Gli obblighi statali in materia ambientale alla luce della CEDU

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha riconosciuto l'inadeguata risposta delle autorità italiane, ravvisando una violazione dell'articolo 2 e dell'articolo 8 della Convenzione Europea, ordinando allo Stato italiano di adottare misure generali entro due anni, tra cui una strategia integrata per affrontare l'inquinamento, un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma informativa pubblica. Il caso evidenzia gravi carenze nel sistema italiano di protezione ambientale e la necessità di un rafforzamento degli obblighi statuali in materia.

Ambiente un meta-diritto non positivizzato nella CEDU Il diritto all'ambiente nonostante la centralità gradualmente assunta nei principali assetti democratici, tanto da trovare espresso recepimento in articolati Costituzionali, non trova riconoscimento diretto nei principi riconosciuti dalla CEDU . Siffatta assenza, come rilevato nella opinione dissenziente dei giudici Costa, Ress, Turmen, Zupančič e Sterner nella pronuncia della Grande Camera dell'8 luglio 2003 sul caso Hatton e altri c. Regno Unito, si spiega con la risalenza temporale della Convenzione che risale agli anni Cinquanta , quando non esistevano ancora i «diritti ambientali» dell'uomo, poiché sguarniti di positivizzazione normativa. La citata consapevolezza ha trovato poi riscontro, a livello di individuazione dei princìpi fondamentali del diritto eurounitario, nell'articolo 37 della Carta europea dei diritti fondamentali CDFUE , secondo cui « un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile ». Il riconoscimento dell'alto valore ambientale è, dunque, avvenuto mediante la progressiva emersione nella giurisprudenza della Corte EDU valorizzando lo statuto del sistema dei diritti fondamentali ivi garantiti. Ciò in una duplice prospettiva quale limite all'espansione del diritto di proprietà, ovvero quale elemento che connota e caratterizza i singoli diritti, quali, in particolare, il diritto al domicilio e alla vita privata e familiare articolo 8 e il diritto alla vita articolo 2 . Al riguardo, mentre il diritto alla vita riconosciuto dall'articolo 2 è stato ritenuto leso solo in situazioni eccezionali , riferibili a gravi eventi di disastro ambientale che avevano causato la morte di persone in via esemplificativa si consideri la sentenza Öneryildiz c. Turchia, del 2004 , molteplici sono state le decisioni in cui la Corte EDU ha ritenuto che il valore ambientale caratterizza in modo stringente il diritto fondamentale al domicilio e alla vita privata e familiare di cui all'articolo 8. Nel senso la tutela accordata dalla norma è un unicum proteiforme, poiché a essere considerato è «l'insieme dei rapporti che ruotano intorno alla sfera più intima della perso». La protezione ambientale nel caso Cannavacciuolo e altri c. Italia Il caso CANNAVACCIUOLO e altri c. Italia costituisce un fondamentale approdo della giurisprudenza convenzionale sulla delicata tematica degli obblighi statuali in materia ambientale e sulle implicazioni procedurali derivanti dalla gestione delle controversie tra cittadini e autorità pubbliche. I ricorrenti, nel caso di specie sono cinque associazioni con sede in Campania e 41 soggetti residenti nelle province di Caserta o Napoli, danneggiati ed esposti a un rischio serio, concreto e accertabile per le nefaste condizioni di salubrità della Terra dei Fuochi, area di 90 comuni a cavallo tra la provincia di Caserta e la provincia di Napoli, con una popolazione di circa 2,9 milioni di abitanti. Tale zona è stata caratterizzata nel corso degli anni da smaltimento illegale , interramento e/o abbandono incontrollato di rifiuti pericolosi, speciali e urbani su terreni privati, spesso eseguito da gruppi criminali organizzati, frequentemente combinato a roghi dolosi. Dal 1995 al 2018 sono state istituite sette commissioni parlamentari d'inchiesta per indagare sulla gestione dei rifiuti e sulle attività illegali in tale zona e già nel 1996 erano stati sollevati timori riguardo allo smaltimento illegale e all'interramento di rifiuti pericolosi in Campania dal 1988 e all'aumento dei tassi di cancro nell'area. Ebbene gli istanti hanno lamentato che, nonostante le autorità nazionali fossero consapevoli della problematica e dell'incremento progressivo delle patologie tumorali correlate, non erano state adottate misure per proteggerli dallo smaltimento illegale , interramento e combustione di rifiuti pericolosi nelle loro aree, né erano state fornite adeguate informazioni. Nel caso di specie, la Corte, con una pronuncia i cui effetti sono temporalmente ‘‘dilazionati'' nel termine di due anni, ha stabilito che l'Italia deve introdurre, senza indugio misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell'inquinamento ambientale nell'area individuata. Nel senso, i Giudici di Strasburgo hanno ritenuto acclarata l' assenza di prove sufficienti circa una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle Autorità nell'affrontare la situazione della Terra dei Fuochi . Evidenziano, inoltre, che i progressi nel valutare l'impatto dell'inquinamento sono stati lenti, quando invece occorreva una risposta celere alle insopprimibili esigenze costituzionalmente tutelate dei cittadini interessati intraprendendo, se del caso, ogni azione, anche di natura penale, per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell'area de qua . In ciò, pertanto, si ravvisa la violazione dell'articolo 2 della CEDU circa l'obbligo positivamente imposto di proteggere la vita dei cittadini in spregio al rischio sufficientemente serio, genuino e accertabile per la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi. Quanto agli aspetti procedurali la Corte EDU nell'accogliere il ricorso ha comunque rilevato l'assenza di legittimazione attiva in capo alle associazioni costituite ritenendole non direttamente interessate dalle asserite violazioni convenzionali da cui deriverebbe il pericolo per la salute dovuto all'esposizione al fenomeno dell'inquinamento, mentre per quanto attiene ad una quota parte dei ricorrenti, ha evidenziato l'assenza di prove sufficienti circa la stabile residenza/dimora dei propri congiunti nelle aree interessate dal fenomeno dell'inquinamento. Con riferimento agli aspetti sostanziali e senza pretese di esaustività, le contestazioni avallate riguardano l'incapacità delle Autorità italiane di proteggere i ricorrenti da situazioni ambientali dannose, che hanno compromesso il loro diritto a una vita privata e familiare serena. Difatti l'esposizione prolungata a inquinamento atmosferico, acustico o altre forme di degrado ambientale rappresenta una violazione dell'articolo 8 della CEDU , come riconosciuto in granitica giurisprudenza convenzionale cfr. Lopez Ostra c. Spagna . Al riguardo viene rilevata l'assenza di rimedi effettivi per i ricorrenti volti ad ottenere protezione o risarcimento per i danni subiti e l'impossibilità concreta di far valere i loro diritti dinanzi a un giudice indipendente. Per quanto precede la Corte ha applicato la procedura di pilot judgment ai sensi dell' articolo 46 CEDU , ordinando allo Stato italiano di adottare una serie di misure generali entro due anni dalla pubblicazione della sentenza quali, in via esemplificativa, l' individuazione di una strategia integrata per contrastare il fenomeno dell'inquinamento nella Terra dei Fuochi , l'istituzione di un meccanismo indipendente di monitoraggio per valutare l'attuazione delle misure, la creazione di una piattaforma informativa pubblica accessibile contenente tutte le informazioni rilevanti sul problema e sulle azioni intraprese il tutto nell'ottica di affrontare le carenze sistemiche e garantire una risposta adeguata e sostenibile alla crisi ambientale. In via di sintesi il caso deciso dal supremo organo giurisdizionale di Strasburgo mette in evidenza le manifeste gravi criticità nel sistema di protezione ambientale e di tutela dei diritti fondamentali del sistema nazionale che, in considerazione della mancata adozione di misure di prevenzione, dell'inerzia amministrativa e della durata irragionevole dei procedimenti, hanno determinato violazioni significative della Convenzione, imponendo una urgente riflessione sull'effettività dei rimedi giuridici interni e sul rafforzamento degli obblighi statuali in materia ambientale.

CEDU, 30 gennaio 2025, Cannavacciuolo ed altri comma Italia ricomma 51567/14