Legittimo il licenziamento irrogato per condotte extralavorative se la loro antisocialità e riprovevolezza risultano tali da ledere comunque il vincolo fiduciario tra il dipendente e il datore di lavoro.
La Suprema Corte, con la sentenza in analisi, si è pronunciata sulla possibile incidenza sul rapporto di lavoro del comportamento extralavorativo del dipendente e la conseguente ricorrenza della giusta causa di recesso. Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale, rigettava la domanda proposta da un istruttore di polizia municipale nei confronti di Roma Capitale avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogatogli in relazione alle condotte di stalking penalmente sanzionate poste in essere ai danni della ex compagna. A differenza di quanto sostenuto dal Tribunale, per i giudici di secondo grado il comportamento extralavorativo in questione, per la sua elevata antisocialità , bastava a compromettere il vincolo fiduciario del dipendente con il proprio datore di lavoro. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il condannato in sede penale, denunciando l'erroneo apprezzamento della gravità della condotta e l'assenza di precedenti disciplinari, errore tale da inficiare il giudizio sulla proporzionalità della sanzione. Il ricorrente lamentava, inoltre, l'erroneità della pronuncia circa la ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso per l'inidoneità delle condotte addebitate a compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l'Amministrazione. I Giudici, dichiarando inammissibile il ricorso, hanno affermato che le censure mosse dal ricorrente consistevano in una mera confutazione dell'apprezzamento operato dalla Corte territoriale circa l'incidenza sul rapporto di lavoro del suo comportamento penalmente rilevante e la conseguente ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso . Secondo la Suprema Corte, i giudici di secondo grado avevano correttamente fondato la decisione «sull' intrinseca gravità delle condotte medesime e sulla loro particolare riprovevolezza che ne ha giustificato la rilevanza penale quale reato-sentinella a prevenzione di ben più gravi epiloghi in rapporto alla specifica posizione lavorativa del ricorrente chiamato ad operare a presidio degli interessi dell'intera collettività.»
Presidente Tria - Relatore De Marinis Rilevato che, con sentenza del 18 marzo 2024, la Corte d'Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, rigettava la domanda proposta da Gi.Ma. nei confronti di Roma Capitale avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato all'istante, istruttore di polizia municipale presso Roma Capitale, in relazione alle condotte accertate e penalmente sanzionate poste in essere ai danni della ex compagna, concretatesi in plurimi atti persecutori, consistiti in minacce gravi e reiterate molestie, causandole, in tal modo, uno stato di ansia, paura e preoccupazione con modificazioni della condotta di vita che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto - diversamente dal primo giudice, che aveva escluso, in ragione dell'attinenza dei reati ascritti ad una sfera strettamente personale privatistica, ogni riflesso, anche solo potenziale, sulla sfera lavorativa e di conseguenza l'idoneità dei reati stessi a compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l'Amministrazione - che quell'idoneità lesiva del vincolo fiduciario, era stata dal datore di lavoro congruamente allegata con la specifica deduzione del fatto in sé, essendo il comportamento extralavorativo dell'istante, per la sua intrinseca ed elevata antisocialità, tale da indurre un riflesso, anche solo potenziale, ma oggettivo sulla funzionalità del rapporto che per la cassazione di tale decisione ricorre il Gi.Ma., affidando l'impugnazione a due motivi, in relazione alla quale Roma Capitale, pur intimata, non ha svolto alcuna difesa Considerato che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli articolo 2106 c.c. e 58 e 59 ora 72 CCNL per il comparto Funzioni Locali, imputa alla Corte territoriale l'erroneo apprezzamento della gravità della condotta anche sotto il profilo dell'insussistenza di danni e disservizi in capo all'Amministrazione e dell'assenza di precedenti disciplinari a carico del ricorrente, errore tale da inficiare il giudizio sulla proporzionalità della sanzione che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell' articolo 2119 c.c. il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l'erroneità della pronunzia circa la ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso per l'inidoneità delle condotte addebitate a compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l'Amministrazione - che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, risolvendosi le censure sollevate dal ricorrente nella mera confutazione dell'apprezzamento operato dalla Corte territoriale circa l'incidenza sul rapporto di lavoro del comportamento extralavorativo imputato al ricorrente e la conseguente ricorrenza nella specie della giusta causa di recesso, apprezzamento plausibilmente fondato sull'intrinseca gravità delle condotte medesime e sulla loro particolare riprovevolezza che ne ha giustificato la rilevanza penale quale reato-sentinella a prevenzione di ben più gravi epiloghi ed altresì correttamente formulato in rapporto alla specifica posizione lavorativa del ricorrente chiamato ad operare a presidio degli interessi dell'intera collettività - che il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, senza attribuzione delle spese per essere Roma Capitale rimasta intimata P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell 'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 200 2, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 21 gennaio 2025. Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2025.