallizzata dalla sentenza di prescrizione del reato di conseguenza, il protrarsi della occupazione nel periodo successivo concreta non già un post factum non punibile, ma una nuova condotta criminosa, la cui natura abusiva scaturisce proprio dall'esistenza del titolo costituito dalla sentenza che, pur dichiarando la estinzione del reato, interrompe la permanenza” deduce che durante l'intero arco temporale dell'imputazione, ossia a far data dal 1/04/2019, la contestata condotta di invasione, mediante forzatura della porta di ingresso, non si era mai verificata, atteso che a quella data i ricorrenti occupavano l'immobile già da molti anni nè poteva convenirsi che un reato contestato a far data dal 2019 sarebbe stato, invece, integrato da un fatto-condotta di invasione del 2012, momento dell'introduzione nell'immobile oggetto di imputazione, individuato nella sentenza che aveva statuito non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione risultava quindi contestata una condotta di invasione mai dimostrata, né dal giudice che nel 2019 aveva dichiarato la prescrizione del reato, né nel presente procedimento il difensore osserva che la fattispecie di reato prevista e punita dall' articolo 633 cod. penumero è configurabile soltanto quando si proceda ad una “invasione arbitraria” e non anche in relazione alla mera occupazione conseguente alla condotta invasiva. 1.2 Il difensore rileva che il reato di cui all' articolo 633 cod. penumero non tutela affatto il diritto di proprietà, ma si pone unicamente a presidio della situazione di fatto violata con la condotta di invasione nel caso in esame, la situazione di fatto era costituita esattamente ed incontestabilmente dall'immobile dal 2012 ininterrottamente abitato da parte della famiglia S.G. tale situazione di fatto poteva essere oggetto di azione avanti il giudice civile e non con una ulteriore azione penale in prosecuzione della precedente che era stata definita con buona pace per il bis in idem a causa della sentenza di estinzione del reato per prescrizione, non impugnata il difensore chiede quindi di valutare la possibilità di rimettere gli atti alle Sezioni Unite di questa Corte onde chiarire se la condotta di invasione oggetto dell' articolo 633 cod. penumero possa spingersi negli effetti anche all'occupazione che, in esito, ne deriva, o debba essere perimetrata soltanto alla condotta di indebita ed illecita intrusione dall'esterno da parte dell'imputato, costituendo il seguito un post factum non sanzionato dalla norma in esame, e diversamente tutelabile. 1.3 Il difensore eccepisce la violazione dell' articolo 639-bis cod. penumero e la improcedibilità dell'azione penale la sentenza viene impugnata nella parte riguardante il mancato accertamento del reale assetto proprietario dell'immobile asseritamente invaso, non essendo stata allegata alcuna documentazione di fonte ufficiale attestante la demanialità dell'immobile, né tanto meno il titolo di proprietà dell'Amministrazione della Difesa. 1.4 Il difensore eccepisce la violazione degli articolo 133 cod. penumero e 62-bis cod. penumero Considerato in diritto 1.Il ricorso è infondato. 1.1 Con riferimento al primo motivo di ricorso, deve essere ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all' articolo 633 cod. penumero la nozione di invasione non si riferisce all'aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce arbitrariamente , ossia contra ius in quanto privo del diritto d'accesso, cosicché la conseguente occupazione costituisce l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione nel caso in cui l'occupazione si protragga nel tempo, il delitto ha natura permanente e la permanenza cessa soltanto con l'allontanamento del soggetto o con la sentenza di condanna, dopo la quale la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell'invasione, ma si sostanzia nella prosecuzione dell'occupazione. vedi Sez.2, numero 29657 del 27/03/2019, PMT/Cerullo, Rv. 277019 Sul punto, si veda anche Sez.2, numero 27041 del 24/03/2023, Buccino, Rv. 284792 “integra il reato di cui all' articolo 633 cod. penumero la condotta di chi, ospitato in un immobile di edilizia residenziale pubblica in virtù del rapporto di parentela con il legittimo assegnatario, vi permanga anche dopo il decesso di quest'ultimo, comportandosi come dominus o possessore. In motivazione, la Corte ha precisato che l' invasione va intesa nel senso di introduzione arbitraria non momentanea nell'edificio altrui allo scopo di occuparlo o, comunque, di trarne profitto, restando indifferenti i mezzi ed i modi con i quali essa avviene, non essendo necessaria la ricorrenza del requisito della clandestinità e risultando irrilevante che gli imputati avessero corrisposto i canoni di locazione all'Istituto proprietario dell'immobile ” Nella motivazione della sentenza da ultimo citata si evidenzia che “il reato di invasione deve, dunque, ritenersi configurabile ogniqualvolta si occupa un immobile sine titulo e come occupazione di un immobile sine titulo devono considerarsi le condotte di chi subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ovvero di chi occupa l'immobile a titolo di mera cortesia o ancora, come nel caso oggetto di scrutinio, in virtù di un rapporto di parentela con l'originario e legittimo assegnatario. La conseguente occupazione deve ritenersi, pertanto, l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione”. Pertanto, è irrilevante il fatto che i ricorrenti fossero già nel possesso dell'immobile, considerato che il permanere nell'immobile occupato dopo la declaratoria di prescrizione integra il reato per quanto sopra precisato quanto alla richiesta di rimessione del procedimento alle Sezioni Unite di questa Corte, si deve rilevare che la giurisprudenza più recente di questa Corte è tutta nel senso sopra indicato per cui, anche a voler ritenere sussistente un contrasto, lo stesso è da ritenersi superato. 1.2 Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che il dolo specifico del delitto di invasione di terreni o edifici si compone della finalità di occupare l'immobile o di trarne altrimenti profitto e presuppone che l'agente sia consapevole dell'altruità del bene, e per “immobile altrui” si deve intendere quello in cui l'agente non ha diritto di introdursi per occuparlo o per trarne, altrimenti, un profitto. 1.3 Le censure relative al mancato accertamento della proprietà demaniale è manifestamente infondata, posto che la Corte di appello ha esaurientemente motivato sulla demanialità dell'immobile si veda l'ultima pagina della sentenza impugnata , come del resto aveva già fatto il Tribunale nelle pagine 4 e 5 della sentenza di primo grado. 1.4 Quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche la stessa è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità si veda l'ultima pagina della sentenza impugnata che, pertanto, è insindacabile in cassazione vedi Sez.3, numero 1913 del 20/12/2018, dep. 16/01/2019, Carillo, Rv. 275509 – 03 2. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato ai sensi dell' articolo 616 cod. proc. penumero , i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.