Sanzionato l’avvocato per il mancato adempimento delle obbligazioni nei confronti di terzi

La Cassazione torna sull'obbligo del difensore di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi, previsto e sanzionato all'articolo 64 del codice deontologico forense.

Il caso Un avvocato veniva sottoposto a due procedimenti disciplinari da parte del Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto il primo, in ragione della violazione degli articolo 9, 10, 12, 26, 29 comma 3, e 33 del codice deontologico, per non aver effettuato l'attività professionale per la quale era stato richiesto nel 2009 dal proprio cliente il secondo «per aver omesso il pagamento dei canoni di locazione di un appartamento per i mesi da gennaio ad ottobre 2008, così costringendo la locatrice ad agire giudizialmente per ottenere lo sfratto per morosità, violando l'articolo 64 del codice deontologico in vigore articolo 59 del codice deontologico previgente , e compromettendo la dignità della professione e l'affidamento dei terzi . Il Consiglio Distrettuale di Disciplina, ritenuta provata la responsabilità disciplinare dell'avvocato, comminava due distinte sanzioni di sospensione dall'esercizio della professione la prima per due mesi e l'altra per tre mesi, salvo poi proscioglierlo dall'accusa relativa alla mancata restituzione dei documenti e applicando la sanzione complessiva di tre mesi di sospensione. Di qui, il ricorso in Cassazione dell'avvocato in relazione alla pena comminata per il secondo procedimento. La decisione della Corte In relazione all'illecito di cui al secondo procedimento, il ricorrente osserva che il CNF avrebbe dato atto dell'avvenuta conclusione, tra di lui e la locatrice, di un accordo transattivo per il pagamento rateale del debito , documentato da una quietanza di pagamento del 2 novembre 2015 in ragione di tale accordo, pertanto, lo stato di insolvenza sarebbe venuto a cessare nel 2015 e non l'11 luglio 2017, quando fu effettuata la notifica del provvedimento disciplinare. L'articolo 64 del vigente Codice deontologico, relativo all'inadempimento di obbligazioni contratte dall'avvocato nei confronti dei terzi, di cui si occupava l'articolo 59 del codice deontologico abrogato, è stato qualificato dal CNF come permanente la condotta che costituisce elemento costitutivo dell'illecito disciplinare, infatti, è rappresentata non da un fatto istantaneo, quanto, piuttosto, da una situazione giuridica che si protrae nel tempo , ovvero «l'inadempimento che, per modalità e gravità, è tale da compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi». Coglie nel segno, però, il ricorrente laddove deduce che l'accordo transattivo del 2 novembre 2015 ha fatto cessare la situazione di iniziale inadempienza del professionista . Infatti, la convenuta rateizzazione del debito costituisce superamento dell'originario assetto di interessi da cui discende l'inadempimento oggetto di contestazione disciplinare attraverso tale rateizzazione si è attuata una nuova modulazione del rapporto obbligatorio , avendo il creditore acconsentito a una dilazione del pagamento con l'intercorso accordo non può più parlarsi di protrazione, senza soluzione di continuità, dell'inadempimento originario, ciò proprio in quanto sono stati pattuiti nuovi termini di pagamento. Dato che la cessazione della permanenza ha avuto luogo nella vigenza della l. numero 247/2012 , trova applicazione il regime prescrizionale introdotto da quest'ultima a norma dell'articolo 56, comma 3, della stessa legge in nessun caso il termine di prescrizione può essere prolungato , in ragione del sopraggiungere di atti interruttivi, oltre la misura di un quarto del termine esennale di cui al comma 1, e quindi oltre il limite di sette anni e sei mesi. La prescrizione stessa si è dunque prodotta alla data del 2 maggio 2023. Ne deriva che l'azione disciplinare si sarebbe prescritta anche nel caso in cui la prescrizione avesse iniziato a decorrere , come affermato dal CNF, dall'11 luglio 2017 in tale ipotesi l'effetto estintivo si sarebbe infatti prodotto l'11 gennaio 2025. Il ricorso viene dunque accolto.

Presidente Cassano – Relatore Falabella Fatti di causa 1. ─ L'avvocato M.L. è stato sottoposto a due procedimenti disciplinari da parte del Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto il primo numero 281/15 , in ragione della violazione degli articolo 9, 10, 12, 26, 29 comma 3, e 33 del codice deontologico, per non aver effettuato l'attività professionale per la quale era stato richiesto nel 2009 dal proprio cliente M.D., per non avere più risposto ai tentativi di contatto telefonico posti in atto dal detto cliente e da altro avvocato e per non aver infine consegnato ai medesimi la documentazione in suo possesso relativa agli incarichi ricevuti, nonostante le reiterate richieste scritte e orali che erano state a lui rivolte al riguardo il secondo numero 29/17 «per aver omesso il pagamento dei canoni di locazione di un appartamento per i mesi da gennaio ad ottobre 2008, così costringendo la locatrice ad agire giudizialmente per ottenere lo sfratto per morosità, per aver rilasciato l'immobile in data 16 dicembre 2009 solo a seguito di accesso dell'ufficiale giudiziario, per aver omesso il versamento del proprio debito ulteriormente maturato e averne promesso il pagamento, senza fornire alcuna giustificazione, con ciò violando l'articolo 64 del codice deontologico in vigore - già articolo 59 del codice deontologico previgente -, compromettendo la dignità della professione e l'affidamento dei terzi. Il Consiglio Distrettuale di Disciplina, ritenuta provata la responsabilità disciplinare dell'avvocato, in esito ai due procedimenti ha comminato due distinte sanzioni di sospensione dall'esercizio della professione la prima per mesi due e l'altra per mesi tre. 2. - Avverso tali decisioni l'avvocato M.L. ha proposto impugnazione avanti al Consiglio Nazionale Forense. Il CNF, disposta la riunione delle due impugnazioni, con sentenza deliberata l'11 luglio 2019, ma pubblicata solo il 31 maggio 2024, ha prosciolto l'incolpato dall'accusa relativa alla mancata restituzione dei documenti e applicato la sanzione complessiva di mesi tre di sospensione. 3. - L'avvocato M.L. ricorre per cassazione facendo valere due motivi di impugnazione. Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso. Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell' articolo 56 l. numero 247 del 2012 . Lamenta l'omesso rilievo della prescrizione dell'azione disciplinare. Il mezzo di censura appare fondato nei sensi di cui alla motivazione che segue. 2. - Con riguardo all'inadempimento al mandato professionale oggetto del procedimento numero 281/15, l'istante deduce che, anche a far decorrere la prescrizione dal momento per lui più sfavorevole - il 15 gennaio 2011 -, la prescrizione stessa si sarebbe prodotta, tenendo conto della previsione dell'articolo 56, comma 3, l. numero 247 cit., alla data del 15 agosto 2018, anteriore a quella dell'udienza di discussione avanti al CNF tenutasi l'11 luglio 2019 . 3. - Come già osservato da queste Sezioni Unite, il punto di riferimento per l'individuazione del regime della prescrizione dell'azione disciplinare è e resta la commissione del fatto o la cessazione della sua permanenza ed è a quel momento, quindi, che si deve avere riguardo per stabilire la legge applicabile Cass. Sez. U. 28 ottobre 2020, numero 23746 in senso conforme, non massimate in CED Cass. Sez. U. 22 ottobre 2024, numero 27284 Cass. Sez. U. 27 marzo 2023, numero 8558 Cass. Sez. U. 6 luglio 2021, numero 19029 . Infatti, il regime più favorevole della prescrizione degli illeciti disciplinari degli avvocati, introdotto dall' articolo 56 della l. numero 247 del 2012 , non trova applicazione con riguardo ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore della citata norma Cass. Sez. U. 17 luglio 2023, numero 20650 Cass Sez. U. 16 luglio 2021, numero 20383 . Il Consiglio Nazionale Forense ha collocato l'esordio dell'eccepita prescrizione, con riferimento all'illecito di cui si è detto, nel giugno 2010 dopodiché, ha osservato che il procedimento disciplinare era stato avviato il 15 febbraio 2013 e definito il 2 dicembre 2016 ha precisato, infine, che la prescrizione risultava essere stata interrotta in modo permanente per effetto del ricorso al CNF, in data 10 agosto 2017. Trovando applicazione, in ragione del momento di consumazione dell'illecito, la disciplina anteriore alla l. numero 247/2013, il termine prescrizionale da applicare era quello quinquennale, in forza dell'articolo 51 r.d.l. numero 1578/1933. La prescrizione non si è dunque prodotta, in ragione dell'avvio e del successivo svolgimento del procedimento amministrativo disciplinare e del successivo incardinarsi di quello giurisdizionale avanti al CNF. Merita ricordare, infatti, che, secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità formatasi nella vigenza della disciplina di cui al cit. r.d.l. numero 1578/1933, l'interruzione del termine quinquennale di prescrizione dell'azione disciplinare nei confronti degli avvocati, decorrente dalla data di realizzazione dell'illecito o dalla cessazione della sua permanenza , è diversamente disciplinata nei due distinti procedimenti in cui si articola il giudizio disciplinare nel procedimento amministrativo dinanzi al Consiglio dell'Ordine la prescrizione è soggetta ad interruzione con effetti istantanei in conseguenza dell'atto di apertura del procedimento ed anche di tutti gli atti procedimentali di natura propulsiva o probatoria o decisoria nella fase giurisdizionale davanti al Consiglio nazionale forense opera, invece, il principio dell'effetto interruttivo permanente, di cui al combinato disposto degli articolo 2943 e 2945, comma 2, c.c. , effetto che si protrae durante tutto il corso del giudizio e nelle eventuali fasi successive dell'impugnazione innanzi alle Sezioni Unite e del giudizio di rinvio fino al passaggio in giudicato della sentenza per tutte Cass. Sez. U. 9 aprile 2020, numero 7761 Cass. Sez. U. 3 febbraio 2004, numero 1905 Cass. Sez. U. 2 aprile 2003, numero 5072 . 4. - In relazione all'illecito di cui al procedimento numero 29/17 il ricorrente osserva che il CNF avrebbe dato atto dell'avvenuta conclusione, tra di lui e la locatrice, di un accordo transattivo per il pagamento rateale del debito, accordo documentato da una quietanza di pagamento recante la data del 2 novembre 2015 assume che in ragione di tale accordo lo stato di insolvenza sarebbe venuto a cessare nel 2015 e non già l'11 luglio 2017, allorché fu operata la notifica del provvedimento disciplinare. 5. - Si dibatte, qui, di un illecito disciplinare quello contemplato dall'articolo 64 del vigente codice deontologico, e relativo all'inadempimento di obbligazioni contratte dall'avvocato nei confronti dei terzi, di cui si occupava l'articolo 59 del codice deontologico abrogato che è stato qualificato dal CNF come permanente la cessazione della permanenza dell'illecito è stata per l'appunto individuata, nella sentenza impugnata, nella data sopra indicata, in cui il provvedimento disciplinare è stato notificato. La detta qualificazione appare corretta, in quanto la condotta che costituisce elemento costitutivo dell'illecito disciplinare è rappresentata non da un fatto istantaneo, quanto, piuttosto, da una situazione giuridica che si protrae nel tempo appunto l'inadempimento che, per modalità e gravità, è tale da compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi. Coglie nel segno, però, il ricorrente laddove deduce che l'accordo transattivo del 2 novembre 2015 ha fatto cessare la situazione di iniziale inadempienza del professionista. Infatti, la convenuta rateizzazione del debito - di cui ha dato atto il CNF, se pure nella prospettiva del contenimento della sanzione da irrogare - costituisce superamento dell'originario assetto di interessi da cui discende l'inadempimento oggetto di contestazione disciplinare attraverso tale rateizzazione si è attuata una nuova modulazione del rapporto obbligatorio, avendo il creditore acconsentito a una dilazione del pagamento con l'intercorso accordo non può più parlarsi di protrazione, senza soluzione di continuità, dell'inadempimento originario e ciò proprio in quanto sono stati pattuiti nuovi termini di pagamento. Poiché la cessazione della permanenza ha avuto luogo nella vigenza della l. numero 247/2012 , trova applicazione il regime prescrizionale introdotto da quest'ultima. A norma dell'articolo 56, comma 3, della stessa legge in nessun caso il termine di prescrizione può essere prolungato, in ragione del sopraggiungere di atti interruttivi, oltre la misura di un quarto del termine esennale di cui al comma 1, e quindi oltre il limite di sette anni e sei mesi. La prescrizione stessa si è dunque prodotta alla data del 2 maggio 2023. Mette conto solo di aggiungere che l'azione disciplinare si sarebbe prescritta ove pure la prescrizione avesse iniziato a decorrere, come affermato dal CNF, dall'11 luglio 2017 in tale ipotesi l'effetto estintivo si sarebbe infatti prodotto l'11 gennaio 2025. 6. - Col secondo motivo si denuncia la violazione dell' articolo 275 c.p.c. , «in quanto richiamato» dall' articolo 37, comma 1, l. numero 247/2012 . Si lamenta che la sentenza del CNF sia stata depositata il 31 maggio 2024, quasi cinque anni dopo la sua deliberazione, risalente all'11 luglio 2019. 7. - Il motivo è manifestamente infondato. Per risalente giurisprudenza di questa Corte, la tardività del deposito della sentenza non incide sulla validità della sentenza medesima, ma dà luogo ad una mera irregolarità di carattere interno Cass. 18 agosto 1999, numero 8710 Cass. 6 maggio 1993, numero 5227 Cass. 10 maggio 1978, numero 2262 Cass. 20 ottobre 1967, numero 2558 . 8. - In conclusione, va accolto, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, essendosi l'azione disciplinare prescritta con esclusivo riguardo all'illecito di cui al cit. articolo 64 del codice deontologico. 9. - La sentenza impugnata è dunque cassata, con rinvio della causa al Consiglio Nazionale Forense, cui compete la modulazione della sanzione relativa all'illecito che non si è prescritto il CNF giudicherà in diversa composizione e deciderà pure sulle spese del giudizio di legittimità. 10. - La cassazione della sentenza impugnata determina l'assorbimento dell'istanza di sospensione cautelare. L'esecuzione della pronuncia impugnata non può infatti aver luogo in quanto il titolo della sanzione è venuto meno in ragione dell'accoglimento, anche se parziale, del ricorso. A norma dell' articolo 52, comma 2, d.lgs. numero 196/2003 va disposto che, in caso di riproduzione della sentenza in qualsiasi forma, non sia fatta menzione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti. P.Q.M. La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense, che giudicherà in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità dispone che, in caso di diffusione della sentenza in qualsiasi forma, non sia fatta menzione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti.