L’indennità percepita dai G.O.T. è reddito da lavoro autonomo?

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione relativa alla natura delle indennità percepite dai giudici onorari di tribunale (cd. G.O.T.), ritenuta dirimente al fine di stabilire se prima dell’entrata in vigore della l.numero 247/2012 sussistesse (o meno) l’obbligo di versamento contributivo per gli avvocati che esercitavano tale funzione.

La Corte d'Appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l'opposizione proposta da un avvocato avverso una cartella di pagamento emessa dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense per omesso versamento dei contributi dovuti per il periodo 2007-2010 in relazione all'attività di G.O.T. svolta dal medesimo. La Corte territoriale ha ritenuto che ai G.O.T. non si potesse applicare per analogia l'articolo 8 l. numero 276/1997 relativa ai giudici aggregati onorari (cd. G.O.A.), mentre doveva richiamarsi la pronuncia delle Sezioni Unite numero 13721/2017 che aveva escluso la contribuzione alla Cassa forense da parte dell'avvocato esercente la funzione di Giudice di Pace. Per il periodo in contestazione mancava una previsione normativa specifica che disciplinasse il regime previdenziale della magistratura onoraria e, in particolare, dei G.O.T. iscritti all'albo degli avvocati. Infatti, l'articolo 35 comma 1 d. lgs.51/98 si limitava a stabilire che i G.O.T. prendessero il posto dei vice pretori o dei vice procuratori, mentre la l. numero 276/1997 aveva disciplinato il regime previdenziale dei G.O.A. stabilendo che tale attività, se svolta da avvocati iscritti all'albo, avesse natura di attività professionale ex l.numero 576/1980 e che, dunque, sull'indennità percepita in relazione ad essa vi fosse l'obbligo di versamento alla Cassa forense. Nel 2012, invece, si è imposta l'iscrizione alla Cassa di tutti gli avvocati iscritti all'albo, compresi coloro che svolgono la funzione di G.O.T., con l'effetto che l'indennità percepita viene considerata come reddito professionale ed è soggetta a contribuzione. Infine, con il d.lgs.116/2017 è stato stabilito che i Giudici di Pace e i vice procuratori onorari siano iscritti alla Gestione Separata INPS, salvo che per gli iscritti all'albo degli avvocati, rispetto ai quali vige la copertura presso la Cassa forense. Il rischio del vuoto di copertura previdenziale La Corte di Cassazione riflette sul fatto che agli avvocati iscritti all'albo che abbiano svolto la funzione di G.O.T. prima dell'entrata in vigore della l. numero 247/2012 non si potrebbe applicare retroattivamente tale regime. Né la copertura presso la Cassa forense potrebbe derivare dalla l.numero 276/1997, né gli stessi potrebbero beneficiare della tutela previdenziale della Gestione Separata, cui possono essere iscritti i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (ma i redditi dei giudici onorari sono stati ricondotti dalla giurisprudenza alle indennità, ai gettoni presenza e agli altri compensi ricevuti dallo stato per l'esercizio di pubbliche funzioni ex articolo 50 comma 1 let f) d.P.R. numero 916/1987) o i soggetti che esercitano in forma abituale, anche se non esclusiva, attività di lavoro autonomo. Ma le Sezioni Unite hanno escluso che l'indennità percepita dai Giudici di Pace iscritti all'albo degli avvocati vada considerata reddito da lavoro autonomo. Dunque, i G.O.T. iscritti all'albo degli avvocati prima dell'entrata in vigore della l. numero 247/2012 sarebbero sprovvisti di qualsiasi tutela previdenziale. Ciò è contrario al principio di universalizzazione della copertura previdenziale che la Suprema Corte ha affermato con particolare riguardo all'iscrizione alla Gestione Separata per gli avvocati (così come gli ingegneri e i commercialisti), i quali – prima del 2012 – potevano non essere iscritti alla cassa di categoria. Ad avviso della Corte, merita dunque domandarsi se l'indennità percepita dai G.O.T. deve essere ricompresa nelle già citate categorie di cui all'articolo 50 comma 1 let. f) o se, invece, abbia natura di reddito da lavoro autonomo: quest'ultima soluzione porterebbe alla copertura assicurativa dei G.O.T. iscritti all'albo o presso la Cassa forense o presso la Gestione Separata le volte in cui tale reddito fosse insufficiente a far sorgere l'obbligo di contribuzione soggettiva.

Presidente Esposito - Relatore Gnani Fatti di causa La Corte d'Appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto l'opposizione proposta dall'avv. Mo.Gi. avverso una cartella di pagamento emessa dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e notificata dal concessionario Equitalia Centro Spa, ora Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), avente ad oggetto il pagamento dei contributi dovuti per il periodo 2007-2010 in relazione all'attività di giudice onorario di Tribunale (G.O.T.). Riteneva la Corte che non potesse applicarsi per analogia la L. numero 276/97 (articolo 8) relativa ai giudici onorari aggregati (G.O.A.) i quali esercitino la professione di avvocato, e iscritti alla Cassa forense. Andava invece richiamata la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte (numero 13721/17) che aveva escluso la contribuzione alla Cassa forense da parte dell'avvocato esercente la funzione di Giudice di pace. Avverso la sentenza, la Cassa ricorre per un motivo illustrato da memoria. Mo.Gi. resiste con controricorso illustrato da memoria. AdER è rimasta intimata. L'ufficio della Procura Generale ha depositato nota scritta concludendo per il rigetto del ricorso. In sede di camera di consiglio il collegio riservava termine di 90 giorni per il deposito del provvedimento. Motivi della decisione Con l'unico motivo di ricorso, la Cassa deduce falsa applicazione degli artt.50, lett. f) D.P.R. numero917/86 in combinato disposto con l'articolo 10 L. numero 576/80. Viene riproposto l'argomento in base al quale dovrebbe applicarsi ai G.O.T. la disciplina previdenziale prevista per i G.O.A. dalla L. numero 276/97. Il collegio osserva innanzitutto che, per il periodo in esame, 2007-2010, mancava una previsione normativa puntuale che disciplinasse il regime previdenziale della magistratura onoraria, e in particolare dei G.O.T. iscritti all'albo degli avvocati. La disposizione istitutiva dei G.O.T. (articolo 35, co. 1 D.Lgs. numero 51/98) si limitò a stabilire che costoro (insieme ai vice procuratori onorari) prendessero il posto dei vice pretori e dei vice procuratori. In precedenza, ovvero nel 1997, la legge numero276 aveva invece disciplinato il regime previdenziale per una particolare categoria di giudici onorari, ovvero i giudici onorari aggregati, stabilendo (articolo8) che l'attività dei G.O.A. svolta dagli avvocati iscritti all'albo fosse attività professionale ex L. numero 576/80 e che sull'indennità percepita in relazione ad essa sussistesse obbligo di versamento alla Cassa di categoria. Nel 2012, l'articolo 21, co. 8 L. numero247/12 ha imposto l'iscrizione alla Cassa forense di tutti gli avvocati iscritti all'albo. Dal 2012 gli avvocati che esercitino le funzioni di G.O.T. devono dunque essere iscritti alla Cassa, e l'indennità percepita nell'esercizio di tale funzione viene considerata quale reddito professionale su cui calcolare i contributi. Infine, nel 2017, l'articolo 25, co. 3 e 4 D.Lgs. numero 116/17 ha stabilito che i giudici di pace e i vice procuratori onorari siano iscritti alla Gestione Separata costituita presso l'Inps, salvo che per gli iscritti all'albo degli avvocati, rispetto ai quali continua a vigere la copertura assicurativa presso la Cassa forense ai sensi dell'articolo 21 L. numero 247/12. Tanto premesso sul quadro normativo, occorre soffermarsi sull'assunto della Cassa, secondo cui, in caso di rigetto del ricorso, si avrebbe un vuoto di copertura previdenziale. In effetti, agli avvocati iscritti all'albo che abbiano svolto le funzioni di G.O.T prima dell'entrata in vigore della L. numero 247/12, non si potrebbe applicare retroattivamente tale regime; né la copertura assicurativa presso la Cassa previdenziale di categoria potrebbe derivare dalla L. numero 276/97 ove si dovesse condividere l'assunto, fatto proprio dalla sentenza impugnata, di una sua inapplicabilità in via analogica. Infine, neppure potrebbe affermarsi una loro tutela previdenziale mediante iscrizione alla Gestione separata. Invero, ai sensi dell'articolo 2, co. 26 L. numero 335/95, devono essere iscritti alla Gestione separata innanzitutto i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, co. 2, lett. a) D.P.R. numero 917/86 - oggi articolo 50, co. 1, lett. c-bis) - mentre i redditi percepiti dai giudici onorari sono stati ricondotti dalla giurisprudenza di questa Corte alla lettera f) del medesimo articolo5 0, relativo a le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni (Cass.15237/04 relativamente ai vice procuratori onorari; Cass.10235/05 e Cass. S.U. 13721/17 relativamente ai giudici di pace). In secondo luogo, devono essere iscritti alla Gestione separata, sempre ai sensi dell'articolo2, co.26 L. numero335/95, i soggetti che esercitano in forma abituale, anche se non esclusiva, attività di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 49 D.P.R. numero 917/86 - oggi articolo 53 D.P.R. numero917/86 -. Le sezioni unite di questa Corte, nella citata sentenza numero13721/17, hanno però escluso che l'indennità percepita dai giudici di pace iscritti all'albo professionale degli avvocati vada configurata quale reddito da lavoro autonomo. L'esito cui si arriverebbe sarebbe dunque di assenza di qualsiasi tutela previdenziale in capo ai G.O.T. iscritti all'albo degli avvocati prima dell'entrata in vigore della L. numero 247/12. Un tale esito non può non confrontarsi con una riflessione di fondo circa il principio di universalizzazione della copertura previdenziale che questa Corte ha affermato con particolare riguardo all'iscrizione alla Gestione separata per gli avvocati, i quali, nel regime anteriore alla L. numero 247/12, potevano non essere iscritti alla Cassa di categoria (tra le tantissime, v. ad es. Cass. 3216/18, Cass.5826/21, Cass. 24047/22), o per gli ingegneri che, svolgendo altra attività oltre quella professionale, non possono essere iscritti ad Inarcassa (tra le tante, v. Cass.20288/22) o, ancora, per i commercialisti (Cass. 32508/18); principio di universalizzazione poi condiviso dalla Corte Costituzionale (sent. nnumero 104/22 e 55/24). Gli stessi interventi legislativi posteriori, della L. numero 247/12 e del D.Lgs. numero 116/17, sono andati nella direzione di affermare la copertura assicurativa (presso la Cassa o presso la Gestione separata) della magistratura onoraria, così come aveva già fatto la L. numero276/97 riguardo ai G.O.A. In questo quadro di riferimento deve essere considerata la citata pronuncia resa a sezioni unite numero 13721/17. Essa ha riguardato il caso di un giudice di pace iscritto all'albo degli avvocati. La Corte ha innanzitutto negato che alla figura del giudice di pace fosse riferibile l'inciso contenuto nell'articolo 50, co. 1, lett. f) D.P.R. numero 916/87 sempreché le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un'arte o professione , siccome collocato nel testo della norma prima della menzione dei giudici di pace, menzione priva di una relazione sintattica diretta con la proposizione incidentale, subordinata alla sola parte iniziale della lettera f). Ebbene, merita domandarsi se tale argomento debba essere riconsiderato riguardo alla figura dei G.O.T. Questi non sono espressamente menzionati dalla lettera f), e potrebbero dirsi ricompresi nella parte generale della disposizione, ovvero quella iniziale, precedente l'inciso suindicato, e relativa a le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni . La stessa sentenza numero 13721/17 sviluppa poi un secondo argomento, in base al quale il reddito percepito dall'avvocato per le funzioni svolte quale giudice di pace non può dirsi di lavoro autonomo, trattandosi di una indennità correlata all'esercizio di pubblica funzione anziché di un corrispettivo avente carattere sinallagmatico come quello proprio dell'attività professionale. Sul punto merita interrogarsi sul fatto che già la L. numero276/97, relativamente ai G.O.A., aveva considerato reddito da attività professionale di avvocato ex L. numero576/80 l'indennità percepita per le funzioni di giudice onorario. Nello stesso senso è andato il legislatore in seguito, con l'articolo 21 L. numero 247/12: nel momento in cui ha imposto l'iscrizione alla cassa per tutti gli avvocati iscritti all'albo, e quindi anche per coloro che esercitino attività di G.O.T., ha considerato reddito da attività professionale l'indennità percepita per le funzioni di G.O.T. Più in generale, occorre riflettere se non sia lo stesso articolo 50, co. 1, lett. f) D.P.R. numero 917/86 ad ammettere che qualsiasi indennità percepita dallo Stato per l'esercizio di pubbliche funzioni configuri non più un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, bensì un reddito da lavoro autonomo quando le pubbliche funzioni siano svolte da soggetti che esercitano un'arte o professione di cui all'articolo 49, comma 1 (ora articolo 53). Una riconduzione dell'indennità percepita alla natura di reddito da lavoro autonomo porterebbe alla copertura assicurativa dei G.O.T. iscritti all'albo: o presso la Cassa, oppure presso la Gestione separata le volte in cui, in base alle disposizioni regolamentari della Cassa tale reddito fosse insufficiente a far sorgere l'obbligo di contribuzione soggettiva rimanendo solo quella integrativa - ciò che non sarebbe nel caso di specie in base alla narrativa della sentenza impugnata - alla luce del già citato orientamento di questa Corte sorto riguardo agli avvocati tenuti al versamento del solo contributo integrativo e non obbligati, per limiti di reddito, all'iscrizione alla Cassa. Vista la rilevanza e problematicità sistematica anche in punto di analogia iuris, la questione giuridica sottesa al ricorso richiede ad avviso del collegio una disamina da parte delle sezioni unite. P.Q.M. La Corte rimette gli atti alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 14 gennaio 2025.