Risarcimento danni da fatto illecito previsto come reato: quando si ritorna alla prescrizione breve civile?

La Suprema Corte trae spunto da una azione di risarcimento danni da circolazione dei veicoli per affermare un principio di diritto sulla portata applicativa dell’articolo 2947, comma 3, c.c.

La norma di riferimento Prima di esaminare la pronuncia, può essere utile ricordare che l' articolo 2947 c.c. disciplina la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, prevedendo il termine breve di cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. In base al secondo comma, la prescrizione scende a due anni per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie. Se il fatto è previsto dalla legge come reato e per questo è previsto un termine di prescrizione più lungo, questo, in base al terzo comma, si applica anche all'azione civile. Tuttavia, lo stesso terzo comma, al secondo periodo, prevede il ritorno ai termini quinquennale e biennale previsti dai primi due commi, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o se è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale in tal caso, la prescrizione decorre dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile. La Cassazione esamina la norma nell'interesse della legge La Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno esaminare la portata applicativa del terzo comma dell' articolo 2947 c.c. in una causa di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale promosso dai congiunti di un anziano deceduto in un sinistro provocato dal conducente della autovettura che lo stava trasportando. La questione giunta all'esame della Corte riguardava appunto questa disposizione, poiché nei confronti del conducente era intervenuta sentenza penale irrevocabile di condanna e l'azione civile era stata ritenuta prescritta per decorrenza del termine biennale successivo, ai sensi del secondo periodo dell' articolo 2947 comma 3 c.c. Pur ritenendo il ricorso improcedibile, per omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata e per la tardività della notifica, la Suprema Corte ha colto l'occasione per pronunciare un principio di diritto sulla norma in questione nell'interesse della legge ai sensi dell' articolo 363 comma 3 c.p.c. , applicabile a tutti i casi in cui non sia possibile lo scrutinio dei motivi, senza limitazioni alle ipotesi di inammissibilità enunciate letteralmente si cita Cass. SS.UU. 10/05/2006, numero 10706 e Cass. 20/04/2021, numero 10396 . Se il fatto costituisce reato, quando si ritorna alla prescrizione breve civile? La Cassazione, quindi, non prende in esame i motivi di ricorso e in particolare la questione se la norma del codice civile sia applicabile al solo danneggiato persona offesa dal reato o a tutte le persone danegiate, ma si concentra su di una sola questione, ovvero i casi in cui, in presenza di una sentenza irrevocabile penale, sono applicabili i termini di prescrizione brevi di cinque e due anni, come previsto dal secondo periodo dell' articolo 2947 comma 3 c.c. La Suprema Corte, infatti, riprende l'orientamento secondo cui quest'ultima norma opera nel caso in cui il procedimento penale nel quale è stata emessa la sentenza irrevocabile non ha avuto un esito favorevole o fausto per il danneggiato in caso di esito favorevole o in caso di estinzione del reato per prescrizione, invece, si applica il termine di prescrizione penale, se più lungo di quello civile. Infatti, la ratio dell'applicazione del più lungo termine di prescrizione penale risiede nell'esigenza di evitare che la persona condannata in sede penale possa approfittare della prescrizione breve civile per sottrarsi all'obbligazione risarcitoria, il che presuppone una sentenza penale favorevole, anche in parte, per il danneggiato. Laddove invece l'esito del procedimento è a lui sfavorevole, questa esigenza non sussiste più e l' articolo 2947 comma 3 c.c. , al secondo periodo, riporta ad armonia la disciplina ritornando ai termini più brevi della prescrizione civile si citano Cass. 22/11/2023, numero 32474 Cass. 21/09/2017, numero 21937 . Declaratoria di prescrizione del reato e patteggiamento In tale prospettiva, secondo la Suprema Corte, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione viene considerata favorevole per il danneggiato, implicando un accertamento sommario della sussistenza del reato e della responsabilità del danneggiante, ed è per questo esclusa dalla norma in questione la sentenza di patteggiamento , invece, viene considerata sfavorevole per il danneggiato, non comportando alcun accertamento della penale responsabilità dell'imputato. Necessità della costituzione di parte civile ai fini dell'articolo 2947 comma 3 c.c. La Corte accenna anche alla questione della necessità o meno della costituzione di parte civile nel procedimento penale per poter beneficiare della decorrenza del termine di prescrizione dalla sentenza irrevocabile, prevista dal secondo periodo dell' articolo 2947 comma 3 c.c. , pur non ritenendola direttamente influenzata da quella in esame. In  merito, viene richiamato l'orientamento secondo cui la pendenza del processo penale non esime il danneggiato dall'interrompere la prescrizione con qualsiasi atto interruttivo, anche diverso dalla costituzione di parte civile. In ogni caso, secondo la Cassazione, laddove si ritenga necessaria la costituzione di parte civile , ne risulterebbe rafforzata la soluzione secondo cui solo un esito infausto del procedimento penale giustifica il ritorno ai termini di prescrizione civile, in quanto, se la disposizione si applicasse a tutte le sentenze di condanna, favorevoli e sfavorevoli, in caso di esito positivo del procedimento penale nel quale il danneggiato non si è costituito parte civile, questi si troverebbe di fronte a termini di prescrizione più brevi senza beneficiare dell'effetto interruttivo del procedimento penale, quando, se non fosse stato promosso alcun procedimento penale, avrebbe comunque beneficiato del termine di prescrizione penale più lungo. Il principio di diritto La Suprema Corte, quindi, enuncia il principio di diritto per cui, con riferimento al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, ai fini della esclusione del più lungo termine di prescrizione del reato, prevista dal secondo periodo dell' articolo 2943 comma 3 c.c. , «nella nozione di sentenza irrevocabile devono ritenersi ricomprese le ipotesi in cui il procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato».

Presidente Scrima Relatore Porreca Rilevato che C. e G. S., A. e S. P., V. B., M. E. T. e A. B., questi ultimi quali genitori esercenti la potestà sul figlio minore S. B., ricorrono, sulla base di un articolato motivo, corredato da memoria, avverso la sentenza numero 480 del 2021 del Tribunale di Catania, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che il OMISSIS S. B., nato nel 1934, si trovava a bordo di un’autovettura, di proprietà e condotta da S. L. R., assicurata dalla OMISSIS , quando il conducente perdeva il controllo e, in conseguenza del sinistro, decedeva per le gravissime ferite riportate il giorno OMISSIS avevano quindi convenuto il conducente e la società assicurativa per ottenere il risarcimento da perdita del rapporto parentale il Giudice di pace aveva accolto la domanda con pronuncia riformata dal Tribunale ad avviso del quale andava accolta, invece, la sollevata eccezione di prescrizione, applicando l’articolo 2947, terzo comma, secondo periodo, cod. civ., atteso che la previsione doveva ritenersi operante non solo per la persona offesa dal reato ma anche per ogni danneggiato legittimato a esercitare l’azione civile in sede penale era intervenuta sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile il 6 novembre 2012, con conseguente estinzione biennale successiva resiste con controricorso OMISSIS s.p.a. in vista dell’adunanza del 22 marzo 2024, ha depositato memoria il Pubblico Ministero con ordinanza interlocutoria numero 9185 del 5 aprile 2024, questa Corte ha disposto l’integrazione del necessario contraddittorio con S. L. R., o alternativamente la produzione dell’avviso di ricevimento dell’originaria notifica del ricorso, e ha rinviato alla pubblica udienza per i possibili profili nomofilattici implicati dalla fattispecie in vista dell’udienza pubblica l’Ufficio requirente ha depositato memoria chiedendo, infine, l’accoglimento del ricorso parte ricorrente ha depositato tempestivamente l’atto d’integrazione del contraddittorio, mediante rinnovo della previa notifica non andata a buon fine, effettuato, con notificazione a mani proprie, nel termine stabilito dalla suddetta ordinanza interlocutoria Rilevato che con l’unico e articolato motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2947, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare sia che il beneficio del termine prescrizionale breve, applicato a mente del secondo periodo del terzo comma della norma, era da ritenere operante solo per la persona offesa dal reato e non per tutti i danneggiati che potrebbero non avere notizia del relativo procedimento, sia che, comunque, il secondo comma della stessa norma doveva ritenersi applicabile alle ipotesi d’illecito non integranti reato, altrimenti determinandosi l’effetto di un termine più breve anche di quello generale di cui al primo comma, coincidente, nel caso, con quello quinquennale previsto per l’omicidio colposo a séguito d’incidente stradale considerato che 1. preliminarmente, deve constatarsi che, come eccepito da parte controricorrente, i ricorrenti non hanno depositato la relata di notifica della sentenza impugnata, bensì solo la copia autentica del medesimo provvedimento, con conseguente improcedibilità a mente del disposto dell’articolo 363, secondo comma, numero 2, cod. proc. civ., stante anche la tardività della notifica del ricorso rispetto alla data di pubblicazione della decisione gravata il documento in parola non è stato prodotto neppure da parte controricorrente, che avrebbe così superato il rilievo ostativo cfr., da ultimo, Cass., Sez. U., 06/07/2022, numero 21349 , né, dunque, dalla parte nei cui confronti è stato integrato il litisconsorzio necessario ma che è rimasta intimata le spese relative al presente giudizio di legittimità debbono essere interamente compensate tra le parti, stante la peculiarità della grave vicenda fattuale di cui al presente giudizio 2. ferma l’improcedibilità in parola, ritiene il Collegio di pronunciare, nell’interesse della legge, ai sensi dell’articolo 363, terzo comma, cod. proc. civ., il sotto riportato principio di diritto concernente la portata applicativa dell’articolo 2947, terzo comma, cod. civ. l’evocata norma di rito civile, come diffusamente osservato anche in dottrina, per ragioni di logica coerenza sistematica deve ritenersi applicabile a ogni ipotesi in cui non sia permesso giungere allo scrutinio del fondo dei motivi, senza limitazioni alle ipotesi d’inammissibilità quali enunciate letteralmente cfr. Cass., Sez. U., 10/05/2006, numero 10706, pag. 7 cfr., anche, Cass., 20/04/2021, numero 10396 2.1. resta logicamente del tutto escluso, perché estraneo alla portata del principio da pronunciare, lo scrutinio afferente alla necessità che la disciplina prescrizionale in parola sia o meno invocabile solo dal danneggiato che sia anche persona offesa dal reato ovvero da qualunque altro soggetto che abbia subìto un pregiudizio in conseguenza di condotta che integri la fattispecie in discussione 3. dunque, questa Corte anche di recente ha ribadito che, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da reato, nei casi previsti dall'articolo 2947, terzo comma, secondo periodo, cod. civ., nella nozione di sentenza irrevocabile deve ritenersi compresa anche quella pronunciata a séguito di patteggiamento, rispetto alla quale trova pur sempre attuazione la ratio, propria della disposizione citata, di escludere l'effetto più favorevole per il danneggiato dell'applicazione del termine prescrizionale penalistico più ampio, nei casi in cui il procedimento penale non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato Cass., 22/11/2023, numero 32474 3.1. in motivazione – riprendendo testualmente il precedente di Cass., 21/09/2017, numero 21937 – si è osservato che «se la ratio della norma è comunemente individuata nell’esigenza di evitare che un soggetto, condannato in sede penale a causa di un fatto produttivo anche di conseguenze risarcitorie civili, possa sottrarsi all’obbligo di risarcire il danneggiato lucrando il più breve termine imposto dalla norma del codice civile, il secondo periodo del terzo comma dello stesso articolo 2947 cod. civ. riconduce ad armonia la disciplina escludendo l’effetto, più favorevole per il danneggiato, dell’applicazione del termine prescrizionale maggiore previsto per il reato nei casi in cui il procedimento penale non ha avuto un esito fausto per il danneggiato medesimo ne consegue che quest’ultimo potrà fruire, ai fini dell’avvio o della prosecuzione dell’azione civile risarcitoria, del termine prescrizionale più ampio in caso, ovviamente, di condanna di controparte, nonché di estinzione del reato, ma solo per prescrizione, in nessun’altra ipotesi producendosi a favore del danneggiato effetti favorevoli in dipendenza della pendenza prima e della conclusione, poi, del procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile in sostanza, la ratio giustificatrice del maggior termine, pari a quello per il reato, è la conclusione del procedimento penale con un esito almeno in parte favorevole o fausto per il danneggiato, il quale possa quindi invocare un accertamento anche solo sommario e non idoneo a fondare la condanna, normalmente sotteso anche alla declaratoria di estinzione per prescrizione, la quale appunto non potrebbe adottarsi dinanzi alla manifesta insussistenza di quegli elementi quale quello sulla sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del fatto-reato e, poiché, sia pure con una linea di tendenza in continua evoluzione verso la limitazione della lettera della norma codicistica, la sentenza di c.d. patteggiamento non può ancora in alcun caso equipararsi ad una sentenza di accertamento della penale responsabilità dell’imputato, non può il danneggiato fruire degli effetti favorevoli normalmente riconducibili al primo periodo del terzo comma dell’articolo 2947 cod. civ.» 3.2. questo principio è stato poi ripreso anche, più recentemente, da Cass., 27/02/2024, numero 5212 v. in specie a pag. 6 3.3. in altre parole, la prescrizione correlata a quella di diritto penale, qualora superiore, opera eccetto che vi sia un esito del procedimento penale non favorevole al danneggiato, tornandosi in quest’ultimo caso ai minori termini di diritto civile, decorrenti, logicamente, dalla pronuncia irrevocabile stessa o dalla estinzione per causa diversa dalla prescrizione quale tipicamente l’amnistia cfr., da ultimo, per quest’ultimo e specifico profilo, Cass., 13/05/2024, numero 13052, che richiama anche Cass., Sez. U., 5/04/2013, numero 8348, in cui è stato chiarito come l’ancoraggio alla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza dichiarativa della causa di non punibilità sia giustificato riponendo il danneggiato, fino a tale momento, come in ogni altra ipotesi di estinzione del reato, un legittimo affidamento sul permanere dell'effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione conseguente all'esercizio dell'azione civile, anche in funzione dell'esigenza di bilanciamento della brevità del termine biennale col diritto fondamentale della vittima del reato all'accesso alla giustizia 3.4. nello stesso senso, richiamando il medesimo arresto del 2017, era stato già poco prima riaffermato, in tema di danni da circolazione stradale, che la sentenza emessa ai sensi degli articolo 444 e 445 cod. proc. penumero non può essere equiparata, ai fini dell'articolo 2953 cod. civ., a una pronuncia di condanna, idonea ad innalzare a dieci anni il termine prescrizionale più breve previsto dalla legge essa sentenza di c.d. patteggiamento , peraltro, va ricondotta alla nozione di sentenza irrevocabile, rilevante, ex articolo 2947 cod. civ., ai fini dell'operatività della prescrizione biennale Cass., 8/11/2023, numero 31157 3.5. peraltro, quest’ultimo precedente, in punto di applicazione dell’articolo 2953, cod. civ., si rifà a Cass., 7/11/2013, numero 25042, in cui il riferimento nello specifico è a pag. 8 «alla sentenza di condanna generica emessa a conclusione del giudizio penale ciò in quanto la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell'attitudine all'esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l'accertamento dell'obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum sentenze 19 febbraio 2009, numero 4054, e 18 aprile 2012, numero 6070 » 3.6. dunque, in quest’ultima ipotesi, in sistematica coerenza, si farà luogo all’applicazione della norma codicistica civile appena sopra richiamata articolo 2953, cod. civ. 4. il tema qui scrutinato non coinvolge direttamente quello, distinto ma connesso, concernente la necessità o meno di costituzione di parte civile, per fruire della decorrenza prevista dalla «sentenza irrevocabile», di cui al secondo periodo del terzo comma dell’articolo 2947, cod. civ. 4.1. al riguardo, sulla scia delle sopra ricordate Sezioni Unite numero 8348 del 2013, e superando diverse affermazioni di Cass., 14/05/1998, numero 4867 e Cass., 14/07/2009, numero 16391, si è affermato che, in mancanza di opposti dettati legislativi, «alla pendenza del processo penale, il cui inizio è rimesso all'autorità penale, non può dunque essere attribuito l'effetto di evitare che il danneggiato vittima del reato debba esercitare il diritto nel termine iniziato a decorrere dal fatto percepito e, dunque, debba interrompere il corso della prescrizione. Detta pendenza, invero, non rende il diritto immune dalla prescrizione. Ferma restando la necessità dell'interruzione della prescrizione ai fini civilistici, va peraltro precisato che essa può avvenire anche con modalità diverse dalla costituzione di parte civile nel procedimento penale, essendo sufficiente qualunque atto idoneo a manifestare la volontà di far valere il diritto, e -quindi anche una richiesta stragiudiziale che valga a costituire in mora il debitore in ogni caso, quale che sia la modalità con cui la pretesa risarcitoria venga fatta valere, essa deve intervenire entro il termine prescrizionale stabilito per il reato» Cass., 6/04/2022, numero 11190, pag. 10 4.2. questo orientamento dissente, perciò, dalla ricostruzione dottrinale secondo cui il danneggiato, legittimato alla costituzione di parte civile, può far affidamento sulla pendenza del processo penale a prescindere dalla sua scelta di agire in quello ai fini risarcitori, e, quindi, può contare sulla decorrenza del termine prescrizionale dalla «sentenza irrevocabile» ed esso è inoltre difforme anche dal principio sposato da Cass., 26/07/2019, numero 20363, in cui è stato ribadito che «la possibilità di posticipazione del termine di decorrenza ivi prevista al momento del passaggio in giudicato della sentenza presuppone la necessaria identità della posizione di danneggiato con quella di parte lesa della condotta criminosa, ancorché non sia richiesta la costituzione di parte civile nel giudizio penale» 4.3. peraltro, qualora si ritenesse la necessità di costituzione di parte civile ai fini in parola, la soluzione ermeneutica prima ricostruita, per cui solo un esito infausto del procedimento penale per il danneggiato può giustificare sistematicamente il ritorno al minor termine prescrizionale, ne risulterebbe ulteriormente rafforzata, atteso che l’opposta conclusione finirebbe per acuire le contraddizioni nell’ipotesi di condanna pronunciata all’esito di un procedimento senza costituzione parte civile del danneggiato che, sia pure per tale sua mancata iniziativa, si troverebbe a fronteggiare un termine prescrizionale più breve, senza alcun effetto interruttivo permanente da connettere al processo penale, pur essendovi stata conferma della sussistenza e riferibilità del reato e nonostante che, se non fosse stato promosso alcun procedimento penale, avrebbe invece potuto fruire, previo accertamento incidentale del giudice civile, del lasso temporale più ampio 5. va enunciato quindi il seguente principio di diritto «ai fini dell’esclusione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno più ampio, previsto per il reato, nei casi stabiliti dall'articolo 2947, terzo comma, secondo periodo, cod. civ., e in particolare nella nozione di sentenza irrevocabile, devono ritenersi ricomprese le ipotesi in cui il procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato» P.Q.M. La Corte dichiara improcedibile il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.