Avvocato sospeso per incarichi in contrasto: la parola alle Sezioni Unite

In tema di sanzioni disciplinari per gli avvocati, è stata ribadita la legittimità della sospensione per il legale che, dopo aver assistito nella separazione entrambi i coniugi, aveva in seguito preso le difese dell’ex marito in un procedimento che coinvolgeva l’ex moglie.

Le Sezioni Uniti Civili, pronunciandosi in materia di sanzioni disciplinari per gli avvocati, hanno stabilito che è legittima la sospensione del legale per violazione dell'articolo 68 Codice Deontologico ribadendo che il potere di determinare ed applicare la sanzione è riservato al Consiglio nazionale forense e non è censurabile in sede di giudizio di legittimità. Il caso in esame approdato in Cassazione riguardava un avvocato che dopo aver  assistito entrambi i coniugi  nella separazione aveva, poi, preso le difese dell'ex marito in un procedimento che coinvolgeva l'ex moglie. L'avvocato proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense che aveva previsto come sanzione disciplinare la sospensione dall'attività professionale di anni uno anziché anni uno e mesi tre, come disposto dal CDD . Pronunciandosi sull'impugnazione avanzata dal legale, la Suprema Corte ha chiarito che «le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite per incompetenza , eccesso di potere e violazione di legge , ovvero per difetto del “minimo costituzionale di motivazione , con la conseguenza che l'accertamento del fatto e l'apprezzamento della sua rilevanza ai fini della concreta individuazione della condotte costituenti illecito disciplinare e della valutazione dell'adeguatezza della sanzione irrogata non possono essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza » tra le tante, Cass. numero 26369/2024 . Per i Giudici, la sentenza impugnata contiene tutte le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni della decisione e la motivazione non è, dunque, affatto mancante, apparente o obiettivamente incomprensibile, come sostenuto dal ricorrente. Inoltre, quanto al secondo motivo relativo al mancato accoglimento dell'eccezione di intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare , la Cassazione, rigettando il ricorso , ha evidenziato che non poteva stabilirsi dagli atti e non fosse perciò rilevabile la prescrizione dell'azione in relazione al termine massimo di sette anni e sei mesi ai sensi dell' articolo 56 l.numero 247/2012 .

Presidente Cirillo - Relatore Scarpa Fatti di causa 1. L'avvocato C.S. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza numero 307/2024 del Consiglio Nazionale Forense, pubblicata il 23 luglio 2024. L'intimato Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS non ha svolto attività difensive. Il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Renato Finocchi Ghersi, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo di dichiarare inammissibile o infondato il ricorso. Ha depositato memoria il ricorrente. 2. Il Consiglio Nazionale Forense ha accolto solo in parte il ricorso presentato dall'avvocato C.S. contro la decisione emessa in data 12 febbraio 2021 dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense CDD del distretto della Corte d'appello di Bologna, applicando la sanzione della sospensione dall'attività professionale di anni uno anziché anni uno e mesi tre, come disposto dal CDD . 3. Il procedimento disciplinare ha avuto origine dall'esposto inoltrato al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di OMISSIS dalla signora R.M., la quale si doleva che l'avvocato C.S. avesse assunto la difesa dell'ex coniuge signor G.M. in procedimenti giudiziari aventi come controparte la stessa esponente, nonostante l'incolpato avesse in passato prestato la propria assistenza professionale in favore di entrambi i coniugi. All'avvocato C.S. è stata così contestata nella citazione a giudizio del 27 gennaio 2020 la “violazione dell'articolo 9 co. 1 e 68 c 2, 3 e 4 cdf”, “[p]er avere, contravvenendo in particolare ai doveri di lealtà e probità dell'avvocato, assistito e difeso M.G. in procedimenti giudiziari aventi sia come controparte M.R., che era stata assistita dall'iscritto nella scrittura privata del 12.01.10, nella esecuzione e nella separazione coniugale omologata il 25.05.10, sia soggetti non estranei a tali precedenti incarichi, utilizzando così notizie acquisite nei rapporti definiti. In particolare, l'iscritto ha assistito e difeso M.G. direttamente, nel procomma penumero numero 5447/17 R.G.N.R., quantomeno dal novembre 2017, e nel procomma penumero numero 6238/17 R.G.N.R. dal giugno 2018 indirettamente, tramite la collega di studio Avv. Sara A., nel procomma numero 3547/17 R.G. per cessazione degli effetti civili del matrimonio, dal 2017 nel procomma per inadempimento contrattuale numero 5054/17 R.G., dal giugno 2018 e nella proposizione della denuncia-querela del 28.2.18. Procedimenti tutti davanti all'autorità giudiziaria di Rimini. A Riccione — Rimini dalle date suddette condotte attualmente in corso”. 4. Pronunciando sull'impugnazione avanzata dall'avvocato C.S. contro la decisione emessa dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense, il Consiglio Nazionale Forense ha innanzitutto dichiarato “inammissibile la censura per vizio di motivazione con riferimento alla dosimetria della sanzione in quanto nuova rispetto ai motivi articolati con l'originario ricorso”. La sentenza gravata ha quindi disatteso l'eccezione di prescrizione dell'azione disciplinare, con riguardo al termine massimo di sette anni e mezzo di cui articolo 56 della legge numero 247/2012 , considerando che la violazione del divieto di cui all'articolo 68 del codice deontologico forense “Assunzione di incarichi contro una parte già assistita” costituisce illecito istantaneo che si consuma con l'assunzione dell'incarico nella specie, gli incarichi risulterebbero assunti “nel procomma penumero numero 5447/17 R.G.N.R., quantomeno dal novembre 2017, e nel procomma penumero numero 6238/17 R.G.N.R. dal giugno 2018 indirettamente, tramite la collega di studio Avv. S. A., nel procomma numero 3547/17 R.G. per cessazione degli effetti civili del matrimonio, dal 2017 nel procomma per inadempimento contrattuale numero 5054/17 R.G., dal giugno 2018 e nella proposizione della denuncia-querela del 28.2.18” . Nel prosieguo, la sentenza del Consiglio Nazionale Forense ha così argomentato. Quanto alla difesa dell'incolpato, secondo cui i mandati in questione riguardavano l'avvocato R., la sentenza ha sottolineato che “[l]'avv. R. e l'avv. C.S. erano associati, quindi, con evidente interesse economico come risulta dalla stessa parcella prodotta dal ricorrente. La cointeressenza è evidente dagli atti. L'avv. C.S. aveva ricevuto la procura per l'atto di separazione e dal verbale di comparizione dei coniugi del OMISSIS innanzi al Tribunale di Rimini risulta che l'avv. R. ha partecipato in sostituzione dell'avv. C.S Allo stesso modo la scrittura privata vede coinvolto l'avv. C.S. in modo evidente, dovendosi egli occupare proprio della fase esecutiva dell'atto. Inoltre, la natura simulata o meno della separazione non sposta il tema della responsabilità, ai sensi dell'articolo 68 CD. Non può essere sottovalutato che l'avv. C.S. aveva anche partecipato alla riunione per addivenire ad un divorzio a condizioni condivise e, come affermato dallo stesso, proprio al fine di agevolarne il raggiungimento … il rapporto costante tra i due professionisti si è manifestato nella difesa congiunta nella causa civile per danno assunta dai due professionisti a favore del M., quando non poteva rispetto alla predetta vertenza porsi alcun tema di incompatibilità … vi è stata quanto meno una inopportuna e inammissibile gestione o quanto meno ingerenza dell'avv. C.S. degli incarichi conferiti formalmente dal M. all'avv. A. … Proprio la collaborazione dell'avv. A. con l'avv. C.S., dimostrata … anche dalla presenza dell'avv. C.S. alla riunione con il professionista della controparte, per quella esigenza di linearità delle condotte immanente alla professione forense, avrebbe dovuto indurre a non assumere gli incarichi a favore del M. e contro la M.”. In ordine al secondo motivo di censura, il Consiglio Nazionale Forense ha affermato che “[l]'incolpazione nei confronti del ricorrente si riferisce alle ipotesi di cui all'articolo 9, 68 comma 2, 3 e 4 e non già a quello di cui al comma 1 di tale ultima disposizione. Il divieto per il professionista che abbia congiuntamente assistito uno dei coniugi in controversie familiari di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l'altro ha carattere generale e non conosce limiti temporali … Senza assumere incarico formale il ricorrente ha comunque partecipato all'incontro presso il suo studio nel 2017 tra entrambi i coniugi per cercare, come già richiamato, di trovare una soluzione conciliativa poi saltata, così nuovamente occupandosi delle questioni di famiglia … Non vi è alcun dubbio che gli incarichi successivamente assunti dall'avv. C.S. coinvolgano gli interessi dei due ex coniugi, che l'avv. C.S. aveva assistito, e si articolino anche dal punto di vista difensivo nel richiamo, nell'applicazione e nell'interpretazione di quella che era stata la genesi della separazione e delle scritture private … E nulla rileva che i fatti da cui scaturiscono i procedimenti penali in cui l'avv. C.S. ha assunto la difesa siano successivi”. La sentenza impugnata ha poi aggiunto che “[l]e considerazioni di cui sopra, in tema di non estraneità dell'incarico e utilizzo di notizie ricevute dal precedente mandato, portano a respingere anche il terzo motivo con il quale il ricorrente osserva che la condotta è riconducibile al più all'ipotesi di cui all'articolo 68 comma 4 CDF, con conseguente applicazione della sospensione “da due a sei mesi”. Infatti, se il comma 2 attiene alle ipotesi di assunzione di incarico professionale contro una qualsiasi parte già assistita purché il nuovo incarico “non sia estraneo”, il comma 4 si riferisce al divieto di assumere incarichi in favore di uno dei coniugi contro l'altro, rendendo irrilevante il fatto che il nuovo incarico sia estraneo o meno al precedente. È pertanto censurabile l'avvocato che assume un incarico in favore di un coniuge contro l'altro con riferimento – non ad una qualsiasi causa – ma ad una causa collegata a quella per cui aveva prestato assistenza in precedenza ad entrambi – circostanza appunto verificatasi nel caso dell'Avv. C.S.”. Non di meno, il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto di rideterminare la sanzione inflitta nella misura di anni uno di sospensione, “in considerazione dello svolgimento dei fatti, della successiva rinuncia ai mandati da parte dell'avv. C.S., come da produzione di documenti con le note di udienza”, nonché della assenza di precedenti. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo del ricorso dell'avvocato C.S. deduce la violazione degli articolo 21, 22 e 68 NCDF, dell'articolo 111 della Costituzione , la inesistenza della decisione per assenza e incomprensibilità dell'accertamento del fatto e della valutazione dello stesso, l'errata esclusione dei motivi aggiunti di impugnazione di cui alle note di discussione depositate dal difensore e l'errata applicazione delle norme deontologiche forensi “per travisazione delle stesse, con particolare riferimento all'art 68 NCDF, numeri due, tre e quattro”. L'esposizione della censura lamenta che “tra la fase narrativa e quella decisoria, non è dato reperire nessuna argomentazione, motivazione o esplicazione di fatti, né tanto meno una qualificazione giuridica degli stessi e la loro materiale riconducibilità alle norme asseritamente violate” che “la motivazione della sanzione è viziata oltremodo dall'equivoco sull'applicazione congiunta delle norme di cui all'articolo 68 NCDF” la sentenza sarebbe comunque errata “laddove sostiene che l'impugnazione originaria non conterrebbe, come letteralmente contiene, la censura per vizio di motivazione con riferimento alla dosimetria della sanzione” che mancherebbe “qualunque forma di motivazione circa l'applicazione ove avvenuta delle aggravanti e l'esclusione delle attenuanti ex articolo 22 NCDF” che “la irrogata sanzione di un anno è del tutto scissa dalle pene previste in astratto dalla norma”. 1.1. Il primo motivo di ricorso va respinto. Esso innanzitutto denota carenze sotto il profilo della tassatività e della specificità delle censure, sostanziandosi in una critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro combinati. Il rinvio ad atti e documenti sui quali il motivo si fonda non contiene, peraltro, l'illustrazione del contenuto rilevante degli stessi. Deve premettersi che le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, ovvero per difetto del “minimo costituzionale di motivazione, con la conseguenza che l'accertamento del fatto e l'apprezzamento della sua rilevanza ai fini della concreta individuazione della condotte costituenti illecito disciplinare e della valutazione dell'adeguatezza della sanzione irrogata non possono essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza si vedano, tra le tante, Cass. Sez. Unite, numero 26369 del 2024 34206, numero 28468, numero 26991, numero 22729, numero 11675, numero 7501 e numero 7073 del 2022 numero 42090 del 2021 . La sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e la motivazione non è perciò affatto mancante, apparente o obiettivamente incomprensibile, consentendo un «effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» cfr. Cass. Sezioni Unite numero 8053 del 2014 numero 22232 del 2016 numero 2767 del 2023 . Ciò che il ricorrente invoca, in realtà, è un sindacato sulla motivazione della sentenza del Consiglio Nazionale Forense non in base al testo della stessa, ma nel confronto con le risultanze processuali. Il Consiglio Nazionale Forense, nella specie, ha tratto dalle risultanze istruttorie prova dell'illecito di cui ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 68 codice deontologico Assunzione di incarichi contro una parte già assistita , ovvero l'assunzione di un nuovo incarico professionale contro una parte già assistita, avente oggetto non estraneo a quello espletato in precedenza comma 2 l'utilizzazione di notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito comma 3 l'assistenza prestata, da parte di avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare, in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi. Nella ricostruzione dei fatti così qualificati, la sentenza impugnata ha considerato che l'avvocato C.S. aveva ricevuto la procura per l'atto di separazione tra i coniugi, doveva occuparsi della fase esecutiva della scrittura privata del 12.01.2010, aveva partecipato alla riunione per addivenire ad un divorzio a condizioni condivise, aveva assunto la difesa congiunta con un collega in una causa civile per danno, si era ingerito negli incarichi conferiti dal M. all'avv. A., aveva successivamente assunto incarichi che coinvolgevano gli interessi dei due ex coniugi che aveva assistito. La sussunzione di tali condotte nelle fattispecie deontologiche di cui ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 68 codice forense non è sindacabile per le ragioni che, a norma dell' articolo 36 della l. numero 247 del 2012 , consentono il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione Cass. Sez. Unite numero 13168 del 2021 . Il comma 6 del medesimo articolo 68 del codice deontologico forense stabilisce, inoltre, che la violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 4 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da due a sei mesi, mentre la violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da uno a tre anni. In tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il potere di determinare ed applicare la sanzione, adeguata alla gravità ed alla natura dell'offesa arrecata al prestigio dell'ordine professionale, è riservato al Consiglio nazionale forense e non è censurabile in sede di giudizio di legittimità, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione che tenda ad ottenere un sindacato sulle scelte discrezionali del Consiglio in ordine al tipo e all'entità della sanzione applicata. 2. - Il secondo motivo di ricorso denuncia invece il mancato accoglimento della eccezione di intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare ai sensi dell' articolo 56 della legge professionale , osservando che “[l] non c'è stato, ma se ci fosse stato risalirebbe prescritto, con riferimento all'ultima data indicata dal CNF in sentenza novembre 2017 ”. 2.1. – Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché carente di completezza e di specifica riferibilità al decisum della sentenza impugnata articolo 366, comma 1, numero 4, c.p.comma , non confrontandosi con la motivazione di quest'ultima. Il Consiglio Nazionale Forense ha affermato, previo accertamento di fatto qui neppure contrastato, che le condotte di assunzione di incarichi contro la parte già assistita si erano verificate “nel procomma penumero numero 5447/17 R.G.N.R., quantomeno dal novembre 2017, e nel procomma penumero numero 6238/17 R.G.N.R. dal giugno 2018 indirettamente, tramite la collega di studio Avv. S. A., nel procomma numero 3547/17 R.G. per cessazione degli effetti civili del matrimonio, dal 2017 nel procomma per inadempimento contrattuale numero 5054/17 R.G., dal giugno 2018 e nella proposizione della denuncia-querela del 28.2.18”. Essendo l'illecito oggetto della incolpazione riferita all'avvocato C.S. strutturato su una pluralità di condotte reiterate o continuative, collocate fra gli anni 2017 e 2018, pure a intenderle consumate unitariamente in tale più recente data sebbene nella citazione a giudizio del 27 gennaio 2020 si dicessero “attualmente in corso” , non può dirsi che emerga dagli atti e sia perciò rilevabile la prescrizione dell'azione disciplinare in relazione al termine massimo di sette anni e sei mesi ex articolo 56 della l. numero 247 del 2012 . 3. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, ciò assorbendo anche la richiesta di sospensione dell'esecuzione ex articolo 36, comma 7, della legge numero 247 del 2012 , da ultimo reiterata nella memoria ex articolo 380-bis.1, comma 1, c.p.comma depositata dal ricorrente il 3 febbraio 2025. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto l'intimato Consiglio dell'Ordine degli avvocati di OMISSIS non ha svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.