Calcolo dell’indennità aggiuntiva per espropriazione di area coltivata: sul valore del soprassuolo e dei frutti pendenti

Ai fini del calcolo dell’indennità aggiuntiva di cui ex articolo 40 e 42 d.P.R. 327/2001, ovvero spettante al proprietario coltivatore diretto o imprenditore agricolo, deve tenersi conto dell’aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare in ragione del soprassuolo [ ].

[ ] È esclusa la possibilità di determinare tale indennità sulla sola base del valore tabellare previsto per i suoli agricoli e per quelli non aventi vocazione edificatoria, trattandosi di un criterio di computo astratto, che non soddisfa il requisito del «ragionevole legame» con il valore di mercato del bene, ponendosi dunque in contrapposizione con il concetto di «serio ristoro» di cui all' articolo 42 Cost. Per la realizzazione di un tratto autostradale, la società costruttrice provvedeva all' espropriazione di alcuni terreni , tra cui quello del ricorrente coltivatore diretto, a cui veniva riconosciuta un'indennità aggiuntiva ex articolo  40 e 42 del d.P.R. 327/2001 . Il fittavolo, tuttavia, proponeva giudizio di opposizione avverso la stima, chiedendo che la giusta indennità venisse rideterminata sia in relazione al valore agricolo medio del terreno espropriato, che al valore del soprassuolo arboreo, dei frutti pendenti, dei mancati raccolti, dei relitti e degli impianti fissi, nonché all'entità di ogni altro danno aziendale anche indiretto. La Corte d'Appello adita, respingendo l'istanza , stabiliva che all'attore non fosse dovuta alcuna indennità per il soprassuolo, per i frutti pendenti e per i mancati guadagni ritraibili dal fondo in forza dell'esercizio su di esso di un'impresa agricola, ma che gli spettasse soltanto una somma corrispondente al valore agricolo medio del terreno e l'eventuale indennizzo per la perdita di costruzioni e impianti su di esso realizzati. Indennizzabilità del soprassuolo Avverso la sentenza della Corte d'Appello il coltivatore proponeva ricorso in Cassazione , adducendo la violazione e falsa applicazione degli articolo 40 comma 4, 42 e 54 del Testo Unico Espropriazioni d.P.R. numero 327/2001 per erronea quantificazione dell'indennità aggiuntiva, che per l'appunto non teneva conto del valore del soprassuolo , rappresentato nella specie dalle piantagioni insistenti nel terreno espropriato. In accoglimento del primo dei due motivi di ricorso, la Corte di Cassazione ha chiarito che in base ad un nuovo scenario interpretativo, anche a seguito degli interventi della Corte, delle sollecitazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dell'evoluzione normativa, il «serio ristoro» di cui all' articolo 42 comma 3 Cost. , va identificato con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita. Si impone pertanto di tener conto, ai fini del calcolo dell'indennità aggiuntiva, dell' aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare in ragione del soprassuolo esistente, assumendo specifico rilievo a tal fine ciò che contribuisce a connotarne l'identità fisica e urbanistica, conferendo al suolo condizioni di particolari di sicurezza, utilità e amenità.  In sintesi, la Suprema Corte ha, dunque, affermato che, qualora le piantagioni che insistono sul suolo espropriato contribuiscano a connotarne le caratteristiche fisiche in modo da aumentarne l'appetibilità ove lo stesso sia inserito in un mercato virtuale, del relativo valore occorre tenere conto. Sulla base del principio espresso nell'ordinanza della Cassazione, la Corte d'Appello a cui è stata rinviata la causa ha dunque provveduto alla rideterminazione dell'indennità aggiuntiva , tenendo altresì conto del valore del soprassuolo del fondo espropriato. Limiti del giudicato. “Frutti pendenti” quale autonoma voce di danno Avverso la sentenza della Corte d'Appello, il coltivatore ricorre in Cassazione lamentando l'omesso riconoscimento, ai fini della quantificazione dell'indennità aggiuntiva, del valore dei frutti pendenti e del pozzo aziendale, in contrapposizione con quanto sancito nell'ordinanza di rinvio. La Corte Suprema, tuttavia, respinge il ricorso ritenendo che la questione dirimente, in tal caso, sia la delimitazione del perimetro del giudicato formatosi a seguito dell'accoglimento del primo ricorso in Cassazione. Nell'ambito di tale ricorso, infatti, il coltivatore non ha fatto alcuna menzione ai frutti pendenti quale valore ricompreso all'interno della nozione di soprassuolo. Concludono, pertanto, i Giudici, confermando la sentenza impugnata, che va esclusa qualsiasi rilevanza ai relitti, ai frutti pendenti e al pozzo aziendale ai quali l'attore fa riferimento nell'atto di riassunzione quali pretese componenti dell'indennità di cui all'articolo 42 d.P.R. 327/2001 , trattandosi di autonome voci di danno sulla cui spettanza la Corte d'Appello non si è pronunciata e che non sono state diversamente rivalutate nell'ordinanza che ne ha disposto la cassazione parziale facendosi esclusivo riferimento al concetto di soprassuolo . Ne consegue che i frutti pendenti non sono valutabili in tale sede, essendosi, sulla questione, formato il giudicato interno. Va oltretutto chiarito che « soprassuolo » e « frutti pendenti »  sono due concetti distinti , dal momento che il primo è dato dalla differenza di valore tra l'arboreto o le piantagioni e la terra nuda i secondi corrispondono ai frutti delle colture arboree in corso di maturazione.

Presidente Scotti - Relatore D'orazio Rilevato che 1. Negli anni 2006 e 2007 la società Autostrada BS-VR-VI-PD Spa procedeva alla realizzazione del tratto autostradale A/31 Valdastico, attraverso l'espropriazione, tra gli altri, anche dei terreni di proprietà dei signori Sc.El. e Zi.Gi., parzialmente affittati a Ta.Ma. I proprietari delle aree concordavano la cessione degli immobili in favore di autostrada, la quale provvedeva al versamento dell'indennità definitiva di esproprio ai medesimi dovuta, e segnatamente Euro 301.783,98, per il lotto 12 ed Euro 505.356,00, per il lotto 11. 2. L'indennità aggiuntiva prevista per il fittavolo coltivatore diretto Ta.Ma., veniva determinata ai sensi del combinato disposto degli   articoli 42   e   40, del D.P.R. numero 327 del 2001 , in via provvisoria in Euro 477.148,57 per il lotto 12 ed in Euro 519.073,42 per il lotto 11. 3. Dopo quattro anni con atto di citazione del 30/3/2010 il Ta.Ma. promuoveva giudizio di oppositore alla stima chiedendo, nel merito, per quel che ancora qui rileva determinare la giusta indennità, da commisurarsi sia al valore agricolo medio dei terreni espropriati, sia al valore del soprassuolo arboreo, dei frutti pendenti, dei mancati raccolti, dei relitti e degli impianti fissi, nonché all'entità di ogni altro danno aziendale anche indiretto, spettante all'attore quale affittuario coltivatore diretto e titolare della ditta individuale . 4. La Corte di appello di Venezia, dopo l'espletamento della CTU, per quel che ancora qui rileva, reputava sussistere i requisiti della qualifica di affittuario coltivatore diretto in capo all'attore Ta.Ma. Chiariva che non spettava all'attore un'indennità per il fatto di vedere dissolta l'organizzazione aziendale , ma che l'indennità di espropriazione era unica ed era destinata a tenere luogo del bene espropriato, non potendo superare il valore che esso presentava, in considerazione della sua concreta destinazione. Soprattutto, riteneva che era errata, trattandosi di azienda agricola, l'inclusione fra di essi del c.d. soprassuolo valutato separatamente dal suolo in quanto il valore agricolo medio tabellare in base al quale quest'ultimo viene stimato è calcolato soprattutto con riferimento alle piantagioni esistenti sul fondo espropriato e quindi ai tipi di colture effettivamente ivi praticati sicché una nuova ed ulteriore considerazione del soprassuolo, sia pure per definire la consistenza dell'azienda agraria, finirebbe con l'attribuire agli espropriati una duplicazione del pregiudizio già congruamente indennizzato con il menzionato parametro si citavano   Cass. numero 11848 del 2006   Cass. numero 4732 del 2004 Cass. numero 55 6/7/2003 . Pertanto, ad avviso della Corte d'Appello, ne consegue che non spetta alla fittavolo alcuna indennità per il soprassuolo, per i frutti pendenti e per il mancato guadagno ritraibili dei fondi in forza dell'esercizio su di essi dell'impresa agricola ma spetta solamente la somma corrispondente al valore agricolo medio del terreno e l'eventuale indennizzo per la perdita di costruzioni od impianti su di esso realizzati . Per tale ragione, il valore agricolo medio del terreno, dell'estensione complessiva di mq 82.460, era di Euro 505.479,80, mentre sul fondo risultava essere stato installato un impianto di irrigazione, del valore stimato dal CTU in Euro 57.722,00 ed era, dunque, dovuta anche tale somma. Nulla era dovuto per il pozzo aziendale, in quanto il CTU aveva chiesto invano al Ta.Ma. di esibire l'autorizzazione. L'indennità spettante era stata stimata complessivamente in Euro 563.201,80. 5. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Ta.Ma. deducendo con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli articoli 40, co. 4, 42 e 54 del Testo Unico Espropriazioni, della nota della commissione provinciale di Padova recante i valori agricoli medi da applicare per l'annualità 2007 ai terreni della provincia oggetto di procedure espropriative e dell'accordo sulle procedure e metodologie da adottare per la determinazione dell'indennità di espropriazione . Deduceva, dunque, la errata quantificazione dell'indennità aggiuntiva da corrispondere al sig. Ta.Ma. , che non aveva tenuto conto del valore del soprassuolo, oltre al valore agricolo medio VAM . Con il secondo motivo di ricorso per cassazione il Ta.Ma. lamentava l'omessa ed insufficiente motivazione della pronuncia impugnata rispetto alle osservazioni ed alle valutazioni condotte negli scritti difensivi in tema di criterio di calcolo del valore del soprassuolo, erroneità dell'operato del CTU dott. Ma. e di richiesta di risarcimento del danno per mancato svincolo delle somme depositate presso la cassa depositi e prestiti . 6. Questa Corte, con ordinanza numero 3952 del 2018 accoglieva il primo motivo di ricorso, laddove il Ta.Ma. si doleva dell'esclusione della indennizzabilità del soprassuolo, rappresentato nella specie dalle piantagioni insistenti sui fondi ablati, malgrado i VAM, richiamati dal decidente, considerassero, quanto al vivaio, il valore solo del terreno e malgrado l'impegno assunto dall'ente espropriante di indennizzare anche il valore del soprassuolo . 6.1. Chiariva questa Corte che era intervenuto nelle more un nuovo scenario interpretativo . Pertanto, sul filo dell'evoluzione conosciuta dal sistema indennitaria, a seguito degli interventi della Corte costituzionale e delle sollecitazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, nonché della evoluzione normativa e, dunque, valorizzando il principio secondo cui il serio ristoro che l' articolo 42 Cost. , comma 3, riconosce al sacrificio della proprietà per motivi di interesse generale si identifica oggi con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita, è venuta più di recente ad attestarsi saldamente attorno all'affermazione che impone di tenere conto, ai fini della determinazione dell'indennità, dell'aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare in ragione del soprassuolo esistente, assumendo specifico rilievo a questo fine ciò che contribuisce a connotarne identità fisica e urbanistica conferendo al suolo condizioni particolari di sicurezza, utilità e amenità Cass., Sez. I, 1/2/2016, numero 1870   Cass., Sez. I, 9/2/2017, numero 3461   Cass., Sez. VI-I, 27/7/2017, numero 18732 . In sintesi, questa Corte ha affermato che qualora le piantagioni che insistono sul suolo espropriato contribuiscano a connotarne le caratteristiche fisiche, tanto da incidere sul valore e contribuire all'appetibilità dello stesso ove inserito in un mercato virtuale, del relativo valore occorre tenere conto Cass., Sez. I, 21/3/2014, numero 6743 . 7. La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza numero 2287 del 25/10/2022, in parziale riforma della sentenza numero 1930 del 13/9/2012, determinava l'indennità aggiuntiva   ex articolo 42 del D.P.R. numero 327 del 2001   in complessivi Euro 811.117,35. Per quel che ancora qui rileva, la Corte di merito premetteva l'oggetto del giudizio verteva essenzialmente sulla quantificazione dell'indennità aggiuntiva spettante,   ex articolo 42 del D.P.R. numero 327 del 2001 , al fittavolo, Ta.Ma., alla luce del principio di diritto affermato da questa Corte con l'ordinanza numero 3952 del 2018, secondo cui anche nella determinazione di questa indennità - cioè di quella spettante al soggetto che coltivi il fondo sulla base di uno specifico contratto agrario di affittanza agraria, di mezzadria o di compartecipazione agraria deve tenersi conto dell'aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare in ragione del soprassuolo, esclusa la possibilità di determinarla sulla sola base del valore tabellare previsto per i suoli agricoli e per quelli non aventi vocazione edificatoria, trattandosi di un criterio di computo a carattere astratto che non soddisfa il requisito del ragionevole legame con il valore di mercato del bene richiesto dalla giurisprudenza della   CEDU   e con il dettato costituzionale articolo 42 Costituzione del serio ristoro . La Corte d'Appello, dunque, ha escluso qualsiasi rilevanza ai fini di cui qui ancora si tratta, ai relitti, ai frutti pendenti e al pozzo aziendale, ai quali l'attore fa riferimento ai punti ii , iii e IV di pagina 22-24 dell'atto di assunzione quali pretese componenti dell'indennità di paradiso ex articolo 42 T.U.E. . I relitti, i frutti pendenti e il pozzo aziendale sarebbero autonome voci di danno di cui la Corte d'Appello nella richiamata sentenza numero 1930/2012 ha escluso la rilevanza e la spettanza fittavolo e che non sono state diversamente rivalutate dalla suprema Corte nell'ordinanza che ne ha disposto la casa delle parziale -facente riferimento alla sola componente soprassuolo - con la conseguenza che non sono ulteriormente valutabili in questa sede essendosi formato il giudicato in parte qua . Aggiungeva, poi, la Corte territoriale, che nella prospettiva della valutazione dell'incidenza del soprassuolo sul valore del terreno secondo le indicazioni dell'ordinanza di rinvio, l'piantagioni in essere su un terreno in questo caso facente parte di un vivaio di meno e di vite incidono sicuramente sul valore del fondo e contribuiscono, quindi, alla sua appetibilità all'interno di un mercato virtuale . Non potrebbe disconoscersi che un terreno con cultura in essere rispetto ad un terreno privo di coltivazioni, così come, in questo secondo caso, un terreno coltivato a vivaio rispetto a un terreno coltivato seminativo, abbia sicuramente un appetibilità diversa sul mercato, diverso, e maggiore, essendo il suo valore di scambio . Al contrario, nella determinazione del valore agricolo medio VAM riguardante la coltura vivaio l'autorità che effettua la rilevazione tiene conto del solo valore del terreno, con esclusione delle colture in atto . Per la Corte d'Appello, invece, in sede di rinvio, era evidente che in un'ipotesi come quella in esame in cui il vivaio di riferimento a caratteristiche particolari che non lo rendono del tutto assimilabile a un vivaio convenzionale in cui le piante, anche se radicata nel suolo, vanno considerate beni mobili per anticipazione è necessario determinare in via separata il valore del soprassuolo dell'incidenza che questo può avere sul valore del suolo, diversamente pervenendo sia una sottovalutazione del fondo coltivato all'affittuario, e conseguentemente una determinazione non realmente commisurata dell'indennità aggiuntiva . Chiariva ulteriormente la Corte di merito che non rientravano nella valutazione del soprassuolo e del suolo quei valori immateriali che sono parte del valore dell'impresa, quali, ad esempio, l'avviamento o il valore del marchio , dovendosi guardare alla fisicità intrinseca delle colture impiantate costituenti vivaio, depurato quindi di quei valori che possono derivare dalla particolare capacità dell'imprenditore nella commercializzazione del prodotto, o dalla storicità dell'impresa, ovvero, ancora, dalla conoscenza del nome del marchio . Il CTU, dott. agr. Lorenzo Benvenuti, quantificava in complessivi Euro 243.115,55 il valore del soprassuolo con riguardo ad entrambi gli espropri. Ai fini del computo, ricordava la Corte d'Appello, considerava prima l'utilità residua che il soprassuolo è ancora in grado di conferire, e quindi l'incidenza di tale valore su quello del fondo, con la precisazione che l'utilità residua è stimata con il metodo dei redditi futuri considerando l'arboreto in esame coetaneo, autonomo, specializzato e senza previsione di rinnovo sullo stesso terreno e che l'adozione dell'ipotesi del mancato rinnovo degli arboreto di è conseguenza di 3 fatti motivazioni fitosanitarie legate alla stanchezza del terreno possibile mancato rinnovo dell'affitto possibilità di abbandono di una delle 2 linee di produzione . La Corte d'Appello indugiava poi sul calcolo dei frutti pendenti evidenziando che si trattava di una voce non esaminabili in questa sede per le ragioni già esposte, e pertanto non computabile, donde l'irrilevanza della questione . Pertanto, al Ta.Ma. spettava l'indennità aggiuntiva   ex articolo 42 D.P.R. numero 327 2001   per la somma complessiva di Euro 563.201,80, così quantificata dalla Corte nel giudizio di primo grado e non ho fatto oggetto di impugnazione, in relazione a tale misura di base, ma esclusivamente in relazione alla mancata valorizzazione del soprassuolo. A tale somma doveva aggiungersi quella di Euro 247.915,55, corrispondente al soprassuolo determinato dal CTU, per complessivi Euro 811.117,35. Quanto alle spese di lite, la Corte territoriale rilevava che l'importo di Euro 811.117,35 riconosciuto in sede giudiziale, seppure superiore alla somma liquidata dal primo giudice, era comunque inferiore a quanto allo stesso attore era stato complessivamente offerto quindi depositato dalla società espropriante pari ad Euro 477.148,51+ Euro 519.073,42 uguale Euro 996.221,93 , sicché il medesimo deve ritenersi tuttora soccombente, come deciso dal primo giudice con statuizione che va confermata . 8. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Ta.Ma. 9. Ha resistito con controricorso Autostrada BS-VR-VI-PD, depositando anche memoria scritta. Considerato che 1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce Error in iudicando ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c.   per deliberato omesso riconoscimento ed esame della rilevanza, ai fini della quantificazione dell'indennità aggiuntiva, del valore dei frutti pendenti, in aperto contrasto con il principio di diritto sancito dall'ordinanza della   Corte di cassazione numero 3952/2018 del 19 febbraio 2018   avente valore di giudicato tra le parti e di vincolo interpretativo per il giudice del rinvio . In particolare, la   Corte di cassazione, con ordinanza numero 39 5/2/2018 , nell'accogliere il primo motivo di ricorso per cassazione del Ta.Ma. ha evidenziato di attestarsi saldamente all'affermazione per cui ai fini della determinazione dell'indennità, dell'aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare in ragione del soprassuolo esistente, assumendo specifico rilievo a questo fine ciò che contribuisce a connotarne l'identità fisica e urbanistica conferendo al suolo condizioni particolari di sicurezza, utilità e amenità . La Corte d'Appello doveva quindi tener conto della circostanza che le piantagioni che insistono sul solo espropriato contribuisc ono a connotarne le caratteristiche fisiche, tanto da incidere sul valore e contribuire alla appetibilità dello stesso . Il principio di diritto statuito dalla Corte di cassazione, dunque, avrebbe affermato la piena rilevanza, ai fini di una corretta quantificazione dell'indennità aggiuntiva, di tutto ciò nel caso di specie, dunque, proprio quelle piantagioni di vite di mero cui la stessa giurisprudenza menzionata nell'ordinanza fa riferimento che è in grado di connotare le caratteristiche fisiche del suolo oggetto di approvazione . La Corte di merito avrebbe dovuto, dunque, individuare in concreto gli effettivi margini di applicabilità dello stesso principio di diritto rispetto al reale stato dei luoghi oggetto di espropriazione . Del resto, ad avviso del ricorrente, sarebbe pleonastico rammentare come l'incidenza, ai fini dell'appetibilità di mercato, dei frutti di mero e di vite pendenti in coltivazioni intensivamente sorte sulla superficie pari a circa 15 ettari Non sia certo di poco momento, contribuendo per converso ad incrementare sensibilmente il valore complessivo dei beni espropriati . Tant'è vero che il primo CTU, Dott. Ma., aveva quantificato il valore dei soli frutti pendenti al momento dell'esproprio misura pari ad Euro 368.229,62 . La Corte d'Appello, invece, ha omesso di considerare anche relitti, frutti pendenti e pozzo aziendale quali elementi necessari per la qualificazione dell'indennità , quindi si sarebbe acriticamente e formalistica mente appiattita su una lettura distorta del principio di diritto enunciato da codesta suprema Corte . In realtà, il primo motivo di ricorso per cassazione nel precedente giudizio di legittimità teneva proprio alla errata quantificazione dell'indennità aggiuntiva da corrispondere al Sig. Ta.Ma. in relazione terreni espropriati . Con tale motivo si era contestata la evidente infondatezza della statuizione contenuta nella sentenza impugnata laddove si afferma che non spetta al fittavolo alcuna indennità per il soprassuolo, per i frutti pendenti per il mancato guadagno ritraibili dai fondi in forza dell'esercizio su di essi dell'impresa agricola ma spetta solamente la somma corrispondente al valore agricolo medio del terreno e l'eventuale indennizzo per la perdita di costruzioni od impianti su di esso realizzati . Si faceva riferimento specifico anche alle prescrizioni contenute nell'accordo sul per la determinazione dell'indennità di espropriazione per la realizzazione dell'autostrada A/31 ove veniva stabilito che in base alla coltivazione effettivamente praticata ed al soprassuolo effettivamente esistente, descritti nel verbale di consistenza e presa possesso, verranno risarciti frutti pendenti, mancati raccolti soprassuolo arboreo presenti sulle aree soggette a occupazioni preordinato all'espropriazione . Il tema dei frutti pendenti e della loro mancata quantificazione sarebbe stato chiaramente affrontato dal primo motivo di ricorso per cassazione del precedente giudizio di legittimità. Non vi sarebbe stata, dunque, alcuna formazione di giudicato parziale in ordine al tema dei frutti pendenti , mentre il principio di diritto imponeva al giudice di rinvio di tenerne conto ai fini dell'effettiva determinazione della somma da corrispondere al sig. Ta.Ma. . L'ordinanza della Corte di cassazione, infatti, lungi dall'escludere espressamente la rilevanza dei frutti pendenti ai fini della quantificazione dell'indennità, aveva chiarito come l'indennità dipend esse dall'aumento di valore di cui il suolo viene a beneficiare in ragione del soprassuolo esistente . Pertanto, ciò vorrebbe dire che l'indennità deve essere frutto della sommatoria di quanto vi è sotto , cioè il terreno con le sue caratteristiche di vastità, produttività, destinazione d'uso e quant'altro, e di quanto che sopra , ossia tutto ciò che insiste sopra il terreno che viene ad essere rimosso dalla titolarità dell'indennizzato in maniera definitiva a causa della procedura di esproprio . Non poteva trascurarsi la circostanza per cui dette piante si trovino in una fase del loro ciclo di vita tale da presentare parecchi frutti dei quali, pertanto, si sarebbe dovuto tenere conto in sede di quantificazione dell'indennità . 2. Il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce Error in judicando per violazione del combinato disposto degli   articoli 42 Costituzione , 40, comma 4 e   42 del D.P.R. 8 giugno 2001 ,   numero 327 , per avere la Corte d'Appello assunto una decisione che, in aperta violazione di tali previsioni normative, non ha accordato un serio ristoro al pregiudizio patito dal sig. Ta.Ma. in ragione delle procedure espropriative . L'attore, dunque, a seguito della pronuncia della Corte d'Appello, in sede di rinvio, non avrebbe ottenuto in serio ristoro del pregiudizio patito. Era erronea la sentenza della Corte d'Appello in quanto nella misura in cui sacrifica all'altare di un'interpretazione tanto letterale e formalistica, quanto errata - quella, nello specifico, per cui l'ordinanza avrebbe circoscritto l'attività di quantificazione al solo soprassuolo , con questo non dovendosi intendere anche i frutti pendenti - il pieno diritto del Ta.Ma. ad ottenere quel serio ristoro che, solo, può essere considerato un'accettabile contropartita della lesione patita per il tramite delle procedure espropriative . Ed infatti, all'attore non veniva riconosciuta la spettanza di una somma pari ad Euro 368.229,62, pari a circa il 45% di quanto riconosciuto ogni a titolo di indennità con la sentenza impugnata. Peraltro, la non serietà del ristoro sarebbe desumibile dalla circostanza per cui la somma originariamente offerta da autostrada era pari ad Euro 996.221,93, in quanto nell'indennizzo offerto figurava anche il valore dei frutti pendenti, mentre la quantificazione resa conclusione del giudizio di rinvio era inferiore, pari ad Euro 811.117,35. Proprio per tale ragione, il Ta.Ma. era stato anche soccombente con riguardo alle spese di lite. 3. I due motivi, che vanno affrontati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati. 3.1. La questione dirimente attiene alla delimitazione del perimetro del giudicato interno formatosi a seguito dell'accoglimento del primo motivo di ricorso per cassazione articolato dall'Ta.Ma. 4. Il primo motivo di ricorso per cassazione relativo al precedente giudizio di legittimità il Ta.Ma., in realtà, non ha in alcun modo incluso all'interno del soprassuolo anche i frutti pendenti. Si legge, infatti, in tale motivo, per come riportato dalla sentenza della Corte d'Appello numero 2287 del 25/10/2022, pronunciata in sede di giudizio di rinvio, attiene alla errata quantificazione dell'indennità aggiuntiva da corrispondere al sig. Ta.Ma., che non aveva tenuto conto del valore del soprassuolo, oltre al valore agricolo medio VAM . La critica consisteva, in sostanza, nell'aver determinato il valore venale del bene, non con riferimento al valore di mercato, ma con utilizzazione dei parametri medi dei VAM, senza tenere conto del valore del soprassuolo. Non si faceva riferimento in alcun modo ai frutti pendenti, quale valore ricompreso all'interno della nozione di soprassuolo. Anche nel ricorso per cassazione successivo, quello oggetto di esame, l'attore riporta una porzione del motivo di ricorso presentato originariamente, ove si contestava la evidente infondatezza della statuizione contenuta nella sentenza impugnata laddove si afferma che non spetta al fittavolo alcuna indennità per il soprassuolo, per i frutti pendenti e per il mancato guadagno ritraibile dai fondi in pendenza dell'esercizio su di essi dell'impresa agricola ma spetta solamente la somma corrispondente al valore agricolo medio del terreno e l'eventuale indennizzo per la perdita di costruzioni od impianti su di esso realizzati . È evidente, che all'interno del motivo si faccia riferimento, in via autonoma, al soprassuolo, ai frutti pendenti ed al mancato guadagno dall'esercizio dell'impresa agricola. Non si può, dunque, considerare che i frutti pendenti ed il mancato guadagno dall'esercizio dell'impresa agricola possano essere inclusi all'interno della nozione di soprassuolo . Allo stesso modo, l'ordinanza di questa Corte numero 3952 del 2018, non confonde mai i concetti di soprassuolo e quello di frutti pendenti. Già nella descrizione dei fatti di causa si riporta in sintesi il contenuto del motivo di ricorso del Ta.Ma., il quale si duole delle determinazioni assunte dalla Corte d'Appello di Venezia nella sentenza epigrafata, all'esito del procedimento di stima dell'indennità aggiuntiva   ex articolo 42 D.P.R. 8 giugno 2001, numero 327 , avendo il giudice adito escluso dal computo di essa, determinato in base ai soli VAM relativi al terreno, il valore corrispondente al soprassuolo . La critica specifica, dunque, ineriva al comodo del soprassuolo che la Corte d'Appello aveva compiuto esclusivamente facendo riferimento ai VAM, in assenza del tutto, dunque, di ogni riferimento ai frutti pendenti . Anche della porzione dell'ordinanza dedicata alle ragioni della decisione , ci si limitava a contestare, da parte del ricorrente, la sentenza della Corte d'Appello che aveva escluso l'indennizzabilità del soprassuolo, rappresentato nella specie dalle piantagioni insistenti sui fondi ablati, malgrado i VAM, richiamati dal decidente, considerassero, quanto al vivaio, il valore solo del terreno e malgrado l'impegno assunto dall'ente espropriante di indennizzare anche il valore del soprassuolo . Di nuovo, anche in questa porzione della motivazione, non v'è alcun riferimento ai frutti pendenti ma esclusivamente alle piantagioni insistenti sui fondi ablati . Il riferimento alle piantagioni che insistono sul solo espropriato che contribuiscono a connotarne le caratteristiche, si ripete anche nella porzione finale della motivazione, senza alcun riferimento ai frutti pendenti . 5. Del resto, tale interpretazione restrittiva del giudicato interno formatosi sull'ordinanza numero 3952 del 2018, di questa Corte, si inserisce perfettamente nel nuovo indirizzo giurisprudenziale formatosi in ordine alla indennizzabilità del soprassuolo. 6. In particolare, questa Corte ha mutato orientamento, evidenziando che in precedenza, nell'applicazione dell'articolo 5-bis, sia per i suoli edificabili, che per i suoi agricoli, per i quali richiamava i criteri di cui all' articolo 16, della legge 22 ottobre 1971, numero 865 , aveva sempre escluso la possibilità di un indennizzo aggiuntivo per il soprassuolo arboreo nel primo caso, si è ritenuto che l'indennità fosse incompatibile con uno sfruttamento agricolo, e, nel secondo caso, il valore tabellare era commisurato di per sé al tipo di piantagioni effettivamente praticate sul suolo Cass., 19 maggio 2006, numero 11848   Cass., 20 novembre 2006, numero 24580 . 7. Successivamente, a seguito delle sentenze della   Corte costituzionale del 24 ottobre 2007, numeri 348   e   349 , oltre che della pronuncia dell' 11 giugno 2011, numero 181, questa Corte   ha agganciato l'indennizzo espropriativo al valore venale del bene Cass., sez. 1, 21 marzo 2014, numero 6743   Cass., sez. 1, 27 luglio 2017, numero 18732 . Il serio ristoro che l' articolo 42, terzo comma, della Costituzione , riconosce al sacrificio della proprietà per motivi di interesse generale, si identifica oggi con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita, posto che la dichiarazione di incostituzionalità dei criteri riduttivi ha fatto rivivere il criterio base di indennizzo inoltre, la nuova disciplina di cui all' articolo 37, primo comma, del D.P.R. numero 327 del 2001 , come modificato dall' articolo 2, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, numero 244 , è ispirata al valore venale . L'abbandono dei parametri tabellari induce a dare rilievo a ciò che contribuisce a connotare l'identità fisica e urbanistica del suolo, dovendosi tenere conto delle possibili componenti idonee a conferirgli particolari condizioni di sicurezza, utilità e amenità. Tuttavia, pur dovendosi tenere conto delle costruzioni, delle piantagioni e delle migliorie, non deve essere considerato ciò che è stato allestito allo scopo di far lievitare l'indennità, come previsto dall' articolo 32, secondo comma, del D.P.R. numero 327 2001 . Pertanto, qualora le piantagioni che insistono sul suolo espropriato contribuiscano a connotarne le caratteristiche fisiche, tanto da incidere sul valore e contribuire all'appetibilità dello stesso ove inserito in un mercato virtuale, occorre tenere conto del relativo valore. 8. Si è recentemente affermato che, in tema di espropriazione per pubblica l'utilità di suoli che dispongano di un soprassuolo arboreo, si configurano come ragioni di giusta indennità gli oneri sopportati per lo spostamento delle piante dall'area espropriata ad altra area, trattandosi di costi direttamente conseguenti al pregiudizio causato dall'espropriazione all'azienda insistente sul relativo terreno, e non invece il costo dell'espiantato - nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la Corte di Appello aveva stabilito che nulla fosse dovuto per lo scomodo derivante dallo spostamento forzoso delle piante presenti nella porzione di vivaio ricadente nell'area espropriata Cass., sez. 1, 5 giugno 2020, numero 10743 più recentemente   Cass., sez. 1, numero 16075 del 2022 . Si è ritenuto, nella fattispecie di cui a   Cass. numero 16075 del 2022 , che l'indennizzo per il soprassuolo, dunque, deve riguardare solo le perdite e gli oneri per l'asportazione in vasi delle essenze arboree, ma non il valore delle piante in sé, essendo state le stesse spostate dall'espropriante in altro luogo. Con la precisazione, che spetta ai ricorrenti l'indennizzo per il soprassuolo, nei limiti delle perdite e degli oneri relativi allo spostamento delle essenze arboree dal terreno per essere collocate in vasi, poi trasportati altrove , dovendosi computare la misura e l'oggetto dell'indennizzo derivante dallo scomodo Cass., sez. 1, numero 16075 del 18/5/2022 . 9. Va dunque confermata la sentenza della Corte d'Appello, pronunciata in sede di giudizio di rinvio, in cui si afferma che va, quindi, esclusa qualsiasi rilevanza ai fini di cui qui ancora si tratta, ai relitti, ai frutti pendenti e al pozzo aziendale, quali l'attore fa riferimento ai punti ii , iii e iv dell'atto di riassunzione quali pretese componenti dell'indennità riparativa ex articolo 42 T.U.E., trattandosi di autonome voci di danno di cui la Corte d'Appello nella richiamata sentenza numero 1930/2012 ha escluso la rilevanza della spettanza al fittavolo e che non sono state diversamente rivalutate dalla suprema Corte nell'ordinanza che ne ha disposto la cassazione parziale - facente riferimento alla sola componente soprassuolo - con la conseguenza che non sono ulteriormente valutabili in questa sede essendosi formato il giudicato in parte qua . Correttamente, invece, la Corte d'Appello ha determinato il soprassuolo della somma di Euro 247.915,55, tenendo conto delle piantagioni in essere su un terreno in questo caso facente parte di un vivaio di melo e di vite , che incideva sicuramente sul valore del fondo , contribuendo alla sua appetibilità all'interno di un mercato virtuale. Del resto, la Corte d'Appello ha anche escluso, la spettanza all'interno del soprassuolo di quei valori immateriali che sono parte del valore dell'impresa, quali, ad esempio, l'avviamento il valore del marchio , restando la Corte di merito all'interno del perimetro segnato da giudicato formatosi a seguito dell'ordinanza di questa Corte numero 3952 del 2018. 9.1. È evidente che soprassuolo e frutti pendenti sono stati considerati nel giudizio come due elementi del tutto distinti tra loro. Il soprassuolo, infatti è dato dalla differenza tra il valore dell'arboreto e, comunque, delle piantagioni che insistono sul terreno ed il valore della terra nuda mentre i frutti pendenti sono i prodotti delle colture arboree, in corso di maturazione sulla pianta. Sulla mancata spettanza del valore dei frutti pendenti si è però formato il giudicato interno. 10. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico del ricorrente e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e cpa.