La Cassazione riscrive l’art. 21-bis del d.lgs. n. 74/2000: immediato ritorno al doppio binario?

Neppure il tempo di riflettere, con attenzione, sulla scelta del legislatore di introdurre, nel d.lgs. numero 74/2000, una norma per certi versi attesa da tempo e oltretutto molto chiara nelle intenzioni e nel lessico sul rapporto tra processo penale tributario e processo tributario, che si impone una rilettura della medesima dobbiamo fare i conti, infatti, con una pronuncia della Suprema Corte che ne limita, in maniera assai significativa, l’operatività facendo appello ad una corretta «interpretazione sistematica, costituzionalmente orientata ed in conformità ai principi unionali».

Viene subito da osservare che i rapporti tra i due processi sopra indicati hanno un grande avvenire dietro le spalle . Premessa La Legge delega per la riforma fiscale Legge 9 agosto 2023, numero 111 in vigore il 29 agosto 2023 all' articolo 20, co. 1, lett. a , numero 3 , ha delegato il Governo di «rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario prevedendo, in coerenza con i princìpi generali dell'ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all'accertamento dei fatti medesimi». In attuazione del suddetto criterio direttivo, l'articolo 1, co. 1, lett. m , d.lgs. numero 87/2024 c.d. Decreto Sanzioni ha introdotto, nel d.ggs numero 74/2000, il nuovo articolo 21- bis , rubricato “ Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione ”, il quale, al comma 1, prevede testualmente «la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi». In sostanza, in presenza di una sentenza penale avente tali caratteristiche, il giudice tributario non potrà fare altro che decidere in conformità . La novità è stata accolta con favore pur in presenza di qualche criticità andando a mitigare, da un lato, il principio del c.d. doppio binario concepito, fin qui, nella sua forma più integralista - ovvero di completa autonomia e separazione tra i due procedimenti , penale e tributario, che come due binari paralleli erano destinati a non incontrarsi mai, pur trattandosi di giudizi riguardanti fatti comuni – e risolvendo, dall'altro, le annose incertezze sorte sull'effettiva valenza delle sentenze irrevocabili penali nel processo tributario, in ossequio ai principi generali dettati dall' articolo 654 c.p.p. Prima di tale riforma, la Suprema Corte, valorizzando proprio il dettato normativo di cui all' articolo 654 c.p.p. - ed in particolar modo nella parte in cui preclude la valenza delle sentenze penali nel giudizio amministrativo “ se la legge civile pone limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa ” - aveva ripetutamente ribadito, come nessuna automatica autorità di cosa giudicata potesse attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall' articolo 7, comma 4, del d.lgs. numero 546/1992 , e trovano ingresso, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. L'imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, quindi, avrebbe ben potuto essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l'atto impositivo risultasse fondato su validi indizi , insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario. Pertanto, secondo la Corte, il giudice tributario non avrebbe potuto limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti articolo 116 c.p.c. avrebbe dovuto procedere ad un suo apprezzamento . La tendenza, quindi, era quella di un relativo riconoscimento della sentenza penale nel processo tributario , considerandola come un semplice elemento di prova liberamente valutabile dal giudice tributario in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie e, quindi, verificandone la rilevanza nell'ambito specifico in cui esso è destinato ad operare. Con la recente novella legislativa di cui all'articolo 21- bis d.lgs. numero 74/2000, invece , la sentenza penale di assoluzione pronunciata nel processo penale con le formule “ perché il fatto non sussiste” o “l'imputato non lo ha commesso” abbandona la veste di mera fonte di prova per trasformarsi in giudicato con efficacia diretta e vincolante nel processo tributario . Finalmente! Questo è ciò che molti giuristi hanno pensato, anche se poi, subito dopo aver gioito, mossi dalla loro immancabile capacità di critica, hanno incentrato la loro attenzione sulla delimitazione, ritenuta eccessiva, dell'effetto vincolante alle sole sentenze di assoluzione emesse a seguito del dibattimento e con le formule “perché il fatto non sussiste” o “l'imputato non lo ha commesso”, chiedendosi il perché di una mancata estensione del giudicato anche, per esempio, alla sentenza di assoluzione all'esito del rito abbreviato o al provvedimento di archiviazione. Nessuna necessità, invece, hanno avvertito, di argomentare in merito al dato che appariva e a dire il vero appare come certo ed incontrovertibile, in virtù di un testo estremamente chiaro e circostanziato, ovvero l'efficacia vincolante, per il giudice tributario, della sentenza penale di assoluzione con formula piena, in relazione ai fatti materiali in essa accertati. L'intervento della Corte Ad infrangere tele certezza è intervenuta, pochi giorni orsono, una sentenza della Suprema Corte, Sezione Tributaria, la numero 3800 del 14/02/25 , che limita l'efficacia di giudicato della sentenza penale, prevista regolata dal nuovo articolo 21- bis , « esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all'accertamento dell'imposta , rispetto al quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio” e ciò “alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata ed in conformità ai principi unionali». I Giudici di legittimità, in sostanza, ha ritenuto, che l'efficacia diretta e vincolante delle sentenze assolutorie di cui all'articolo 21- bis d.lgs. numero 74/2000, vada ad incidere soltanto sul trattamento sanzionatorio e non riguardi l'imposta, né la decisione del giudice tributario sulla pretesa impositiva. Come affermato in sentenza, il giudice tributario – a fronte della sentenza dibattimentale di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso ex articolo 530, comma 1, c.p.p. – «sarà tenuto ad operare una duplice operazione a quanto alla ripresa impositiva dovrà apprezzare, con valutazione autonoma, la suddetta decisione come elemento di prova unitamente agli altri elementi introdotti nel giudizio ai sensi degli articolo 654 c.p.p. e 20 d.lgs. numero 74/2000, con un giudizio di sintesi che non è condizionato dal passaggio in giudicato della sentenza penale b quanto alla sanzione tributaria, ove accerti la medesimezza dei fatti, dovrà applicare il 21- bis , annullando la sanzione irrogata». Il percorso argomentativo Il percorso argomentativo che ha condotto a tali conclusioni, consta di almeno tre riflessioni l'interpretazione letterale e sistematica della nuova disposizione i profili di legittimità costituzionale la compatibilità della nuova norma con i principi cosiddetti unionali.   Per quanto attiene all' interpretazione letterale e sistematica della nuova norma può osservarsi quanto segue. Guardando al complesso contesto normativo su cui è intervenuta la novella, secondo gli Ermellini, gli articolo 19-21 d.lgs. numero 74/2000 , nella loro versione originaria, delineavano una autonoma e specifica composizione dei rapporti tra illecito penale ed illecito tributario , caratterizzata dall'esistenza di un doppio binario, sia procedimentale, che processuale, nella prospettiva del rispetto del principio del ne bis in idem . Il principio predominante, che caratterizza il rapporto tra illecito penale ed illecito tributario, è quello di specialità tra i due illeciti, sancito sia dall' articolo 19 d.lgs. numero 74/2000 - che ha stabilito che, qualora un determinato fatto sia idoneo ad integrare la violazione di due distinte disposizioni che prevedono l'applicazione di una sanzione amministrativa e di una sanzione penale, troverà applicazione quella delle due sanzioni che presenta degli elementi specifici quid pluris rispetto all'altra - sia dall' articolo 21 d.lgs. 74/2000 - il quale stabilisce in termini univoci, che la sanzione tributaria debba essere irrogata anche se il medesimo fatto sia di rilievo penale e costituisca oggetto di notizia di reato . Secondo la Corte, detto principio di specialità riguarda, esclusivamente, la fase della materiale applicazione della sanzione, senza incidere sulle fasi, anteriori, dell'accertamento, della contestazione e dell'irrogazione giudizio di cognizione , le quali procedono in autonomia e devono necessariamente essere realizzate. L' autonomia dei due procedimenti è poi garantita dall'articolo 20 che esclude ogni rapporto di pregiudizialità tra processo penale e procedimento amministrativo. Da siffatto contesto normativo, il giudice di legittimità ne deduce che l'esigenza tutelata dal legislatore, anche dopo l'introduzione delle novità apportate con il d.lgs. numero 87/24 , è quella di trattare in termini unitari , per evitare criticità o incongruenze, gli esiti finali sanzionatori derivanti dalla necessaria separatezza dei giudizi, penale e tributario. Del resto, precisa la Corte, « il rapporto di imposta che intercorre tra il contribuente e l'Erario – incardinato tra dovere contributivo e capacità contributiva in funzione della giusta imposizione – non partecipa in quanto tale al rapporto penale , che attiene, invece, all'aspetto sanzionatorio, per il quale si pone, differentemente, l'esigenza di una valutazione unitaria e contemperata del complessivo trattamento afflittivo». Ed è proprio in tal prospettiva che dovrebbe leggersi anche l'articolo 21- ter , anch'esso di recente introduzione, che regola il cumulo sanzionatorio nel caso di riconosciuta responsabilità sia in ambito penale che tributario, così da evitare che il trattamento risulti eccessivamente gravoso. Conclude, quindi, la Corte, che secondo una interpretazione letterale e sistematica delle disposizioni di cui al d.lgs. numero 74/2000, l'articolo 21- bis , anche se effettivamente ha introdotto una disposizione non più limitata alla fase riscossiva , avendo esteso alla fase di cognizione la deducibilità della pronuncia penale di assoluzione con le formule “il fatto non sussiste” o “l'imputato non lo ha commesso”, è suscettibile di esplicare i suoi effetti, in termini diretti, esclusivamente con riguardo alla sanzione irrogata. In merito all'imposta , invece, le regole non cambiano, il giudice tributario non potrà sottrarsi ad un'autonoma valutazione della sentenza penale di assoluzione, attesa l'autonomia dei due giudizi e la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione. Ciò del resto, sempre secondo gli ermellini, sarebbe dovuto alle diverse esigenze che presiedono i due ambiti che hanno oggetti radicalmente differenti per quanto riguarda la sanzione penale e tributaria , vi è la necessità che il regime sanzionatorio , in ossequio del principio del ne bis in idem , sia unitario , non contraddittorio e proporzionato, per quanto attiene, invece, all'imposta, l'accertamento mira ad assicurare l'attuazione delle norme impositive con l'obiettivo di attuare una giusta imposizione da ricercarsi nell'equilibrio tra dovere contributivo e capacità contributiva, che viene realizzato con gli strumenti previsti dall'ordinamento tributario e secondo i criteri di riparto della prova tra contribuente e fisco.  Con riferimento ai profili di legittimità costituzionale che imporrebbero, anch'essi, a dire della Corte, un'interpretazione restrittiva del nuovo articolo 21- bis d.lgs. numero 74/2000 limitandone l'operatività alle sole sanzioni tributarie , può invece rilevarsi quanto segue. Il primo profilo di criticità deriverebbe dalla spiccata diversità del regime probatorio caratterizzante i due ordinamenti, tributario e penale mentre il sistema tributario è caratterizzato da oneri probatori ripartiti tra Ufficio e contribuente, nel sistema penale l 'onere è integralmente a carico dell'accusa , essendo sufficiente, per l'imputato, un atteggiamento anche solo silente per ottenere un esito positivo del processo in assenza di una prova piena della penale responsabilità. Riconoscere efficacia di giudicato alla sentenza assolutoria per le formule indicate dall'articolo 21- bis anche in merito all'accertamento dell'imposta comporterebbe, secondo il giudice della legittimità, un irreparabile vulnus ai principi di uguaglianza e ragionevolezza nei casi in cui, ad esempio, per condotte evasive che si attestino al di sotto della soglia di rilevanza penale e quindi per evasioni di più limitata entità , varrebbe l' ordinario regime probatorio del giudizio tributario , mentre per quelle più gravi sopra soglia di rilevanza penale , la parte potrebbe avvantaggiarsi dell'efficacia diretta del giudicato penale favorevole. Il secondo profilo di criticità discenderebbe dalla mancata partecipazione dell'Agenzia delle Entrate al giudizio penale, che non garantirebbe un contraddittorio effettivo come quello che si realizza, invece, in ambito tributario. Pertanto, secondo la Corte, soltanto la connotazione dell'intervento normativo mirata ai soli profili sanzionatori appare idonea a superare tali criticità. Infine, il terzo passaggio argomentativo riguarda i profili di compatibilità della nuova norma con i principi unionali . Il riferimento è ad una sentenza della CGUE nelle cause riunite C-370/17 e C-37/18 Vueling , ove è stato statuito che l'amministrazione fiscale deve poter autonomamente accertare la sussistenza di operazioni fraudolente a fini Iva, cosicché se la sentenza penale vincolasse automaticamente il giudice tributario, si andrebbe a limitare l'autonomia dell'accertamento fiscale. Alcune considerazioni critiche Tale pronuncia, seppur ampiamente motivata e con spunti di un certo rilievo, non è condivisibile nel principio di diritto affermato , contrastando, in maniera netta, sia con il dato normativo, sia con la ratio legis ispiratrice della recente riforma di cui al D.Lgs. numero 87/24. Innanzitutto, partendo da quest'ultimo aspetto, giova evidenziare come la Suprema Corte, con la sentenza in argomento, abbia dato al nuovo articolo 21 bis un'interpretazione sostanzialmente restrittiva recuperando la rigida impostazione data del legislatore sino dall'introduzione della cosiddetta ‘manette agli evasori' articolo 12 della legge numero 516/82 ai rapporti tra procedimento penale e procedimento tributario, ispirata al principio del doppio binario inteso nella forma più rigida, ovvero di totale autonomia dei giudizi. Non ha, invece, considerato, come il legislatore, con decreto legislativo di riforma del sistema sanzionatorio tributario abbia voluto cambiare decisamente rotta , andando ad introdurre eccezioni al regime del doppio binario alla luce della inadeguatezza del medesimo così come originariamente concepito con lo scopo, quindi, di attenuarlo e potenziando, conseguentemente, l'operatività del principio del “ ne bis in idem ” sostanziale. In secondo luogo, l'interpretazione della norma proposta dalla Corte, parrebbe non cogliere il dato normativo, di insolita chiarezza e specificità, contenuto nell'articolo 21- bis la sentenza assolutoria fa stato nel processo tributario “ quanto ai fatti materiali in essa accertati ”. La norma, quindi, non attribuisce, sic et simpliciter , l'efficacia di giudicato alla sentenza penale nel giudizio tributario, bensì all' accertamento del fatto materiale in essa contenuto , da intendersi nella sua dimensione naturalistica, nella sua materialità fenomenica, indipendentemente dalla qualificazione giuridica data allo stesso dal giudice penale. Non vi è alcun rischio, pertanto, come invece paventato dalla Corte, di passivo automatismo nell'acquisizione nel processo tributario della sentenza assolutoria , dovendo il giudice tributario valutare il fatto materiale accertato in sede penale per verificarne la corrispondenza con l'oggetto del proprio giudizio. Ove corrispondenza vi sia, non potrà che far altro che decidere in conformità al giudice penale, ove, invece, tale corrispondenza manchi, perché il reato tributario si fonda su elementi diversi ad esempio il mancato superamento della soglia, l'insufficienza di prove, l'insussistenza del dolo ecc , dovrà necessariamente procedere in autonomia nell'assumere la propria decisione. Nessun pericolo, insomma, che l'assoluzione penale possa ostacolare l'accertamento della violazione tributaria e non vi è neppure il rischio che metta a repentaglio la riscossione. La ratio dell'articolo 21- bis è quella di ricercare l' omogeneità della verità processuale che consenta di eliminare o, comunque, ridurre il più possibile, la possibilità di pronunce contrastanti all'esito dei due giudizi, penale e tributario, quale effetto più che plausibile di un sistema improntato al doppio binario processuale. Del resto, quando i fatti materiali oggetto del processo penale coincidono con quelli del processo tributario, sarebbe davvero illogico, oltreché incoerente, consentire che i due giudizi possano concludersi attestando una realtà fenomenica del tutto diversa, se non addirittura opposta. Il riconoscimento del giudicato penale nei termini e nei modi previsti dalla norma, quindi, risponde all'esigenza di porre un limite alle distorsioni che il sistema del doppio binario genera , come il contrasto di giudicati, coniugandolo con il principio del ne bis in idem e di coerenza di sistema. Senza considerare che il giudizio penale, vista la natura delle prove certamente più severe e circostanziate rispetto a quelle ammissibili nel giudizio tributario, offre la garanzia di una migliore ricerca della verità processuale che non può certo essere messa in discussione dall'accertamento operato in ambito tributario che segue regole che non assicurano altrettanta aderenza all'effettivo accadimento dei fatti. Alla luce delle suddette considerazioni ben si comprende come anche i timori sollevati dalla Corte su eventuali profili di incostituzionalità della norma, ove non si limitasse l'efficacia della sentenza di assoluzione alle sole sanzioni, appaiono infondati. Il giudicato penale limitato all'accertamento dei fatti pone al sicuro da quell'irreparabile vulnus ai principi di uguaglianza e ragionevolezza paventato dalla Corte anche per le condotte evasive più gravi sopra soglia di rilevanza penale , così come per quelle di limitata entità sotto soglia di punibilità , varrebbe l' ordinario regime probatorio del giudizio tributario allorquando l'assoluzione dal reato si fondi su elementi diversi rispetto a quelli oggetto di giudizio tributario ad esempio il mancato superamento della soglia, l'insufficienza di prove, l'insussistenza del dolo ecc . Ciò è derimente anche per escludere la bontà delle argomentazioni operate dalla Corte con riferimento all'orientamento europeo proteso alla necessaria autonomia dell'amministrazione finanziaria nell'accertamento dell'imposta. Orbene l'efficacia del giudicato penale, nei limiti e nei termini di cui all'articolo 21- bis d.lgs. numero 74/2000, nel processo tributario non lede tale autonomia perché, se in sede penale è comprovata la insussistenza del fatto non vi è alcuna ragione per escludere l'efficacia di tale accertamento nel processo tributario.

Presidente Bruschetta - Relatore Fuochi Tinarelli Fatti di causa 1. ESPRESSIONE MODA Srl impugnava l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate per l'anno d'imposta 2015 per Ires, Iva e Irap in relazione alla contabilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per gli acquisti da quattro fornitori - St.Co., Ri.Ma., Pubblicizzando di Pe.To. e Do.Em. - nonché per aver dedotto costi non di competenza in quanto relativi a prestazioni svolte nell'anno 2014. 2. Il ricorso veniva accolto dalla Commissione tributaria CTP di Lecce limitatamente alle prestazioni fornite da Ri.Ma. e ai costi indeducibili perché non di competenza e rigettato per il resto. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado CGT2 , con la sentenza in epigrafe, riformava la decisione di primo grado e annullava, nella sua integrità, l'avviso di accertamento, rilevando che il Tribunale di Lecce con sentenza numero 1281/2022 aveva assolto il legale rappresentante della società con la formula perché il fatto non sussiste , che condivideva in ogni sua parte, esclusa nessuna e lo accoglie ai fini fiscali . 3. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste la società con controricorso. 4. Con ordinanza interlocutoria numero 26212/2024 il ricorso veniva rinviato a nuovo ruolo. La società ha depositato memoria e la sentenza numero 1374/2024 della Corte d'Appello di Lecce, di conferma della decisione del Tribunale di Lecce, deducendo l'applicabilità dell' articolo 21-bis D.Lgs. numero 74 del 2000 , introdotto con il   D.Lgs. numero 87 del 2024   e chiedendo rinvio per consentirne l'irrevocabilità. 5. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto ricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell' articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. , violazione e/o falsa applicazione degli   articolo 20 D.Lgs. numero 74 del 2000 , 7, comma 4,   D.Lgs. numero 546 del 1992 , 115 e 116   cod. proc. civ., nonché degli articolo 409,   652 e   654 cod. proc. penumero , per aver la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia annullato l'avviso in base ad un asserito giudicato penale, che aveva ritenuto di effetto dirimente sull'intera questione , mentre la sentenza del Tribunale di Lecce era stata impugnata e il relativo giudizio pendeva in appello. Rileva, inoltre, che la CGT2 non ha operato una autonoma e critica valutazione del contenuto della decisione penale, in uno con le altre risultanze probatorie introdotte nel giudizio dall'Ufficio, ma si è limitata a condividere il decisum espresso in sede penale, con la mera testuale riproduzione del contenuto della pronuncia penale. 2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell' articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. , violazione degli   articolo 2697 cod. civ. , 109   tuir   e 19   D.P.R. numero 633 del 1972   per aver la CGT2 valorizzato esclusivamente il contenuto della sentenza penale ai fini della decisione, la quale, tra l'altro, aveva dato particolare rilievo alla consulenza di parte, atto, in sé, neppure di diretta valenza probatoria, omettendo di considerare la pluralità di elementi addotti dall'Ufficio sull'inesistenza oggettiva delle prestazioni. 3. Occorre premettere che nel giudizio si pone la questione, già evidenziata con l'ordinanza interlocutoria, della possibile applicazione dell'articolo 21-bis, sollevata dal controricorrente con la memoria in atti, profilo che si interseca con le questioni già in giudizio. Tale profilo, per ragioni logiche e di ordine espositivo, sarà pertanto oggetto di distinta disamina successivamente all'esame dei motivi di ricorso. 4. Ciò premesso, i motivi, logicamente connessi, sono suscettibili di esame unitario. 4.1. Va disattesa, in primis, l'eccezione di inammissibilità formulata dal controricorrente le doglianze attengono all'osservanza del principio della circolazione della prova tra giudizio penale e giudizio tributario e alla conseguente disamina di cui è onerato il giudice di merito e, quindi, deducono, correttamente, una violazione di legge. 4.2. I motivi, oltre che ammissibili, sono fondati. 5. Secondo la consolidata e costante giurisprudenza di questa Corte, la sentenza penale, anche irrevocabile e ancorché con la formula il fatto non sussiste , non è idonea, in forza del disposto di cui all' articolo 654 cod. proc. penumero , ad esplicare alcun effetto vincolante nell'alveo del processo tributario, assumendo - per il principio della circolazione dei mezzi di prova - un rilievo solo quale elemento di prova, soggetto all'autonoma valutazione del giudice tributario. In particolare, in tema di operazioni inesistenti incluse in una frode carosello - com'è quella all'origine della vicenda - si è chiarito che il giudice tributario, nel verificare se il contribuente sia consapevole del coinvolgimento in una operazione finalizzata all'evasione di imposta, non può riferirsi alle sole risultanze del processo penale, ancorché riguardanti i medesimi fatti, ma deve, nell'esercizio dei suoi poteri, valutare tali circostanze sulla base del complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario, non potendo attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile su reati tributari alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa l'autonomia dei due giudizi e la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione Cass. numero 27814 del 4/12/2020 ,   Cass. numero 6532 del 9/03/2020 . Non solo anche la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula perché il fatto non sussiste , non assume efficacia di giudicato nel processo tributario, anche quando i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare Cass. numero 6918 del 20/03/2013   Cass. numero 2938 del 13/02/2015   Cass. numero 10578 del 22/05/2015   Cass. numero 17258 del 27/06/2019   Cass. numero 4645 del 21/02/2020 . 6. Già da quanto sopra emergono, dunque, i plurimi errori in cui è incorsa la CGT2 con la sentenza impugnata. 6.1. In primo luogo, il giudice di merito ha ritenuto la sentenza penale del Tribunale di Lecce irrevocabile, mentre tale non era, tant'è che è intervenuta, nelle more del giudizio di cassazione, la sentenza della Corte d'Appello di Lecce. 6.2. In secondo luogo, la CGT2 ha del tutto pretermesso una autonoma valutazione ma si è integralmente appiattita sugli esiti del giudizio penale. Ciò emerge univocamente da plurimi elementi a la motivazione della decisione impugnata costituisce, nella gran parte, mera pedissequa riproduzione della motivazione della sentenza penale di primo grado b è omessa ogni valutazione e comparazione con gli elementi probatori già presenti nel giudizio c la motivazione si conclude con l'affermazione la Corte condivide in pieno il giudicato penale in ogni sua parte, esclusa nessuna e lo accoglie ai fini fiscali. In buona sostanza, il giudicato penale di cui alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Lecce ha effetto dirimente sull'intera questione ed esplica i propri effetti nei confronti del presente processo tributario . 6.3. Tale conclusione risalta ulteriormente ove si consideri - come tertium comparationis - la sentenza d'appello, prodotta dalla società controricorrente, che rispetto ai medesimi elementi considerati dal Tribunale di Lecce formula un effettivo autonomo apprezzamento, operando una articolata e specifica valutazione sui singoli elementi, la cui consistenza risulta assai meno certa e indefettibile ad es. sulla carenza di documentazione contrattuale sulla ben più ridotta rilevanza e incidenza della consulenza di parte che non coglie nel segno, sul carattere sospetto dell'attività svolta dalla ditta Pe.To. sull'assenza di rimanenze finali che desta non poche perplessità tanto più alla luce della comoda giustificazione addotta dal Qu. sull'inattendibilità dell'acquisto di 1500 penne notarili personalizzate, dove evidenzia che l'assunto è fortemente sospetto soprattutto se letto con le altre anomalie rilevate ma è di carattere presuntivo , derivando da ciò la non rilevanza ai fini della responsabilità penale . 6.4. Non rileva, sul punto, che la Corte d'Appello abbia confermato la sentenza del Tribunale, esito che discende dalla natura del giudizio penale come bene rilevato dalla stessa sentenza d'appello mentre la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza . Il profilo che assume rilievo nel presente giudizio, difatti, attiene ad un aspetto differente, ossia la necessità che il contenuto della decisione penale sia stato oggetto di una autonoma valutazione da parte del giudice tributario - in uno con le risultanze probatorie già acquisite in atti - ai fini del proprio giudizio, valutazione qui risultata assente. Né tale mancanza è assimilabile ad un vizio motivazionale poiché investe direttamente l'esatta applicazione del principio di circolazione della prova tra giudizio penale e giudizio tributario, che discende dagli   articolo 20 D.Lgs. numero 74 del 2000   e 654 cod. proc. penumero 7. L'accoglimento dei motivi è idoneo a comportare la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio al giudice di merito per un nuovo esame. Occorre tuttavia valutare la rilevanza e l'incidenza della nuova norma di cui all' articolo 21-bis D.Lgs. numero 74 del 2000 , la cui applicazione è stata invocata dalla società e assume rilievo sotto un duplice versante. Da un lato, infatti, la contribuente ha chiesto rinvio dell'udienza per consentire il definitivo consolidamento della statuizione favorevole. Dall'altro, ove tale istanza vada disattesa, la questione si porrà al giudice del rinvio, cui è necessario fornire i principi di diritto per la sua decisione. 8. L'articolo 21-bis D.Lgs. numero 74 del 2000, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lett. m , D.Lgs. 14 giugno 2024, numero 87, ha disposto articolo 21-bis Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione . 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati . 8.1. La norma è già stata oggetto di alcune prime considerazioni da parte della Corte v.   Cass. 31 luglio 2024, numero 21584   Cass. 3 settembre 2024, numero 23570   Cass. 3 settembre 2024, numero 23609   Cass. 11 ottobre 2024, numero 16584   Cass. 2 dicembre 2024, numero 30814   Cass. 3 dicembre 2024, numero 30900   Cass. 16 gennaio 2025, numero 1021 , che ne ha valutato l'immediata operatività con riguardo a decisioni penali preesistenti alla novella, ha individuato alcuni limiti alla sua applicazione, in ispecie con riguardo alle decisioni emesse dal giudice dell'udienza preliminare ovvero alla diversità delle statuizioni espresse improcedibilità e ciò a prescindere dalla disamina in concreto operata nel giudizio, e ne ha dato una prima applicazione. 8.2. A fronte di questi primi interventi, dunque, appare necessario fornire un inquadramento sistematico della nuova disposizione e della sua effettiva valenza e incidenza nel sistema processuale e sostanziale e ciò anche alla luce delle possibili criticità di ordine costituzionale e unionale evidenziate dal Pubblico Ministero alla presente udienza. 9. La cornice oggettiva disegnata dall'articolo 21-bis   D.Lgs. numero 87 del 2024   è chiaramente definita. La nuova norma, infatti, si riferisce alle sole sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso emesse a seguito di dibattimento . Restano quindi escluse dall'ambito di applicazione dell'articolo 21-bis - le sentenze di condanna - le sentenze di assoluzione e proscioglimento con una diversa formula il fatto non costituisce reato, il fatto non è più previsto come reato, le formule di improcedibilità, - i provvedimenti di archiviazione - le sentenze di applicazione della pena 444 cod. proc. penumero - tutte le sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato. 9.1. Ciò premesso, ritiene il collegio, anticipando l'esito del percorso argomentativo e dell'analisi, che l'articolo 21-bis cit. si riferisca esclusivamente al trattamento sanzionatorio e non riguardi l'imposta, né la decisione del giudice tributario sulla pretesa impositiva. 10. Occorre rilevare, in primo luogo, che la recente riforma attuata con il   D.Lgs. numero 87 del 2024   trova i suoi capisaldi di riferimento nell' articolo 20 della legge delega numero 111 del 2023 , recante principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale. In particolare, l'articolo 20, comma 1, lett. a , numero 1 e numero 3, ha previsto a per gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali 1 razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem 2 omissis 3 rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario prevedendo, in coerenza con i principi generali dell'ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all'accertamento dei fatti medesimi e adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti all'effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all'esercizio dell'azione penale 10.1. Ne deriva, quale primo elemento di natura sistematica, che l'articolo 21-bis trova la sua fonte primaria nei principi e nelle direttive mirate alla nuova determinazione dell'assetto sanzionatorio tributario e penale. In altri termini, la ratio della riforma, evincibile dal criterio direttivo della legge delega e resa esplicita dalla relazione illustrativa al decreto legislativo, è quella di rafforzare l'integrazione dei sistemi sanzionatori nella prospettiva del rispetto del principio del ne bis in idem in vista di una razionalizzazione del sistema sanzionatorio tributario e penale. 11. In secondo luogo, l'intervento riformatore si è sviluppato nell'alveo della disciplina sanzionatoria già esistente. Infatti, il   decreto legislativo numero 87 del 2024   è intervenuto sul   D.Lgs. numero 74 del 2000 , inserendo nuove disposizioni - tra cui l'articolo 21-bis - ovvero modificando, in coordinamento con quelle introdotte, quelle preesistenti. 12. È dunque necessario considerare il complessivo contesto normativo su cui è intervenuta la novella. 12.1. Invero, gli articolo 19-21 del D.Lgs. numero 74 del 2000, già nella versione originaria, delineavano una autonoma e specifica composizione dei rapporti tra l'illecito penale e l'illecito tributario ed una concreta articolazione del principio del ne bis in idem, assetto che - come si vedrà - resta confermato e completato dalla riforma. 12.2. L'articolo 19, in particolare, ha introdotto nell'ordinamento il principio di specialità tra disposizioni amministrative e penali, stabilendo 1. Quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del titolo II e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale. 2. Permane, in ogni caso, la responsabilità per la sanzione amministrativa dei soggetti indicati nell' articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 472 , che non siano persone fisiche concorrenti nel reato . Il secondo comma, nella sua attuale versione, è stato modificato, per esigenze di coordinamento, con l'aggiunta, in fine della frase, e resta ferma la responsabilità degli enti e società prevista dall'articolo 21, comma 2-bis , ribadendo l'univoco riferimento al trattamento sanzionatorio. 12.3. L'articolo 20 esclude ogni rapporto di pregiudizialità tra processo penale e procedimento amministrativo Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione . Con la novella è stato aggiunto un comma 1-bis 1-bis. Le sentenze rese nel processo tributario, divenute irrevocabili, e gli atti di definitivo accertamento delle imposte in sede amministrativa, anche a seguito di adesione, aventi a oggetto violazioni derivanti dai medesimi fatti per cui è stata esercitata l'azione penale, possono essere acquisiti nel processo penale ai fini della prova del fatto in essi accertato teso, in evidenza, a consentire la massima circolazione della prova tra processo e procedimento tributario e processo penale anche rispetto a quest'ultimo, a conferma dell'insussistenza di qualsiasi rapporto di pregiudizialità. 12.4. Particolarmente rilevante è, poi, l'articolo 21 che, nel testo ora vigente, prevede 1. L'ufficio competente irroga le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato. 2. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dei soggetti diversi da quelli indicali dall'articolo 19, comma 2, salvo che il procedimento penale sia definito con provvedimento di archiviazione, sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 21-bis e 21-ter. I termini per la riscossione decorrono dalla data in cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati all'ufficio competente alla comunicazione provvede la cancelleria del giudice che li ha emessi. 2-bis. La disciplina del comma 2 si applica anche se la sanzione amministrativa pecuniaria è riferita a un ente o società quando nei confronti di questi può essere disposta la sanzione amministrativa dipendente dal reato ai sensi dell' articolo 25-quinquiesdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, numero 231 . 3. Nei casi di irrogazione di un'unica sanzione amministrativa pecuniaria per più violazioni tributarie in concorso o continuazione fra loro, a norma dell' articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 472 , alcune delle quali soltanto penalmente rilevanti, la disposizione del comma 2 del presente articolo opera solo per la parte della sanzione eccedente quella che sarebbe stata applicabile in relazione alle violazioni non penalmente rilevanti. . Rispetto al testo originario, oltre all'inserimento del comma 1-bis, è stata soppressa la parola comunque al comma 1, mentre con riguardo al comma 2 è significativa l'aggiunta della locuzione Resta fermo quanto previsto dagli articoli 21-bis e 21-ter . La disposizione ha natura strumentale e delinea lo stesso contenuto del principio di specialità introdotto con l'articolo 19, poiché stabilisce, in termini univoci, che la sanzione tributaria deve essere irrogata anche se il medesimo fatto sia di rilievo penale e costituisca oggetto di notizia di reato. Il principio di specialità, infatti, in coerenza alla direttiva enunciata dall'articolo 9, lett. 1 , della legge delega numero 205 del 1999 in forza della quale è stato emanato il   D.Lgs. numero 74 del 2000   che dispone prevedere l'applicazione della sola disposizione speciale quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa , va riferito, con chiarezza, alla fase della materiale applicazione della sanzione, senza incidere sulle fasi - anteriori - dell'accertamento, della contestazione e dell'irrogazione, le quali procedono in autonomia e, anzi, devono necessariamente essere realizzate. Ne deriva che la norma, anche dopo la recente modifica operata con il   D.Lgs. numero 87 del 2024 , ribadisce e legittima a livello di disciplina positiva l'esistenza di un doppio binario procedimentale e processuale non solo deve ritenersi consentito ma diviene doveroso per l'Amministrazione avviare il procedimento di irrogazione della sanzione ancorché il medesimo fatto sia, al contempo, oggetto di rilievo penale. 13. Come già rilevato da questa Corte Cass. numero 21694 del 08/10/2020 , il legislatore, sin dal 2000, ha ritenuto necessario un riequilibrio la pluralità di procedimenti destinati ciascuno ad un autonomo esito è idonea a generare criticità vuoi in caso di differente esito, vuoi in caso di esito negativo per il contribuente in entrambe le sedi penale e amministrativa-tributaria . Il necessario avvio del procedimento sanzionatorio trovava il suo bilanciamento nella previsione del comma 2, in forza del quale è escluso che la sanzione possa essere posta in esecuzione salvo che per i soggetti solidalmente responsabili non concorrenti nel reato fino a che il giudizio penale è pendente. La definizione del giudizio penale costituiva la condizione per poter attivare la procedura di esecuzione tuttavia, ciò può avvenire in termini selettivi, ossia a se la sentenza è di condanna la sanzione amministrativa resta definitivamente ineseguibile b se invece la sentenza penale è favorevole al contribuente la sanzione diviene eseguibile solamente se il procedimento penale è definito con provvedimento di archiviazione, sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto . 14. Occorre sottolineare che la norma, nella previsione originaria, anteriore agli interventi attuati con il   D.Lgs. numero 87 del 2024 , ha un ambito di applicazione limitato alla fase dell'esecuzione della sanzione, senza estendersi al giudizio di cognizione. Il capoverso e ultimo periodo del comma 2, infatti, è esplicito nel riferirsi, per l'applicazione della norma, ai termini della riscossione , che decorrono dalla comunicazione all'ufficio competente. Questa conclusione è però superata dall'avvenuta introduzione dell'articolo 21-bis cit., che ha esteso alla fase della cognizione - ed anche nel giudizio di cassazione - la deducibilità della pronuncia penale di assoluzione per le formule il fatto non sussiste e l'imputato non lo ha commesso , sicché la relativa valutazione non è più limitata alla sola fase riscossiva ma è suscettibile di essere dedotta anche in sede di cognizione. L'attuale testo dell'articolo 20, comma 2, prima parte, è stato infatti integrato con l'ulteriore locuzione con cui è stabilito che Resta fermo quanto previsto dai successivi articolo 21-bis e 21-ter . 14.1. Emerge con evidenza, pertanto, che l'esigenza tutelata dal legislatore - ma già presente nelle originarie previsioni - è quella di trattare in termini unitari, per evitare criticità o incongruenze, gli esiti finali sanzionatori derivanti dalla necessaria separatezza dei giudizi, penale e tributario, e del procedimento amministrativo tributario. E, del resto, il rapporto di imposta che intercorre tra il contribuente e l'erario - incardinato tra dovere contributivo e capacità contributiva in funzione della giusta imposizione - non partecipa, in quanto tale, al rapporto penale, che attiene, invece, all'aspetto sanzionatorio, per il quale si pone, differentemente, l'esigenza di una valutazione unitaria e contemperata del complessivo trattamento afflittivo. Non a caso, lungo la medesima prospettiva - e in funzione della medesima esigenza - il legislatore ha introdotto, con la novella, anche l' articolo 21-ter D.Lgs. numero 74 del 2000   per il diverso versante del cumulo sanzionatorio nel caso di riconosciuta responsabilità sì da evitare che il trattamento risulti eccessivamente gravoso, prevedendo che il giudice o l'autorità amministrativa, al momento della determinazione delle sanzioni di propria competenza e al fine di ridurne la relativa misura, tiene conto di quelle già irrogate con provvedimento o con sentenza assunti in via definitiva . 15. In terzo luogo, sul piano strettamente letterale, viene in rilievo il dettato del comma 3 dell'articolo 21-bis. La norma prevede 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati , conferma la conclusione esposta. Orbene, l'utilizzo della congiunzione anche , riferita alla persona fisica o alla società nonché ai soci o associati si spiega soltanto in chiave sanzionatoria, poiché l'accertamento del tributo è naturalmente riferito al soggetto passivo, che è l'imprenditore individuale o la società, non certo alla persona che abbia agito per loro, né ai soci e agli associati, che rispondono ad altro titolo. 16. In conclusione, l'articolo 21-bis   D.Lgs. numero 87 del 2024 , secondo una interpretazione letterale e sistematica, è suscettibile di esplicare i suoi effetti in termini diretti esclusivamente con riguardo alla sanzione irrogata, mentre con riguardo all'imposta la valutazione della sentenza penale di assoluzione resta tuttora ancorata ai principi, prima illustrati, afferenti alla circolazione della prova, esclusa ogni automatica estensione al giudizio tributario. 17. Non modifica tale conclusione la circostanza dell'avvenuta trasposizione dell' articolo 21-bis D.Lgs. numero 74 del 2000   all'articolo 119 del Testo Unico della giustizia tributaria D.Lgs. numero 175 del 2024 , mentre l'articolo 21 del medesimo D.Lgs. numero 74 è stato inserito all'articolo 98 del Testo Unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali D.Lgs. numero 173 del 2024 , vigenti dal 01 gennaio 2026. 17.1. Sotto un primo profilo, occorre osservare che la predisposizione dei testi unici non ha valenza innovativa, né un tale valore è desumibile dall' articolo 21 della legge delega numero 111 del 2023 , i cui criteri direttivi sono i seguenti a puntuale individuazione delle norme vigenti, organizzandole per settori omogenei, anche mediante l'aggiornamento dei testi unici di settore in vigore b coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle norme vigenti, anche di recepimento e attuazione della normativa dell'Unione europea, apportando le necessarie modifiche, garantendone e migliorandone la coerenza giuridica, logica e sistematica, tenendo anche conto delle disposizioni recate dai decreti legislativi eventualmente adottati ai sensi dell'articolo 1 c abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili ovvero non più attuali . La stessa Relazione illustrativa, del resto, ha esplicitamente premesso che Il presente testo unico ha carattere compilativo ed è di mero riordino . Con il recepimento nei Testi unici, infatti, è stato attuato un coordinamento delle disposizioni vigenti, ivi comprese quelle introdotte con gli altri decreti attuativi della legge delega, che sono state accorpate per ambiti omogenei, sicché l'articolo 21-bis - per l'esplicito riferimento contenuto nel comma 2 della norma - è confluito nella Sezione III - Il ricorso per cassazione , assieme agli altri eventi che, esplicitamente, sono pertinenti al giudizio di cassazione ricorso per cassazione, esecuzione provvisoria in pendenza del ricorso per cassazione, giudizio di rinvio , così da fornire una coerenza specifica al nuovo impianto normativo. 17.2. Occorre osservare, in secondo luogo, che pure l'articolo 21-ter, relativo alla rideterminazione del cumulo sanzionatorio in fase esecutiva, ha trovato collocazione nell'articolo 124 del Testo Unico della giustizia tributaria, ossia nel Capo IV - L'esecuzione delle sentenze delle corti di giustizia tributaria , e, dunque, in relazione ad un ambito omogeneo, senza che da ciò se ne possa derivare una variazione dei contenuti precettivi e della riferibilità al trattamento sanzionatorio. 17.3. Infine, l'articolo 21 D.Lgs. numero 74 del 2000 è stato sì inserito all'articolo 98 del Testo unico delle sanzioni ma, in ossequio ai criteri direttivi, con le necessarie modifiche , ossia con un esplicito rinvio alle nuove disposizioni 119 e 124 del   TU   numero 175 del 2024 in cui sono confluiti gli   articolo 21-bis   e   21-ter D.Lgs. numero 74 del 2000 , sì da lasciare inalterato il collegamento sistematico e letterale tra le diverse previsioni. 18. Per completare l'inquadramento sulla portata e incidenza della nuova previsione appare necessario esaminare, anche alla luce dei principi costituzionali e del diritto unionale, le questioni sostanziali e processuali poste dalla norma. 19. A L'applicabilità temporale dell'articolo 21-bis. 19.1. L'articolo 21-bis cit. è di immediata applicazione a tutte le controversie pendenti innanzi al giudice tributario e alla Corte di cassazione e rileva non solo per le violazioni realizzate dopo il 1 settembre 2024 ma anche per quelle precedenti all'entrata in vigore della norma. 19.2. Militano a favore di questa conclusione una pluralità di ragioni, mentre resta privo di concreto rilievo la qualificazione della norma come sostanziale o processuale. 19.3. In primo luogo, sul piano letterale, l' art 5 del D.Lgs. numero 87 del 2024   Disposizioni transitorie e finali ha regolato la disciplina temporale delle modifiche di cui al decreto legislativo, stabilendo esplicitamente l'irretroattività degli interventi innovatori solo per le altre modifiche normative Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1 settembre 2024 . 19.4. In secondo luogo, dalla stessa relazione di accompagnamento emerge con chiarezza l'intento del legislatore. Il mancato inserimento dell'articolo 1 tra le ipotesi di irretroattività di cui all'articolo 5, invero, non può ritenersi casuale al di là delle previsioni ivi contenute e relative alle fattispecie di rilievo strettamente penale per cui assume rilievo il principio dell'applicazione della lex mitior , per gli interventi sui rapporti tra sanzione penale e tributaria ossia, in ispecie, gli articolo 21-bis e 21-ter la scelta di far entrare in vigore immediatamente le norme è derivata proprio dalle criticità del sistema nazionale in materia sanzionatoria rispetto agli orientamenti della Corte EDU e della stessa Corte costituzionale v. Relazione illustrativa introduce, dunque, nel sistema punitivo tributario il divieto del bis in idem sostanziale inteso in senso proprio ed è formulata in stretta aderenza alle sentenze della Corte EDU - in particolare a quelle del 15 novembre 2016 AeB c. Norvegia e del 18 maggio 2017 J c. Islanda e in quelle successive - nonché alla sentenza   numero 149 del 2022 della Corte costituzionale . Ciò, oltre a confermare ulteriormente l'incidenza dell'articolo 21-bis sul solo piano sanzionatorio, rivela che il primario obbiettivo è stato quello di allineare la disciplina interna ai principi europei. 19.5. In terzo luogo, va sottolineato che con l'articolo 21-bis - come sopra evidenziato - è stata estesa alla fase del giudizio di cognizione e integrata la regolamentazione già prevista dall' articolo 21 D.Lgs. numero 74 del 2000 , ma suscettibile di essere attivata solo nella fase riscossiva. L'intervento, dunque, nell'anticipare la valutazione della congruità e correttezza del regime sanzionatorio alla cognizione, non può che riguardare, in assenza di un limite normativo espresso, gli stessi ambiti già suscettibili di disamina. 20. B L'accertamento dei fatti materiali nei due giudizi. 20.1. Il giudicato penale di assoluzione esplica i suoi effetti in quanto pronunciata sugli stessi fatti materiali oggetto del giudizio tributario. È richiesto, quindi, un accertamento sull'identità dei fatti materiali tra i due giudizi. 20.2. La norma presuppone un accertamento di fatto, come tale rimesso fisiologicamente al giudice del merito ma specificamente declinato dall'articolo 21-bis anche con riguardo al giudizio di cassazione. Tale ambito di valutazione, pur non astrattamente incompatibile con la funzione della Corte di cassazione v.   Cass. numero 21200 del 05/10/2009   Cass. numero 30780 del 30/12/2011 , presuppone, tuttavia, una compiuta analisi di fatto, anche estesa, ove necessario, agli atti impositivi, ed un apprezzamento - di merito - sulle indicazioni emergenti dalla sentenza penale, sicché, in tale evenienza ossia, quando vi sia necessità di ulteriori accertamenti in fatto in assenza di una macroscopica evidenza diviene ineludibile la cassazione con rinvio della sentenza impugnata per rimettere al giudice di merito la relativa valutazione. 20.3. La deduzione nel giudizio di cassazione, peraltro, deve tenere conto dei principi che regolano il processo di legittimità, in primo luogo il principio di chiarezza e specificità. Come ripetutamente affermato da questa Corte, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità esprime un principio generale del diritto processuale, oggi espressamente recepito nell' articolo 366   numero 3 e   4 cod. proc. civ. , restandone pregiudicata l'adeguata intellegibilità delle questioni ove renda oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, con conseguente inammissibilità della doglianza v.   Cass. numero 8009 del 21/03/2019, Sez. U, numero 37552 del 30/11/2021   Cass. numero 4300 del 13/02/2023 . Ne consegue che la mera allegazione che la sentenza penale ha assolto la parte con una delle formule rilevanti e che essa riguardava i medesimi fatti oggetto del giudizio tributario non può considerarsi sufficiente, essendo necessario che siano indicati gli specifici fatti ed elementi - oggetto di puntuale accertamento nella sentenza penale - rispetto ai quali viene ravvisata l'identità e per i quali, dunque, viene invocato il giudicato. 20.4. Quanto al contenuto dell'accertamento di fatto, seppure assuma anche rilievo il fatto-reato per come contestato in sede penale, va rilevato che il giudicato attiene ai fatti materiali e non alla astratta contestazione. Occorre osservare, sul punto, che l'oggetto del processo penale è diverso da quello della violazione tributaria, per cui occorre a valutare la coincidenza o meno del fatto in relazione al capo d'imputazione b riferire la formula assolutoria il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso alla contestazione. A maggior chiarimento e in via solo esemplificativa, si può rilevare che l'orientamento prevalente della Cassazione penale, con riguardo al reato di omesso versamento dell'Iva, previsto dall' articolo 10-ter D.Lgs. numero 74 del 2000 , reputa che la soglia di punibilità configuri un elemento costitutivo del reato, con la conseguenza che la sua mancata integrazione comporta l'assoluzione con la formula il fatto non sussiste v.   Cass. penumero numero 35611 del 16/06/2016 , sicché, in questo caso, i fatti accertati ai fini penali sono diversi da quelli rilevanti in sede civile. Il fatto , dunque, va necessariamente riguardato sotto il versante naturalistico in relazione agli elementi costitutivi vuoi dell'illecito amministrativo vuoi di quello penale. Su tale aspetto, invero, la Corte, nell'ambito dei giudizi civili, ha chiarito, con indicazioni validamente riferibili anche all'articolo 21-bis, che per fatto accertato dal giudice penale deve intendersi il nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica, costituita dall'accadimento oggettivo, accertato dal giudice penale, configurato dalla condotta, evento e nesso di causalità materiale tra l'una e l'altro fatto principale e le circostanze di tempo, luogo e modi di svolgimento di esso v. ex multis   Cass. numero 19863/2013 ,   Cass. numero 15392/2018 ,   Cass. numero 26811/2022 , sottolineando anche che al giudice civile è precluso procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell'episodio, ma non di indagare, ai fini della cognizione ad esso rimessa, su altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale . Né è vincolante la qualificazione giuridica dei fatti data dal giudice penale ove non sia rimessa in discussione la materialità fenomenica dell'accertamento del giudice penale ad es. Cass. numero 4929/2015 in sintesi, il vincolo sul giudice civile si traduce nella impossibilità per il giudice civile di ritenere inesistenti i fatti accertati dal giudice penale, ovvero di ritenere esistenti fatti dei quali sia stata esclusa la verità in sede penale . 21. C La rilevanza della sentenza penale pronunciata ai sensi dell' articolo 530, comma 2, cod. proc. penumero 21.1. Il profilo da ultimo vagliato impone di valutare quale sia la rilevanza della formula assolutoria quando la sentenza penale sia stata pronunciata ai sensi dell' articolo 530, comma 2, cod. proc. penumero 21.2. Occorre partire dalla preliminare considerazione che nel giudizio penale la prova positiva dell'innocenza dell'imputato articolo 530, comma 1 e la prova negativa della sua responsabilità articolo 530, comma 2 hanno pari valore. Tuttavia, la giurisprudenza civile, nell'interpretare gli   articolo 651-654 cod. proc. penumero , ha distinto le due situazioni, attribuendo differente valore alle ipotesi di assoluzione pronunciate a norma del primo comma rispetto a quelle pronunciate a norma del secondo comma. Si tratta di orientamento che è consolidato da oltre trent'anni e che ha trovato il suo riconoscimento anche da parte delle Sezioni Unite v. Sez. U, numero 1768 del 26/01/2011, che, con riguardo all'articolo 652, ma anche rispetto agli   articolo 651,653   e   654 cod. proc. penumero , ha affermato che la sentenza di assoluzione è idonea a produrre gli effetti di giudicato ivi indicati non in relazione alla formula utilizzata, bensì solo in quanto contenga, in termini categorici, un effettivo e positivo accertamento circa l'insussistenza del fatto . In particolare, si è rilevato che il principio generale è quello dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile, sicché il carattere di eccezione a tale principio che si rinviene in quanto previsto dalla norma dell' articolo 652 c.p.p.   e analogamente è da dirsi per le ipotesi contemplate dagli articolo 651, 653 e 654 dello stesso codice impedisce non solo di poter fare applicazione analogica della citata disposizione oltre i casi espressamente previsti, ma impone di perimetrarne anche in senso restrittivo l'operatività, tenuto conto dei limiti costituzionali del rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, richiamati dalla stessa legge delega tra le altre,   Cass., 2 agosto 2004, numero 14770   Cass., 8 marzo 2013, numero 5898   Cass., 29 agosto 2013, numero 19863   Cass., 18 novembre 2014, numero 24475   Cass., 5 aprile 2016, numero 6541   Cass., 22 giugno 2017, numero 15470   Cass., 13 giugno 2018, numero 15392   Cass., 3 luglio 2018, numero 17316 . Inoltre, si è evidenziato che l'efficacia preclusiva del giudicato di assoluzione è tale, però, soltanto se il giudicato stesso contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche nell'ipotesi in cui l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato e cioè quando l'assoluzione sia stata pronunziata a norma dell' articolo 530, comma 2, c.p.p. v. tra le molte,   Cass. numero 19863/2013   Cass., 25 settembre 2014, numero 20252   e   Cass., 11 marzo 2016, numero 4764   Cass. 12 settembre 2022, numero 26811 da ultimo v. anche Cass. numero 4201/2024 , secondo cui in tema di rapporti tra giudizio penale e giudizio civile, la sentenza di assoluzione ha effetto preclusivo nel processo civile sia ex.   articolo 652 c.p.p.   che   ex articolo 654 c.p.p. solo nel caso in cui contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato, e non anche nell'ipotesi in cui sia stata pronunciata a norma dell' articolo 530, comma 2, c.p.p. , per inesistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o la sua attribuibilità all'imputato . Il principio è stato affermato anche dal giudice amministrativo v. Consiglio di Stato, sez. 2, numero 2509 del 2014 , che ha precisato che l'efficacia vincolante del giudicato penale è configurabile solo allorché la sussistenza dei reati contestati sia stata esclusa ai sensi dell' articolo 530, comma 1, c.p.p. 21.3. Per completezza, occorre evidenziare che la dottrina e la giurisprudenza penale esprimono il diverso orientamento della piena equiparazione tra le pronunce assolutorie pronunciate ai sensi del primo e del secondo comma dell' articolo 530 cod. proc. penumero , da intendersi estesa anche agli effetti extra-penali, posto che non sussisterebbe un interesse dell'imputato a proporre ricorso nei confronti di una sentenza di assoluzione pronunciata   ex articolo 530, comma 2, cod. proc. penumero   in quanto questa formula non dispiega minore valenza rispetto alla formula   ex articolo 530, comma 1, cod. proc. penumero nei giudizi civili. In realtà, la giustificazione logica e giuridica dell'orientamento che distingue la rilevanza ai fini civili tra i due commi si coglie nel fatto che il fondamento sostanziale della scelta di attribuire efficacia di giudicato alla sentenza penale di assoluzione per le formule assolutorie di insussistenza del fatto e per non aver commesso il fatto, qui in rilievo deriva dal maggior approfondimento istruttorio che caratterizza il processo penale rispetto a quello civile e tributario e dalla possibilità, propria del processo penale, di ricostruire la situazione fattuale con estrema certezza. Tuttavia, tale condizione - ossia la ricostruzione della situazione fattuale con estrema certezza - si ha solamente nei casi in cui la pronuncia di assoluzione sia resa   ex articolo 530, comma 1, cod. proc. penumero   prova positiva che superi ogni ragionevole dubbio e non nei casi in cui la pronuncia di assoluzione sia resa   ex articolo 530, comma 2, cod. proc. penumero   prova mancante, insufficiente o carente . Ne deriva che, ai fini della disciplina in esame, non è suscettibile di rilievo, con valenza di giudicato, l'assoluzione pronunciata ai sensi del secondo comma dell' articolo 530 cod. proc. penumero , che determinerebbe un mero automatismo a fronte della necessità di verificare che la decisione penale abbia operato un concreto ed effettivo accertamento dei fatti. 22. D Rapporti tra accertamento sulla sanzione e accertamento sull'imposta. 22.1. L'incidenza del giudicato assolutorio penale sulla sola sanzione lascia inalterato il regime probatorio e la rilevanza della decisione penale sul rapporto d'imposta. 22.2. Più specificamente, l'articolo 21-bis ha anticipato alla fase di cognizione il sistema del doppio binario penale-tributario, ossia - per i profili sanzionatori occorre valutare se i fatti siano i medesimi e, quindi, in applicazione dell'articolo 21-bis, riconoscere efficacia di giudicato alla sentenza penale di assoluzione - per l'accertamento dell'imposta, il giudizio, i criteri di ripartizione dell'onere della prova e la valutazione da parte del giudice restano soggetti agli ordinari criteri e principi che disciplinano il giudizio civile e tributario la sentenza penale di assoluzione conserva la sua rilevanza nell'alveo dei principi della circolazione della prova ai sensi dell' articolo 654 cod. proc. penumero   e 20 D.Lgs. numero 74 del 2000, dunque quale prova, soggetta all'autonoma valutazione del giudice, da apprezzare insieme alle altre prove acquisite nel giudizio. 22.3. Tale esito, del resto, è conforme alla struttura del rapporto tra giudizio tributario e giudizio penale, già a fondamento degli   articolo 19   e   21 D.Lgs. numero 74 del 2000 , improntato a criteri di reciproca autonomia, salva la previsione di un reciproco collegamento probatorio ai fini accertativi e di una valutazione unitaria ai fini sanzionatori. Differenti, del resto, sono le esigenze e gli obbiettivi che presiedono i due ambiti. Sulla sanzione penale e amministrativa-tributaria è preminente la necessità che il regime sanzionatorio, in applicazione del principio del ne bis in idem, sia unitario, non contraddittorio e proporzionato. Sull'imposta, invece, l'accertamento mira ad assicurare l'attuazione delle norme impositive in funzione dell'obbiettivo di attuare la giusta imposizione , nell'equilibrio tra dovere contributivo e principio della capacità contributiva, che viene realizzato con gli strumenti previsti dall'ordinamento tributario e secondo i criteri di riparto della prova tra il contribuente e il fisco. Si tratta, in evidenza, di oggetti radicalmente differenti, il primo dei quali, inoltre, è solo eventuale e occasionale. 22.4. La questione è di particolare rilievo ove, in ragione della sentenza penale assolutoria, la sentenza sia stata annullata con rinvio al giudice del merito per le ulteriori valutazioni. In tale evenienza, il giudice del rinvio - a fronte della sentenza penale dibattimentale di assoluzione   ex articolo 530, comma 1, cod. proc. penumero   perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso - sarà tenuto ad operare una duplice operazione a quanto alla ripresa impositiva dovrà apprezzare, con valutazione autonoma, la suddetta decisione come elemento di prova unitamente agli altri elementi introdotti nel giudizio ai sensi degli   articolo 654 cod. proc. penumero   e 20 D.Lgs. numero 74 del 2000, con un giudizio di sintesi che non è condizionato dal passaggio in giudicato della decisione penale b quanto alla sanzione tributaria, ove accerti la medesimezza dei fatti, dovrà applicare il 21-bis, annullando la sanzione irrogata. 23. E Il tempestivo deposito della sentenza penale in Cassazione. 23.1. L'articolo 21-bis, comma 2, D.Lgs. numero 74 del 2000 stabilisce che La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio. La norma, nel porre il termine di 15 giorni prima dell'udienza e/o adunanza, non ne stabilisce espressamente la perentorietà. Peraltro, neppure gli   articolo 372,378   e 380.bis.1 cod. proc. civ. qualificano il termine ivi previsto per il deposito della memoria come perentorio ancorché ciò non sia discusso. I termini del giudizio di cassazione sono preordinati all'esigenza di garantire il contraddittorio e consentire al collegio di prendere preventiva e adeguata conoscenza della documentazione prodotta, sicché hanno necessariamente natura perentoria v.   Cass. numero 29933 del 27/10/2023   con riguardo al termine   ex articolo 372 cod. proc. civ.   Cass. numero 30592 del 27/11/2018   con riguardo alla memoria   ex articolo 378 cod. proc. civ. . 23.2. Occorre comunque evidenziare che, alla luce del complessivo assetto normativo sopra delineato, l'eventuale preclusione che si sia verificata nel giudizio di cognizione non impedisce alla parte di far valere in un momento successivo - innanzi alla stessa Amministrazione finanziaria o in sede riscossiva ai sensi dell' articolo 20 D.Lgs. numero 74 del 2000   - gli effetti derivanti dal giudicato penale ai fini della caducazione della sanzione che nel giudizio sia stata irrogata. Ciò vale, a maggior ragione, nel caso in cui il giudizio penale sia tuttora pendente e la parte auspichi o ritenga che le statuizioni in sede penale si consolideranno in senso a lei favorevole, sicché non sussistono ragioni per un rinvio dell'udienza, che, oltre tutto, si porrebbe in contrasto con le esigenze di economia processuale e di celere definizione dei giudizi. 24. F Profili di compatibilità unionale. 24.1. Con riguardo ai profili di compatibilità unionale, assume rilievo l'incidenza dell'estensione del giudicato penale favorevole al giudizio tributario. In realtà, non sussiste una contrarietà, in via generale, a tali effetti rispetto al diritto dell'Unione. La questione è stata oggetto di specifica disamina da parte della Corte di giustizia su rinvio disposto dalla Corte di cassazione in materia di sanzioni CONSOB CGUE 20 marzo 2018, nelle cause riunite C-596/16   e   C-597/16 , Di Puma e, in termini ancora più puntuali, si è espressa   CGUE 2 aprile 2020, cause riunite C-370/17   e C-37/18, Vueling. Centrale è l'importanza del principio dell'autorità di cosa giudicata poiché al fine di garantire tanto la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l'esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione . La CGUE, inoltre, ha statuito che il diritto dell'Unione non impone di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale e ciò neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con il diritto dell'Unione. Tuttavia, la Corte si è espressa in termini parzialmente diversi nel caso dell'estensione di una sentenza penale passata in giudicato - e lesiva dei principi unionali - ad un giudizio civile, ritenendo che la possibilità dell'estensione dovesse essere oggetto di disamina da parte del giudice civile. È utile riportare i parr. 94-96 della sentenza Vueling 94 - Nelle presenti cause si deve constatare che l'interpretazione del principio dell'autorità di cosa giudicata menzionato al punto 92 della presente sentenza impedisce di rimettere in discussione non solo una decisione giudiziaria di natura penale avente autorità di cosa giudicata, anche se tale decisione comporta una violazione del diritto dell'Unione, ma anche, in occasione di un procedimento giurisdizionale di natura civile relativo ai medesimi fatti, qualsiasi accertamento vertente su un punto fondamentale comune contenuto in una decisione giudiziaria avente autorità di cosa giudicata v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU C 2009 506, punto 29 . 95 - Una siffatta interpretazione del principio dell'autorità di cosa giudicata ha quindi come conseguenza che, qualora la decisione di un giudice penale divenuta definitiva si fondi su un accertamento di frode compiuto da tale giudice non tenendo conto del procedimento di dialogo di cui all' articolo 84 bis, paragrafo 3, del regolamento numero 1408/71   nonché su un'interpretazione delle disposizioni relative all'effetto vincolante dei certificati E 101 contraria al diritto dell'Unione, la non corretta applicazione di tale diritto si riprodurrebbe in ogni decisione adottata da giudici civili riguardanti i medesimi fatti, senza che sia possibile correggere tale accertamento e tale interpretazione effettuati in violazione di detto diritto v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU C 2009 506, punto 30 . 96 - In tali circostanze, si deve concludere che simili ostacoli all'applicazione effettiva delle norme del diritto dell'Unione riguardanti detta procedura nonché l'effetto vincolante dei certificati E 101 non possono ragionevolmente essere giustificati dal principio della certezza del diritto, e devono quindi essere considerati contrari al principio di effettività v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub, C-2/08, EU C 2009 506, punto 31 . Da ciò ha escluso che fosse opponibile la vincolatività del giudicato penale, pur prevista dal diritto nazionale, ai fini della decisione del giudice civile. 24.2. Una potenziale criticità di sistema dei nuovi meccanismi, invero, potrebbe porsi rispetto ai principi affermati dalla Corte di giustizia in tema di operazioni fraudolente ma anche abusive ovvero in relazione all'applicazione di specifici istituti , dove è richiesta, da parte del contribuente, una diligenza oggettiva, ossia che egli sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in una evasione fiscale. In caso di operazioni oggettivamente inesistenti, poi, le questioni sono scevre da componenti soggettive, sicché, a maggior ragione, possono porsi profili di criticità. 24.3. Tuttavia, tali criticità presuppongono che il giudicato refluisca anche sull'imposta. Ben diversa, infatti, è la situazione tra l'ipotesi in cui la decisione penale sia idonea a produrre effetti di giudicato ai fini sanzionatori rispetto a quella in cui tali effetti incidano anche sulla situazione impositiva sostanziale. Solo in questo secondo caso, infatti, assumono rilievo i presupposti sostanziali individuati dalla decisione Vueling ove la decisione in sede penale finisca per risolversi in una violazione del diritto unionale, mentre l'ambito delle sanzioni esula dalle materie di rilievo unionale ed è governato, anche nella sede unionale, dal principio di proporzionalità oltre che di effettività ed equivalenza , di cui il nuovo impianto normativo è in realtà portatore. 24.4. In questa prospettiva, pertanto, la riconduzione dell'articolo 21-bis cit. alla sola materia delle sanzioni, oltre a rispondere a criteri di interpretazione sistematica e letterale e di coerenza con il complessivo sistema ordinamentale tributario, risponde ai principi unionali ed elide ogni possibile frizione con essi. 25. G Profili di legittimità costituzionale. 25.1. Come evidenziato anche dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta, l'articolo 21-bis cit. e l'estensione del giudicato penale al giudizio tributario è suscettibile di porre plurime perplessità di rilievo costituzionale. La prima attiene, in sostanza, all'impatto sul complessivo regime probatorio dell'ordinamento tributario, con profonde divaricazioni tra le categorie di utenti e contribuenti, allorché la valenza di giudicato della sentenza assolutoria per le formule indicate dall'articolo 21-bis refluisca sull'accertamento dell'imposta. La seconda discende dalla mancata partecipazione dell'Agenzia delle entrate al giudizio penale, che deve essere effettiva non potendosi ritenere sufficiente la mera indicazione come parte offesa dal reato tributario. 25.2. Quanto al primo profilo, come già su evidenziato, il sistema tributario è caratterizzato da oneri ripartiti tra contribuente e Ufficio, mentre nel sistema penale l'onere è integralmente a carico della parte pubblica, essendo sufficiente, per la parte privata, un atteggiamento anche solo silente per ottenere un esito positivo del processo penale se la prova piena non sia stata raggiunta. In via esemplificativa, in caso di indagini bancarie il regime probatorio che assiste i prelievi e i versamenti non giustificati previsto dall' articolo 32 D.P.R. numero 600 del 1973   non assume rilievo nel giudizio penale, dove incombe al P.M. provare che quelle somme sono riconducibili ad una evasione, prova che se non fornita è suscettibile di determinare una assoluzione per insussistenza del fatto. Il profilo risulta ulteriormente rilevante per le ipotesi in cui per la rilevanza della condotta ai fini penali sia prevista una soglia di valore per le condotte evasive che si attestano al di sotto della soglia di rilevanza penale varrebbe sempre e comunque il regime probatorio, con oneri ripartiti su entrambe le parti del giudizio, previsto nel processo tributario invece, per le evasioni più gravi, qualora l'esito del giudizio penale si risolvesse nella prova del mancato superamento della soglia o anche la mancata prova del superamento , troverebbe applicazione il regime probatorio previsto per il processo penale. Da ciò deriverebbe un irreparabile vulnus al principio di uguaglianza e di ragionevolezza posto che per le evasioni di più limitata entità non suscettibili di rilevanza penale varrebbe l'ordinario e più rigoroso regime probatorio del giudizio tributario, mentre per quelle più gravi la parte potrebbe fruire del regime proprio del giudizio penale. 25.3. La connotazione dell'intervento normativo come mirato sui soli profili sanzionatori, peraltro, appare idonea, per le considerazioni sopra illustrate, a superare tali possibili criticità. Infatti, l'estensione ai fini del solo trattamento sanzionatorio trova il suo fondamento nella necessità di assicurare una unitarietà del momento afflittivo, che deve rispondere a criteri di non contraddizione, adeguatezza e proporzionalità, mentre l'imposizione è - in ogni caso - soggetta all'ordinario regime probatorio, sicché resta esclusa una ingiustificata divaricazione e differenziazione tra i contribuenti. 25.4. Pure il secondo profilo - la mancata partecipazione al giudizio penale dell'Agenzia delle entrate - resta superato ove l'articolo 21-bis sia inteso come limitato alla sfera sanzionatoria. Occorre premettere, in primo luogo, che, controvertendosi solo sulle sanzioni e sulla loro esistenza e/o dosimetria, costituisce un dato fisiologico l'intervento ultimo, anche d'ufficio, da parte del giudice tributario, dovendo egli, in ogni caso, tenere conto delle sanzioni precedentemente irrogate comunque introdotti davanti a giudici diversi già ai sensi dell' articolo 12, comma 5, D.Lgs. numero 472 del 1997 . In ogni caso, l'articolo 21-bis prefigura un intervento e una valutazione sulle sanzioni che non si differenzia da quello previsto dall' articolo 21 D.Lgs. numero 74 del 2000 , di cui è onerato direttamente l'erario per l'esecuzione e la riscossione dei relativi importi. In altri termini, l'articolo 21-bis anticipa alla fase di cognizione ciò che l'Amministrazione finanziaria dovrà comunque effettuare in un momento successivo. Del resto, il medesimo intervento presidia anche la valutazione, di segno contrario, che è sottostante alle determinazioni sul cumulo sanzionatorio   ex articolo 21-ter D.Lgs. numero 74 del 2000 . Anche qui, dunque, ha valore dirimente la circostanza che la rilevabilità della sentenza penale nel giudizio tributario non attiene alla pretesa impositiva ma alla sanzione, la cui effettività, proporzionalità e consistenza costituisce un accertamento rimesso costantemente - in ogni fase processuale e procedimentale - alla stessa Amministrazione fiscale, restando priva di rilievo la circostanza che essa non abbia partecipato, in una qualche veste, al processo penale. 26. Va pertanto affermato il seguente principio di diritto L' articolo 21-bis D.Lgs. numero 74 del 2000 , introdotto con l' articolo 1, D.Lgs. numero 87 del 2024 , poi recepito nell'articolo 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all'accertamento dell'imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio . 27. Alla luce di quanto sopra, pertanto, va disattesa, in primo luogo, l'istanza di rinvio non essendo ancora passata in giudicato la sentenza penale della Corte d'Appello depositata in atti. In accoglimento del ricorso, inoltre, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia in diversa composizione, che, nell'effettuare un nuovo esame, si atterrà, anche con riguardo alla decisione penale ove divenuta irrevocabile, ai principi enunciati in motivazione. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia in diversa composizione per un nuovo esame in conformità ai principi enunciati in motivazione e per la liquidazione delle spese di legittimità.