Un qualsiasi socio di uno studio legale, purché non ne sia il legale rappresentante, può rappresentarlo innanzi alla CGUE ed al Tribunale dell’UE, in quanto abilitato al patrocinio innanzi alle superiori giurisdizioni e stante il fatto che il socio non ha alcun rapporto subordinato con lo studio di cui fa parte. Inoltre, dichiarare l’irricevibilità ipso iure del ricorso, patrocinato dagli associati dello studio ricorrente, senza la possibilità di sanare eventuali vizi contrasta con i principi dell’equo processo ex artt.47 e 52 Carta di Nizza.
È quanto affermato nelle Conclusioni dell'AG nella EU C 2025 123 del 27 febbraio. Lo studio legale U. ed N. era ricorso all'EUIPO organismo comunitario che tutela la proprietà intellettuale per impugnare la decadenza dell'omonimo marchio, ma la richiesta era stata rigettata così come il ricorso T 389/22 presso il Tribunale dell'UE perché la difesa era stata affidata ad alcuni soci anziché ad avvocati terzi . Per il Tribunale, ciò violava il principio d'indipendenza dell'avvocato sì che il ricorso era irricevibile EU T 2022 662 . L'ordinanza prodromica all'instaurazione della procedura presso la CGUE EU C 2023 441dell'8/5/23 accoglieva solo il terzo motivo, rigettando gli altri, «vertente sulla violazione, in particolare, degli articoli 47 e 52 della Carta, il ricorrente contesta al Tribunale di non aver consentito la regolarizzazione del ricorso, sulla base del rilievo che tale regolarizzazione non è espressamente prevista dal suo regolamento di procedura , e di aver, di conseguenza, dichiarato automaticamente l'irricevibilità del ricorso.» Il Tribunale avrebbe così trascurato il fatto che il requisito dell'indipendenza dell'avvocato è di elaborazione giurisprudenziale e che, a tale riguardo, la regolarizzazione non è espressamente prevista a causa dell'assenza di norme in materia di indipendenza . Tale requisito sarebbe stato, per di più, sancito in assenza di una previsione legislativa , in violazione dell'articolo 52 della Carta. Ciò contrasterebbe anche con i principi di proporzionalità e di accesso alla giustizia, nonché con le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, con le legislazioni e con le prassi nazionali degli Stati membri. Bisogna vedere se la CGUE nella sentenza definitiva accoglierà la richiesta dell'AG di cassare l'impugnata ordinanza dell'EUIPO con rinvio al Tribunale dell'UE per un nuovo processo. Sì alla difesa affidata ad un associato dello studio ricorrente In primis, l'AG sostiene che non sia stato violato il principio dell'indipendenza dell'avvocato e, a suo dire, dovrebbe essere considerato ricevibile anche il secondo motivo d'impugnazione rigettato nella suddetta ordinanza. Innanzi alle Corti dell'UE ed in generale innanzi alle Corti nazionali in genere è vietata l'auto rappresentanza . Il ricorrente dovrà rivolgersi ad un avvocato di sua fiducia anche nel caso in cui si tratti di uno studio legale, come nella fattispecie o di un avvocato. Infatti, «tale rappresentanza tramite un avvocato deve, da un lato, impedire che le parti private agiscano in giudizio in prima persona senza ricorrere a un intermediario e, dall'altro, garantire che le persone giuridiche siano difese da un rappresentante sufficientemente distaccato dalla persona giuridica che rappresenta , e ciò in modo da garantire una buona amministrazione della giustizia ma soprattutto da tutelare e difendere al meglio gli interessi del mandante , in piena indipendenza nonché nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche». Il primo punto focale della vicenda è la validità della difesa di uno studio legale svolta da un suo socio. Una condicio sine qua non è l'abilitazione al patrocinio innanzi alle superiori giurisdizioni , requisito che i legali prescelti possedevano e non erano nemmeno rappresentanti legali dello studio, ruolo ricoperto da un altro socio diverso anche dai due fondatori dello studio, intervenuti come controinteressati nel giudizio innanzi al Tribunale. Il principio d'indipendenza dell'avvocato, poi, presuppone due requisiti uno negativo ossia l'assenza di un qualsiasi rapporto d'impiego col cliente e l'altro positivo in cui la nozione d'indipendenza è codificata dalla legge e dalla deontologia forensi. «Secondo la Corte, tale indipendenza deve essere intesa come assenza non già di un qualsivoglia legame tra l'avvocato e il suo cliente, ma unicamente di legami che pregiudichino manifestamente la capacità dell'avvocato di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente, nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche. La Corte considera che il giudice dell'Unione deve esercitare un sindacato ristretto e limitarsi a sanzionare con l'irricevibilità il ricorso nell'ambito del quale risulti manifestamente che l'avvocato non è in grado di svolgere il proprio incarico difensivo». L e conseguenze giuridiche dovute alla carenza di questo requisito sono il secondo punto focale della lite in esame. Va precisato che la nomina del legale è una scelta privata del ricorrente libera ed autonoma e che esistono varie forme d'esercizio della professione forense da individuale ad associazione a livello internazionale. Esistono anche varie tipologie di socio di partecipazione, investitore, collaboratore etc. È indubbio che il socio faccia l'interesse dello studio , coincidendo col proprio. Spettava al Tribunale UE dimostrare che la difesa scelta rientrava nei casi vietati e/o che violavano detta indipendenza. In linea generale gli ordinamenti degli Stati membri, ad eccezione della Francia, non riconoscono nessun rapporto di lavoro subordinato tra socio e studio , essendo questi un lavoratore autonomo e non vietano ad un socio di rappresentare il proprio studio. No all'automatica irricevibilità, sì alla sanatoria A conferma dell'errore interpretativo in cui è incorso il Tribunale e dell'illiceità del censurato suddetto automatismo, rinviando alle dettagliate riflessioni dell'AG meglio esposte nelle Conclusioni, l'eventuale vizio di rappresentanza legale non può comportare l'irricevibilità ipso iure del ricorso perché contrasterebbe con i diritti dell'accesso alla giustizia, dell'indipendenza del giudice, della certezza del diritto, del legittimo affidamento ed ad un ricorso effettivo, che sono diritti fondamentali del diritto dell'UE nonché i cardini dell'equo processo ex articolo 47, 52 Carta di Nizza e 6 Cedu . Più precisamente né nello Statuto né nel NEP norme di esecuzione processuale è disciplinata detta indipendenza né ne è fornita una nozione chiara e trasparente. Inoltre, le condizioni di ammissibilità del diritto di accesso alla giustizia «devono essere previste dalla legge, rispettare il contenuto essenziale di detto diritto e, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere appropriate e necessarie per soddisfare finalità di interesse generale o l'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui». Le stesse restrizioni ad un diritto devono essere previste da norme chiare, prevedibili e trasparenti e devono essere adeguatamente motivate. Nella fattispecie manca questa base legale , l'irricevibilità non persegue alcun fine imperativo e risulta non necessaria in una società democratica . Si noti che tutti gli ordinamenti interni degli Stati membri in casi analoghi prevedono la sanatoria, sì che il censurato limite è un'ingerenza arbitraria e sproporzionata nei diritti del ricorrente.
I. Introduzione 1. La presente impugnazione solleva due questioni relative alla rappresentanza degli studi legali nell'ambito dei ricorsi diretti proposti dinanzi al giudice dell'Unione. La Corte ha ritenuto tali questioni importanti per l'unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell'Unione 2 . 2. La prima questione riguarda la misura in cui uno studio legale possa essere rappresentato dinanzi al giudice dell'Unione da un avvocato socio di tale studio, diverso dal suo legale rappresentante. Nell'ordinanza del 10 ottobre 2022, Studio Legale Ughi e Nunziante/EUIPO – Nunziante e Ughi UGHI E NUNZIANTE 3 , contro la quale è proposta la presente impugnazione, il Tribunale ha infatti affermato che un avvocato associato, rappresentante dello studio in cui esercita, non soddisfa i requisiti di indipendenza richiesti dall'articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea in prosieguo lo «Statuto» , adottando quindi un'interpretazione particolarmente rigida del mandato di rappresentanza, che si discosta dalle norme applicabili nella maggior parte dei sistemi giuridici degli Stati membri. 3. La seconda questione riguarda le conseguenze giuridiche che il Tribunale ha collegato alla violazione, da parte della ricorrente, del requisito dell'indipendenza dei suoi rappresentanti. Infatti si pone la questione se, respingendo il ricorso in quanto manifestamente irricevibile senza che alla ricorrente sia consentito di regolarizzare il proprio ricorso, il Tribunale non abbia applicato una regola giurisprudenziale contraria al diritto di accesso a un giudice, garantito dall' articolo 47, primo e secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea 4 , nonché al principio di proporzionalità, enunciato all'articolo 52, paragrafo 1, della stessa. 4. Nelle presenti conclusioni proporrò alla Corte di accogliere l'impugnazione, annullare l'ordinanza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale. 5. Spiegherò le ragioni per le quali ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nel presumere che i rappresentanti interessati non soddisfacessero il requisito dell'indipendenza, senza dimostrare in che misura il loro status di avvocati associati ne pregiudicasse manifestamente la capacità di adempiere il loro incarico difensivo. 6. Proporrò inoltre alla Corte di esaminare il terzo motivo di impugnazione in quanto esso solleva un'importante questione procedurale che è oggi necessario risolvere. Ritengo infatti che la regola secondo la quale non è possibile regolarizzare un atto introduttivo presentato da una persona il cui rappresentante legale non soddisfi i requisiti di indipendenza richiesti, e il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, limiti il diritto di accesso del ricorrente alla giustizia subordinandolo a condizioni eccessive, incompatibili con i principi enunciati all'articolo 47, primo e secondo comma, e all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. II. Contesto normativo A. Statuto 7. Ai sensi dell'articolo 19, commi dal primo al quarto, dello Statuto, applicabile al Tribunale in forza del suo articolo 53, primo comma «Tanto gli Stati membri quanto le istituzioni dell'Unione sono rappresentati davanti alla Corte di giustizia da un agente nominato per ciascuna causa l'agente può essere assistito da un consulente o da un avvocato. Allo stesso modo sono rappresentati gli Stati parti contraenti dell'accordo sullo Spazio economico europeo [del 2 maggio 1992 5 ] diversi dagli Stati membri e l'Autorità di vigilanza AELS EFTA prevista da detto accordo. Le altre parti devono essere rappresentate da un avvocato. Solo un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell'accordo [SEE] può rappresentare o assistere una parte dinanzi alla Corte». 8. L'articolo 21 dello Statuto così dispone «La Corte di giustizia è adita mediante istanza trasmessa al cancelliere. L'istanza deve contenere l'indicazione del nome e del domicilio dell'istante e della qualità del firmatario, l'indicazione della parte o delle parti avverso le quali è proposta, l'oggetto della controversia, le conclusioni ed un'esposizione sommaria dei motivi invocati. All'istanza deve essere allegato, ove occorra, l'atto di cui è richiesto l'annullamento ovvero, nell'ipotesi contemplata dall'articolo 265 [ TFUE ], un documento che certifichi la data della richiesta prevista da tale articolo. Se questi documenti non sono stati allegati all'istanza, il cancelliere invita l'interessato a produrli entro un termine ragionevole, senza che si possa eccepire decadenza qualora la regolarizzazione intervenga dopo la scadenza del termine per ricorrere». B. Regolamento di procedura del Tribunale 9. L'articolo 51 del regolamento di procedura del Tribunale riguarda l'«[o]bbligo di rappresentanza» nei ricorsi diretti e stabilisce quanto segue «1. Le parti sono rappresentate da un agente o da un avvocato nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 19 dello statuto. 2. L'avvocato che assiste o rappresenta una parte deposita in cancelleria il certificato da cui risulti che egli è abilitato a patrocinare dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato aderente all'accordo SEE, a meno che un siffatto documento non sia già stato depositato ai fini dell'apertura di un profilo utente e-Curia. 3. Gli avvocati, quando la parte che rappresentano è una persona giuridica di diritto privato, sono tenuti a depositare in cancelleria un mandato rilasciato da quest'ultima. 4. Se il documento previsto al paragrafo 2 o quello previsto al paragrafo 3 non è depositato, il cancelliere assegna alla parte interessata un termine adeguato per produrlo. In difetto di detta produzione alla scadenza del termine impartito, il Tribunale decide se l'inosservanza della formalità in questione comporti l'irricevibilità del ricorso o della memoria per vizio di forma o se la stessa induca a ritenere che l'avvocato non rappresenti o non assista la parte interessata». 10. L'articolo 78 del regolamento di procedura, intitolato «Allegati al ricorso», ai paragrafi 5 e 6 così dispone «5. Il ricorso è corredato dei documenti previsti dall'articolo 51, paragrafi 2 e 3. 6. Se il ricorso non è conforme alle condizioni elencate nei paragrafi da 1 a 5, il cancelliere assegna al ricorrente un termine adeguato per produrre i documenti prima menzionati. In difetto di tale regolarizzazione entro il termine impartito, il Tribunale decide se l'inosservanza di dette condizioni comporti l'irricevibilità del ricorso per vizio di forma». 11. L'articolo 177 del regolamento di procedura, applicabile alle cause relative ai diritti di proprietà intellettuale titolo quarto , così recita «1. Il ricorso contiene … b l'indicazione della qualità e del recapito del rappresentante del ricorrente … 5. Il ricorso è corredato dei documenti previsti dall'articolo 51, paragrafi 2 e 3. 6. … Se il ricorso non è conforme ai paragrafi da 3 a 5, il cancelliere impartisce al ricorrente un termine adeguato per regolarizzare il ricorso. In difetto di regolarizzazione alla scadenza del termine impartito, il Tribunale decide se l'inosservanza della formalità comporti l'irricevibilità del ricorso per vizio di forma». III. Ordinanza impugnata 12. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1º luglio 2022, lo Studio Legale Ughi e Nunziante, un'associazione professionale di avvocati con sede in Roma Italia 6 , ha proposto un ricorso fondato sull' articolo 263 TFUE chiedendo l'annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell'EUIPO dell'8 aprile 2022, con la quale quest'ultima ha confermato la decadenza del marchio dell'Unione UGHI E NUNZIANTE con riferimento a tutti i servizi, ad eccezione dei servizi legali di cui alla classe 45 ai sensi dell'Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato. 13. In applicazione dell'articolo 126 del proprio regolamento di procedura, il Tribunale ha ritenuto che occorresse statuire con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento di merito, sulla base della motivazione che il ricorso era manifestamente irricevibile. 14. Tale rigetto derivava, in sostanza, dal fatto che, nel caso di specie, la ricorrente era uno studio legale che aveva designato, per rappresentarla dinanzi al Tribunale, tre avvocati che esercitavano la loro attività al suo interno, in qualità di associati. Il Tribunale, ai punti da 15 a 17 dell'ordinanza impugnata, ha giudicato che tali avvocati non avevano la qualità di terzo indipendente rispetto alla ricorrente, qualità che sarebbe richiesta dall'articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto. 15. Per giustificare tale valutazione il Tribunale si è basato, ai punti 6 e 7 dell'ordinanza impugnata, su un'interpretazione letterale e contestuale dell'articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto nonché, ai punti 9 e 10 di tale ordinanza, su un'analisi degli scopi perseguiti da detta disposizione. 16. Il Tribunale ha inoltre ricordato, da un lato, al punto 12 dell'ordinanza impugnata, che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il requisito dell'indipendenza dell'avvocato implica la mancanza di un rapporto di impiego tra l'avvocato e il suo cliente, anche quando tale cliente è uno studio legale, e, dall'altro, al punto 13 di detta ordinanza, che si richiede l'assenza non già di un qualsivoglia legame tra l'avvocato e il suo cliente, ma unicamente di legami che pregiudichino manifestamente la capacità dell'avvocato di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente. Esso ha peraltro affermato, al punto 14 di detta ordinanza, che l'obbligo di ricorrere a un terzo per assicurare la propria rappresentanza dinanzi ai giudici dell'Unione colloca le parti nelle medesime condizioni difensive dinanzi a detti giudici. 17. Infine, al punto 18 dell'ordinanza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che l'inosservanza dell'obbligo di rappresentanza da parte di un avvocato non rientra nel novero dei requisiti che possono essere oggetto di regolarizzazione dopo la scadenza del termine di ricorso, conformemente all'articolo 21, secondo comma, dello Statuto e all'articolo 78, paragrafo 6, del regolamento di procedura. IV. Procedimento dinanzi alla Corte 18. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 20 dicembre 2022, la Ughi e Nunziante ha proposto la presente impugnazione contro l'ordinanza impugnata. La ricorrente è rappresentata dinanzi alla Corte di giustizia da quattro avvocati, ossia i tre avvocati che l'hanno rappresentata dinanzi al Tribunale e un ulteriore avvocato, esterno allo Studio legale Ughi e Nunziante. 19. Con ordinanza dell'8 maggio 2023, Studio Legale Ughi e Nunziante/EUIPO 7 , la Corte ha parzialmente ammesso tale impugnazione, in relazione al secondo e al terzo motivo di impugnazione. 20. La Ughi e Nunziante chiede alla Corte di annullare l'ordinanza impugnata, accertando che essa era validamente rappresentata dinanzi al Tribunale, e di rinviare la causa dinanzi a quest'ultimo affinché statuisca nel merito. In via subordinata, essa chiede alla Corte di dichiarare che essa è legittimata a proseguire il procedimento con il patrocinio di un avvocato che soddisfi le condizioni di cui all'articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto e di rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca nel merito. Essa chiede altresì la condanna dell'EUIPO alle spese. 21. L'EUIPO chiede alla Corte di respingere l'impugnazione e di condannare la Ughi e Nunziante alle spese. La Commissione europea, il cui intervento a sostegno delle conclusioni dell'EUIPO è stato autorizzato con decisione del presidente della Corte del 18 settembre 2023, chiede parimenti il rigetto dell'impugnazione e la condanna della ricorrente alle spese. V. Valutazione 22. Con il suo secondo motivo di impugnazione, la Ughi e Nunziante fa valere, in sostanza, che il Tribunale avrebbe interpretato in maniera erronea le norme che disciplinano la rappresentanza dei ricorrenti non privilegiati dinanzi ai giudici dell'Unione, enunciate all'articolo 19 dello Statuto e all'articolo 51 del regolamento di procedura, dichiarando che il suo ricorso è stato sottoscritto da avvocati privi della qualità di «terzo indipendente» rispetto ad essa. 23. Con il suo terzo motivo di impugnazione, essa sostiene inoltre che, respingendo il suo ricorso in quanto manifestamente irricevibile senza che le fosse consentito di regolarizzare il suo atto introduttivo, il Tribunale avrebbe applicato una regola procedurale che non rispetterebbe né il suo diritto di accesso a un giudice, garantitole dall'articolo 47 della Carta, né il principio di proporzionalità, enunciato all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 24. Per le ragioni che mi accingo ad esporre, ritengo che il secondo motivo di impugnazione sia fondato, nei limiti in cui il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell'ambito della propria valutazione relativa all'indipendenza degli avvocati incaricati dalla ricorrente ai fini della sua rappresentanza dinanzi al giudice dell'Unione. Sono dell'avviso che occorrerà rinviare la presente causa dinanzi al Tribunale affinché quest'ultimo proceda a tale valutazione nel rispetto della giurisprudenza della Corte. 25. Reputo altresì che sia utile e opportuno che la Corte proceda all'esame del terzo motivo di impugnazione, in quanto esso solleva una questione procedurale importante che la Corte deve, a mio parere, risolvere. Ritengo infatti che la regola applicata dal Tribunale, secondo la quale un atto introduttivo non può essere regolarizzato e un ricorso dev'essere respinto in quanto manifestamente irricevibile se il rappresentante del ricorrente non gode dell'indipendenza richiesta rispetto a quest'ultimo, violi l'articolo 47, primo e secondo comma, e l'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. A. Sul secondo motivo di impugnazione, vertente sull'errata interpretazione del criterio dell'indipendenza del rappresentante ai sensi dell'articolo 19 dello Statuto 1. Argomenti delle parti 26. Con il suo secondo motivo di impugnazione, la Ughi e Nunziante fa valere, in sostanza, che il Tribunale, ai punti 16 e 17 dell'ordinanza impugnata, avrebbe interpretato in maniera erronea l'articolo 19 dello Statuto e l'articolo 51 del regolamento di procedura. A tal riguardo, la ricorrente solleva due censure. 27. La prima censura riguarda l'applicazione dell'articolo 19, quarto comma, dello Statuto. Infatti, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel dichiarare che il ricorso non è stato proposto conformemente a tale disposizione, poiché essa avrebbe depositato la documentazione comprovante che gli avvocati da essa scelti per rappresentarla erano abilitati al patrocinio dinanzi agli organi giurisdizionali italiani. 28. La seconda censura attiene alle condizioni di applicazione dell'articolo 19, terzo comma, dello Statuto, in particolare, in quanto esso esige che la parte sia rappresentata da un terzo che soddisfi i requisiti di indipendenza elaborati dalla giurisprudenza della Corte. 29. In primo luogo, la ricorrente sostiene che la situazione in questione non potrebbe essere equiparata a una situazione di autorappresentanza in cui lo studio legale rappresenta se stesso attraverso il proprio rappresentante legale. In tale contesto, essa sostiene che l'analogia, rilevata dal Tribunale al punto 16 dell'ordinanza impugnata, con l'ordinanza del 5 ottobre 2017, Hoyng Reimann Osterrieth Köhler Haft Monégier du Sorbier/EUIPO We do IP. 8 , sarebbe priva di pertinenza, in quanto lo studio legale ricorrente sarebbe stato rappresentato da un avvocato dotato non solo della qualità di avvocato associato dello studio, ma anche della qualità di legale rappresentante di quest'ultimo. La causa che ha dato luogo a tale ordinanza avrebbe avuto quindi ad oggetto la qualità di terzo dell'avvocato associato e non l'indipendenza dello stesso. 30. La ricorrente aggiunge che, per quanto riguarda lo studio legale Ughi e Nunziante, esso sarebbe costituito in forma di «associazione non riconosciuta come persona giuridica», ai sensi dell' articolo 36 del codice civile italiano, e che si configurerebbe come un autonomo soggetto di diritto rispetto ai suoi soci. Secondo la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione Italia , si tratterebbe di un ente collettivo costituente un centro autonomo di interessi fornito di un patrimonio distinto da quello dei singoli soci, che, seppur privo di personalità giuridica, sarebbe un soggetto di diritto, disciplinato dagli accordi stipulati dai soci. 31. In secondo luogo, la ricorrente afferma, in sostanza, che gli avvocati associati da essa scelti ai fini della sua rappresentanza dinanzi ai giudici dell'Unione soddisferebbero il requisito dell'indipendenza. 32. Sotto un primo profilo, essa ricorda la premessa secondo cui la rappresentanza in giudizio sarebbe tesa a tutelare gli interessi del cliente e, in particolare, il suo accesso alla giustizia e che, in tale contesto, dovrebbero essere sanzionate solo le ipotesi in cui risulti manifestamente che il rappresentante non sia in grado di svolgere tale incarico. 33. A tal riguardo, la ricorrente sostiene che la scelta di un avvocato effettuata dal legale rappresentante di uno studio legale, in possesso della qualifica professionale di avvocato, è una scelta privata pienamente consapevole. Nel caso di specie, la decisione della ricorrente di conferire mandato agli avvocati associati in seno all'associazione professionale costituita dalla Ughi e Nunziante sarebbe stata ponderata e consapevole, in quanto quest'ultima avrebbe voluto garantire continuità nella rappresentanza in giudizio non avendo suscitato difficoltà la rappresentanza della ricorrente dinanzi ai giudici italiani e dinanzi agli organi dell'EUIPO e privilegiare la conoscenza e la riservatezza del fascicolo, ossia interessi legittimi. 34. Sotto un secondo profilo, la ricorrente contesta al Tribunale di basare la sua valutazione sull'assioma secondo il quale l'avvocato associato di uno studio legale da questi rappresentato sarebbe, per ciò solo, privo di indipendenza. 35. La ricorrente sostiene che, sebbene la nozione di «avvocato», ai sensi dell'articolo 19, terzo comma, dello Statuto, debba essere interpretata in modo autonomo, per contro, i criteri richiesti al fine di accertare l'indipendenza dell'avvocato, vale a dire la mancanza di un rapporto di impiego e il riferimento alle norme professionali e deontologiche, dovrebbero essere esaminati tenendo conto della normativa nazionale di riferimento, tanto più in assenza di norme di diritto dell'Unione in materia. 36. Per quanto riguarda il primo criterio, essa sostiene che non vi sarebbe alcun rapporto di impiego o subordinazione tra l'associazione professionale costituita dalla Ughi e Nunziante e gli avvocati ad essa associati. La ricorrente sottolinea che, in Italia, l'esercizio della professione di avvocato sarebbe strutturalmente incompatibile con il lavoro subordinato. Occorrerebbe quindi distinguere la causa in esame da quella che ha condotto all'ordinanza del 13 maggio 2020, Pontinova/EUIPO – Ponti & Partners pontinova 9 , in cui il rappresentante della Ponti & Partners, SLP, era un dipendente di tale studio legale, ragion per cui tra l'avvocato e il suo cliente intercorreva un rapporto di impiego incompatibile con il requisito dell'indipendenza. Nel caso di specie, ai sensi dell' articolo 2, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, numero 247 – Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense 10 , un avvocato sarebbe un libero professionista lavoratore autonomo . L'iscrizione all'albo degli avvocati, alla quale l'articolo 2, comma 3, di tale legge subordinerebbe l'esercizio della professione di avvocato, sarebbe incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato. 37. Per quanto riguarda il secondo criterio, la ricorrente sostiene che non sussisterebbe alcun legame che pregiudichi manifestamente la capacità dei propri avvocati di adempiere il loro incarico difensivo. Anzitutto essa precisa che l'incarico di rappresentanza svolto dai suoi soci sarebbe conforme alla normativa nazionale pertinente nonché alle norme deontologiche della professione, le quali imporrebbero l'obbligo di indipendenza. 38. Essa sottolinea, poi, che l'esistenza di un legame associativo non sarebbe sufficiente ai sensi della giurisprudenza della Corte per ritenere che i rappresentanti di cui trattasi si trovino in una situazione manifestamente lesiva della loro capacità di difendere gli interessi del loro cliente. I membri dell'associazione professionale Ughi e Nunziante non sarebbero infatti soggetti ad alcun controllo con riferimento ai servizi legali resi, il che distinguerebbe la causa di cui trattasi da quella che ha dato luogo alla sentenza del 24 marzo 2022, PJ e PC/EUIPO 11 , in cui l'avvocato collaboratore era subordinato al socio fondatore dello studio e soggetto al suo effettivo controllo. Peraltro, le posizioni di collaboratore e di socio di studio legale non sarebbero equiparabili e differirebbero profondamente in materia di autonomia e di indipendenza, che i soci conserverebbero pienamente anche rispetto alla struttura da essi rappresentata. 39. Infine la ricorrente sottolinea, da un lato, che lo status di socio dell'associazione professionale costituita dalla Ughi e Nunziante non determinerebbe alcuna ipotesi di conflitto di interessi e si caratterizzerebbe piuttosto come una comunanza di interessi, il che non comporterebbe, secondo la giurisprudenza della Corte, un'incapacità del rappresentante nel difendere il proprio cliente. Dall'altro lato, non sussisterebbe alcun elemento per ritenere che questi ultimi, in qualità di avvocati associati dell'associazione professionale che rappresentano, abbiano subìto una qualsivoglia pressione esterna o indebita ingerenza da parte di terzi, tale da incidere sulla loro autonomia e indipendenza di giudizio. 40. L'EUIPO, sostenuto dalla Commissione, contesta le affermazioni della ricorrente. 2. Valutazione a Sulla prima censura, vertente sull ' errata applicazione dell ' articolo 19, quarto comma, dello Statuto 41. Ritengo, al pari della ricorrente, che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto al punto 17 dell'ordinanza impugnata nel dichiarare che «il … ricorso non è stato proposto conformemente all'articolo 19, commi terzo e quarto, dello Statuto», benché sia pacifico che ciascuno dei suoi rappresentanti soddisfaceva la condizione enunciata all'articolo 19, quarto comma, dello Statuto. Infatti, questi ultimi erano abilitati al patrocinio in qualità di avvocato dinanzi agli organi giurisdizionali italiani e avevano depositato presso il Tribunale la documentazione comprovante la loro idoneità a tal fine. 42. Ricordo che, secondo una giurisprudenza costante, le condizioni enunciate, rispettivamente, all'articolo 19, terzo comma, e all'articolo 19, quarto comma, dello Statuto sono, certamente, cumulative, ma anche distinte. La prima condizione, di cui all'articolo 19, terzo comma, dello Statuto, esige che le parti non privilegiate siano rappresentate da un avvocato, mentre la seconda condizione, di cui all'articolo 19, quarto comma, dello Statuto, richiede che tale avvocato sia abilitato al patrocinio dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell'accordo SEE 12 . 43. Nei limiti in cui l'abilitazione dei rappresentanti in questione a patrocinare dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro non era in discussione, il Tribunale non poteva legittimamente fondare la propria decisione di rigetto per manifesta irricevibilità sull'articolo 19, quarto comma, dello Statuto. b Sulla seconda censura, vertente sull ' errata applicazione dell ' articolo 19, terzo comma, dello Statuto 44. La seconda censura solleva la questione della rappresentanza degli studi legali dinanzi agli organi giurisdizionali dell'Unione ai sensi dell'articolo 19, terzo comma, dello Statuto. La Corte ha elaborato due principi giurisprudenziali relativi all'incarico e alle condizioni della rappresentanza in giudizio delle persone giuridiche quello relativo alla necessaria rappresentanza da parte di un terzo e quello relativo al soddisfacimento del criterio dell'indipendenza dell'avvocato. 1 Principi giurisprudenziali che disciplinano la rappresentanza delle persone giuridiche dinanzi al giudice dell'Unione 45. Non ripercorrerò in questa sede le origini di tale giurisprudenza né le numerose difficoltà che la sua applicazione ha comportato, perfettamente illustrate dall'avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nelle cause riunite Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA 13 . È sotto l'impulso di quest'ultimo e dell'avvocato generale Emiliou, il quale ha presentato le sue conclusioni nella causa Universität Bremen/REA 14 , che la Corte ha «riorientato» la propria giurisprudenza 15 . 46. Allo stato attuale di tale giurisprudenza, la rappresentanza di una parte fornita da un «avvocato» ai sensi dell'articolo 19, terzo comma, dello Statuto deve soddisfare le seguenti condizioni. 47. In primo luogo, una «parte», qualunque sia la sua qualità, non è autorizzata ad agire in prima persona dinanzi ad un organo giurisdizionale dell'Unione, ma deve ricorrere ai servizi di un terzo 16 . Si tratta di un requisito procedurale che figura tra i motivi di ordine pubblico che la Corte deve sollevare d'ufficio 17 . Poiché nessuna deroga o eccezione a tale obbligo è prevista dallo Statuto o dal regolamento di procedura della Corte, quest'ultima considera che un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi ad un organo giurisdizionale nazionale non può rappresentare se stesso 18 e, nel caso di una persona giuridica, che quest'ultima non può farsi rappresentare dal proprio rappresentante legale 19 . Pertanto, contrariamente alle norme applicabili alla rappresentanza in giudizio degli studi legali dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, dalla giurisprudenza della Corte risulta che questi ultimi non possono essere rappresentati dal loro rappresentante legale dinanzi ai giudici dell'Unione 20 . 48. Come giustamente ricordato dal Tribunale al punto 8 dell'ordinanza impugnata, tale rappresentanza tramite un avvocato deve, da un lato, impedire che le parti private agiscano in giudizio in prima persona senza ricorrere a un intermediario e, dall'altro, garantire che le persone giuridiche siano difese da un rappresentante sufficientemente distaccato dalla persona giuridica che rappresenta, e ciò in modo da garantire una buona amministrazione della giustizia ma soprattutto da tutelare e difendere al meglio gli interessi del mandante, in piena indipendenza nonché nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche 21 . 49. In secondo luogo, tale requisito di indipendenza è definito alla luce di due condizioni 22 . 50. La prima condizione richiede che non sussista un rapporto di impiego tra l'avvocato e il suo cliente definizione «negativa» . 51. La seconda condizione si riferisce alla disciplina professionale dell'avvocato definizione «positiva» . Secondo la Corte, tale indipendenza deve essere intesa come assenza non già di un qualsivoglia legame tra l'avvocato e il suo cliente, ma unicamente di legami che pregiudichino manifestamente la capacità dell'avvocato di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente, nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche 23 . La Corte considera che il giudice dell'Unione deve esercitare un sindacato ristretto e limitarsi a sanzionare con l'irricevibilità il ricorso nell'ambito del quale risulti manifestamente che l'avvocato non è in grado di svolgere il proprio incarico difensivo. La Corte fa riferimento a un'«irregolarità nell'incarico di rappresentanza» che richiede che l'avvocato sia escluso nell'interesse della parte che rappresenta 24 . Una siffatta giurisprudenza implica, a mio avviso, che il giudice dell'Unione stabilisca in modo motivato che esistono motivi seri e legittimi per dubitare della capacità dell'avvocato di adempiere il suo incarico di rappresentanza. Soltanto motivi del genere dovrebbero consentire di limitare il diritto riconosciuto a ogni individuo di essere rappresentato da un avvocato di sua scelta 25 . 52. È alla luce di tali principi che occorre esaminare la fondatezza della seconda censura sollevata dalla ricorrente. 2 Applicazione alla fattispecie in esame 53. Dalla motivazione esposta al punto 15 dell'ordinanza impugnata risulta che la ricorrente, un'associazione professionale di avvocati, ha designato, ai fini della propria rappresentanza dinanzi al Tribunale, tre avvocati associati in seno a tale associazione professionale. La procura rilasciata dalla Ughi e Nunziante è stata firmata dal legale rappresentante di detta associazione professionale, l'avv. Roberto Leccese. 54. La Ughi e Nunziante spiega che la scelta effettuata in merito ai suoi rappresentanti in giudizio è una scelta di ordine privato, operata in modo ponderato e consapevole dai professionisti del diritto, tenendo conto degli interessi legittimi che stava perseguendo. A questo proposito, essa afferma che tale scelta rispondeva alla necessità di garantire continuità nella rappresentanza in giudizio di detta associazione professionale, e consentiva a quest'ultima di essere rappresentata dinanzi al giudice dell'Unione da avvocati che essa riteneva qualificati, in quanto in possesso di una conoscenza approfondita della causa, che essi avevano precedentemente patrocinato dinanzi agli organi giurisdizionali italiani e alla commissione di ricorso dell'EUIPO, e intenzionati a difendere i medesimi interessi. Preciso che, tanto dinanzi agli organi giurisdizionali italiani quanto dinanzi alla commissione di ricorso dell'EUIPO, la regolarità della rappresentanza di uno studio legale da parte di uno dei suoi membri sembra acquisita 26 . 55. Al punto 17 dell'ordinanza impugnata, il Tribunale ha tuttavia dichiarato che il ricorso è stato sottoscritto da avvocati che non hanno la qualità di «terzo indipendente» rispetto alla Ughi e Nunziante. Il Tribunale si è basato sul postulato, enunciato al punto 16 di tale ordinanza, che «la qualità di avvocati associati in seno allo studio legale, ricorrente nella fattispecie, … non è compatibile con i requisiti di indipendenza richiesti per rappresentarlo dinanzi al Tribunale». 56. Orbene, ritengo che un'affermazione così generica e perentoria, che porti ad inasprire le condizioni di rappresentanza degli studi legali dinanzi al giudice dell'Unione, non sia compatibile con la giurisprudenza della Corte. 57. Da un lato, mentre la Corte si basa su una presunzione di indipendenza dell'avvocato 27 , il Tribunale stabilisce qui una presunzione di dipendenza. 58. Dall'altro lato, laddove la Corte richiede di dimostrare l'esistenza di legami che pregiudichino manifestamente la capacità dell'avvocato di adempiere il suo incarico difensivo, si deve constatare che, nel caso di specie, il Tribunale non ha proceduto a una siffatta dimostrazione, fondando il proprio ragionamento unicamente sulla loro qualità di avvocati associati in seno all'associazione professionale costituita dalla Ughi e Nunziante. 59. Sebbene quest'ultimo si riferisca per analogia all'ordinanza del 5 ottobre 2017, Hoyng Reimann Osterrieth Köhler Haft Monégier du Sorbier/EUIPO We do IP. 28 , non ritengo che un siffatto riferimento possa giustificare il suo ragionamento. 60. In primo luogo, in tale ordinanza il Tribunale ha dichiarato che un avvocato associato in seno allo studio legale che rappresenta non può essere considerato un terzo che fornisce, in piena indipendenza, l'assistenza legale di cui il cliente ha bisogno, tenuto conto della concezione del ruolo dell'avvocato nell'ordinamento giuridico dell'Unione 29 . Il Tribunale ha precisato che l'obbligo imposto a una parte, anche quando essa ha la qualità di avvocato, di ricorrere a un terzo per assicurare la sua rappresentanza dinanzi ai giudici dell'Unione pone le parti nelle stesse condizioni di difesa dinanzi a tali giudici, indipendentemente dalla loro qualità professionale, ed è pertanto idoneo a garantire il principio di uguaglianza 30 . 61. Orbene, non condivido tale ragionamento. Sebbene lo scopo cui si riferisce il Tribunale sia quello di garantire il principio di uguaglianza tra le «parti» e quindi di assicurare le stesse condizioni di difesa dinanzi al giudice dell'Unione, la sua posizione mi sembra in realtà ancora più rigida di quella che verrebbe adottata nei confronti di qualsiasi altra «parte» del procedimento. Infatti, tale ragionamento non tiene conto delle caratteristiche specifiche degli studi legali che li distinguono, a mio avviso, da qualsiasi altra persona giuridica. Per forza di cose, uno studio legale non si trova nelle stesse condizioni di difesa a causa non solo del suo oggetto sociale, che risiede nell'assicurare la difesa delle parti e la rappresentanza in giudizio, ma anche della sua struttura, che riunisce professionisti del diritto e, in particolare, avvocati abilitati a patrocinare dinanzi ai giudici nazionali, e soggetti a regole professionali e deontologiche proprie. 62. In secondo luogo, dagli atti processuali della causa che ha condotto all'ordinanza del 5 ottobre 2017, Hoyng Reimann Osterrieth Köhler Haft Monégier du Sorbier/EUIPO We do IP. 31 , emerge che l'avvocato associato era anche il rappresentante legale dello studio legale. La giurisprudenza sulla quale si è fondato il Tribunale in tale ordinanza si riferisce peraltro a situazioni in cui un singolo avvocato assicurava personalmente la propria difesa. 63. Nel caso di specie, non sussiste una siffatta confusione delle qualità poiché la Ughi e Nunziante non è rappresentata dinanzi al giudice dell'Unione dal suo legale rappresentante. 64. Di conseguenza, l'analogia tracciata dal Tribunale ha come conseguenza che il fatto che uno studio legale sia rappresentato dal suo rappresentante legale oppure da un altro avvocato associato è sufficiente, in entrambi i casi, per ritenere che tale studio non soddisfi i requisiti di rappresentanza imposti dall'articolo 19, terzo comma, dello Statuto. 65. Come risulta dalla nota di ricerca 24/005, soltanto la normativa francese si basa su un'interpretazione così rigida del mandato di rappresentanza degli studi legali. Le disposizioni del diritto francese vietano infatti a un avvocato associato di rappresentare lo studio legale nel quale egli esercita e che è parte in un processo, per il motivo che esso ricopre sia una posizione di dirigente della società sia di azionista/socio in tutte le forme giuridiche che uno studio legale può assumere. Quest'ultimo è quindi tenuto a farsi rappresentare da un avvocato esterno allo studio. Per contro, le norme di procedura francesi sembrano costituire un'eccezione. In realtà risulta che, nella maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali, quando le disposizioni procedurali impongono a una persona di essere rappresentata da un avvocato, gli studi legali che siano parti in un procedimento sono dispensati dall'obbligo di rappresentanza, dato che non hanno bisogno di ricorrere a un terzo per garantire la difesa dei loro interessi e possono essere rappresentati da uno dei loro membri 32 . 66. L'approccio adottato dal Tribunale riflette un'interpretazione particolarmente restrittiva delle condizioni di rappresentanza degli studi legali dinanzi al giudice dell'Unione, creando una presunzione di dipendenza, in quanto priva tali studi della facoltà di essere rappresentati da uno dei loro soci diverso dal rappresentante legale, indipendentemente dalla forma giuridica di detti studi, dalle norme nazionali che disciplinano l'esercizio della professione forense 33 nonché dalle modalità di collaborazione e partecipazione degli avvocati associati in seno a tali strutture. 67. Peraltro, rilevo che il Tribunale non ha posto la Ughi e Nunziante in grado di confutare tale presunzione di dipendenza dei rappresentanti interessati consentendo a tale studio legale di fornire precisazioni in merito alla natura e alla portata dei suoi rapporti con tali rappresentanti, i quali, lo ricordo, non sono i suoi rappresentanti legali. Il Tribunale avrebbe potuto adottare una misura di organizzazione del procedimento, alla quale generalmente ricorre in questi casi 34 . 68. Offrire alla ricorrente una possibilità del genere mi sembra tuttavia essenziale alla luce delle conseguenze giuridiche che il Tribunale trae dalla violazione del requisito dell'indipendenza, sulle quali tornerò nell'ambito dell'esame del terzo motivo. 69. Ciò mi sembra altrettanto importante tenuto conto della diversità delle norme nazionali che disciplinano l'esercizio di tale professione. La Corte lo ha già evidenziato nella sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. 35 , e lo ha di nuovo recentemente ricordato nella sentenza PJ e PC/EUIPO 36 , nonché nelle ordinanze Kirimova/EUIPO 37 e del 15 febbraio 2023, Fundacja Instytut na rzecz Kultury Prawnej Ordo Iuris/Parlamento 38 . In queste ultime ordinanze, in cui era chiamata a pronunciarsi sull'indipendenza dei rappresentanti in giudizio, la Corte ha sottolineato che «la professione di avvocato viene esercitata in forme diverse, che vanno dall'esercizio individuale a quello all'interno di grandi studi internazionali, e che spetta agli avvocati associati definire liberamente le modalità della loro collaborazione e dei loro rapporti contrattuali, fatto salvo il rispetto della legge, delle norme professionali nazionali e delle norme deontologiche». Pertanto, un avvocato può esercitare come dipendente di un altro avvocato, di un'associazione o di una società di avvocati, o all'interno di una società pubblica o privata 39 . A seconda delle circostanze e della forma assunta dalla società di avvocati, l'avvocato associato potrà o meno esercitare un'influenza determinante sulle decisioni dello studio legale in ragione della sua partecipazione al capitale mediante la detenzione di azioni o quote sociali o ai suoi organi amministrativi disponendo di diritti di voto . 70. Alla luce di tali elementi ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel presumere che i rappresentanti interessati non soddisfacessero il requisito dell'indipendenza, senza accertare in che misura il loro status di avvocati associati ne pregiudicasse manifestamente la capacità di adempiere il loro incarico difensivo. 71. Propongo pertanto alla Corte di dichiarare fondato il secondo motivo di impugnazione e rinviare al Tribunale il compito di effettuare tale valutazione. 72. In tale contesto, spetterà ad esso valutare l'insieme degli elementi forniti dalla ricorrente riguardanti non solo la forma giuridica di quest'ultima, le norme nazionali che disciplinano l'esercizio della professione forense in Italia nonché le modalità di collaborazione e partecipazione degli avvocati associati in seno a tali strutture, ma anche l'oggetto della controversia. 73. Per quanto riguarda la questione se la situazione in esame sia assimilabile a un caso di autorappresentanza, occorrerà tener conto del fatto che la Ughi e Nunziante è un soggetto di diritto autonomo rispetto ai suoi membri e non è rappresentata dal suo legale rappresentante, l'avv. Leccese, anch'egli incaricato della gestione di tale associazione 40 , ma da tre soci di detto studio legale, incaricati da quest'ultimo, che non sono dipendenti dell'associazione professionale costituita dalla Ughi e Nunziante. 74. Occorrerà altresì esaminare se sussista un rapporto di impiego tra la ricorrente e i suoi rappresentanti che possa invertire la presunzione di indipendenza di questi ultimi. A tal riguardo la ricorrente sottolinea che, conformemente alle norme professionali e deontologiche applicabili all'esercizio della professione forense in Italia, e in particolare all' articolo 2, commi 1 e 3, della legge numero 247/2012 , gli avvocati che la rappresentano non sono lavoratori subordinati di tale associazione professionale. L'iscrizione all'albo degli avvocati sarebbe infatti incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato e questi ultimi eserciterebbero in quanto lavoratori autonomi. La ricorrente aggiunge che, ai sensi dell' articolo 4, comma 1, della legge numero 247/2012 , la partecipazione ad un'associazione tra avvocati non può pregiudicare l'autonomia, la libertà e l'indipendenza intellettuale o di giudizio dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico che gli è conferito. 75. Inoltre, per quanto riguarda la questione se il legame «associativo» esistente tra la ricorrente e i suoi rappresentanti sia manifestamente idoneo a pregiudicare il requisito dell'indipendenza e a configurare un'«irregolarità nell'incarico di rappresentanza», è vero che la Corte ha dichiarato come non sufficientemente indipendente dalla persona giuridica che rappresenta l'avvocato che sia investito di competenze amministrative e finanziarie rilevanti all'interno della persona giuridica che rappresenta 41 , o l'avvocato che occupi alte cariche dirigenziali in seno alla persona giuridica che rappresenta 42 o, ancora, l'avvocato che possieda azioni della società che rappresenta e di cui presiede il consiglio di amministrazione 43 . 76. Nel caso di specie, la Ughi e Nunziante sottolinea che essa è costituita in forma di associazione professionale, che i suoi rappresentanti non sono lavoratori subordinati e che essi non sono soggetti a controllo sui servizi legali resi. Inoltre dall'impugnazione della ricorrente risulta che, in Italia, secondo il codice deontologico forense, l'avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto di interessi 44 . La giurisprudenza italiana ritiene che un conflitto di interessi infici la validità del mandato non solo quando tale conflitto è accertato, ma anche se esso è solo potenziale, ossia legato per definizione alla natura del rapporto e all'oggetto della controversia 45 . 77. Infine, occorrerà stabilire se l'esercizio dell'attività professionale dei rappresentanti della Ughi e Nunziante in seno a tale associazione professionale possa influire sulla loro indipendenza, in ragione dell'esistenza di un interesse comune alla soluzione della controversia e del rischio che il loro parere professionale sia, almeno in parte, influenzato dal loro ambiente professionale 46 . Nel suo controricorso l'EUIPO sottolinea infatti che la comunanza di interessi tra la parte di una controversia e il suo avvocato non implicherebbe necessariamente la migliore tutela dei diritti di tale parte. Orbene, la Corte ha dichiarato, nella sentenza del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA 47 , confermata nell'ordinanza Kirimova/EUIPO 48 , che l'esistenza di interessi comuni alla soluzione di una controversia tra il mandante e il suo rappresentante non basta a dimostrare un'incapacità di tale rappresentante nel garantire debitamente la rappresentanza affidatagli. Nel caso di specie, si dovrà quindi tenere conto dell'oggetto della controversia, che riguarda una domanda di decadenza del marchio dell'Unione europea UGHI E NUNZIANTE inizialmente depositato dagli avvocati Giovanni Maria Ughi e Giovanni Battista Nunziante il primo è deceduto mentre il secondo ha fondato un altro studio legale Nunziante Magrone . 78. Ritengo che spetti al Tribunale effettuare tale valutazione alla luce di tutti gli elementi messi a sua disposizione. B. Sul terzo motivo di impugnazione, vertente sull'esistenza di una limitazione sproporzionata del diritto di accesso a un giudice, contraria all'articolo 47, commi primo e secondo, e all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta 79. Questo terzo motivo di impugnazione attiene, in sostanza, alla compatibilità con la Carta delle conseguenze giuridiche connesse alla violazione del requisito dell'indipendenza dell'avvocato in occasione della rappresentanza del ricorrente dinanzi al giudice dell'Unione. 1. Argomentazione delle parti 80. La Ughi e Nunziante sostiene che una norma procedurale in forza della quale un atto introduttivo presentato in violazione del requisito dell'indipendenza non può essere regolarizzato, e il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile, non rispetterebbe né il suo diritto di accesso alla giustizia garantitole dall'articolo 47 della Carta, né il principio di proporzionalità enunciato all'articolo 52, paragrafo 1, della stessa, né le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri nonché le legislazioni e prassi nazionali dei medesimi. 81. La ricorrente addebita in particolare al Tribunale l'adozione di un'interpretazione eccessivamente rigida del suo regolamento di procedura, la quale trascurerebbe di tener conto del fatto che il requisito relativo all'indipendenza dell'avvocato deriverebbe da un'elaborazione giurisprudenziale e che esso non sarebbe espressamente menzionato all'articolo 19, terzo comma, dello Statuto. 82. Essa sottolinea che sarebbe paradossale che l'inosservanza delle norme che disciplinano la presentazione del ricorso espressamente indicate nella normativa pertinente sia sanabile, laddove ciò non sarebbe possibile per il difetto di rappresentanza determinato dall'assenza del requisito dell'indipendenza dell'avvocato, che tuttavia non è espressamente previsto da tale normativa, in violazione dell'articolo 52 della Carta. 83. L'EUIPO, sostenuto dalla Commissione, contesta l'argomento della ricorrente. A sostegno dei loro argomenti, l'EUIPO e la Commissione si basano essenzialmente sulla sentenza PJ e PC/EUIPO, sulla quale il Tribunale ha fondato il suo ragionamento. 2. Valutazione 84. Per le ragioni che mi accingo ad esporre ritengo che, allo stato attuale della prassi, la regola secondo la quale non è possibile regolarizzare un atto introduttivo presentato da una persona il cui rappresentante legale non soddisfi i requisiti di indipendenza imposti, e il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, limiti il diritto di accesso del ricorrente alla giustizia a condizioni incompatibili con i principi enunciati all'articolo 47, primo e secondo comma, e all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 85. Condivido pertanto le opinioni già espresse al riguardo dall'avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nelle cause riunite Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA 49 , nonché dall'avvocato generale Emiliou nelle sue conclusioni nella causa Universität Bremen/REA 50 . 86. Come risulta dalle sentenze del 26 settembre 2024, Ordre des avocats du barreau de Luxembourg 51 , e del 2 ottobre 2024, Ordre des avocats à la cour de Paris e Couturier/Consiglio 52 , pronunciate rispettivamente dalla Corte e dal Tribunale, l'obiettivo della procura ad litem o anche, per riprendere i termini della giurisprudenza, il «compito fondamentale in una società democratica» «che agli avvocati è affidato» è quello di contribuire al buon funzionamento della giustizia nonché di garantire la tutela e la difesa degli interessi della parte 53 . Tale obiettivo impone, a mio avviso, che detta parte sia posta in grado di regolarizzare il proprio ricorso qualora il rappresentante che ha scelto non soddisfi il requisito d'indipendenza imposto. 87. Ricordo che il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti agli individui dal diritto dell'Unione riveste importanza cardinale e costituisce un principio generale del diritto dell'Unione, derivante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri 54 . Tale principio è sancito sia all'articolo 47 della Carta sia all'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 55 . 88. Il fatto di poter effettivamente far valere i propri diritti in giudizio implica non solo il diritto di ogni persona di farsi consigliare, difendere e rappresentare da un avvocato, ma anche quello di poter accedere a un giudice al fine di far valere le proprie pretese e beneficiare di un controllo giurisdizionale tanto in materia civile quanto in materia penale 56 . La Corte ha d'altronde riconosciuto che «l'obbligo imposto a una “parte” di farsi rappresentare da un avvocato non pregiudica … né il diritto del ricorrente a un ricorso effettivo, né il suo diritto di accesso ad un giudice imparziale, né quello di ottenere che la sua causa sia esaminata equamente» 57 . Orbene, non si dovrebbe pervenire a una situazione paradossalmente inversa in cui a una parte, legalmente tenuta a farsi rappresentare da un avvocato, fosse precluso definitivamente l'accesso all'autorità giurisdizionale a causa di un errore commesso nella scelta di tale avvocato, errore al quale le fosse impossibile porre rimedio. Una situazione del genere non è accettabile. 89. Certo, il diritto di accesso alla giustizia non appare una prerogativa assoluta, potendo essere soggetto a limitazioni tramite la definizione di condizioni di ammissibilità. Ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, queste ultime devono essere previste dalla legge, rispettare il contenuto essenziale di detto diritto e, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere appropriate e necessarie per soddisfare finalità di interesse generale o l'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui 58 . Ricordo in tale contesto che, conformemente a una costante giurisprudenza, il principio secondo cui ogni limitazione all'esercizio dei diritti fondamentali deve essere prevista dalla legge implica che l'atto che consente l'ingerenza in siffatti diritti deve definire esso stesso la portata della limitazione dell'esercizio del diritto interessato 59 . 90. Tali condizioni sono cumulative. 91. Orbene, constato che la regola secondo la quale un ricorso non può essere regolarizzato, e il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, se il rappresentante del ricorrente non gode dell'indipendenza richiesta rispetto a quest'ultimo, è una limitazione che non è espressamente prevista dalla legge e che mi sembra avere un fondamento essenzialmente pretorio. 92. Per quanto riguarda, in primo luogo, lo Statuto e il regolamento di procedura, nessuno di essi menziona il requisito relativo all'indipendenza dell'avvocato né, a fortiori , le conseguenze giuridiche connesse all'inosservanza di tale requisito. 93. L'articolo 19, terzo comma, dello Statuto, al quale rinvia l'articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura, si limita a disporre che le parti non privilegiate «devono essere rappresentate da un avvocato». Lo Statuto non fa quindi alcun riferimento al requisito dell'indipendenza dell'avvocato mentre, in pratica, la giurisprudenza lo ha reso una condizione di ammissibilità. Una situazione del genere può essere idonea a ingenerare una certa confusione nella mente della parte riguardo alle modalità della sua rappresentanza in giudizio dinanzi al giudice dell'Unione. È vero che la Corte ammette che una limitazione di un diritto fondamentale possa essere formulata in termini tanto ampi da potersi adattare a fattispecie diverse e a mutamenti di situazioni 60 . Tuttavia non ritengo che si possa interpretare l'articolo 19, terzo comma, dello Statuto nel senso che esso subordina la ricevibilità dell'atto introduttivo alla condizione che il rappresentante soddisfi tutte le garanzie di indipendenza, salvo violare i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, i quali impongono che una disposizione procedurale sia sufficientemente chiara e precisa e che la sua applicazione sia abbastanza prevedibile per un soggetto 61 . 94. Osservo che la condizione relativa all'abilitazione dell'avvocato al patrocinio dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale e quella relativa alla regolarità del suo mandato sono oggetto di disposizioni espresse, all'articolo 19, quarto comma, dello Statuto nonché all'articolo 51, paragrafi 2 e 3, del regolamento di procedura. Come rilevato dall'avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nelle cause riunite Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA 62 , nulla impedirebbe di formulare un criterio atto a rendere prevedibili per i ricorrenti le potenziali conseguenze della scelta del loro rappresentante in giudizio 63 . 95. Per quanto riguarda, in secondo luogo, le Norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura del Tribunale, del 20 maggio 2015 64 in prosieguo le «NPE» , nella loro versione quale modificata il 17 ottobre 2018 65 , esse precisavano, al punto 78, che «[i]l rappresentante che effettua il deposito mediante e-Curia [come avvenuto nel caso di specie] deve soddisfare tutti i requisiti previsti dall'articolo 19 dello Statuto e , qualora sia un avvocato, deve godere della necessaria indipendenza nei confronti della parte che rappresenta» 66 . 96. Sebbene, conformemente al loro sesto considerando e al loro punto 104, le NPE 67 figurino tra le norme di cui il cancelliere deve garantire il rispetto, unitamente alle disposizioni dello Statuto e del regolamento di procedura, esse non possono tuttavia essere considerate una «legge» ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Infatti tali NPE sono state adottate, in applicazione dell'articolo 224 del regolamento di procedura, dal presidente e dal cancelliere del Tribunale e hanno lo scopo di spiegare, precisare e integrare talune disposizioni del regolamento di procedura per esigenze di trasparenza, certezza del diritto e corretta attuazione del regolamento di procedura 68 . Ai sensi del quarto considerando 69 , esse devono consentire ai rappresentanti delle parti di tener conto di elementi che il Tribunale dell'Unione deve prendere in considerazione, in particolare quelli relativi al deposito degli atti processuali. Ciò è dimostrato dall'uso della congiunzione coordinante «e» al punto 78 delle NPE, che integra il requisito dell'indipendenza dell'avvocato elaborato nella giurisprudenza del Tribunale e della Corte. 97. È vero che le NPE, essendo oggetto di pubblicazione in tutte le lingue ufficiali dell'Unione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea , unitamente al regolamento di procedura, consentono che le parti in causa e i loro rappresentanti siano informati. Tuttavia non ritengo che tale informazione sia sufficientemente completa e trasparente. Il difetto di indipendenza del rappresentante costituisce infatti, secondo la giurisprudenza, un'eccezione di irricevibilità insanabile sebbene, da un lato, il concetto di «indipendenza» non sia una nozione semplice da delineare e, dall'altro, non vi sia alcuna precisazione quanto alle conseguenze giuridiche connesse a tale vizio. A questo proposito, sebbene le NPE precisino in maniera esaustiva, ai loro punti da 101 a 103 nonché nei loro allegati da 1 a 3 70 , i casi in cui i ricorsi possano o non possano essere regolarizzati dal cancelliere, si deve constatare che non viene fatta alcuna menzione del caso in cui il ricorso sia stato proposto da una persona il cui rappresentante non soddisfi i requisiti di indipendenza richiesti 71 . 98. La circostanza che le NPE siano state rifuse il 10 luglio 2024 72 non pregiudica tale conclusione. Infatti, il punto 73 delle NPE dispone attualmente che «[i]l rappresentante deve soddisfare tutti i requisiti previsti dall'articolo 19 dello statuto e , qualora sia un avvocato o un professore, deve godere della necessaria indipendenza nei confronti della parte che rappresenta» 73 . Tuttavia, le suddette NPE non contengono alcuna definizione delle conseguenze procedurali connesse all'inosservanza del requisito dell'indipendenza dell'avvocato. 99. Si deve pertanto concludere, alla luce di tutti questi elementi, che tale condizione di ricevibilità, che ha la conseguenza di impedire l'accesso a un giudice, non è prevista dalla legge, ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 100. Il ricorrente dovrebbe tuttavia esserne chiaramente informato, tanto più in un contesto caratterizzato dalla diversità delle condizioni di rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali nonché agli organi d'appello degli organi, organismi e agenzie specializzati dell'Unione 74 . 101. Tali considerazioni sono, in linea di principio, sufficienti per constatare una violazione da parte del Tribunale dell'articolo 47, commi primo e secondo, nonché dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, tenuto conto del carattere cumulativo delle condizioni enunciate in quest'ultimo articolo. 102. Tuttavia, formulerò due ulteriori osservazioni. 103. Da un lato, ritengo che la regola giurisprudenziale in forza della quale non è possibile regolarizzare un atto introduttivo presentato da una persona il cui rappresentante legale non soddisfi i requisiti di indipendenza richiesti, e il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, sia tale da incidere sul contenuto essenziale del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo dinanzi al giudice dell'Unione. Non consentendo alla ricorrente di regolarizzare il suo ricorso, quest'ultima si trova nell'impossibilità di sottoporre a sindacato giurisdizionale dinanzi al giudice competente la decisione pronunciata dalla commissione di ricorso dell'EUIPO di cui essa è destinataria 75 . 104. Dall'altro lato, ho la sensazione che tale regola non sia appropriata alla luce dell'obiettivo da essa perseguito ed ecceda i limiti di quanto necessario per il corretto svolgimento del processo. 105. Infatti, se è vero che la rappresentanza da parte di un avvocato indipendente ha soprattutto lo scopo di garantire che gli interessi della parte in causa siano tutelati e difesi al meglio 76 , una siffatta regola è in contrasto con tale obiettivo in quanto comporta automaticamente l'irricevibilità del ricorso proposto da detta parte senza che ciò sia richiesto per il corretto svolgimento del procedimento. I principi elaborati dalla Corte hanno la finalità di escludere il rappresentante nell'interesse del suo cliente e non di escludere il cliente dalle aule giudiziarie. Di conseguenza, e in termini figurati, tale regola mi sembra un rimedio peggiore del male poiché il soggetto che, nei confronti del giudice, è l'unica parte in causa viene privato della possibilità di correggere un vizio che inficia la sua rappresentanza, laddove il suo avvocato deve a priori svolgere soltanto un «ruolo di intermediario in [suo] favore» 77 . La limitazione in questione mi sembra tanto più restrittiva in quanto il soggetto viene privato di qualsiasi possibilità di contestare una decisione e far valere utilmente il proprio punto di vista nell'ambito di un successivo procedimento dinanzi al giudice dell'Unione Una situazione del genere crea manifestamente una lacuna nella tutela giurisdizionale delle persone fisiche e giuridiche dinanzi al giudice dell'Unione, il che pregiudica la necessaria coerenza del sistema di tutela giurisdizionale previsto dal diritto dell'Unione 78 . 106. Tale analisi si inserisce nel solco giurisprudenziale tracciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in merito all'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU . 107. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, il «diritto a un giudice» sancito dall'articolo 6 della CEDU impone di garantire al soggetto dell'ordinamento un diritto effettivo di accesso al giudice per le decisioni relative ai suoi diritti e obblighi di carattere civile 79 . Essa ammette tuttavia che tale diritto non è assoluto e che possa prestarsi a limitazioni, in particolare per quanto riguarda le condizioni di ricevibilità dei ricorsi 80 . In tale contesto, tale Corte esamina se la norma procedurale di cui trattasi comporti «conseguenze manifestamente eccessive» e istituisca un ostacolo sproporzionato al diritto di accesso dei ricorrenti al giudice 81 . Orbene, nella sua sentenza dell'11 febbraio 2014, Maširević c. Serbia 82 , detta Corte ha dichiarato che un'interpretazione eccessivamente rigida delle norme procedurali nazionali in materia di rappresentanza obbligatoria costituisce una violazione di tale articolo 6 e, in particolare, del diritto a un giudice quando l'atto introduttivo del ricorrente, nella fattispecie, un avvocato in esercizio, è dichiarato irricevibile, privando quindi quest'ultimo di un esame completo del merito delle sue asserzioni 83 . 108. Come risulta dall'analisi comparativa effettuata nella nota di ricerca 24/005, la maggioranza degli Stati membri prevede quindi la validità degli atti processuali compiuti in violazione delle norme relative al requisito dell'indipendenza in occasione della rappresentanza di uno studio legale, validità che non può essere rimessa in discussione. Benché, ancora una volta, il diritto civile e amministrativo francese si distinguano, stabilendo che una siffatta inosservanza costituisce un'irregolarità sostanziale atta a determinare l'irricevibilità del ricorso, tuttavia in diritto amministrativo tale inosservanza può essere regolarizzata in pendenza di giudizio 84 , avendo il Conseil d'État Consiglio di Stato, Francia dichiarato che una siffatta irricevibilità può essere pronunciata solo dopo che il giudice abbia invitato il suo autore a regolarizzarla 85 . 109. Alla luce di tutti questi elementi, ritengo che la regola secondo la quale non è possibile regolarizzare un atto introduttivo presentato da una persona il cui rappresentante legale non soddisfi i presupposti di indipendenza richiesti, e il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, limiti il diritto di accesso del ricorrente alla giustizia a condizioni che non sono compatibili con i principi enunciati all'articolo 47, primo e secondo comma, e all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 110. Mi rendo conto che tale conclusione è in contrasto con le considerazioni adottate dalla Corte ai punti da 87 a 90 della sentenza PJ e PC/EUIPO, sulle quali si sono basati non solo il Tribunale al punto 18 dell'ordinanza impugnata, ma anche l'EUIPO e la Commissione, rispettivamente, nella comparsa di risposta e nella memoria di intervento. 111. In tale sentenza, i cui fatti e il contesto della causa che vi ha dato luogo sono relativamente simili a quelli della presente causa, la Corte ha infatti dichiarato che la norma procedurale in questione non violava l'articolo 47 della Carta. 112. Anzitutto la Corte ha giudicato che la tutela giurisdizionale effettiva di una persona fisica è garantita dal diritto, di cui dispone detta persona, di proporre dinanzi al giudice dell'Unione un ricorso avverso la decisione di annullamento della commissione di ricorso dell'EUIPO 86 . Orbene, tenuto conto delle considerazioni esposte ai paragrafi 87 e 88 delle presenti conclusioni ritengo che la Corte, nel caso di specie, abbia accolto un'interpretazione troppo restrittiva del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. 113. Per quanto riguarda poi le possibilità di regolarizzazione, la Corte ha ricordato che, sebbene lo Statuto e il regolamento di procedura prevedano la possibilità di regolarizzare un atto introduttivo che non osservi taluni requisiti di forma, l'inosservanza dell'obbligo di rappresentanza da parte di un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro, o di un altro Stato parte contraente dell'accordo SEE, non rientra nel novero dei requisiti che possono essere oggetto di regolarizzazione dopo la scadenza del termine di ricorso, conformemente all'articolo 21, secondo comma, dello Statuto e all'articolo 78, paragrafo 6, di tale regolamento 87 . Orbene, a tal proposito la Corte si è limitata a rinviare a due decisioni precedenti, vale a dire le ordinanze del 27 novembre 2007, Diy-Mar Insaat Sanayi ve Ticaret e Akar/Commissione 88 , e del 20 febbraio 2008, Comunidad Autónoma de Valencia/Commissione 89 , che riguardavano casi evidenti in cui le condizioni espressamente enunciate all'articolo 19, commi terzo e quarto, dello Statuto non erano soddisfatte. Infatti, mentre nella prima causa l'atto introduttivo era stato sottoscritto da due avvocati turchi, che non erano pertanto abilitati a patrocinare dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell'accordo SEE 90 , nella seconda l'atto introduttivo era stato firmato da una persona che, pur essendo membro di un servizio giuridico, non aveva la qualità di avvocato. 114. Infine, la Corte ha sottolineato che, sebbene, in forza dell'articolo 55, paragrafo 3, del regolamento di procedura 91 , la parte in causa possa sostituire il rappresentante inizialmente designato con un nuovo rappresentante, qualora il primo sia stato escluso dal Tribunale a causa di un comportamento incompatibile con il decoro del Tribunale o con quanto richiesto da una buona amministrazione della giustizia, nessuna disposizione dello Statuto o del regolamento di procedura impone al Tribunale o alla Corte di avvertire detta parte dell'inosservanza del requisito di indipendenza, né di metterla in condizione di procedere alla designazione di un nuovo rappresentante nel corso del procedimento 92 . 115. Orbene, se è vero che nessuna disposizione dello Statuto o del regolamento di procedura impone alla Corte o al Tribunale di avvertire il soggetto interessato dell'inosservanza del requisito d'indipendenza, né di metterlo in grado di procedere alla designazione di un nuovo rappresentante nel corso del procedimento, ciò deriva unicamente dal fatto che un siffatto obbligo non compare in nessuno di tali testi normativi. 116. Si tratta, a mio avviso, di un'interpretazione troppo formalistica delle norme di procedura, che l'avvocato generale Bobek ha così sintetizzato ai paragrafi 75 e 76 delle sue conclusioni nelle cause riunite Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA 93 «[I]l mancato rispetto di requisiti indicati in maniera relativamente chiara è sanabile. Per contro, l'inosservanza di un requisito non espressamente previsto dalle norme processuali, vale a dire il requisito dell'avvocato “indipendente” ai sensi dell'articolo 19, terzo comma, dello Statuto, comporta l'irricevibilità del ricorso, e il Tribunale insiste sul fatto che la mancanza di indipendenza del rappresentante in giudizio costituisca un ostacolo assoluto al procedimento … I requisiti procedurali che sono chiaramente indicati e di cui ci si potrebbe quindi aspettare il rispetto da un avvocato ragionevolmente diligente sono sanabili, mentre i requisiti altrettanto procedurali che non sono chiaramente indicati e quindi più difficili da rispettare anche da parte di avvocati ragionevolmente diligenti , non sono sanabili». 117. Concluderò la mia esposizione segnalando che, nelle sue conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 febbraio 1965, Barge/Alta Autorità 94 , l'avvocato generale Roemer era già giunto alla medesima constatazione «Neppure tutte le violazioni di prescrizioni di forma espressamente contenute nel Regolamento di procedura portano alla irricevibilità del ricorso. Tanto meno essa può quindi derivare dall'inosservanza di principi processuali che non sono esplicitamente affermati dal Regolamento di procedura » 95 . L'avvocato generale Roemer ha quindi esposto le ragioni per le quali, «nell'interesse di un ordinato svolgimento dei processi», nei procedimenti dinanzi alla Corte non sembravano applicabili i rigidi criteri sostenuti dall'Alta Autorità, preferendo invece ricavare la base per una «liberale soluzione» dal regolamento di procedura 96 . 118. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni ritengo quindi che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell'applicare la regola secondo la quale un atto introduttivo non può essere regolarizzato, e il ricorso dev'essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, se il rappresentante del ricorrente non gode dell'indipendenza richiesta rispetto a quest'ultimo, poiché tale regola viola l'articolo 47, primo e secondo comma, e l'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 119. Propongo pertanto alla Corte di dichiarare fondato il terzo motivo di impugnazione, vertente sulla violazione dell'articolo 47, primo e secondo comma, e dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 120. Al termine della mia analisi, suggerisco alla Corte di accogliere il secondo e il terzo motivo di impugnazione e di annullare l'ordinanza impugnata. VI. Sul rinvio della causa dinanzi al Tribunale 121. Conformemente all'articolo 61, primo comma, dello Statuto, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest'ultimo. 122. Nel caso di specie, ritengo che la Corte non disponga degli elementi necessari per statuire definitivamente nel merito del ricorso, comportando ciò l'esame di elementi che non sono stati né valutati dal Tribunale nell'ordinanza impugnata né discussi dinanzi alla Corte. 123. Di conseguenza ritengo necessario rinviare la causa dinanzi al Tribunale, sospendendo al contempo la pronuncia sulle spese, affinché quest'ultimo statuisca sulla controversia nella sua integralità. VII. Conclusione 124. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue 1 L'ordinanza del Tribunale dell'Unione europea del 10 ottobre 2022, Studio Legale Ughi e Nunziante/EUIPO – Nunziante e Ughi UGHI E NUNZIANTE T‑389/22, EU T 2022 662 , è annullata. 2 La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell'Unione europea. 3 Le spese sono riservate.